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Profili di rischio nutrizionale per la salute riproduttiva

Agodi A

Professore Associato, Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Catania

Sommario

Lo stato nutrizionale delle donne in età fertile costituisce un importante elemento per la salute riproduttiva, dato l’elevato fabbisogno di energia e nutrienti per la madre così come per il feto. Il nostro gruppo di ricerca ha condotto uno studio con l’obiettivo principale di analizzare lo stato nutrizionale di una popolazione di donne in età fertile, e in particolare di valutare i profili di assunzione di folati in relazione ai polimorfismi genetici del gene MTHFR e all’età. I risultati di questo studio hanno evidenziato una elevata prevalenza della carenza di folati e del genotipo mutato MTHFR 677TT, e pertanto, un più elevato fabbisogno di folati e un aumento della suscettibilità alle complicanze ostetriche e alle malattie croniche. I dati di questo studio costituiscono un contributo per evidenziare aree prioritarie di intervento per la promozione del con- sumo di acido folico e la riduzione del rischio di difetti congeniti e di malattie croniche.

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le evidenze scientifiche relative sono state descritti da più di 30 anni. Studi condotti tra gli anni ‘50 e ’60 ave- vano riconosciuto il ruolo dell’acido folico nel ridurre l’anemia megaloblastica in gravidanza. Una seconda conquista avvenne negli anni ’90 quando fu dimostrata l’associazione tra carenza di folati nella madre e mal- formazioni fetali, in particolare difetti del tubo neurale. Pertanto, la supplementazione della dieta con acido folico non ha più soltanto lo scopo di trattare o preveni- re le gravi carenze di folati indotte dalla gravidanza ma quello di correggere un anomalo metabolismo dei folati o una lieve carenza di folati, fattori associati alle mal- formazioni congenite e potenzialmente presenti in al- cuni gruppi di popolazione. La supplementazione con acido folico, nel periodo periconcezionale e prenatale, e la fortificazione degli alimenti di maggior consumo sono considerate i più significativi interventi di Sanità Pubblica per la prevenzione delle patologie correlate alla gravidanza e per la promozione della salute ripro- duttiva (Tamura e Picciano, 2006). Al fine di colmare i bisogni nutrizionali sarebbe preferibile affidarsi a cibi naturali piuttosto che ad alimenti arricchiti. Cionono- stante, in alcuni Paesi gli alimenti fortificati sono dive- nuti la principale fonte oltre che di folati, anche di altre vitamine, quali la vitamina C, o di minerali, quali il ferro (Serra-Majem et al., 2006).

L’acido folico svolge un importante ruolo nel me- tabolismo degli aminoacidi, nella sintesi degli acidi nucleici e nella metilazione del DNA e ciò ha indirizza- to la ricerca sugli enzimi coinvolti nel metabolismo dei folati e sui polimorfismi dei geni che li codificano. Il gene che codifica per l’enzima 5,10-metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR) presenta numerosi single nucleotide

polymorphisms (SNP) tra cui i più frequenti sono C677T

e A1298C. Dati recenti riportano una possibile variabilità genetica in relazione alla differente etnia, ed in partico- lare una differente distribuzione di frequenza dei poli- morfismi. La mutazione C677T del gene MTHFR sem- bra interagire con il folato nel determinismo del rischio di cancro. L’effetto di tale mutazione potrebbe essere sito-specifico, cioè gli individui TT sembrerebbero pro- tetti contro il cancro del colon-retto ma non altrettanto sembrerebbe contro il cervico-carcinoma.

L’aumentato livello di omocisteina totale plasma- tica costituisce un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiovascolari, per il tromboembolismo veno- so, per i difetti delle funzioni cognitive e per le patolo- gie correlate alla gravidanza. L’iperomocisteinemia è causata da un basso apporto di folati e di altre vitami- ne del gruppo B, nonché da fattori genetici che inclu- dono i polimorfismi nei geni coinvolti nella rimetilazio- ne dell’omocisteina quali i geni MTHFR, MS (methioni-

ne synthase), MTRR (methionine synthase reductase)

e alcune varianti del gene CBS (cystathionine b-syn-

thase) (Meyer et al., 2004).

