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Par 4 Gli obiettivi trasversali perseguiti dall’Unione Europea: brevi considerazioni di teoria economica.

Per valutare la piena applicabilità dei principi generali insiti nel sistema Europeo di mercato, in premessa occorre spendere qualche cenno sulla concezione economica del “mercato” istruzione: se cioè si tratti di un mercato in cui si possa ipotizzare una situazione di concorrenza perfetta, ovvero si tratti di un mercato soggetto a fallimento.

Invero, la seconda delle alternative proposte è quella che meglio si cala sul settore dell’istruzione per le varie ragioni che seguono.

Innanzitutto, secondo la teoria economica, i beni pubblici si caratterizzano per la concomitante ricorrenza dei due requisiti della non rivalità e della non escludibilità. La prima caratteristica implica che l’uso del bene da parte di un agente non inficia completamente la possibilità di uso di quel medesimo bene da parte di un soggetto terzo (in sostanza, il costo di produzione del bene resta invariato all’aumentare della domanda relativa a esso). La seconda caratteristica, invece, concerne l’impossibilità di escludere i terzi dall’utilizzo di un certo bene.

Ebbene, nel caso dell’istruzione, il costo di produzione del bene aumenta all’aumentare della domanda: sicché, manca la prima caratteristica per identificare un bene pubblico economico, ossia quella della non rivalità.

Inoltre, l’istruzione è al tempo stesso escludibile, essendo possibile impedire di fatto l’accesso al dato tipo di istruzione (ad esempio, mediante test di ingresso o tasse particolarmente onerose, inaccessibili a chi non sia al tempo stesso incapiente e “capace e meritevole”).

Ne è ulteriore riprova il sistema di accesso all’istruzione che consente la possibilità di iscriversi a una data scuola, a condizione che vi sia disponibilità di posti.

Tuttavia, se quanto affermato è vero per l’istruzione superiore, discorso in parte diverso deve essere fatto per quella inferiore, posto che essa pur essendo un bene non pubblico (aumentando il costo di produzione del bene all’aumentare della domanda), non è tuttavia un bene escludibile

tout court (dovendo comunque essere garantita un’istruzione, che è obbligatoria e gratuita “per

tutti”), ma solo relativamente (ossia, con riguardo a una scuola specifica, in considerazione della limitatezza di organico in loco).

Tutto quanto premesso, induce a ritenere che l’istruzione debba essere considerata non un bene pubblico (ritenuto uno degli elementi determinanti il fallimento del mercato di riferimento), ma un bene privato: tuttavia “impuro”, essendo, a differenza dei beni privati puri, a essa associate

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esternalità163 positive (da intendersi come benefici che non vanno a esclusivo vantaggio di chi utilizza il bene, ma dell’intera collettività di riferimento). Tali esternalità sono: di tipo culturale, per cui una popolazione maggiormente istruita crea elettori più consapevoli e una maggiore coesione sociale; legate al consumo, per cui una società con maggiore livello di istruzione aspira a una vita sociale più agiata e interessante; da produzione, per cui lavoratori con professionalità più qualificata incrementano la produttività e assicurano l’innovazione.

E la presenza di esternalità è a sua volta considerata elemento determinante il fallimento del mercato, posto che gli individui che si istruiscono tendono a considerare soltanto i benefici privati attesi, con l’effetto che la mancanza di un intervento pubblico determinerebbe una lievitazione dei costi per partecipare all’istruzione, una riduzione del numero dei laureati e, per l’effetto, ricadute negative per la società e l’economia. Più in particolare, l’istruzione è un bene privato “associativo”, dato che Il consumatore non valuta solo la qualità, ma anche le caratteristiche personali degli altri fornitori (si pensi alle scuole d’élite o a quelle confessionali).

Ancora, il fallimento del mercato viene determinato dalla asimmetria delle informazioni tra gli agenti economici interessati nella transazione relativa al mercato istruzione. In particolare, essa è originata: dall’insufficienza di informazioni negli individui sulla natura del servizio; dalla sottovalutazione dell’importanza di un’istruzione superiore da parte delle famiglie; infine, dalla difficoltà di reperimento delle informazioni sull’istruzione da parte degli individui e delle famiglie.

Infine, il fallimento del mercato viene determinato anche dall’influenza che lo Stato ha sul prezzo di vendita del bene istruzione, essendo lo Stato anche il suo principale “produttore” (situazione, questa, che si può accostare a quella di oligopolio).

Inoltre, è utile rilevare come lo Stato finanzi tale bene, al duplice scopo: di riefficientamento del mercato e di riallocazione delle risorse (per ragioni di equità).

Dal primo punto di vista, l’istruzione viene finanziata dallo Stato, stante appunto l’inefficienza (fallimento) del relativo mercato per la presenza dei vari elementi distorsivi della concorrenza perfetta citati, che porterebbero a un investimento in istruzione diverso dal livello ottimale.

Per efficientare il mercato è inoltre necessario garantire un’offerta sufficiente, per evitare sia casi di disomogeneità sul territorio; sia che l’offerta privata generi situazioni di monopolio o una scrematura del mercato (c.d. price skimming, consistente in un aumento del prezzo del bene, da

163 G. Antonelli, N. De Liso, G. Guidetti, R. Leoncini, G. Vitucci Marzetti, L. Zamparini, Economia, Torino, Giappichelli,

2018, p. 172, definiscono le esternalità come «economie – o diseconomie – esterne per un’impresa (o per un consumatore), che dipendono da interdipendenze non rivelate dal mercato e che determinano divergenze, anche consistenti, tra costi (o benefici) sociali e costi (o benefici) privati».

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parte dell’impresa, per massimizzare il profitto, facendo leva su una base elevata del c.d. “prezzo di riserva”, ossia il tetto massimo che il consumatore è disposto a pagare per il dato bene).

Ancora, l’investimento pubblico nell’istruzione è necessario in quanto le scuole assolvono anche una funzione di certificazione dei curricula scolastici e dei titoli conclusivi.

Infine, tale investimento viene motivato dalle imperfezioni del mercato dei capitali, a causa delle difficoltà che l’aspirante studente soffrirebbe per ricorrere al credito, vista la mancanza di un bene “collaterale” (sul quale, cioè, il creditore possa rivalersi, in caso di mancato adempimento del debitore).

Dal punto di vista della riallocazione delle risorse, l’istruzione viene finanziata dallo Stato in una prospettiva di pari opportunità, di equità sostanziale, legata alla necessità di finanziare il diritto allo studio anche agli studenti incapienti.

Peraltro, si sta assistendo oramai già da diversi anni ad un trend di riduzione del finanziamento statale riservato all’istruzione, a cui si accompagnano altri fenomeni: l’elevato grado di competizione tra le scuole; il rilevante ampliamento dell’autonomia riconosciuta alle istituzioni scolastiche; l’introduzione di gestioni manageriali; la crescente privatizzazione di scuole di ogni ordine e grado; infine, la qualità squisitamente imprenditoriale del settore noto come istruzione non formale. L’insieme di tali fenomeni occasiona momenti di riflessione ulteriore in ordine al tipo di disciplina applicabile alle varie situazioni che originano, posto che proiettano nel sistema istruzione alcune delle logiche tipiche del mercato e dei sistemi di gestione economica.

In altri termini, l’istruzione e il relativo sistema di erogazione possono essere assoggettati ad alcune delle regole europee che si applicano al mercato sia in ragione delle garanzie fondamentali poste a tutela della reale integrazione dei mercati nazionali in quello europeo; sia in considerazione della qualità dell’istruzione, come bene privato impuro.

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