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Par 3.3 Il diritto sociale a ricevere un’istruzione: un diritto “legittimo”?

Per quanto concerne i diritti, il diritto sociale a ricevere l’istruzione trova il proprio sostrato normativo nella formulazione «La scuola è aperta a tutti», con cui esordisce l’art. 34, Cost. Analogamente a quanto visto, più in generale, in materia di diritti sociali, si dibatte sulla reale portata di questa asserzione: se cioè presenti una natura meramente programmatica oppure se sia idonea a configurare un diritto.

In proposito si delineano diverse opinioni in dottrina.

Secondo una prima ricostruzione, la disposizione non avrebbe la capacità di configurare un vero e proprio diritto alla prestazione, rivolgendosi essa principalmente al legislatore. In altri termini, quello all’istruzione (come gli altri diritti a prestazione) rientra nella nozione più generale di diritto del singolo a godere di una prestazione amministrativa. In relazione alla scansione temporale con cui si realizza il diritto a ricevere quest’ultima, tale dottrina distingue in generale tra un primo momento, in cui l’amministrazione decide per la costituzione di un apparato amministrativo volto ad erogare delle prestazioni amministrative, durante il quale il singolo non è che un mero spettatore; un secondo momento, in cui il servizio è accessibile al pubblico per la fruizione dell’attività amministrativa, durante il quale l’interessato vanta un diritto alla prestazione, tuttavia condizionato dalla relativa concreta possibilità di attuazione66.

In senso analogo, ma con considerazioni direttamente inerenti all’istruzione, altra dottrina, partendo dal presupposto che la formulazione dell’art. 34, 1° comma, disponga con carattere di norma generale, che pone un divieto di limitazione e/o discriminazione per accedere alla scuola,

65 Sulla ricostruzione giuridica, giurisprudenziale e normativa degli interessi diffusi e collettivi e della relativa tutela si

rimanda alla sconfinata letteratura in materia, tra cui si segnala, in particolare, C. Petrillo, La tutela giurisdizionale degli interessi collettivi e diffusi, Roma, Aracne, 2005.

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giunge alla conclusione che non sarebbe pertanto idonea a configurare un diritto soggettivo, bensì soltanto un interesse legittimo all’accesso all’istituzione scolastica. In questa prospettiva, “la scuola è aperta è tutti” sarebbe in sostanza una locuzione volta a riconoscere al singolo, una volta che l’amministrazione decida unilateralmente per l’apertura di una scuola, soltanto una situazione giuridica soggettiva a non essere limitati o discriminati nell’accesso stesso, la quale tuttavia potrebbe essere di fatto vanificata in presenza di circostanze diverse dalle predette (come per esempio in caso di limitatezza delle risorse disponibili)67. E con riguardo all’argomentazione secondo cui questo diritto di accesso potrebbe fondarsi anche sul disposto di cui all’art. 33, secondo comma, a tenore del quale la Repubblica «istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi», la dottrina in commento ritiene che la norma risponda ad un interesse della collettività statale e non sia idonea a individuare un diritto soggettivo del singolo. In sostanza, ai poteri statali in materia sarebbe connaturata un’ampia discrezionalità politica, legata sia al «grado di sviluppo delle scuole non statali», sia ai «mezzi finanziari allocati in bilancio»68. Sicché, sia in caso di apertura di nuove istituzioni scolastiche, sia di riorganizzazione di quelle esistenti (con accorpamenti, dimensionamenti, soppressioni, etc.), il singolo non può che assistere passivamente, senza nessuno strumento giuridico a disposizione per la tutela dalla lesione del suo astratto diritto di accedere all’istruzione.

Il punto di vista di chi guarda all’istruzione come interesse legittimo e non come un diritto soggettivo, però, seppur tributario di un senso pratico/giuridico da non sottacere (relativo all’an e al quomodo di tutela per il singolo, in caso di inerzia dell’Amministrazione), trascura tuttavia la genesi e l’evoluzione storica, già esaminate retro, del diritto de quo e la sistematicità con cui questo (e gli altri diritti sociali) sono stati contemplati nella nostra Carta fondamentale.

Infatti, sia il dibattito svoltosi in Assemblea costituente69, che la lettura sistematica tra le disposizioni in materia di istruzione e l’art. 3, Cost., inducono a propendere per una qualificazione

67 N. Daniele, L’ordinamento scolastico italiano, in G. Santaniello (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, cit., pp.

364 e ss.

