Per quanto concerne la competenza esclusiva regionale o residuale, la Costituzione attribuisce questa espressamente alle Regioni in materia di istruzione e formazione professionale356, che, insieme all’assistenza scolastica357, rappresentano «due aree di sicura pertinenza regionale»358.
Occorre innanzitutto delimitare il campo di indagine. Per istruzione e formazione professionale deve intendersi quella, per così dire, “pubblica”, ossia quel servizio erogato nelle scuole e nelle strutture che le Regioni predispongono per soddisfare le particolari esigenze di questo genere legate al territorio, nonché nelle strutture private convenzionate (c.d. formazione esterna)359. Ne resta esclusa, per contro, l’istruzione e la formazione professionale privata, ossia quella che «i datori di lavoro offrono in ambito aziendale ai propri dipendenti […]; essa, essendo intimamente connessa con il sinallagma contrattuale, attiene all’ordinamento civile, sicché spetta allo Stato stabilire la relativa normativa»360.
355 A riprova dell’afferenza della materia dimensionamento/organizzazione della rete scolastica alla competenza delle
Regioni, nella cit. sent. n. 147 del 2012 la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 4, del d.l. n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, in quanto la disposizione «pur richiamandosi ad una finalità di continuità didattica nell’ambito dello stesso ciclo di istruzione, in realtà non dispone sulla didattica: esso, anche con questa sua prima previsione, realizza un ridimensionamento della rete scolastica al fine di conseguire una riduzione della spesa». Inoltre, l’«aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all’interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale» e dove pertanto lo Stato può intervenire solo con la predisposizione di principi fondamentali, che, come visto, per loro natura necessitano dell’attuazione da parte delle Regioni.
356 A. Poggi, Istruzione, formazione e servizi alla persona, tra regioni e comunità nazionale, Torino, Giappichelli, 2007,
p. 34, acutamente osserva: «Quanto all’ “istruzione e formazione professionale” se per un verso pare indubbio che la competenza legislativa esclusiva trascini a sé il trasferimento alle Regioni degli istituti professionali di Stato, per altro verso la conformazione dell’offerta formativa come “sistema” (che rende difficilmente separabile e scindibile sia dal punto di vista epistemologico e pedagogico, sia sotto il profilo dei contenuti e dei relativi percorsi l’istruzione, la formazione professionale e la formazione permanente) e la concorrenza tra Stato e Regioni nel settore normativo delle professioni spingono decisamente verso un sistema di competenze “integrate”, che superi l’annosa antinomia tra formazione professionale di Stato e formazione professionale assolta dalle Regioni».
357 L’art. 42, d.p.r. n. 616 del 1977 precisa che «le funzioni amministrative relative alla materia “assistenza scolastica”
concernono tutte le strutture, i servizi e le attività destinate a facilitare mediante erogazioni e provvidenze in denaro o mediante servizi individuali o collettivi, a favore degli alunni di istituzioni scolastiche pubbliche o private, anche se adulti, l'assolvimento dell'obbligo scolastico nonché, per gli studenti capaci e meritevoli ancorché privi di mezzi, la prosecuzione degli studi. Le funzioni suddette concernono fra l'altro: gli interventi di assistenza medico-psichica; l'assistenza ai minorati psico-fisici; l'erogazione gratuita dei libri di testo agli alunni delle scuole elementari».
358 Così E. Fagnani, Tutela dei diritti fondamentali e crisi economica: il caso dell’istruzione, cit., p. 246.
359 Per un maggiore approfondimento delle caratteristiche dell’istruzione e della formazione professionale, cfr. A.
Poggi, L’autonomia scolastica nel sistema delle autonomie regionali, cit., pp. 229 e ss.
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Anche in materia di competenza residuale, la delimitazione del contenuto della stessa è inevitabilmente casistica.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 50 del 2005, ha ritenuto ad esempio che l’apprendistato sia una materia talmente ibrida, al punto da ricadere nella competenza esclusiva dello Stato (in quanto rientrante nella materia dell’ordinamento civile, riservata allo Stato dall’art. 117, 2° comma, lett. l); in quella concorrente (per i profili relativi alla tutela del lavoro e all’istruzione) e in quella residuale – o esclusiva – regionale (per ciò che concerne la formazione professionale). Sicché, conclude la Corte, «poiché per i contratti a contenuto formativo si verifica un intreccio tra competenze esclusive statali e competenze concorrenti e residuali delle Regioni, soltanto una procedura che preveda intese tra lo Stato e le Regioni, nel rispetto del principio di leale collaborazione, può tutelare sia l'autonomia regionale nella regolazione dei profili formativi sia la garanzia della determinazione da parte dello Stato dei livelli essenziali del diritto all'istruzione».
