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Quali modelli e quali evidenze per la valutazione farmacoeconomica della vaccinazione anti-HPV.

Gasparini R

Dipartimento di Scienze della salute – Università di Genova

Introduzione

In economia sanitaria un campo particolarmente studiato è la valutazione microeconomica dei tratta- menti specifici sul paziente.

La valutazione economica è il confronto tra 2 o più trattamenti alternativi in termini sia di costi sia di conseguenze (1).

Gli economisti, in base alla misurazione delle con- seguenze, distinguono alcuni tipi di valutazione eco- nomica, vale a dire:

- analisi della minimizzazione dei costi (CMA)(si tratta di una forma particolare di studio costi- efficacia, e presuppone che i trattamenti a con- fronto permettano di ottenere lo stesso risulta- to, ovviamente il trattamento meno costoso sarà quello da privilegiare);

- analisi costi-efficacia (CEA) (in questo tipo di studi le conseguenze sono misurate in “unità naturali”, cioé: giorni liberi da sintomi, giornate d’ospedalizzazione risparmiate, ecc);

- analisi costi-utilità (CUA) (in questo tipo d’ana- lisi le conseguenze dell’utilizzo dei trattamen- ti sono trasformati in una misura combinata di lunghezza e qualità della vita, vale a dire anni di vita guadagnati in buona salute [QALY]); - analisi costi-benefici (CBA) (In questo tipo

d’analisi sia i costi sia i benefici sono tradotti in quantità di denaro).

Un altro approccio, a rigore non classificabile come valutazione economica, perchè manca il con- fronto fra trattamenti, è lo studio dei costi generati dal- la malattia in esame. Questa misurazione è tuttavia utile per dimensionare l’impatto socio-sanitario di una patologia. In questo tipo d’analisi si valutano i costi diretti (farmaci, ospedalizzazioni, percorsi diagnostici, ecc), i costi indiretti (mancata produttività del paziente o dei genitori in caso di malattia in età pediatrica) e i costi intangibili (perdita di qualità della vita a causa della “sofferenza” legata alla malattia).

Strettamente legati agli studi d’economia sanita- ria sono i modelli matematici.

Con riferimento alle malattie infettive, un primo approccio di modello matematico, che introduceva il

concetto di “azione di massa”, fu formulato da William Hamer nel 1906 (2). Esso cercava di interpretare la dinamica della trasmissione del morbillo. Tale dinami- ca era trasformata in una funzione che teneva conto del numero dei casi contagiosi di malattia, del numero dei suscettibili e di un coefficiente di contatto, vale a dire la proporzione di tutti i possibili contatti tra su- scettibili e soggetti contagianti che potevano portare a nuove infezioni. In maniera più dinamica si arrivò poi a definire i compartimenti di suscettibili, casi, soggetti immuni, soggetti immuni che tornavano ad essere su- scettibili, il tutto con entrata nel compartimento dei suscettibili dei nuovi nati ed uscita dai compartimenti dei morti.

Era, inoltre, noto che le malattie infettive tipiche dell’infanzia erano caratterizzate da cicli epidemici e ciò permise di sviluppare il concetto di soglia epidemi- ca, da cui si ricavarono funzioni che permisero di defi- nire il concetto di coefficiente basale di riproduzione di malattia (R0) (quanti soggetti ammalano in una popola- zione completamente suscettibile a partire da un caso indice) e naturalmente di coefficiente effettivo di ripro- duzione di malattia (Rn) (quanti soggetti ammalano in una popolazione mista di soggetti suscettibili ed im- muni a partire da un caso indice).

In particolare per le malattie infettive, la modellisti- ca matematica permetteva di valutare l’impatto d’even- tuali vaccinazioni sulla storia naturale della malattia.

Un altro concetto importante per la dinamica delle malattie infettive è quello dell’immunità di gregge, vale a dire che i soggetti immuni, se in numero sufficiente, rap- presentano una barriera indiretta all’infezione dei suscet- tibili, frapponendosi nella catena del contagio.

Gli approcci di modellistica matematica sono, sostanzialmente, 2, vale a dire:

a) il modello statico o Markoviano che segue l’an- damento della malattia per una coorte ipoteti- ca di soggetti per il numero d’anni di vita attesi per la coorte;

b) il modello dinamico che segue la popolazione che muta nel tempo, ad esempio, movimenti naturali della popolazione;

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matematica possono svilupparsi in maniera esclusiva- mente teoretica oppure, meglio, mediante l’utilizzo di dati demografici ed epidemiologici. I primi permettono di valutare la dinamica dei comparti della popolazione ed i secondi offrono misurazioni indispensabili per po- polare il modello, quali:

- dati di morbosità (tassi d’incidenza e preva- lenza, variamente disaggregati, come ad esem- pio per sesso ed età);

- dati di mortalità (mortalità specifica per età, letalità, ecc);

- tassi d’ospedalizzazione;

- dati sulle complicazioni con invalidità perma- nente residua;

- ecc.

