Passando adesso all’analisi delle disposizioni del novellato art. 117, Cost., in primo luogo lo Stato ha competenza esclusiva nel porre le «norme generali sull’istruzione» [art. 117, 2° comma,
312 Con riferimento alla nozione di «pluralismo istituzionale paritario», cfr. C.G. De Martin, Autonomia dell’istruzione e
riforme istituzionali: note introduttive, Relazione al Convegno Autonomia dell’istruzione e autonomia regionale dopo la riforma del titolo V della Costituzione (Trento, 14 novembre 2003), in Ist. Fed., 2004, pp. 219-202. Ibidem, p. 218, l’Autore concorda con le posizioni di altra autorevole dottrina, nell’affermare che: «[…] è la scuola come comunità (e non, certo, mera azienda di servizio) la sede preposta all’istruzione, in una prospettiva di sostanziale destatalizzazione, d’altronde coerente con il principio dell’art. 33 Cost., che riserva alla Repubblica (e non allo Stato-apparato) la definizione delle norme generali sull’istruzione».
313 Cfr. M. Drigani, L’istruzione tra Stato e Regioni, un difficile riparto di competenze, cit. pag. 54. 314 Cfr. A. Sandulli, Il Sistema Nazionale di Istruzione, cit.
315 Cfr., ex alios, L. Michelotti, Autonomie e diritto all’istruzione nelle Regioni a statuto ordinario, in A. Morelli, L.
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lett. n), Cost.]. Per esse devono intendersi i principi che definiscono «l’architettura del sistema scolastico, con l’indicazione delle finalità e degli obiettivi da seguire, la definizione degli assetti strutturali dei percorsi di studio (durata, valutazione, esami finali), le norme di garanzia della libertà di insegnamento, la disciplina del diritto all’apprendimento e dell’obbligo scolastico»316.
La particolarità del sistema originato dalla riforma costituzionale risiede nella necessità di coordinare la previsione di cui all’art. 117, comma 2, lett. m), cit., con quella di cui all’art. 33, 2° comma, Cost., a tenore della quale «La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione». Se prima della dilatazione della nozione di Repubblica (inclusiva di tutti i livelli di governo istituzionale territoriale) si poteva dedurre una omogeneità di contenuto delle due norme, a seguito del predetto ampliamento occorre riflettere su come coordinarne l’interpretazione. Ne consegue che, mentre l’art. 33, 2° comma, cit., lascia intendere che sia possibile per i vari livelli di governo della scuola fissare delle norme di carattere generale nell’ambito della propria sfera di competenze; ai sensi dell’art. 117, 2° comma, lett. m), allo Stato compete fissare norme generali con carattere “uniformante”, essendo quest’ultima competenza, quindi, esercitabile, pur nel rispetto degli ambiti di autonomia territoriale e funzionale garantiti costituzionalmente317.
Sul concetto di «norme generali» è intervenuta la Corte Costituzionale, che, con la citata sentenza n. 279 del 2005318, pur senza riferirsi a norme specifiche, ha stabilito che «le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell’ambito regionale»319.
Sempre ibidem, la Consulta precisa che esse si differenziano dai «principi fondamentali [che, si ricorda, costituiscono un limite all’esercizio della potestà legislativa concorrente delle Regioni] i quali, pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose».Peraltro, nel prosieguo della sentenza, la Corte fornisce alcuni punti di riferimento per comprendere quali siano alcune
316 A. Pajno, Federalismo scolastico, in Il Mulino: rivista mensile di attualità e cultura, 2002, p. 495.
317 In tal senso, cfr. V. De Santis, L’istruzione tra Stato e Regioni, cit., pp. 230-231; E. Gianfrancesco, G. Perniciaro, Le
Regioni e la materia dell’istruzione tra uniformità e differenziazione. Una breve analisi di ciò che (non) poteva essere e non è stato, in www.astrid-online.it, 2012, p. 7, n. 33: «[…] si segnala una possibile divergenza del significato della generalità nell’art. 117 Cost. rispetto al secondo comma dell’art. 33 Cost.: in una disposizione dedicata al riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni la generalità delle norme sull’istruzione non preclude la loro esaustività (dimensione orizzontale); in una disposizione come quella dell’art. 33 Cost., indirizzata a salvaguardare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, essa impone un carattere non esaustivo della disciplina statale».
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La quale, è bene ricordare, è intervenuta a seguito dell’impugnazione da parte delle Regioni Emilia Romagna e Friuli-Venezia Giulia di alcune norme del d.lgs. n. 59 del 2004 (recante «Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a norma dell’art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53»). Le Regioni lamentavano sia la mancata leale collaborazione da parte dello Stato, sia l’emanazione di normativa di dettaglio da parte di questo su materie oggetto di competenza concorrente.
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delle materie oggetto di competenza esclusiva: «l’indicazione delle finalità di ciascuna scuola»; «la scelta della tipologia contrattuale» da utilizzare per alcuni incarichi di insegnamento e «l'individuazione dei titoli richiesti» per svolgere tali incarichi; «la fissazione del limite di età per l'iscrizione alle scuole» (essendo «l'omogeneità anagrafica condizione minima di uniformità in materia scolastica»); «i livelli minimi di monte-ore di insegnamento validi per l'intero territorio nazionale, ferma restando la possibilità per ciascuna regione (e per le singole istituzioni scolastiche) di incrementare, senza oneri per lo Stato, le quote di rispettiva competenza»; infine, «la materia attinente al rapporto di lavoro del personale statale» (nella quale deve essere ricompresa «la definizione dei compiti e dell’impegno orario del personale docente, dipendente dallo Stato»).