Anche quella dei tirocini formativi è stata ritenuta materia oggetto di competenza residuale delle Regioni, da parte della Corte Costituzionale n. 287 del 2012, cit. Il Giudice delle Leggi, infatti, escludendo che essi possano essere compresi nella categoria dei livelli essenziali delle prestazioni, li ha ricondotti, invece, alla competenza residuale in quanto «il nucleo di tale competenza, che in linea di principio non può venire sottratto al legislatore regionale […] cade sull’addestramento teorico e pratico offerto o prescritto obbligatoriamente […] al lavoratore o comunque a chi aspiri al lavoro».
Altre pronunce della Consulta sono poi intervenute su misure di sostegno allo studio: in particolare per gli studenti (delle scuole non statali), per i quali venivano messi a disposizione dei finanziamenti vincolati con legge dello Stato, con delega alle Regioni per la relativa erogazione. La Corte ha concluso per la riconducibilità alla potestà residuale delle Regioni della materia dei contributi alle scuole non statali, pertanto ritenendo illegittimo il meccanismo dei finanziamenti vincolati361.
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Cfr. C. Cost., n. 423 del 2004, con cui la Corte stabilisce, con riguardo all’art. 3, commi 116 e 117, della l. n. 350 del 2003, che la previsione degli interventi ivi contenuta «non costituendo determinazione di “livelli essenziali delle prestazioni” cui fa riferimento l'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione – viola le competenze regionali concernenti i “servizi sociali” e l'“istruzione”. Siffatte disposizioni – stabilendo con quali finalità debba essere utilizzato l'incremento del Fondo disposto per l'anno 2004 dall'art. 21, commi 6 e 7, del citato decreto-legge n. 269 del 2003 – pongono precisi vincoli di destinazione delle risorse nelle suddette materie, con palese violazione dell'autonomia finanziaria di spesa delle Regioni e non sono, dunque, conformi al nuovo modello di finanza regionale delineato dall'art. 119 della Costituzione; deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 116 e 117, della legge n. 350 del 2003. Il venir meno del vincolo di scopo comporta che le suddette somme
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In generale, per riempire di contenuto la propria competenza legislativa esclusiva, le Regioni hanno scelto di percorrere due possibili vie. Alcune, infatti, hanno deciso di non osare troppo, limitandosi a promulgare leggi settoriali, senza la pretesa di costruire una propria identità regionale sull’istruzione e la formazione professionale. Altre, per contro, hanno abbracciato una logica onnicomprensiva, inserendo la disciplina sull’istruzione e la formazione professionale in una visione organica, integrandola: con l’istruzione statale; con il diritto allo studio universitario e con la programmazione territoriale; infine, con l’assistenza scolastica tradizionalmente intesa362.
In questa duplice prospettiva363, esempi del primo tipo possono essere considerati i sistemi legislativi scelti dalle Regioni: Basilicata (la quale con l. regionale n. 33 del 2003, si è limitata a disciplinarne i profili relativi ai destinatari non più in obbligo formativo); Campania (che, con l. regionale n. 14 del 2009, ha preferito collegare l’istruzione e la formazione professionale alla materia del lavoro); Puglia (la quale, pioniera nel disciplinare la materia de qua agli albori della riforma costituzionale, ha strutturato una legge esclusivamente rivolta alla formazione professionale); Umbria (che, con l. regionale n. 7 del 2009, comunque ha disegnato un sistema snello, con pochi articoli – 27 – ma funzionale).
Per contro, esempi di legislazione organica possono essere considerati quelli adottati dalle Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto, oltre che dalle Province Autonome di Trento e Bolzano. Non è questa la sede per analizzare nel dettaglio le relative peculiarità364, tuttavia si vuole in questa sede segnalare il sistema delineato dalla Regione Emilia Romagna, in quanto la stessa, dopo aver presentato al Governo, a fine 2017, una formale richiesta per l’ampliamento delle deleghe su un rilevante numero di materie oggetto di competenza concorrente, il 28 febbraio 2018 ha firmato un’intesa con lo stesso, di cui si dirà a breve.
dovranno confluire nei bilanci regionali in maniera “indistinta” e potranno, pertanto, essere impiegate dalle Regioni stesse secondo autonome scelte di politica sociale».
