Liguori G
Cattedra di Igiene ed Epidemiologia, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
Sommario
Le strategie vaccinali messe a punto finora nei confronti di morbillo, parotite, rosolia e varicella hanno condotto ad una drastica riduzione di queste infezioni a livello globale. Nonostante ciò, si registrano ancora casi da importazione o episodi epidemici legati ad una non adeguata copertura vaccinale.
Diversi sistemi di sorveglianza sono stati realizzati in vari Paesi del mondo allo scopo di creare reti per la raccolta e la diffusione delle informazioni sui casi di contagio e di monitorare gli effetti delle pratiche vaccinali, valutandone anche esiti e complicanze. Ancora oggi, tuttavia, tali sistemi di sorveglianza non sono presenti o efficienti in tutti i Paesi in cui vengono applicate le vaccinazioni contro morbillo, parotite, rosolia e varicella. Per individuare eventuali interventi di correzione da apportare alle strategie vaccinali sarebbe dunque opportuno che lo studio epidemiologico di tali malattie venga effettuato in modo più capil- lare e rigoroso.
Parole chiave: Infezioni età pediatrica, Conoscenza epidemiologica, Strategie vaccinali, Sistemi di sorve-
glianza e controllo.
A partire dal secolo scorso, con la messa a punto di vaccini efficaci e la loro applicazione su larga scala, è stato reso possibile il controllo di malattie con un livello di morbidità e mortalità elevato in età pediatrica, tra cui in particolare morbillo, parotite, rosolia e varicella.
Nel settembre del 2005 la Food and Drug Admini- stration (FDA) ha approvato la combinazione tetrava- lente del vaccino anti-morbillo, parotite, rosolia e vari- cella (MPRV) in sostituzione della formula trivalente MPR-monovalente anti-varicella precedentemente uti- lizzata, per l’impiego su bambini tra i 12 mesi e i dodici anni di età. Il preparato tetravalente evita la necessità di ulteriori iniezioni, il che risulta vantaggioso per la maggior parte dei paesi che hanno già una schedula vaccinale e laddove la somministrazione di più di due vaccini in una singola seduta non è accettata, miglio- rando così la compliance alla vaccinazione e aumen- tando l’herd immunity. (1)
Nonostante la disponibilità di simili strumenti, ancora oggi nel mondo circa 11 milioni di bambini muo- iono ogni anno per malattie prevenibili con la vaccina- zione prima di aver raggiunto l’età di 5 anni. (2)
Morbillo
Negli anni ’80 molti paesi europei hanno iniziato ad introdurre il vaccino contro il morbillo nelle proprie
pratiche di immunizzazione; negli anni ’90 è stata intro- dotta la somministrazione della seconda dose ed il vac- cino combinato contro morbillo, parotite e rosolia. (3)
Nel 1998 l’OMS ha incluso nel programma “Salu- te per tutti nel 21° secolo” l’obiettivo di eliminazione del morbillo nella regione europea entro il 2007, termi- ne poi spostato al 2010.
Le strategie consigliate per raggiungere questo obiettivo sono basate su:
- il raggiungimento e il mantenimento di alti li- velli di copertura vaccinale (=95% con due dosi di vaccino anti-morbillo);
- il rafforzamento dei sistemi di sorveglianza me- diante rigorose investigazioni epidemiologiche e di laboratorio su tutti i casi sospetti; - la caratterizzazione dei virus circolanti e la dif-
fusione delle informazioni ai professionisti sa- nitari e alla popolazione. (4, 5)
Nello stesso anno (1998) il Parlamento Europeo ha istituito, su proposta della Commissione Europea, il Surveillance Community Network for Vaccine-preven- table Infectious Diseases (EUVAC.NET). Gli obiettivi di tale sistema comprendono la sorveglianza delle malattie prevenibili con la vaccinazione, nello specifico morbillo, parotite, rosolia e varicella, tramite l’impiego di metodi epidemiologici e di laboratorio e il coinvolgi-
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mento dei medici di base e dei pediatri, la comparazio- ne tra i dati provenienti dai diversi paesi e la diffusione delle informazioni raccolte ed elaborate. (6)
Da allora, il numero di casi di morbillo riportati globalmente ha subito una riduzione del 56% (da 373.421 del 2006 a 852.937 del 2000). Tuttavia, nella regione europea è aumentato da 37.421 nel 2000 a 53.344 nel 2006, principalmente per le grandi epide- mie che si sono registrate in Ucraina e Romania; an- che nel sud-est asiatico il numero di casi è passato da 78.574 nel 2000 a 94.562 nel 2006 ma, in questo caso, ciò è avvenuto soprattutto per il miglioramento della sorveglianza in India e Indonesia.
