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Par 2 La risposta dell’Unione europea attraverso i meccanismi di Governance monetaria.

Alla luce di quanto appena esposto, non può sorprendere la politica di rigore che l’Unione Europea ha deciso di intraprendere nella direzione di una ristrutturazione dei conti pubblici degli Stati membri. L’Unione, infatti, preoccupata dall’andamento delle finanze di tutti gli Stati membri e, tra questi, di alcuni in particolare (tra cui l’Italia), da un lato, ha avuto la necessità di adottare delle scelte finalizzate a mantenere la stabilità della moneta unica; dall’altro, ha inteso contenere l’effetto contagio (verso altri Stati membri), scaturente dai giudizi negativi di rating218 internazionali sui titoli emessi da alcuni Stati e dalla conseguente speculazione finanziaria a cui questi ultimi, per tale via, sono sottoposti219.

217 A parere di chi scrive, non sembrano prive di fondamento le riflessioni di S.M. De Marco, op. cit., p. 22 e ss. Egli

fornisce una suddivisione delle tipologie di indebitamento in privato (che si concretizza in «acquisti di beni privati duraturi finanziati dal risparmio avuto in prestito» e da cui deriva che «al ripetersi dei periodi si verifica la formazione del debito privato nei confronti dei fattori produttivi»), pubblico (che si concretizza in «acquisti di beni pubblici finanziati dal risparmio avuto in prestito» e da cui deriva che «al ripetersi dei periodi si verifica la formazione del debito pubblico nei confronti dei fattori produttivi») ed estero (che si concretizza in «acquisti di esportazioni nette finanziati dal risparmio avuto in prestito» e da cui deriva che «al ripetersi dei periodi si verifica la formazione del debito estero nei confronti dei fattori produttivi»). Tali comparti di indebitamento, secondo l’autore, sono fisiologici punti di sbocco verso cui indirizzare la connaturata tendenza alla sovrapproduzione, tipica del capitalismo. Sicché, osserva l’Autore, ibidem, p. 26: «Non possiamo immaginare quale dei comparti per primo supererà gli altri in ammontare di prestiti esigibili, in quanto ciò dipende dalla discrezionalità delle politiche economiche che, seguendo i ritmi di una “macabra danza”, in alcuni periodi chiudono una certa via di sbocco, elevando così l’indebitamento degli altri comparti rimasti ad assorbire risparmio, ed in altri periodi fanno esattamente il contrario; possiamo, però, immaginare il terrore che divamperà quando tutti insieme i comparti contribuiranno ad azzerare i risultati positivi delle banche. In altri termini, se negli anni sessanta-settanta ha funzionato la via di sbocco pubblica, tant’è che il dibattito dominante dell’epoca era proprio il debito pubblico crescente; se negli anni ottanta-novanta ha funzionato la via di sbocco estera, tant’è che il dibattito dominante dell’epoca era proprio il debito estero crescente; se attualmente appare evidente che sta funzionando la via di sbocco privata, tant’è che il dibattito dominante al momento è proprio il debito privato crescente; nel futuro, molto più vicino di quanto si pensa, dobbiamo aspettarci una sinergia tra i singoli indebitamenti capace di bloccare l’importante contributo allo sbocco dato dagli istituti di credito». E di questo trend pare abbiano “istintivo” sentore le banche centrali, stanti i loro interventi «ai limiti dell’ortodossia», per impedire il tracollo finanziario ed economico delle grandi banche sull’orlo del crack. Tuttavia, conclude l’Autore, «Sfortunatamente, contro la tendenza autodistruttiva del capitalismo, è più facile agire per allontanare l’esito fatale ultimo che per eliminarlo del tutto, e, quindi, all’efficacia dell’azione svolta dalle autorità di politica monetaria nel breve termine, si contrapporrà l’inefficacia della loro azione nel lungo termine».

218

Che consiste nella valutazione del livello di affidabilità della solidità finanziaria di una società o di uno Stato. Tale valutazione viene effettuata da società specializzate.