Nel 2007, esperti provenienti da tutto il mondo si sono riuniti allo scopo di discutere, analizzare e valu- tare tutte le evidenze disponibili correlate all’efficacia, all’efficienza, alla sicurezza e alla fattibilità della sup- plementazione preventiva con ferro e acido folico per migliorare lo stato nutrizionale delle donne nel periodo

preconcezionale e durante i primi mesi di gravidanza, per trarne raccomandazioni evidence-based, nonché per identificare le aree di ricerca prioritarie per ulteriori studi (World Health Organization, 2009).

La carenza di iodio rappresenta in tutto il mondo la più frequente causa di danno cerebrale, ancorché tale condizione venga riconosciuta facilmente preveni- bile. Oggi, siamo alle soglie dell’eliminazione di tale problema, un successo che costituirà il maggior trion- fo di Sanità Pubblica al pari dell’eradicazione del vaiolo o dell’eliminazione della poliomielite. Lo iodio è un com- ponente essenziale degli ormoni tiroidei, necessari per un ottimale sviluppo fisico e mentale, nonchè per la regolazione del metabolismo corporeo. Le malattie causate dalla carenza di iodio (o Iodine deficiency di-

sorders, IDD) che iniziano già prima della nascita,

mettono in pericolo la salute mentale dei bambini e spesso la loro stessa sopravvivenza. Inoltre, gravi ca- renze di iodio durante la gravidanza possono portare ad aborto e ad anomalie congenite. Una strategia, uni- versalmente efficace e incredibilmente economica è costituita dall’uso del sale iodato. L’alleanza tra UNI- CEF, ICCIDD (International Council for Control of Iodi-

ne Deficiency Disorders), di diverse agenzie interna-

zionali e industrie produttrici di sale ha contribuito al- l’istituzione di programmi permanenti per la iodizza- zione del sale in molti Paesi. Tale strategia di interven- to per il controllo delle IDD è stata adottata per la pri- ma volta nel 1993 in diversi Paesi dove la carenza di iodio è un problema di Sanità Pubblica.

La carenza di vitamina A rappresenta la principale causa prevenibile di cecità nei bambini, ed è associata ad un più elevato rischio di malattia e di morte per infe- zioni gravi. Nelle donne in gravidanza questa carenza causa cecità notturna e può aumentare il rischio di mor- te materna. La carenza di questa vitamina è un impor- tante problema di Sanità Pubblica in più della metà dei Paesi del mondo, specie in Africa e nel Sud-Est Asiati- co. L’adeguata supplementazione con vitamina A nelle aree ad elevato rischio può significativamente ridurre la mortalità. Uno degli obiettivi dell’Organizzazione Mon- diale della Sanità è l’eliminazione della carenza di que- sta vitamina e delle sue conseguenze in tutto il mondo. Per raggiungere tale obiettivo la migliore strategia con- siste nella combinazione tra la promozione dell’allatta- mento al seno e la supplementazione con vitamina A, insieme alla promozione del consumo di alimenti ricchi di vitamina A e la fortificazione alimentare.

Parte del mandato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità consiste nella valutazione dello stato in micronutrienti delle popolazioni, per monitorare e valu- tare l’impatto delle strategie per la prevenzione e il con- trollo della malnutrizione e per tracciarne i trend nel tempo. A tal fine, la World Health Assembly nel 1991 ha costituito il Vitamin and Mineral Nutrition Informa-

tion System (VMNIS), comunemente definito Micronu- trient Deficiency Information System (MDIS), per la

sorveglianza delle carenze di micronutrienti ad un li- vello globale. Ad oggi, il VMNIS include tre database indirizzati alla carenza di iodio, di vitamina A e all’ane- mia (http://www.who.int/vmnis/en/).