68 Sempre, N. Daniele, op. cit., p. 365. Peraltro, nella stessa prospettiva di (in) capienza delle risorse viene affrontato il

tema del diritto allo studio (di cui all’art. 34, 3° comma, Cost., in base al quale i capaci e i meritevoli, quand’anche privi di mezzi, hanno diritto a raggiungere i più alti gradi di studi). Infatti, allorché vengano stabiliti i requisiti per l’accesso alle forme di assistenza scolastica, quando siano rispettati i criteri di discrezionalità tecnica, a cui sia eterovincolata o autovincolata l’amministrazione che eroga le prestazioni, possono verificarsi altre situazioni idonee di per sé ad impedire l’erogazione delle prestazioni per diritto allo studio.

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Si vedano gli interventi nei dibattiti in I e II commissione tra gli onorevoli Aldo Moro e Concetto Marchesi, di cui si è già fornito qualche riferimento retro. Soprattutto, cfr. l’intervento dell’onorevole Tupini, in Atti dell’Assemblea Costituente, IV, p. 3397, al quale si deve la riflessione secondo la quale l’incipit di cui all’art. 34 è stato mantenuto nel corpo della Costituzione in quanto con esso si voleva ribadire che l’istruzione doveva «cessare di essere privilegio di pochi, per diventare un diritto di tutti».

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del diritto in commento come diritto soggettivo, posto nell’interesse dell’individuo (diritto all’apprendimento, ad “essere istruito”). In premessa, occorre specificare che vanno affrontate con le dovute differenze l’istruzione base (quella obbligatoria ex Costituzione: del c.d. I ciclo di istruzione, composta dalla scuola primaria e da quella secondaria di I grado) e quella superiore (garantita per i meritevoli: c.d. II ciclo, corrispondente all’istruzione fornita nelle scuole secondarie di II grado). Poi, occorre rilevare che l’art. 3, appunto, orienta la lettura degli artt. 33 e 34, Cost., nel senso di consentire a tutti coloro a cui la scuola è aperta la possibilità di muovere i passi iniziali del proprio apprendimento in condizioni di parità, sicché tutti possano anelare ad acquisire quel “merito”, che consente loro di raggiungere i gradi più alti di studio, anche in assenza di mezzi economici adeguati allo scopo.

Ciò che deve essere evitato, in altri termini, è di propendere per una qualificazione del diritto all’istruzione in senso negativo (diritto a non essere limitati e/o discriminati), ma di qualificarlo in positivo: diritto dell’individuo a ricevere quello strumento (istruzione) che gli consenta la più alta (astratta) possibilità di inclusione e realizzazione sociale70.

Per concludere, una lettura sistematica degli artt. 3, 2° comma (che pone la garanzia del raggiungimento dell’uguaglianza sostanziale tra i compiti della Repubblica); 33, 2° comma (che impone alla Repubblica di «istituire scuole statali per tutti gli ordini e i gradi») e 34, 3° e 4° comma (che garantisce ai capaci e ai meritevoli il diritto al raggiungimento dei più alti gradi di studi, mediante «borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze») non può che far propendere l’interprete verso una qualificazione di quello all’istruzione come un diritto soggettivo. Tuttavia, imperfetto (“condizionato” – vedi retro): restando di fatto sottoposta la sua concreta attivazione alla discrezionalità dell’apparato amministrativo, che lo può vanificare con l’inerzia, verso la quale le armi giuridiche sono spuntate, non potendosi immaginare sentenze di condanna