219 Un precedente emblematico in tal senso era costituito dalle note vicende della Grecia, “condotta” al superamento

dello stato di default, in cui essa versava. La Grecia, infatti, era stata oggetto di attacchi speculativi, poi estesi a molti Paesi dell’area Euro, per contenere i quali la nazione ellenica è stata sottoposta a una serie di drastici (e per certi versi

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Nell’ultimo decennio, tale percorso ha subito una notevole accelerazione, legata alla crisi di cui si è detto. Sicché, sembra opportuno offrire un quadro generale delle politiche europee che, dapprima, hanno consentito la realizzazione della moneta unica; poi, facendo leva su di essa, hanno iniziato ad incidere sulla stabilità dei conti pubblici nazionali; per giungere, infine, ad una vera e propria governance monetaria (e, di riflesso, delle politiche di bilancio).

Al riguardo, in premessa, occorre sottolineare come si siano posti dei problemi interpretativi per conciliare l’intreccio tra le disposizioni sovranazionali e le disposizioni costituzionali nazionali sui rapporti economici (di cui agli artt. da 35 a 47, per quanto concerne la nostra Carta fondamentale).

In particolare, secondo un primo orientamento, il tessuto costituzionale avrebbe oramai assorbito il diritto europeo, a favore del quale si è assistito ad una cessione di sovranità de facto. Sicché, lo studio del diritto costituzionale non può più essere limitato alla Costituzione, ma deve giocoforza coinvolgere anche i Trattati dell’Unione Europea220. D’altronde, i richiami che nelle disposizioni costituzionali vengono effettuati al diritto europeo221 sono significativi della natura meta costituzionale dei Trattati stessi, in particolar modo con riguardo all’osservanza dell’equilibrio dei bilanci, della sostenibilità del debito pubblico e dei vincoli economici e finanziari. Secondo un altro orientamento, del tutto opposto al precedente, le disposizioni costituzionali e il diritto europeo verserebbero in una situazione di insanabile contrasto per gli aspetti che concernono il governo dei rapporti economici. Ciò avverrebbe in considerazione dell’art. 3 della Costituzione e della notevole espansione alla tutela dei diritti sociali che da esso deriva e che, per contro, verrebbe eccessivamente costretta dal rigore che il diritto europeo opporrebbe alla piena realizzazione dei diritti sociali, mediante l’imposizione dei vincoli di bilancio e la richiesta di mantenere certe proporzioni (di cui si dirà a breve) tra prodotto interno lordo (PIL), indebitamento (deficit) e debito pubblico222.

drammatici) interventi per realizzare ab externo (sostanzialmente da parte della Troika – una squadra di esperti della Commissione, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale) riforme strutturali radicali.

220

Ex pluris, si vedano in tal senso, L. Torchia, La nuova costituzione economica, in L’amministrazione pubblica italiana. Un profilo, a cura di S. Cassese, C. Franchini, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 117 e ss; G. Di Plinio, Diritto pubblico dell’economia, Milano, Giuffrè, 1998, pp. 117-119; C.G. Carboni, La responsabilità finanziaria nel diritto costituzionale europeo, Torino, Giappichelli, 2006, pp. 165 e ss.

221

Cfr. artt. 97, 1° comma, 117, 1° comma, 119, 1° comma, 120, 2° comma.

222 Per l’analisi delle riflessioni di questo tipo, si vedano M. Luciani, La costituzione italiana e gli ostacoli

all’integrazione europea, in Politica del diritto, 1992, p. 557 e ss., e M.A. Cabiddu, Costituzione europea e carta dei diritti fondamentali, in Profili della costituzione economica europea, a cura di A. Quadrio Curzio, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 177 e ss.

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Tra le due opposte tesi, ve ne è anche una in certo senso intermedia, che cerca di utilizzare al meglio gli elementi dei due ordinamenti per renderli compatibili. Sicché, partendo dalla tutela prioritaria di valori apparentemente divergenti (i diritti sociali nella Costituzione; la stabilità della moneta e le regole del mercato nel diritto europeo), entrambi i sistemi tendono a convergere, con le disposizioni sull’equilibrio di bilancio (la Carta fondamentale) e sull’integrazione e coesione sociale (l’ordinamento sovranazionale), verso quella che, secondo alcuna dottrina, è stata definita un’«economia sociale di mercato»223.