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ARTE I

L’epidemiologia nutrizionale, la valutazione della dieta e l’identificazione delle sue relazioni con le cau- se di malattia nelle popolazioni umane, include la valu- tazione del consumo di nutrienti essenziali (es: vitami- ne, minerali e aminoacidi), fonti di energia (proteine, carboidrati, grassi e alcool) e componenti naturalmen- te presenti negli alimenti (es: fibre vegetali, colesterolo e caffeina). La sorveglianza nutrizionale è l’insieme combinato di azioni finalizzate a documentare la pre- senza e la distribuzione in una popolazione di stati morbosi associati o mediati dalla dieta, per stabilirne le cause, individuarne le tendenze nel tempo, nello spazio e negli strati sociali, predirne le modifiche, met- tere a fuoco le priorità e consentire un preciso orienta- mento delle misure correttive e preventive (Kelemen LE, 2007). Per la valutazione dei consumi alimentari, che permette di tracciare il profilo dietetico di una po- polazione, possono essere utilizzate metodologie di- verse a seconda degli obiettivi della ricerca stessa. Per lo studio di alcune centinaia o migliaia di individui il questionario sulla frequenza alimentare (Food Frequen-

cy Questionnaire, FFQ) è una valida opzione per valu-

tare la dieta a lungo termine e consiste in una lista di alimenti e bevande che rappresentano i maggiori con- tribuenti di macro- e micronutrienti nella dieta della popolazione in studio: pertanto, i FFQ sono specifici per popolazioni e per etnie. Per ogni alimento e bevan- da, il soggetto seleziona uno o più opzioni che meglio definiscono la loro frequenza di consumo nell’ultimo anno con o senza selezione dell’opzione delle porzio- ni. Le fotografie di differenti misure delle portate pos- sono essere di aiuto nel ricordo delle porzioni. La tra- duzione in termini di assunzione di energia e nutrienti viene effettuata mediante l’uso di tabelle che riportano la composizione degli alimenti, come quelle riportate nel National Nutrient Database for Standard Referen-

ce, ovvero mediante l’utilizzo di software specifici (Ke-

lemen LE, 2007).

Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha af- frontato il tema della sorveglianza nutrizionale delle donne in età fertile (Marzagalli et al., 2009). Qui vengo- no riportati i risultati di uno studio di tipo cross-sectio-

nal condotto con l’obiettivo principale di analizzare lo

stato nutrizionale di una popolazione di donne in età fertile, e in particolare di valutare i profili di assunzione di folati in relazione ai polimorfismi genetici del gene

MTHFR e all’età. Durante un periodo di sei mesi sono

stati raccolti 204 campioni di sangue da donne in età fertile arruolate presso il Laboratorio dell’Ospedale S. Bambino di Catania. I dati relativi allo stato socio-de- mografico, alla storia ostetrica e all’uso di supplementi sono stati raccolti da epidemiologi appositamente for- mati, utilizzando un questionario articolato, costruito

ad hoc. L’assunzione di folati, nel corso dell’ultimo

mese, è stata stimata mediante un questionario di fre- quenza alimentare (FFQ) semiquantitativo e utilizzan- do i valori di riferimento riportati nelle tabelle di compo- sizione degli alimenti dell’US Department of Agricultu-

re (Food and Nutrition Board, Institute of Medicine,

2001). La prevalenza della carenza di folati è stata de- finita comparando la stima dell’assunzione di folati da

parte di ciascuna donna con la dose raccomandata (Estimated Average Requirements - EAR). Il DNA ge- nomico è stato estratto dal sangue usando il Kit Illu-

stra blood genomicPrep Mini Spin Kit (GE Healthcare)

secondo le istruzioni fornite dal fornitore e quindi con- servato a -20°C. La determinazione dei polimorfismi C677T e A1298C è stata eseguita utilizzando il Taq-

Man allelic discrimination Assay, e usando l’Applied Biosystems 7900HT Fast Real-Time PCR System, USA. In particolare, la discriminazione allelica è stata

effettuata misurando l’intensità di fluorescenza all’en-

dpoint. I risultati della misurazione e i successivi ge-

notipi sono stati valutati mediante l’utilizzo del SDS

software version 2.3 (Applied Biosystems). L’analisi

statistica è stata effettuata utilizzando il software SPSS

(version 14.0). In particolare, per il confronto tra pro-

porzioni è stato utilizzato il test del c2 e le variabili con-

tinue sono state confrontate mediante il test t- Stu-

dent. Il livello significatività è stato fissato a p < 0.05.

