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Par 2.4 Dalle funzioni amministrative alla potestà legislativa delle Regioni: quel che resta.

In base alle riforme di decentramento legislative (sulle funzioni) e costituzionale (sulla potestà legislativa e, conseguentemente, sulle funzioni stesse), sembrava che alle Regioni (e agli Enti locali) fossero stati attribuiti rilevanti poteri in merito all’elaborazione delle politiche scolastiche legate al

340 M. Belletti, “Livelli essenziali delle prestazioni” e “coordinamento della finanza pubblica”, in I livelli essenziali delle

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territorio, pari ordinati rispetto alle competenze statali341. Tutto ciò vero, sia pur nel rispetto della legittima funzione di uniformità che lo Stato deve garantire sul piano nazionale, nonché delle competenze attribuite all’autonomia scolastica, essendo la scuola la «cellula primigenia»342 del sistema nazionale di istruzione.

Nel dettaglio, le disposizioni legislative che hanno concretizzato il passaggio di funzioni dal centro alle Regioni e agli Enti Locali sono gli artt. 138 e 139 del d.lgs. 112/1998.

Il primo (art. 138) attribuisce alle Regioni competenze in materia di: programmazione dell’offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale; programmazione della rete scolastica, nei limiti delle risorse attribuite dallo Stato e in ossequio al principio di dimensionamento provinciale; suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell’offerta formativa; determinazione del calendario scolastico; finanziamento alle scuole non statali. Peraltro, tali funzioni si sono aggiunte a quelle già delegate alle Regioni con d.p.r. n. 616/1977, in materia di formazione professionale, edilizia scolastica e assistenza scolastica.

Il secondo (art. 139) conferisce agli Enti Locali una serie di compiti per così dire “ancillari”, rispetto allo Stato e alla Regione.

Per quanto concerne le Province, tra questi si distinguono, in particolare, quelli in materia di politica di dimensionamento scolastico (istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di istituti scolastici), in strettissima connessione con la politica regionale in materia di programmazione e miglioramento dell’offerta formativa, e di sostegno agli studenti disabili o in situazione di svantaggio. Inoltre, a tali Enti sono attribuiti compiti connessi alla: redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche; programmazione del piano di utilizzazione degli edifici e di uso delle attrezzature, d'intesa con le istituzioni scolastiche; sospensione delle lezioni in casi gravi e urgenti; promozione di iniziative e di attività relative all'ambito delle funzioni conferite; costituzione, controlli e vigilanza, ivi compreso lo scioglimento, sugli organi collegiali scolastici a livello territoriale.

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A. Sandulli, Il sistema nazionale di istruzione, cit., p. 95, osserva che «Il principio di sussidiarietà ha condotto, da un lato, al superamento del principio del parallelismo tra funzione legislativa ed amministrativa e, dall’altro, al passaggio, da un assetto di rapporti di tipo verticistico tra Stato, regioni ed enti locali, ad una rete di rapporti di tipo orizzontale, basato sul confronto, talvolta anche conflittuale, tra livelli di governo […]». D’altro canto, prosegue l’Autore, «si è rafforzato il legame tra regioni e enti locali, parte della medesima comunità, e si è indebolito l’ordine di rapporti privilegiati tra Stato ed enti locali. La regione è divenuta titolare non soltanto di funzioni espressamente ad essa attribuite, ma di funzioni libere, godendo della clausola di residualità, operante in suo favore, anziché in favore dello Stato».

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Per quanto concerne le funzioni attribuite ai Comuni, invece, si tratta di attività in materia di: educazione degli adulti; interventi integrati di orientamento scolastico e professionale; pari opportunità di istruzione; supporto ad azioni tese a promuovere e sostenere la coerenza e la continuità in verticale e orizzontale tra i diversi gradi e ordini di scuola; interventi perequativi; interventi integrati di prevenzione della dispersione scolastica e di educazione alla salute.

In ogni caso, in generale, le Province curano gli interessi relativi all’istruzione secondaria superiore; i Comuni quelli relativi all’istruzione inferiore343.

Come noto, poi, la riforma costituzionale ha ribaltato il precedente assetto di competenze tra lo Stato e le Regioni, avendo attribuito a queste ultime due tipi di potestà legislativa: una concorrente e una esclusiva (altrimenti detta “residuale”), la quale ultima rappresenta il mutamento più significativo nell’interpretazione dei rapporti tra Stato e Regioni da parte del legislatore costituzionale, il quale lascia alla competenza regionale tutto quanto non espressamente attribuito allo Stato, nei limiti dianzi menzionati.

Secondo taluna dottrina, con la riforma del titolo V, si era inteso avviare una «fase costituente della scuola», finalizzata a definire «una nuova e diversa interpretazione costituzionale del ruolo dei pubblici poteri nel campo dell’istruzione»344. Tuttavia, se da un lato «emerge con chiarezza la connotazione nazionale dell’ordinamento della scuola»345, con la fissazione di norme generali e L.E.P. da parte dello Stato; dall’altro, il novellato art. 114, Cost., nel sostituire una concezione della Repubblica da “verticale” ad “orizzontale”, induce, come visto, a rimeditare anche la lettura dell’art. 33, Cost., sostituendo al tempo stesso al binomio scuola/Stato un sistema integrato in cui la scuola costituisce l’anello di congiunzione dei diversi livelli istituzionali di governo del territorio.

343 Per completezza, occorre sottolineare come potrebbe inserirsi un ulteriore livello nella governance in materia di

istruzione. Questo sarebbe costituito dalla Città Metropolitana, ente di governo idoneo ad intervenire in modo unitario su ambiti territoriali comprensivi di più comuni: l’art. 1, comma 2, l. 56 del 2014 le definisce «Enti territoriali di area vasta». La città metropolitana non si identifica con l’area di azione della Provincia, che pure avrebbe dovuto parzialmente sostituire, ma coincide piuttosto con aree dove il background socio/economico ha creato delle forme di urbanizzazioni connesse. Le città metropolitane avrebbero il ruolo, tra gli altri, di strutturare sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici e di organizzare servizi pubblici di interesse generale nell’area di propria spettanza, ivi inclusi quelli afferenti alla programmazione della rete scolastica e alla gestione dell’edilizia scolastica rivolta all’istruzione superiore, in sostituzione delle competenze delle Province. Senonché, il processo di attivazione di tali Enti a far data dal 1° gennaio 2014 e di contestuale sostituzione alle Province (con annessa soppressione di queste ultime) nelle funzioni da queste svolte, avviato con d.l. n. 95 del 2012, conv. In l. n. 135 del 2012, è stato interrotto con una declaratoria di illegittimità costituzionale, con cui la Corte, con sentenza n. 220 del 2013, ha ritenuto palese l’inadeguatezza dello strumento del decreto legge per realizzare una riforma organica e di sistema delle autonomie locali. Per una disamina esaustiva sulle città metropolitane, cfr. P.L. Portaluri, Le città metropolitane, in La riforma delle autonomie territoriali nella legge Delrio, cit., pp. 15 e ss.

344 M. Gigante, La scuola come organizzazione amministrativa: il dibattito istituzionale sulla riforma dell’ordinamento

dell’istruzione, in L. Benadusi e R. Serpieri (a cura di), Organizzare la scuola dell’autonomia, Bari, Cacucci, 2000, p. 198.

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