Altri dati, utili per i modelli matematici e di farma- co-economia in infettivologia, sono rappresentati da informazioni che riguardano l’immunità conferita dal superamento della malattia o conseguente alla vacci- nazione.

Infine, epidemiologia e sociologia c’informano su situazioni di rischio alle quali la popolazione va incon- tro per condizioni ambientali e/o di stili di vita.

La disponibilità sempre maggiore di nuovi vacci- ni, come quello per la prevenzione delle infezioni da Papillomavirus, rende sempre più preziose le informa- zioni che derivano da questi studi, permettendo ai “de- cision-makers” di indirizzare meglio le scelte di Salute Pubblica e la conseguente allocazione delle risorse.

È, inoltre, sottointeso che tutti i dati utilizzati negli studi di modellistica devono derivare da ricerche metodolo- gicamente valide. Quest’ultimo concetto ha dato luogo allo sviluppo di una branca della medicina denominata: “Evi- dence Based Medicine” (EBM) o “Medicina Basata sul- l’Evidenza”. L’EBM ebbe origine nel 1992, da una serie di studi iniziati oltre 10 anni prima presso il Dipartimento d’Epi- demiologia Clinica e Biostatistica dell’Università canade- se McMaster e aventi come oggetto il miglior uso della letteratura scientifica per l’aggiornamento medico (3). Una definizione d’EBM può essere la seguente: “EBM è l’uso coscienzioso esplicito e giudizioso delle migliori evidenze aggiornate [dalla letteratura] per prendere decisioni riguar- do alla cura dei pazienti individuali”, riconoscendo poi la necessità di integrare le “evidenze” con la competenza cli- nica individuale (“expertise”). Trasferendo questi concetti alla medicina collettiva, come ad esempio nel campo delle vaccinazioni, potremmo parlare di “Evidence Based Pre- vention” (EBP), ed anche in questo campo è necessario una conoscenza della metodologia della ricerca, ma an- che una conoscenza approfondita dello specifico tema medico che è affrontato. Strettamente legata all’EBM è l’Health Tchnology Assessment (HTA), che è una forma di ricerca che esamina le conseguenze a breve, medio e lun- go termine dell’uso di una tecnologia d’assistenza sanita- ria (ad esempio programmi di vaccinazione). Si tratta di un processo mutidisciplinare che riassume le informazioni sugli aspetti medici, sociali, economici e le questioni etiche connesse all’uso di una tecnologia sanitaria in modo si- stematico, trasparente, non distorto, solido (4). Per evitare che l’HTA porti a conclusioni erronee, è necessario che i risultati siano validati da esperti esterni sia di metodo sia di

sostanza (studiosi “di lungo corso” del tema affrontato), quest’ultimo aspetto in particolare vale per gli studi di me- tanalisi, spesso utilizzati in HTA. Ad esempio, se si affron- ta il problema della vaccinazione influenzale, è necessario che le “performances” dell’HTA siano validate anche da esperti che abbiano una conoscenza storica ed attuale, particolarmente approfondite sia dei vaccini applicati nel tempo, sia dei relativi miglioramenti che si sono succeduti nella preparazione industriale e nel loro controllo, sia delle problematiche immunologiche legate all’infezione influen- zale, ecc. Infatti, l’HTA non è solo scienza di metodo, ma imprescindibilmente di sostanza e d’evidenza scientifica.

I modelli matematici

e farmaeconomici per l’Hpv

La recente commercializzazione dei vaccini per combattere le infezioni da HPV ha evidenziato l’impor- tanza degli studi di modellistica matematica e di far- macoeconomia. Si tratta, infatti, di allocare al meglio risorse economiche non irrilevanti, dati gli alti costi dei vaccini.

Come già accennato i modelli (matematici, far- macoeconomici, ecc) hanno lo scopo di aiutare nella comprensione della tendenza epidemiologica osserva- ta delle malattie, di supportare e guidare la raccolta dei dati per comprendere meglio il comportamento del- le patologie e per definire programmi per il loro control- lo. Sia i modelli matematici sia quelli farmacoecono- mici tendono a semplificare le variabili di popolazione, come le nascite, le morti, le guarigioni e i tassi di tra- smissione, per formulare algoritmi matematici che col- gano l’essenza di fenomeni come: storia naturale della malattia ed impatto delle vaccinazioni. Si tratta di un approccio riduzionistico ma utile per razionalizzare un complesso d’eventi biologici in un processo semplice, idealizzato, e che permette una comprensione facilita- ta di sequenza d’eventi.