Al fine di verificare se il campione di popolazione fosse in equilibrio di Hardy-Weinberg, per entrambi i polimor- fismi del gene MTHFR, è stato utilizzato il test del c2.

I risultati di questo studio hanno evidenziato nel campione di donne in studio una elevata prevalenza di carenza di folati. In particolare, l’assunzione media di folati è risultata, rispettivamente per tutto il campione, per le donne in gravidanza e per le donne non in gravi- danza, pari a 212.0 ìg/d (DS=109.1; range 47.4 – 939.7 ìg/d), a 222.5 ìg/d (DS=119.0; range 67.7 – 939.7 ìg/d) e a 197.9 ìg/d (DS=92.8; range 47.4 – 579.3 ìg/d). Con- siderando solo la dieta e confrontando l’assunzione di folati con la dose raccomandata (EAR) è emerso che la carenza di folati è risultata pari al 94.6%, al 97.4% e al 90.8%, rispettivamente per l’intero campione, per le donne in gravidanza e per le donne non in gravidanza. Tenendo conto che, nella popolazione inclusa nella sorveglianza il 79.5% delle donne in gravidanza e l’1.1% delle donne non in gravidanza assumono supplementi di acido folico, la carenza di folati è risultata pari al 20.2% e all’89.7%, rispettivamente.

La distribuzione allelica di entrambi i polimorfismi del gene MTHFR è risultata in equilibrio di Hardy-Wein- berg (p>0.05). La frequenza relativa degli alleli mutati 677T e 1298C sono risultate rispettivamente pari al 48.0% e al 28.0%. Complessivamente, il 25.0% dei soggetti erano omozigoti per il genotipo mutato 677TT e il 7.4% per il genotipo 1298CC. Considerando en- trambi i polimorfismi, sono state individuate sei delle nove possibili combinazioni di genotipi: nessuno dei soggetti in studio presentava la combinazione genoti- pica MTHFR 677CT/1298CC, 677TT/1298CC, o 677TT/

1298AC.

Per stratificare tali dati per età, dopo aver calco- lato la distribuzione in percentili delle età delle donne arruolate, la popolazione è stata divisa in quattro grup- pi di età e le frequenze genotipiche dei polimorfismi del gene MTHFR sono state confrontate tra i diversi grup- pi. Per il polimorfismo C677T è stato osservato un au- mento nella frequenza del genotipo TT (dal 15.2% al 34.5%; p<0.05) nel gruppo di età 24-28 anni, rispetto al gruppo di età 29-34 anni e/o di 35-49 anni. Anche la

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frequenza allelica ha mostrato un aumento della fre- quenza dell’allele T dal 38.0% nel gruppo di età 35-49 anni al 56.6% nel gruppo di età 14-23 anni (p<0.01).

Per il polimorfismo A1298C è stato osservato una diminuzione nella frequenza del genotipo omozigote