Dal 2000 al 2006 il numero stimato di decessi è diminuito del 68%, passando da 757.000 a 242.000. La più ampia riduzione (91%) si è registrata in Africa. (7)
Alla fine del 2007 l’OMS ha registrato per il mor- billo una copertura vaccinale dei bambini al secondo anno di vita dell’82%, in aumento rispetto al 72% del 1990; la seconda dose di vaccino è stata offerta in 183 dei 193 paesi membri. (8)
Secondo quanto riportato da EUVAC.NET, nel bi- ennio 2005-07 sono stati registrati 42 episodi epidemi- ci di morbillo in 18 paesi europei. Il 50% di questi ulti- mi aveva raggiunto una copertura >90% dal 1990. A risultare maggiormente colpiti sono stati i giovani adul- ti, non immunizzati perché nati prima dell’introduzione del vaccino, a conferma del fatto che il passaggio della malattia alle fasce adulte costituisce un effetto indiret- to dei programmi di vaccinazione.
In Italia, dove nel 2003 la Conferenza Stato Re- gioni ha approvato il Piano di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita da raggiungere entro il 2007 (termine poi differito al 2010) attraverso una copertura vaccinale superiore al 95%, la vaccinazione dei bambi- ni oltre i due anni e degli adolescenti suscettibili e l’in- troduzione della seconda dose di vaccino, sono state registrate numerose epidemie in più regioni. Per alcuni di questi episodi è stata dimostrata l’importazione del virus, mentre altri hanno interessato la popolazione nomade presente sul territorio.
La grande mobilità che si è creata negli ultimi anni, con la frequentazione di luoghi di vacanza e di lavoro da parte di persone provenienti da diversi paesi, ha reso più facile la trasmissione del virus tra i cittadini europei suscettibili. Finché non sarà raggiunta l’elimi- nazione globale della malattia, tutti i paesi saranno a rischio di reintroduzione del virus da aree in cui la tra- smissione non è sotto controllo. (9)
Dopo l’interruzione della trasmissione endemica del virus, infatti, il morbillo può essere importato nei paesi con scarso controllo: ciò permette di verificare l’immunità della popolazione e di monitorare la circola- zione del virus. Se la copertura è elevata infatti, la rein- troduzione del virus risulta solo in pochi casi sporadici o in piccoli cluster senza diffusione della trasmissio- ne, e non è necessaria nessuna azione di controllo. Nel caso in cui invece il livello di immunizzazione della popolazione è scarso è possibile che si ristabilisca la trasmissione endemica e sono necessarie strategie vaccinali su larga scala ed analisi epidemiologiche
estese per controllare l’epidemia.
Nonostante il monitoraggio della copertura vacci- nale sia fondamentale per stimare la suscettibilità del- la popolazione nei confronti della malattia, la sorve- glianza dei casi con la conferma di laboratorio rappre- senta lo standard di riferimento per valutare gli effetti dei programmi di controllo applicati. Laddove l’inciden- za della malattia è molto bassa la diagnosi clinica è più difficoltosa e si rendono necessari esami di labora- torio come il dosaggio delle IgM sieriche.
Nel 2002 è stato istituito il Global Measles/Ru- bella Laboratory Network (GM/RLN), messo a punto per migliorare la diagnosi e la caratterizzazione dei vi- rus. (10)
Il network, una rete costituita da laboratori locali, provinciali, regionali e da due laboratori centrali (Public Health Laboratory Services a Londra e Centers for Di- sease Control and Prevention ad Atlanta) è stato istitu- ito per assicurare il controllo di qualità dei test diagno- stici e il supporto per l’isolamento del virus e il sequen- ziamento del suo genoma. L’epidemiologia molecolare si è dimostrata fondamentale nel documentare l’elimi- nazione di ceppi indigeni del virus e per tracciare l’ori- gine geografica delle importazioni. (11)
La strategia OMS-UNICEF messa a punto a par- tire dal 2001 per la riduzione della mortalità per morbil- lo comprende:
- il raggiungimento e il mantenimento di alti li- velli di copertura vaccinale (>90%) con la pri- ma dose di vaccino distribuita mediante prati- che routinarie;
- la possibilità che la seconda dose sia disponi- bile per tutti i bambini;
- il mantenimento di una sorveglianza dei casi e di un monitoraggio della copertura vaccinale efficaci, attraverso il report dei casi da parte degli stati membri e l’istituzione di una rete di laboratori per la conferma dei casi (WHO mea- sles and rubella laboratory network - MRLN); - l’erogazione di una gestione clinica appropria-
ta, che includa anche la somministrazione di vitamina A. (12, 13)
Il numero di paesi membri dell’OMS che riporta- no i casi annuali al sistema di sorveglianza OMS-UNI- CEF è cresciuto da 169 (88%) nel 2000 a 180 (93%) nel 2006. Nello stesso anno, dei 196 paesi membri, 146 (76%) avevano implementato un sistema di sorve- glianza dei casi, in aumento rispetto ai 120 (62%) pa- esi del 2004.