Come già detto, un parametro fondamentale nel- la modellistica matematica è rappresentato dal coeffi- ciente basale di trasmissione di malattia, che è indica- to con la notazione R0. Il calcolo di tale coefficiente non è sempre agevole ed è certamente più diff icile per le malattie sessualmente trasmesse. Il problema è sta- to analizzato da Anderson e Nokes (5), che hanno stu- diato un’apposita funzione matematica basata sul tem- po di raddoppiamento dei casi d’infezione. Applicando questa funzione con i dati di Winer (6), ottenuti su gio- vani donne di college americani, abbiamo potuto sti- mare che R0 per l’HPV oscilla tra 2,2 e 4,6.

Attualmente, in letteratura si trovano molti studi di modellistica matematica applicati alle patologie da HPV. In una ricerca recentemente pubblicata sul Cana- dian Medical Association Journal (7), Brisson et al han- no valutato che per risparmiare una verruca genitale e rispettivamente un caso di cancro cervicale, bisogne- rebbe vaccinare, rispettivamente, 8 e 324 soggetti, ammettendo che il vaccino conferisca una protezione per tutta la vita e che abbia un’efficacia del 95%. I sog- getti da vaccinare diventano rispettivamente 14 e 9.080 nel caso in cui si ipotizzi una diminuzione della prote- zione conferita dal vaccino del 3% annuo.

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ARTE I

Altri AA, come Sawaya e Smith-Cune (8), sulla base dei risultati ottenuti dal gruppo Future II (9), han- no stimato che sia necessario vaccinare 129 donne per prevenire una lesione CIN2 (neoplasia cervicale in- traepiteliale 2 – displasia moderata) o una lesione CIN3 (neoplasia cervicale intraepiteliale 3 - displasia severa, carcinoma in situ).

Goldhaber-Fiebert et al (10) hanno stimato che la riduzione del cancro con l’esecuzione annuale o bien- nale dello screening è pari al 76%, con la vaccinazione da sola sarebbe del 75%, mentre la combinazione vac- cino-screening (ogni 5 anni) permetterebbe una ridu- zione dell’ 89%.

Elbasha et al. (11) hanno sviluppato un modello dinamico di trasmissione che ha permesso loro di sti- mare che la vaccinazione delle dodicenni può ridurre l’incidenza delle verruche genitali dell’83% e del can- cro cervicale del 78%. La contemporanea vaccinazio- ne dei dodicenni maschi permetterebbe riduzioni più marcate e rispettivamente: del 97% delle verruche ge- nitali, del 91% della neoplasia cervicale intraepiteliale e del 91% del carcinoma cervicale.

Barnabas et al (12) hanno studiato l’epidemiolo- gia dell’HPV 16 e del carcinoma cervicale in Finlandia e la sua potenziale riduzione mediante vaccinazione con un modello matematico. Gli AA. hanno trovato che la vaccinazione delle giovani donne prima del debutto sessuale permetterebbe una riduzione del 91% del carcinoma cervicale tipo-specifico. Goldie et al (12), usando un modello di coorte calibrato sulla popolazio- ne del Costa Rica, assumendo una protezione del vac- cino 16/18 del 98%, hanno valutato che il rischio di carcinoma invasivo si ridurrebbe del 51% per tutta la durata della vita della donna. Garnett et al (14) hanno predisposto un modello che, sulla base di un’immunità specifica per 16/18 dopo l’infezione naturale di 5 anni, di una protezione per tutta la vita della vaccinazione nelle dodicenni, di un’efficacia del 100% e di una co- pertura del 70%, permette di valutare una riduzione del 50% delle infezioni da HPV tipo specifico nelle donne in un periodo di 30 anni, mentre nello stesso periodo la mortalità per carcinoma cervicale si ridurrebbe del 17%. Dasbach et al. (15) hanno fatto nel 2006 una revi- sione della letteratura sui modelli matematici elaborati per prevedere l’impatto della vaccinazione sull’infezio- ne da HPV e conseguenze relative. A questa pubblica- zione si rimanda per ulteriori approfondimenti sui mo- delli matematici per il vaccino anti-HPV.