362
Con riguardo a quest’ultima, E. Fagnani, op. cit., pp. 257-258, nel premettere che la l. n. 62 del 2000 sulla parità scolastica ha abbandonato il ricorso all’espressione “assistenza scolastica”, in favore di quella di “diritto allo studio”, deduce che la disposizione «pare registrare il passaggio da una concezione meramente assistenziale e curativa dell’assistenza, ad una diversa, intesa come quel particolare servizio sociale che ha il compito di affiancare la scuola nel perseguimento delle sue finalità». In altri termini, si assiste alla transizione da una visione dell’assistenza scolastica considerata quale “concessione” dello Stato, a una concezione della stessa quale componente del diritto (sociale) a ricevere un’istruzione, un apprendimento, inteso quale veicolo di rimozione di quegli ostacoli di ordine economico e sociale che la Costituzione pone come obbligo a carico della Repubblica.
363 In realtà esiste anche una terza via: quella dell’astensione legislativa, percorsa dalle Regioni che hanno ritenuto non
necessario dotarsi di una legge regionale sul sistema dell’Istruzione e della Formazione Professionale, dopo la riforma del Titolo V. Salvo sviste, si segnalano a seguire le Regioni che si sono limitate a disciplinare taluni aspetti (come le certificazioni delle competenze o l’istituzione di indirizzi, etc.) o a emanare delle Linee Guida, senza ulteriori pretese di sistema: Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta.
364 Sul punto, ex multis, si può rimandare a G. Bufalino, L’istruzione nella legislazione regionale, in Costituzione e
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Analogamente alla Toscana, la Regione Emilia Romagna, con l. regionale n. 12 del 2003, ha delineato un sistema, che aspira a essere “identitario” regionale, che assurge a sistema organico, unitario sull’istruzione e la formazione professionale (definito «ai confini della potestà legislativa concorrente»365). Invero, le caratteristiche di questa iniziativa legislativa, da un lato, si lasciano apprezzare per la preconizzazione di principi generali, che verranno solo in seguito disciplinati dal legislatore nazionale con i decreti attuativi della l. n. 53 del 2003, e che conserveranno la loro validità anche dopo l’emanazione dei predetti decreti attuativi366. Dall’altro lato, la legge regionale citata avrebbe potuto osare qualcosa di più (disciplinando, per esempio, gli aspetti relativi alla distribuzione del personale scolastico tra le scuole oggetto di programmazione da parte della Regione Emilia Romagna).
Per quanto concerne i contenuti del sistema in oggetto, si ritiene opportuno menzionare, oltre alla citata previsione dei principi generali che governano l’istruzione e la formazione professionale regionale, la prevalenza accordata al sistema di istruzione pubblica (a discapito dell’integrazione pubblico-privato); la previsione, di cui all’art. 4, di una concertazione tra i vari livelli di governo (Stato-Regioni-Enti Locali) sull’istruzione in merito agli «standard nazionali per la formazione professionale anche integrata»; l’attuazione piena, con l’art. 21, dell’autonomia scolastica, con contestuale trasferimento alle scuole di tutte le residue funzioni regionali in materia di curricula scolastici; la previsione della necessità di svolgere attività formative integrate tra istruzione e formazione professionale; il riconoscimento di due percorsi in materia di formazione professionale: statale, da un lato, e regionale, dall’altro, che tuttavia confluiscono entrambi nel sistema nazionale di istruzione (e pertanto devono ritenersi fra loro aperti alla mobilità reciproca)367.
365 E. Fagnani, op. cit., p. 290. 366
Infatti, la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di alcune disposizioni della l. regionale, ne ha ribadito la legittimità, con sentenza n. 34 del 2005, in quanto le disposizioni denunciate «lungi dal contrastare con quanto stabilito dalla legge statale, si limita[no] a ripeterne sinteticamente il contenuto definitorio, senza porre principî o regole ulteriori». Inoltre, aggiunge la Corte la circostanza è resa esplicita dall’art. 1, 2° comma della l. regionale, a tenore del quale la Regione assume «l'ordinamento nazionale dell'istruzione a fondamento della presente legge e indirizza le proprie azioni alla qualificazione nel territorio regionale del sistema nazionale di istruzione, ed in particolare della scuola pubblica, come definito dalla legislazione nazionale».
367 La categorizzazione dei tratti salienti della legge regionale n. 12 del 2003 in commento è di E. Fagnani, op. cit., pp.
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Par. 2.4.3. La delega di funzioni ulteriori ex art. 116, Cost.: alla ricerca del miraggio.
