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della vaccinazione pubblica anti-HP

Vitale F

Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute – sezione di Igiene, Università degli Studi di Palermo

Introduzione

I Papillomavirus sono un ampio ed eterogeneo gruppo di virus comprendente circa 100 genotipi com- pletamente caratterizzati e più di 100 putativi nuovi tipi [1,2]. Le infezioni da HPV sono acquisite nel corso di contatti interpersonali intimi (prevalentemente nel cor- so di rapporti sessuali), essendo il virus molto labile nell’ambiente esterno e interessano nel corso della vita circa l’80% delle persone sessualmente attive. La maggior parte delle infezioni non è associata a manife- stazioni cliniche, è transitoria (con una durata media di 8 mesi) e guarisce spontaneamente nel corso di due anni. La persistenza dell’infezione e l’eventuale progressione a neoplasie invasive maligne, generalmen- te dopo un intervallo di decenni, sono correlate al tipo di HPV ed alla risposta del soggetto. Data l’ampia e ubiquitaria diffusione dei ceppi di HPV, il carcinoma della cervice uterina rappresenta, a livello mondiale, la seconda neoplasia delle donne dopo il carcinoma del- la mammella e, nei Paesi in via di sviluppo, la neopla- sia a più elevata incidenza e la prima causa di morte femminile. Ogni anno questo carcinoma colpisce nel mondo circa 470.000 donne (3.500 solo in Italia), cau- sando circa 230.000 morti (1.100 circa quelle stimate in Italia). [3]. La prevenzione della neoplasia è stata condotta da anni mediante l’esame citologico messo a punto e sviluppato da Georgios Papanicolaou: il Pap test. Dalla sua introduzione nel 1955, effettuato su base volontaria o nell’ambito di programmi di screening or- ganizzati, ha sicuramente contribuito alla drastica ri- duzione (6-7 volte) dell’incidenza del carcinoma della cervice uterina nei paesi occidentali.

Attualmente lo screening ha a disposizione un’ul- teriore arma diagnostica: l’identificazione e la caratte- rizzazione dei ceppi di HPV che possono essere pre- senti nel tratto genitale. Questa indagine diagnostica biomolecolare ha una sensibilità > 90% e una specifi- cità > 99% per l’identificazione di singoli ceppi di HPV o di gruppi di HPV (quali quelli ad “alto rischio” di pro- gressione neoplastica identificati frequentemente nel- le neoplasie avanzate). La prevenzione primaria (profi- lassi) delle patologie infettive a trasmissione sessuale è stata ed è prevalentemente basata sull’astensione dai rapporti sessuali e sull’utilizzo di dispositivi fisici (profilattici maschili o femminili) e/o chimici (microbici- di) che riducono le cause d’esposizione all’agente in-

fettivo. Per quanto riguarda l’HPV, l’uso del profilattico sembra ridurre il rischio di trasmissione dell’infezione anche se solo parzialmente [4].

Recentemente sono stati sviluppati dei vaccini preventivi che, inducendo anticorpi neutralizzanti, di fatto determinano l’instaurarsi di una barriera protettiva in grado di bloccare l’attecchimento degli agenti pato- geni alle cellule bersaglio.

Strategie di implementazione

della vaccinazione pubblica anti-HPV in Italia:

La recente commercializzazione di due vaccini attivi contro il Papillomavirus umano ha portato all’implemen- tazione, in Italia a partire dal 2008, di una campagna di vaccinazione universale di massa nelle ragazze dodi- cenni. Le Regioni italiane hanno avviato l’offerta attiva e gratuita del vaccino anti-Papillomavirus umano (HPV) alle dodicenni, estendendo in diversi casi l’offerta ad al- tre fasce di età secondo strategie differenti.

Il documento del Consiglio Superiore di Sanità, dell’11 gennaio 2007, aveva dato parere favorevole alla somministrazione gratuita del vaccino, anzitutto alle ragazze nel dodicesimo anno di età, prevedendo un’estensione progressiva della strategia, con l’offerta ad una seconda coorte di donne di 25 o 26 anni, già oggetto di chamata attiva per l’esecuzione dello scree- ning, e, in caso di risorse disponibili, ad una terza co- orte, da individuare in giovani donne tra i 13 e i 25 anni. Alcune Regioni hanno deciso però di estendere l’offerta gratuita del preparato anche ad altre coorti di nascita, quali quella delle sedicenni (15 anni compiuti, sedicesimo anno di vita) come, ad esempio, la Tosca- na, il Friuli Venezia Giulia, il Piemonte e la Valle d’Ao- sta, mentre altre Regioni hanno identificato la possibi- lità di compartecipazione alla spesa, co-payment, da parte del cittadino per la vaccinazione anti-HPV, ossia la possibilità di fruirne a prezzo agevolato rispetto a quello di banco in farmacia con eventuale pagamento della prestazione secondo le tariffe regionali.

L’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) [5], organismo internazionale indipendente preposto al controllo della tutela della salute pubblica, ha fortemente raccomandato l’implementazione su larga scala della vaccinazione anti-HPV avendo come obiettivo finale la riduzione dei casi di cancro da HPV, in considerazione

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dell’ancora elevato numero di casi registrati annualmen- te nel mondo e soprattutto del forte impatto clinico ed economico ancora rappresentato da tale patologia per le donne ubiquitariamente.