La decisione sull’opportunità di introdurre la vac- cinazione anti-HPV (ed a quali coorti d’età) richiede, oltre alla dimostrazione d’efficacia del vaccino, anche una valutazione degli aspetti economici della sua ap- plicazione.

In altre parole, la domanda cui rispondere è: ga- rantire la vaccinazione è un buon uso delle risorse sa- nitarie? L’approccio più comune, da parte dei decisori, per comprendere se investire in un intervento, è quello di determinare se i costi necessari alla società per salvare un anno di vita aggiustato per qualità (Quality Adjusted Life Year o QALY) sia simile a quello d’altri interventi comunemente accettati nel settore sanita-

rio. In tempi recenti, la quantità di denaro ritenuta ac- cettabile perché una misura meriti di essere applicata è di circa 50.000 dollari USA (o 50.000 Euro secondo Autori europei) per QALY. Nella realtà dei fatti, le deci- sioni sono spesso prese facendo valutazioni approssi- mative di costi e benefici, e ragioni politiche possono suggerire scelte rapide, talvolta prima che siano effet- tuate le valutazioni economiche. In ogni caso, l’analisi economica è importante se si vogliono prendere deci- sioni ragionevoli.

Per i Paesi con programmi di screening organiz- zato, se lo screening è ampiamente garantito dal set- tore pubblico o privato e coinvolge la maggior parte delle donne, la modellizzazione dei costi e benefici può far valutare se l’investimento nella vaccinazione (che ag- giunge i suoi benefici a quelli della prevenzione secon- daria) sia economicamente accettabile a fronte dei costi aggiuntivi che essa implica. Dal momento che in Italia quasi ovunque sono previsti programmi organizzati di screening con copertura e tasso di risposta variabili, è importante valutare sia a livello nazionale sia nelle sva- riate situazioni regionali quale sia il profilo di costo- utilità della vaccinazione anti-HPV.

Uno dei primi studi è stato sviluppato dal Comita- to per lo studio delle priorità sullo sviluppo dei vaccini americano (Committee to Study Priorities for Vaccine Developpment). Questo studio riguardava la vaccina- zione delle dodicenni e partiva dall’ipotesi che il vacci- no avesse un’efficacia del 100% e fossero vaccinate il 100% delle ragazzine eleggibili. I risultati del Comitato furono che il costo per QALY oscillava tra 4.000 e 6.000 $ (16).

Parimenti, Sanders et al. (2003) (17), Kulasin- gam et al. (2003) (18), Goldie et al, (2004) (19) con- dussero studi basati su modelli di coorte-statici di Markov, che non prendono in considerazione la prote- zione conferita dall’immunità di gregge e quindi, pro- babilmente, sovrastimavano il reale rapporto costo/ efficacia della vaccinazione. Il target della vaccina- zione era sempre rappresentato dalle dodicenni e nei diversi modelli, erano prese in considerazioni anche strategie parallele come lo screening. Nella situazio- ne del caso-base, il costo per QALY trovato fu, rispet- tivamente, 22.755 $ (Sanders), 44.889 $ (Kulasingam) e 12.300 $ (questa valutazione di Goldie et al. è stata fatta considerando un’efficacia del vaccino del 100%, uno screening fatto ogni 5 anni ed una riduzione del rischio di tumore dell’89,6%)

Successivamente, Taira et al (2004) (20) hanno condotto uno studio con un modello ibrido, che ha per- messo di dimensionare il QALY in 14.583 $.

La durata della protezione indotta dal vaccino e dell’immunità naturale, la frequenza dello screening cervicale, la copertura vaccinale e il costo del vaccino erano tra i fattori che maggiormente influivano sulla valutazione costo-efficacia e costo-utilità della vacci- nazione anti-HPV.

Inoltre, la vaccinazione dei maschi risulta costo- efficace solo quando non è possibile raggiungere ele- vate coperture nelle femmine.

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ne costo-utilità della vaccinazione anti-HPV nella real- tà italiana basata su un modello statico. Il modello ha preso in considerazione il profilo di costo-utilità del- l’aggiunta della vaccinazione anti-HPV (vaccino biva- lente) alla politica corrente di prevenzione secondaria del carcinoma cervicale basata sullo screening citolo- gico. I risultati hanno mostrato che, in media, il costo incrementale per guadagnare un anno di vita aggiusta- to per qualità (QALY) vaccinando con il vaccino biva- lente la popolazione femminile all’età di 12 anni era pari a circa 26.000 Euro, con un valore di circa 36.000 Euro anche nello scenario più pessimistico d’efficacia vaccinale all’80% e senza protezione crociata.