I laboratori di conferma, passati da 40 nel 1998 a 678 nel 2006, sono distribuiti in 164 paesi e nel 2006 hanno analizzato circa 180.000 campioni di siero per la ricerca di IgM contro morbillo e rosolia.
Nonostante questi progressi nei sistemi di sorve- glianza, i dati sul numero di decessi dovuti al morbillo sono ancora spesso incompleti in molti paesi, soprat- tutto in quelli nei quali la malattia ha un peso maggio- re. Per stimare la mortalità, l’OMS ha cambiato il tradi- zionale modello di calcolo utilizzando:
- i più recenti dati di popolazione;
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- l’incidenza del morbillo paese-specifica così come riportata da sistemi di sorveglianza qua- lificati.
Un progressivo miglioramento dei sistemi di sor- veglianza è dunque fondamentale per guidare le misu- re di riduzione della mortalità. Dal momento che i dati di sorveglianza non consentono misure dirette della mortalità globale, devono essere utilizzati appropriati modelli per questo scopo. (12,13).
Rosolia
La prevenzione della rosolia e della rosolia con- genita sono tra le priorità tracciate dal WHO Regional Office for Europe ed il limite di un caso su 100.000 della forma congenita è stato auspicato come obiettivo da raggiungere entro il 2010. (5)
Da quando, negli anni ’60, sono stati messi a punto i vaccini contro la rosolia, diversi programmi di immunizzazione sono stati implementati in molti pae- si europei. Le strategie chiave per la prevenzione sono in questo caso rappresentate dalla vaccinazione uni- versale dei bambini e da quella selettiva delle giovani adolescenti. La vaccinazione MPR, adottata in molti paesi europei, risulta ancora non applicata ovunque universalmente. (14)
È difficile ottenere dati affidabili sull’incidenza della rosolia a causa della mancanza di sistemi di sorve- glianza, per la decorrenza a volte asintomatica della malattia o perché non sempre vengono individuati i segni della malattia. Le informazioni disponibili più esaustive al riguardo possono essere ottenute dai report conse- gnati all’OMS dai paesi membri e dal sistema EUVAC.NET. Nel complesso la rosolia ha fatto regi- strare una diminuzione del numero di casi dal 2003 ed una stabilizzazione dal 2005. Secondo il Centro Euro- peo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), nel 2005 sono stati riportati 1.498 casi in 22 paesi, con un’incidenza complessiva di 0,51 casi per 100.000 e valori maggiori per Lituania e Paesi Bassi (3,44 e 2,23 per 100.000 rispettivamente). Tuttavia, di- versi sono stati gli episodi epidemici registrati in Euro- pa nell’ultimo decennio, come conseguenza della non adeguata copertura immunitaria. (14)
In Italia, la sorveglianza della rosolia si basa sulle notifiche e sulla rete dei pediatri sentinella. Il numero di casi notificato dal 1970 al 2001 indica una ricorren- za delle epidemie circa ogni 4-5 anni, fino al 1997, ulti- ma epidemia degli anni ’90 con circa 35.000 casi ripor- tati. Successivamente l’incidenza è calata: a partire dal 2002, si è assistito ad una progressiva diminuzio- ne del numero dei casi, fino al minimo rappresentato dai 257 del 2006.