Sempre in tema di discrimen tra norme generali e principi fondamentali è intervenuta un’altra importante sentenza della Corte Costituzionale, più recente, alle cui determinazioni in seguito si sono richiamate ulteriori pronunce. In particolare, con la sentenza n. 200 del 2009, il Giudice delle Leggi, in un contenzioso in materia di conflitto di attribuzioni tra Stato e Regioni, ha spiegato che già gli artt. 33 e 34, Cost., delineano l’essenza delle norme generali, individuando le «caratteristiche basilari del sistema scolastico» e manifestando un’attitudine vincolante, anche se non tassativa, all’identificazione delle norme generali320. Proprio dalla premessa della mancanza di tassatività delle caratteristiche basilari in commento, la Consulta inferisce la possibilità di individuare ulteriori norme generali da altre “disposizioni di legge” e, per tale via, identifica nella l. delega n. 53 del 2003 (e nei relativi decreti attuativi321) numerose altre norme generali322, oggetto di competenza esclusiva.
320 E così la Corte sintetizza quali siano le norme generali ricavabili dalle disposizioni citate, ossia quelle relative: «a)
alla istituzione di scuole per tutti gli ordini e gradi (art. 33, secondo comma, Cost.); b) al diritto di enti e privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (art. 33, terzo comma, Cost.); c) alla parità tra scuole statali e non statali sotto gli aspetti della loro piena libertà e dell'uguale trattamento degli alunni (art. 33, quarto comma, Cost.); d) alla necessità di un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuola o per la conclusione di essi (art. 33, quinto comma, Cost.); e) all'apertura della scuola a tutti (art. 34, primo comma, Cost.); f) alla obbligatorietà e gratuità dell'istruzione inferiore (art. 34, secondo comma, Cost.); g) al diritto degli alunni capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi (art. 34, terzo comma, Cost.); h) alla necessità di rendere effettivo quest'ultimo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso (art. 34, quarto comma, Cost.)» (punto 21 del Considerando in diritto).
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Si tratta dei: d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 59 (Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53); d.lgs. 19 novembre 2004, n. 286 (Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53); d.lgs. 15 aprile 2005, n. 76 (Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53); d.lgs. 15 aprile 2005, n. 77 (Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53); d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 (Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell'articolo 2 della legge 28 marzo 2003, n. 53); d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 227 (Definizione delle
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Invero, desta più di qualche perplessità l’affermazione del Giudice delle Leggi (che ha, in parte
qua, il compito di valutare se l’esercizio del potere “legislativo” da parte dello Stato sia sconfinato
nell’ambito della potestà legislativa delle Regioni), secondo cui una legge dello Stato possa porre ulteriori norme generali in materia di istruzione. Di tal guisa, non si vede quale utilità possa avere un giudizio di legittimità costituzionale (sub specie, di conflitto di attribuzioni), se la norma sulla quale il giudizio verte ha il potere di ampliare o delimitare il contenuto delle previsioni costituzionali, risultando per tale via difficile pensare a una declaratoria di illegittimità costituzionale nella materia in commento.
Ad ogni modo, la Consulta, nel tentativo di stabilire una linea di continuità con la precedente sentenza n. 279 del 2005, cit., evidenzia la differenza tra «norme generali» sull’istruzione e principi fondamentali. Secondo la Corte, le prime «definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e […] richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge». Queste disposizioni non necessitano di ulteriore specificazione ad opera delle leggi regionali.
D’altro canto, sono espressive di principi fondamentali quelle disposizioni che «nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altro, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro
norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento, a norma dell'articolo 5 della legge 28 marzo 2003, n. 53), poi abrogato dall'art. 2, comma 416, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).
322 Definizione generale e complessiva del sistema educativo di istruzione e formazione, delle sue articolazioni cicliche
e delle sue finalità ultime; regolamentazione dell'accesso al sistema e dei termini del diritto-dovere alla sua fruizione; previsione generale del contenuto dei programmi delle varie fasi e dei vari cicli del sistema e del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la “quota nazionale” (essendo la quota non nazionale rimessa alle determinazioni dell’istituzione scolastica); previsione e regolamentazione delle prove che consentono il passaggio ai diversi cicli; definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all'esito dei percorsi formativi, nonché per il passaggio ai percorsi scolastici; definizione generale dei “percorsi” tra istruzione e formazione che realizzano diversi profili educativi, culturali e professionali (cui conseguono diversi titoli e qualifiche, riconoscibili sul piano nazionale) e possibilità di passare da un percorso all'altro; valutazione periodica degli apprendimenti e del comportamento degli studenti del sistema educativo di istruzione e formazione, attribuito agli insegnanti della stessa istituzione scolastica; principi della valutazione complessiva del sistema; modello di alternanza scuola-lavoro, al fine di acquisire competenze spendibili anche nel mercato del lavoro; principi di formazione degli insegnanti.
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semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei principi fondamentali stessi»323.
A conclusione di questo percorso argomentativo la Corte afferma che i principi fondamentali, in sostanza, assolvendo una funzione di «raccordo tra le “norme generali” e quelle di competenza regionale in tema di istruzione, passano attraverso il termine medio della legislazione delle Regioni, adottata nell'ambito di scelte riservate all'autonomia del legislatore regionale».
Inquadrati i reciproci confini tra norme generali e principi fondamentali, occorre adesso dare conto dei c.d. L.E.P., considerato che l’art. 117, 2° comma, lett. m), riconduce alla potestà esclusiva dello Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale». Da ultimo giova inoltre ricordare che «alle materie di cui all’art. 117, 2° comma, come ulteriori materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato vanno poi aggiunte quelle su cui insistano in Costituzione riserve di legge, sempre che siano sicuramente interpretabili come riserve di legge statale»324.