Infatti, la popolazione mondiale femminile conti- nua ad aumentare secondo modelli predittivi che sti- mano, nel periodo 2000-2050 un atteso incremento della popolazione femminile di età >15 anni nelle na- zioni in via di sviluppo (6).

Inoltre, in base alle fasce di età, queste stime com- porterebbero, per le ragazze di 10-14 anni e le donne di 15- 25 anni, un plateau nelle nazioni in via di sviluppo ed un decremento delle fasce di popolazione più giovane nei pa- esi industrializzati soprattutto nel gruppo di età 15-24 anni. In base a queste previsioni di popolazione, per lo più attri- buibili all’aumento dell’aspettativa di vita per le donne nei Paesi in via di sviluppo, l’Agenzia Internazionale per la Ri- cerca sul Cancro (IARC) ha stimato che il numero di casi ci cancro cervicale, a livello globale, potrebbero registrare un incremento del 40% già nel 2020 (7). Tale incremento di casi risulterebbe sempre drammaticamente correlato con lo stato socio-economico per cui le previsioni per alcune nazioni Africane, Latino Americane ed Asiatiche potrebbe- ro arrivare al 50-55% di aumento di casi. Anche in Europa e nord America è stato previsto un aumento di casi che però si assesterebbe intorno al 6% e al 23% rispettiva- mente in Europa e negli USA (3).

Questi dati chiaramente destano preoccupazio- ne riguardo alle strategie da mettere in atto per poten- ziare la copertura vaccinale anti HPV dove maggiore sarà il carico di malattia dovuto al cancro della cervice. In atto il costo dei vaccini anti HPV è elevato e certamente eccede le possibilità economiche di molte Nazioni

Pertanto, disponendo in atto di due vaccini consi- derati ambedue altamente efficaci nella prevenzione del cancro, indotto dai ceppi HPV 16/18 altamente onco- geni e maggiormente prevalenti nella popolazione di in tutto il mondo e ritenendo, sulla scorta di dati epide- miologici, che i ceppi oncogeni ad alto rischio oncoge- no - HPV16/18 in particolare - costituiscano l’agente eziologico accertato della quasi totalità delle forme neoplastiche HPV-indotte, indipendentemente dalla localizzazione, diviene determinante, ai fini dell’obiet- tivo di sanità pubblica di prevenzione del cancro, di- sporre di un vaccino efficace verso le infezioni dovute ai ceppi HPV16/18, che garantisca una protezione

durevole nel tempo soprattutto nei siti mucosali di pos- sibile entrata del virus e che possa essere reso dispo- nibile anche per le Nazioni a basso livello economico. L’efficacia vaccinale è stata dimostrata ricorren- do a valutazioni di tipo clinico, basate sul riscontro di lesioni di vario grado, e/o immunologico, testando il livello degli anticorpi indotti passivamente dopo vacci- nazione anti-HPV.

Si ritiene che la persistenza della risposta immu- ne indotta dal vaccino anti-HPV sia indispensabile per mantenere una protezione protratta nel tempo [8-10].

da un punto di vista di Sanità Pubblica è indubbio come sia necessario, nell’ambito delle priorità sanita- rie, da una parte considerare tra le patologie tumorali da HPV, soltanto il cervico carcinoma per l’impatto si- gnificativo in termini di incidenza, morbosità e mortali- tà sulla popolazione e, dall’altra, la sostenibilità eco- nomica ed organizzativa finalizzata a garantire una pro- tezione efficace e soprattutto durevole nel tempo in relazione alle priorità identificate.

Se l’obiettivo dichiarato di prevenzione è quindi la protezione dal carcinoma del collo dell’utero, allora l’uni- ca analisi basata su elementi consistenti è quella rela- tiva all’efficacia vaccinale nei confronti dei ceppi ad alto rischio ed in particolare 16/18.

I vaccini attualmente disponibili, seppure con del- le differenze, hanno confermato di essere altamente efficaci, oltre che sicuri, nella prevenzione delle forme preneoplastiche e neoplastiche correlate ai ceppi on- cogeni di più frequente riscontro.

Inoltre, la possibilità di procedere ad una co-som- ministrazione con altri vaccini di consueto utilizzo nel- la coorte delle dodicenni (in particolare il dTpa-IPV), nonché i nuovi dati di letteratura sui soggetti di sesso maschile [11] e/o le donne già esposte al contagio con il virus [12], consentono di ipotizzare un allargamento della vaccinazione, secondo strategie di implementa- zione nuove.

Infine le recenti evidenze sulle caratteristiche di termostabilità del vaccino bivalente, anche in caso di temporanea interruzione della catena del freddo [13] oltre che la certificazione di “Prequalification”, attrbui- ta ad ambedue i vaccini da parte dell’ WHO nei mesi scorsi, permettono di ipotizzare una estensione della campagna vaccinale anche nei paesi in via di sviluppo, ove le forme neoplastiche HPV-correlate hanno morbo- sità e mortalità elevatissime.

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Quali modelli e quali evidenze per la valutazione

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