In parallelo a tali considerazioni, che palesano un approccio squisitamente giuridico, e più in generale, occorre tuttavia prendere atto della circostanza che il piano dei rapporti tra l’ordinamento europeo e quello nazionale deve essere indagato su di un livello di più ampio respiro e in parte diverso. Infatti, nell’analizzare tali rapporti, all’impostazione (tutta giuridica) della teoria del potere che si impone ai consociati, specie a livello costituzionale, sulla base del “quadrinomio sovranità-autorità-norma-sanzione”224, bisogna accostare l’impostazione del c.d. diritto mite, che si fonda sull’orientamento delle coscienze collettive mediante manipolazione del consenso, mediante il ricorso ai mezzi di comunicazione di massa. Ciò che viene realizzato, in materia di diritto dell’economia già dall’inizio del XX secolo e che solo di recente, sulla spinta delle tecniche tipiche del progressismo liberista, si sta imponendo anche nel diritto costituzionale225.

Ed è anche in considerazione di quest’ultima impostazione che occorre valutare il percorso di conformazione della sovranità nazionale dei singoli Stati in materia di politiche di bilancio, ad

223

Così, G. Amato, Intervento in La libertà e i diritti nella prospettiva europea, Atti della giornata di studio in memoria di Paolo Barile, Cedam, Padova, 2002, p. 161: «Sul rapporto tra Costituzione europea e diritti sociali è bene che i sostenitori dell’Europa e del diritto dei Trattati siano chiari: è necessario dire che la Costituzione europea della quale già oggi si parla, e in particolare la Costituzione economica europea, sono fondate sull’economia di mercato. Questo non esclude la tutela dei diritti sociali, ma [la include] secondo un modello che viene sintetizzato nella formula tedesca di economia sociale di mercato. Un modello quindi che non li esclude, ma […] ne esclude il potenziale nella direzione di una economia socialista». Peraltro, B. Caravita, Quanta Europa c’è in Europa, cit., p. 18, osserva che tale concetto viene «adesso esplicitato nell’art. 3 del Trattato, peraltro insieme ad altri valori di non meno peso e significato di quelli generalissimi elencati nell’art. 2». Più in generale, sulla predetta visione “conciliativa” tra Costituzione e ordinamento europeo, tra gli altri, cfr. G. Della Cananea, Indirizzo e controllo della finanza pubblica, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 19 e ss.: «[…] il “vincolo” europeo ha natura costituzionale e condiziona quindi non solo la guida dei fenomeni finanziari e i relativi controlli, ma la stessa disciplina costituzionale della finanza». In merito al rapporto tra i due ordinamenti, l’Illustre Autore, op. cit., p. 20, nel premettere che esso si fonda sul principio del primato del diritto europeo su quello nazionale (per statuizione della Corte di Giustizia dell’UE e per ammissione delle principali Corti Costituzionali europee), evince che «la Costituzione europea è ora parte integrante delle costituzioni dei singoli Stati membri dell’Unione». Inoltre, essendo la sovranità condivisa tra i due ordinamenti, «la disciplina costituzionale non può che essere “mista”, vale a dire in parte sovranazionale e in parte nazionale».

224

La formula è di E. Picozza, S. Oggianu, Politiche dell’Unione Europea e diritto dell’economia, Torino, Giappichelli, 2011, p. 4.

225 Si pensi ad esempio a quelle critiche che sono state mosse alla recente innovazione legislativa europea, nota come

pilastro dei diritti sociali, i quali, come visto, nelle legislazioni degli Stati membri hanno quasi sempre dignità costituzionale.

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opera non tanto dei Trattati, quanto delle politiche dell’Unione Europea finalizzate a realizzare, dapprima, il mercato unico, successivamente, la moneta unica, da ultimo, la stabilità finanziaria.

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