L’incidenza stimata di rosolia nei bambini nel 2000, secondo la rete di pediatri, è risultata dalle 5 alle 6 volte più alta rispetto alle notifiche. Nel 2002 l’inci- denza stimata è risultata particolarmente elevata con circa 300 casi per 100.000 bambini, soprattutto tra i 10 e i 14 anni di età. Tale fonte non fornisce alcuna infor- mazione sui casi di rosolia tra gli adulti. (15)
Per raggiungere l’obiettivo di 1 caso di rosolia congenita per 100.000 nati vivi e di eliminazione del
morbillo entro il 2010, obiettivo cui ha aderito anche il nostro paese, nel 2002 l’OMS ha messo a punto diver- se strategie. Tra queste, è andata ampiamente diffon- dendosi la vaccinazione nei confronti della rosolia (dal 75 al 92% dei paesi europei membri negli anni 2001- 2007, 126 paesi a livello globale) con effetti considere- voli sulla riduzione dei casi. Tuttavia, i paesi dell’est europeo hanno introdotto la vaccinazione solo recen- temente mentre altri paesi occidentali, pur praticando- la da tempo, non hanno raggiunto livelli di copertura ottimali o sono passati solo recentemente alla sche- dula a due dosi di vaccino.
La rete di laboratori messa a punto per la confer- ma dei casi di morbillo e rosolia dal 2002 è oggi diffusa in 47 paesi (90% del totale): essi utilizzano metodiche e reagenti standard ed hanno implementato un impor- tante programma di controllo della qualità sulle proce- dure. (14)
La sorveglianza sui casi di rosolia, e in particola- re quella dei casi di rosolia congenita, non ancora di- sponibile in tutti i paesi europei membri dell’OMS, do- vrebbe essere incentivata; laddove presente essa do- vrebbe essere standardizzata in modo da poter avere uguali indicatori per i diversi paesi. Per raggiungere tale scopo, nel caso della rosolia congenita, sarebbe fon- damentale tenere conto dei registri sui difetti congeniti e l’impiego di definizioni di caso univoche.
La sottonotifica rappresenta inoltre una delle prin- cipali limitazioni nei sistemi di notifica. Sarebbe dun- que opportuno migliorare la qualità dei sistemi di sor- veglianza, soprattutto nei paesi in cui la malattia è sot- to controllo.
Ancora, dovrebbero essere incoraggiati periodici studi di sieroprevalenza, al fine di identificare gruppi di popolazione che possono divenire oggetto di speciali strategie di prevenzione. (14)
Infatti, la sorveglianza sierologica è strumento importante per la valutazione dei programmi di vacci- nazione dal momento che, monitorando l’immunità della popolazione, fornisce informazioni utili ad identificare le misure di controllo da intraprendere. I dati di siero- sorveglianza costituiscono un importante supplemen- to per le informazioni relative alla copertura vaccinale ed evitano molte delle limitazioni connesse ai sistemi passivi di report, non sempre attendibili a causa delle sottonotifiche, delle mancate diagnosi e dei casi non sintomatici. Essi forniscono profili specifici per età che permettono l’identificazione di coorti suscettibili che possono emergere in seguito all’implementazione di programmi di vaccinazione.
Il modello matematico dell’impatto dei program- mi di immunizzazione nei confronti della rosolia ha di- mostrato che, se la copertura vaccinale scende al di sotto di un valore pari all’80%, si può verificare un au- mento nel numero di casi della forma congenita, dal momento che la bassa circolazione del virus esita in un aumento delle donne suscettibili; conseguenze dell’introduzione di programmi vaccinali sub-ottimali sono state osservate in alcuni paesi membri, dove è stato riportato (segnalato) un numero elevato di forme congenite in seguito ad epidemie di rosolia.
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L’applicazione di politiche vaccinali coordinate tra i paesi europei diventa sempre più importante con l’au- mentare dei movimenti migratori che possono determi- nare la diffusione della malattia tra i paesi stessi, come avvenuto negli anni ‘90 tra Grecia e Regno Unito. Le donne suscettibili all’infezione provenienti dai paesi dell’est, ad esempio, sono state individuate come im- portante target per le strategie di immunizzazione: la vaccinazione di queste deve essere ben considerata dal momento che potrebbero dare vita a neonati con rosolia congenita.
Se la messa a punto delle schedule vaccinali re- sta sotto la responsabilità di ogni singola nazione, è comunque essenziale che tutta la popolazione euro- pea mantenga adeguati livelli di protezione per preveni- re epidemie da importazione. (16)
Parotite
L’OMS raccomanda la vaccinazione routinaria nei confronti della parotite nei paesi muniti di programmi vaccinali per l’età pediatrica ben consolidati ed efficaci, che abbiano la capacità di mantenere alti livelli di coper- tura vaccinale nei confronti di morbillo e rosolia, e laddo- ve la riduzione dell’incidenza della malattia rappresenti una priorità di sanità pubblica. Le strategie di controllo per la parotite, infatti, dovrebbero essere strettamente integrate con gli obiettivi di controllo ed eliminazione della rosolia e del morbillo, soprattutto laddove lo strumento impiegato è la formulazione combinata.