Da ultimo, sempre in tema di riparto di competenze Stato/Regioni, si ritiene di spiccato interesse segnalare l’iniziativa delle Regioni Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto, con cui tali Regioni hanno avviato la procedura per attivare il meccanismo delineato dall’art. 116, Cost., con cui, previa un’intesa tra lo Stato e le singole Regioni (a statuto ordinario)368, queste possono ricevere ulteriori deleghe sulle materie di cui all’art. 117, 3° comma. La delega delle ulteriori funzioni, tuttavia, deve essere formalizzata con legge approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento.Naturalmente, la premessa affinché possa giungersi alla promulgazione di tale legge è che vi sia una quantificazione del costo dell’operazione, sulla base della determinazione della spesa che viene effettuata dalla Ragioneria Generale per ogni funzione interessata dalla delega, e la susseguente rimodulazione del finanziamento statale alla Regione per lo svolgimento delle maggiori funzioni attribuite. L’operazione non è semplice da eseguire, per il complesso intreccio di interessi sottesi ai numerosi organi coinvolti, ma occorrerà vedere tempi e modalità con cui (e se) si arriverà al risultato369.
In particolare, si vuole soffermare l’attenzione sull’intesa (ancora una volta soltanto preliminare) siglata dall’Emilia Romagna il 28 febbraio 2018 con il Governo centrale.
L’intesa preliminare ha ad oggetto la delega di funzioni su 13 materie, tra le quali si segnalano: salute; tutela dell’ambiente ed ecosistema; politiche del lavoro; rapporti internazionali e con l’Unione Europea e, appunto, istruzione.
In particolare, volgendo lo sguardo a quest’ultima, si prevedono varie novità.
Innanzitutto, c’è la volontà di potenziare la programmazione dell’offerta formativa, mediante l’adozione di un “Piano pluriennale”, previa intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale, per la definizione della dotazione di organico e l’attribuzione di questo alle autonomie scolastiche. A tali
368 B. Caravita, La Costituzione dopo la Riforma del Titolo V, cit., p. 143, osserva che «l’art. 116, 3° comma, fa specifico
riferimento alle “altre Regioni”, diverse cioè da quelle speciali, richiamate nell’art. 116, 1° comma; la questione risiede in ciò se l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, che rende applicabile alle Regioni speciali le parti della legge che “prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite, riguardi solo le norme sostanziali, ovvero anche quelle procedurali, tra cui quella contenuta nell’art. 116, 1° comma».
369 Per una completa valutazione degli elementi problematici e dei problemi interpretativi posti dall’art. 116, Cost., si
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fini l’Emilia Romagna prevede di dotarsi di un apposito fondo per integrare: sia l’organico ordinario di cui le scuole necessitano sul territorio370; sia i c.d. posti in deroga sull’organico di sostegno.
Ancora, l’intenzione della Regione è anche quella di elevare il livello delle competenze degli studenti che scelgono l’istruzione e la formazione professionale, con particolare attenzione alle necessità del tessuto produttivo locale. Per conseguire tale risultato la Regione chiede il riconoscimento della potestà legislativa (previa intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale e nel rispetto dell’autonomia curricolare riconosciuta alle istituzioni scolastiche), per la definizione delle modalità organizzative e attuative di un sistema integrato sull’istruzione professionale statale e l’istruzione e la formazione professionale regionale (anche in considerazione del fondo istituito per potenziare l’organico in Regione).
Sono previste inoltre misure per rafforzare il sistema di istruzione superiore e universitaria, per le quali, oltre alla previsione dell’istituzione di fondi per l’incremento delle risorse da destinare ai rispettivi comparti, è prevista un’attività di potenziamento del raccordo tra istruzione tecnica superiore e formazione universitaria professionalizzante.
Infine, verranno istituiti fondi destinati al risanamento dell’edilizia scolastica e al finanziamento del diritto allo studio.
In definitiva, bisognerà attendere di vedere se: a) questa intesa preliminare si trasformerà in intesa definitiva; b) se e in che misura essa verrà “approvata” con legge dal Parlamento; c) soprattutto, qualora venga approvata, quali misure economiche accompagneranno la delega di funzioni. La possibilità è che il tutto si traduca in piani operativi dotati di funzionalità, nel qual caso sarà davvero interessante seguire il processo di sviluppo di questo sistema, che potrebbe diventare anche il banco di prova per la determinazione dei costi e del fabbisogno standard, ai fini di una migliore qualificazione dei livelli essenziali delle prestazioni; diversamente, il rischio è che il tutto si traduca nella solita stucchevole logica di proclami politici, che negli ultimi tempi caratterizza sia le dinamiche dei rapporti interni alle istituzioni nazionali e regionali, che quelle tra i diversi livelli di governo.
370 Sicché, pare potersi dedurre che, nel caso in cui l’intesa venga assorbita dalla legge dello Stato, non ci sarebbe più
margine per contestare la legittimità costituzionale delle iniziative regionali (delle Regioni delegate) finalizzate a percorsi di reclutamento del personale docente da utilizzare nella Regione.
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