wild type nella fascia di età 24-28 anni rispetto al grup-

po di età 29-34 anni (dal 60.0% al 40.0%; p<0.05). Pertanto, i risultati di questo studio hanno evi- denziato nella popolazione femminile di Catania og- getto dello studio una elevata prevalenza della carenza di folati e un aumento della frequenza del polimorfismo mutato C677T, che dalle evidenze scientifiche relative ad altre popolazioni, è stato associato ad alcuni van- taggi selettivi. Infatti, è stato riportato che la selezione in favore dell’allele T potrebbe essere dovuta ad una maggiore probabilità di sopravvivenza fetale nei primi stadi di sviluppo embrionale in seguito al trattamento con vitamine e folati durante la gravidanza (Mayor-Olea et al., 2008). Inoltre, è stato evidenziata la presenza di una ridotta metilazione del DNA nelle donne con il ge- notipo mutato TT rispetto ai controlli CC, ma solo in presenza di livelli bassi di folati (Friso et al., 2002). Dati ottenuti da studi osservazionali e metabolici han- no suggerito che le donne con il genotipo 677TT hanno un più elevato fabbisogno di folati. Pertanto, data l’ele-

vata prevalenza del genotipo mutato 677TT, le donne che vivono a Catania, potrebbero avere un più elevato fabbisogno di folati e un aumento della suscettibilità alle complicanze ostetriche e alle malattie croniche in condizioni di carenza di folati, rispetto ad altri gruppi di popolazione.

I dati di questo studio, che utilizza l’approccio di genere alla salute, possono essere utilizzati per la va- lutazione dei fabbisogni di folati, per spiegare le dise- guaglianze di malattia tra i diversi gruppi etnici e per poter evidenziare delle aree prioritarie di intervento, in specifici gruppi di popolazione, nelle campagne di Sani- tà Pubblica rivolte alla promozione del consumo di aci- do folico per la riduzione del rischio di difetti congeniti e di malattie croniche. La dimensione di genere non è ancora pienamente utilizzata come strumento sistema- tico per programmare le azioni e gli interventi di promo- zione della salute; ancora persistono stereotipi, veri pre- giudizi di genere, nella ricerca biomedica, dallo studio dell’eziologia ai fattori di rischio e protettivi per la salute. Riconoscere le differenze non solo biologiche ma anche relative alla dimensione sociale e culturale del genere è essenziale per delineare programmi ed azio- ni, per organizzare l’offerta dei servizi e per indirizzare la ricerca.

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L’acqua minerale naturale è per gli italiani la be- vanda più diffusa e bevuta sul territorio con un consumo nel 2008 di circa 12 miliardi di litri, corrispondenti ad un consumo pro-capite annuo di circa 195 L, ed un indice di penetrazione del 98% che portano l’Italia ad essere nel mondo il maggior produttore e consumatore.

Considerando i dati di riferimento per l’anno 2008, l’industria di imbottigliamento dell’acqua minerale in Italia può vantare circa 190 operatori che utilizzano 300 acque minerali riconosciute per un fatturato stimato di 2,25 miliardi di euro ed un indotto lavorativo diretto ed indiretto di 60.000 persone circa.

Le ragioni di questo consumo in Italia sono mol- teplici e diversificate per area geografica; tuttavia si possono sintetizzare in:

• radicata tradizione e cultura nel consumo del- l’acqua minerale

• migliore apprezzabilità organolettica rispetto alle usuali acque destinate al consumo umano • riconosciuto contributo al mantenimento del be-

nessere fisico dell’organismo nel suo uso quo- tidiano

• assoluta garanzia di sicurezza nel suo consumo. L’acqua minerale naturale si distingue dalle ordi- narie acque da bere per alcune peculiarità, così come ben espresso nei testi delle normative europee vigenti, e cioè:

- per la sua purezza originaria (ovvero, assenza di microrganismi biologici patogeni o indicato- ri di contaminazione, assenza, al limite di rile- vabilità del metodo analitico di riferimento, di contaminanti chimici indici di attività antropi- ca, rispetto dei limiti normativi stabiliti sulla concentrazione di alcuni elementi minerali na- turali con un certo grado di pericolosità per la salute umana), per cui l’acqua rinvenuta alla scaturigine non abbisogna di processi di trat- tamento quali disinfezione o modifica dei suoi elementi di composizione caratteristici per essere commercializzata.

Questa purezza deve essere mantenuta tale in tutto il processo di imbottigliamento, confezionamen- to, movimentazione e stoccaggio, sino al momento del consumo;

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