Tali valori confermavano l’accettabilità della vac- cinazione delle dodicenni nel nostro Paese. Inoltre, lo stesso modello forniva risultati di costo utilità simili anche per l’estensione delle politiche di vaccinazione alle altre coorti di adolescenti (21).

Recentemente, Puig-Junoy e Lopez-Valcarel (22) hanno analizzato studi di farmacoeconomia pub- blicati tra il 2002 e il 2008 ed hanno trovato che gli studi più recenti (2008) mostravano una notevole va- riabilità a proposito del costo per anno di vita guada- gnato in buona salute (QALY). Così il costo per QALY del caso base era valutato pari a 8.409 Euro ($ inter- nazionali: 9.594) da Bergeron (23), mentre Dasbach ne ha valutato il costo in 5.890 Lire sterline ($ inter- nazionali: 9052) (24), Jit in 22.474 Lire sterline ($ internazionali: 33.745) (25), Kulasingam in 21.059 Lire sterline ($ internazionali: 33.106) (26) e Szucs in 26.005 Franchi svizzeri ($ internazionali:15.761) (27). Gli AA. evidenziavano, attraverso l’analisi della sensibilità, come l’incertezza su alcuni parametri base di valutazione: l’efficacia del vaccino, la durata della protezione, il costo del ciclo vaccinale e il tas- so di sconto applicato, avessero molta influenza sul dato ottenuto.

Allo scopo di individuare al meglio le coorti di giovani donne da vaccinare, abbiamo, recentemente condotto uno studio su un modello decisionale a bre- ve termine, mettendo a confronto 16 diverse strate- gie vaccinali. I risultati hanno mostrato che la mi- glior strategia è quella di vaccinare le dodicenni e, l’anno successivo le adolescenti di 14, 15 e 16 anni, mentre la strategia più costosa è quella di vaccinare le dodicenni e, l’anno dopo, le quindicenni, le diciot- tenni e le venticinquenni (28). Questo studio ha evi- denziato, attraverso l’analisi della sensibilità, l’im- portanza delle coperture conseguite sui costi della vaccinazione.

Gli indicatori di evidenza

Gli indicatori d’evidenza scientifica devono esse- re ben chiari a chi si appresta ad una revisione della letteratura su un determinato argomento medico.

Nel giudicare i risultati di uno studio sarà oppor- tuno conoscere:

a) il tema di studio;

b) il significato dei termini tecnici;

c) come si pianifica e si programma una ricerca scientifica;

d) che la ricerca deve definire in anticipo un ben preciso obiettivo;

e) come si leggono i risultati delle analisi statisti- che;

f) i metodi di valutazione dell’EBM;

g) cosa sono le “Good Clinical Practices” (GCP) (Buona Pratica Clinica) e la dichiarazione di Helsinki sugli studi clinici controllati;

h) che gli studi clinici controllati d’alta qualità hanno chiaramente definiti i criteri di elegibilità e hanno una minima quantità di dati mancanti; questi studi inoltre devono fornire conclusioni generalizzabili e non ristrette a un piccolo nu- mero di pazienti; il follow-up (tempo durante il quale i volontari sono controllati) dovrà essere sufficientemente lungo per verificare le conse- guenze del trattamento (ad es. la vaccinazio- ne) senza che ciò possa significativamente ri- durre il numero dei soggetti studiati, compro- mettendo, in tal modo, il confronto con i sog- getti di controllo

i) che è necessario programmare il numero dei soggetti da studiare per valutare l’efficacia (ad esempio, l’efficacia di una vaccinazione in uno studio clinico controllato [efficacy] non corrispon- de all’efficacia sul campo, valutabile solo dopo l’applicazione della vaccinazione alla popolazio- ne [effectiveness]) e la sicurezza di un tratta- mento (la potenza di uno studio si basa proprio sulla numerosità dei soggetti studiati ed è un calcolo matematico che può determinare il nu- mero di pazienti sufficienti per verificare una dif- ferenza tra soggetti trattati e gruppo “placebo”); l) che nella modellistica i parametri incerti pos-

sono essere indagati con l’analisi della sen- sibilità o essere definiti da un “pannel” d’esperti;

m) che le testate scientifiche, che hanno maggio- re diffusione e, quindi, più elevato “impact factor”, pubblicano, di norma, studi condotti con molto rigore scientifico;

n) che eventuali interessi in causa potrebbero aver influenzato le conclusioni;

o) ecc.

Con un siffatto bagaglio culturale potrà essere possibile valutare la letteratura scientifica e quindi veri- ficare:

a) come è stato condotto lo studio;

b) se sono presenti eventuali fattori confondenti i ri-

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