Come per la rosolia, anche per la parotite una copertura vaccinale insufficiente nei bambini può risul- tare in uno shift epidemiologico della malattia verso gruppi di età maggiore, potendone conseguire tassi elevati di malattie severe e complicanze. L’impiego della vaccinazione all’interno di programmi nazionali di im- munizzazione rappresenta dunque la strategia più uti- le al conseguimento di un elevato livello di controllo della malattia.
Vaccini efficaci e sicuri contro la parotite, basati su ceppi virali vivi attenuati, sono disponibili dagli anni ’60. Alla fine del 2007, 114 dei 193 (59%) stati membri dell’OMS hanno incluso questo tipo di vaccino nei loro programmi di immunizzazione nazionali, la maggior parte dei quali impiega la forma combinata MPR. I pa- esi in cui è stata implementata la vaccinazione su lar- ga scala hanno registrato una drammatica diminuzio- ne dell’incidenza della malattia (1 caso/100.000 entro 10 anni). (17)
In Italia, dove la vaccinazione è raccomandata insieme a quella anti-morbillo e anti-rosolia, il numero di casi ha raggiunto un massimo di 65.000 riportati nel 1996, per poi continuare a diminuire, fino al minimo rappresentato dai 1.455 casi del 2006. (18)
Nonostante ciò in diversi paesi, inclusi gli Stati Uniti e il Regno Unito, si sono verificati episodi di epi- demie di parotite 10-15 anni dopo l’introduzione della vaccinazione MPR nelle loro pratiche vaccinali; tali epidemie hanno coinvolto fasce di popolazione non coinvolte nelle campagne vaccinali ed individui nati dopo l’introduzione del vaccino.
Al fine di controllare la morbidità e la mortalità
della parotite è importante ottenere informazioni sul peso della malattia e sul suo impatto socioeconomi- co per decidere se includere la vaccinazione nei con- fronti di questa malattia nei programmi di immuniz- zazione nazionali. Studi costo-efficacia hanno dimo- strato che questa scelta comporta molti vantaggi, anche dal punto di vista sociale. Una volta decisa l’adozione della vaccinazione anti-parotite, l’OMS raccomanda fortemente l’impiego della vaccinazio- ne combinata MPR. (17)
Diverse esperienze hanno dimostrato inoltre che la prevenzione della parotite richiede il mantenimento di alti livelli di copertura immunitaria e l’impiego di più di una dose di vaccino. (17)
Secondo l’OMS, i paesi che adottano la vaccina- zione anti-parotite dovrebbero includere questa malat- tia tra quelle soggette a notifica e monitorarne routina- riamente l’incidenza per età, per status vaccinale e per distribuzione geografica, al fine di verificare l’impatto della vaccinazione. Al diminuire dell’incidenza, dovreb- be essere sviluppata una sorveglianza dei casi con conferma di laboratorio. I paesi che impiegano la for- mula MPR dovrebbero anche condurre sorveglianza degli eventi avversi post-vaccinazione. Campagne di vaccinazione di massa basate sull’impiego del vacci- no con ceppi di virus cui era associato un aumentato rischio di meningite settica hanno dato origine a clu- ster di eventi avversi che hanno determinato la conclu- sione dei programmi attuati.
Per questo motivo, i paesi che ne pianificano l’im- piego in campagne di vaccinazione di massa devono porre particolare attenzione alla scelta del tipo di cep- po vaccinale, devono seguire linee guida per il monito- raggio, lo studio e la gestione di eventi avversi post- immunizzazione, formare gli operatori sui tassi attesi di eventi avversi e su come comunicare il rischio ed educare alla salute la comunità. (17)
Varicella
Nel 1998 l’OMS ha raccomandato che la vacci- nazione anti-varicella venisse considerata per la prati- ca routinaria in quei paesi in cui la malattia rappresen- ta un problema socioeconomico e sanitario, il vaccino è accessibile ed può essere raggiunta una elevata co- pertura (85-90%). (19)
A più di dieci anni da tale raccomandazione, il vaccino contro la varicella viene utilizzato solo in Au- stralia, Canada, Germania, Grecia, Qatar, Corea, Ara-