70 Sulla qualificazione del diritto all’istruzione come diritto soggettivo, cfr. inter alios, AA.VV., Commentario alla

Costituzione, R. Bifulco, A. Celotti, M. Olivetti (a cura di), Utet, Torino, 2006, sub art. 34, pp. 699 e ss; M. Mazziotti, op. cit., pp. 804 e ss.; Azzariti, op. cit., p. 30; U. Pototsching, Istruzione (diritto alla), in Enc. Dir., XIII, 1973, pp. 98 e ss. In particolare, tale illustre Autore afferma che della volontà del costituente di inserire il diritto all’istruzione nel solco dei diritti fondamentali finalizzati a realizzare l’eguaglianza sostanziale sono rimasti «segni evidenti» nella stesura finale degli artt. 33 e 34, Cost.: in particolare, nel 3° comma dell’art. 34, «dove è precisato che il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi spetta ai capaci e meritevoli “anche se privi di mezzi”; nonché nel comma successivo, dove si dice che la Repubblica rende “effettivo” “questo” diritto (lo stesso diritto, cioè, di raggiungere i gradi più alti degli studi) con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze. Si ricava con certezza, dunque, che il diritto previsto dall’art. 34 non è meramente formale (diritto ad ottenere l’iscrizione nella scuola), ma è un diritto a godere dell’istruzione necessaria “malgrado” ogni possibile ostacolo di ordine economico sociale con cui i singoli possono scontrarsi di fatto. La rimozione di tali ostacoli, in quanto siano tali da impedire il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica economica sociale del Paese, è già indicato quale compito della Repubblica dall’art. 3 cost.; ma l’art. 34 ha voluto che a sollecitare l’azione dei poteri pubblici all’adempimento di tale compito fosse riconosciuto al cittadino, nel settore dell’istruzione, un vero e proprio diritto soggettivo, tale da incidere sull’ordinamento stesso del servizio».

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ad un facere così specifico per la P.A. (ad esempio: ad istituire una scuola, presupponendo tale provvedimento conclusivo una complessa attività amministrativa, che passa dalla concertazione tra più enti – Ministero e Enti Locali – ad una pianificazione dell’intervento in vari e distinti bilanci; alla predisposizione e realizzazione di una gara pubblica; etc.); potendosi ipotizzare, al più, solo degli interventi del Giudice Costituzionale “monitori”, che tuttavia non sono vincolanti per il legislatore, né self executing per l’Amministrazione.

4. Il diritto ad essere istruiti: contenuti essenziale e accessorio.

Tutto quello che è stato premesso finora, consente di disporre dello strumentario con cui analizzare e, eventualmente, cercare delle proposte per indirizzare verso degli aggiustamenti la macchina normativa e amministrativa che trasporta l’istruzione verso la sua “tenzone” contro i grandi antagonisti suoi e, in generale, dei diritti sociali: i vincoli di finanza pubblici. Infatti, nel prosieguo della trattazione si cercherà di comprendere se, attraverso le forme di tutela apprestate per il diritto all’istruzione e le strutture amministrative esistenti a tal fine, questo venga garantito in maniera costituzionalmente “legittima”.

Ma allora pare quanto mai calzante orientare il proprio punto di vista in risposta a quella che è una delle domande a cui vuol finalizzarsi questo contributo: quale tipo di «istruzione» i nostri costituenti volevano che venisse assicurata71? E oltre: quale tipo di istruzione, alla luce di quei

desiderata originari, costituzionalmente fissati, il singolo può “pretendere”, forte del comune

sentire moderno?

Nel 1948, infatti, premeva fornire una risposta immediata ad una collettività non abituata a dare per scontata un’istruzione aperta a tutti. Ad oggi, invece, quest’ultima è oramai assodata: basti guardare a tutte le Convenzioni internazionali che ne proclamano il diritto72. Sicché, sembra

71 E. Fagnani, Tutela dei diritti fondamentali e crisi economica: il caso dell’istruzione. Stato di attuazione, funzioni

amministrative e finanziamento del sistema, Giuffrè, Milano, p. 165, fornisce a questo quesito una risposta sicura: «Un’istruzione caratterizzata dalla libertà degli insegnamenti, dal pluralismo scolastico e degli insegnamenti, che deve essere fruita da tutti (e per questo gratuita) fino ad un certo livello di base, e che può essere fruita fino ai gradi più alti da chi è capace e meritevole».

72 Al riguardo, tra le più significative, si ritiene di dover segnalare la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,

proclamata dalle Nazioni Unite nel 1948, e la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, del 1989, i cui rispettivi artt. 26 e 28 stabiliscono la necessità che l’istruzione primaria sia obbligatoria e gratuita per tutti; il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, del 1966, il cui art. 13, afferma che “l’istruzione deve porre tutti gli individui in grado di partecipare in modo effettivo alla vita di una società libera, deve promuovere la comprensione, la tolleranza e l’amicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici, religiosi ed incoraggiare lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace”; le Convenzioni internazionali sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, del 1965, e sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne,

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interessante esaminare il tema con la dovuta prospettiva di sviluppo, in considerazione di quanto le democrazie costituzionali moderne siano disposte a garantire all’individuo nelle formazioni sociali di cui egli è parte73, posto che «non è soltanto la frequenza della scuola che viene tutelata, ma si evince l’esigenza di un intervento positivo, diretto a promuovere e sostenere il successo formativo degli individui»74.

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