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Tavola 3. La festa nelle Novelle della Pescara

4.2. Struttura narrativa e frattura ideologica nel Trionfo della morte

Sostenere che il Trionfo della morte sia in toto un “romanzo etnografico” sarebbe evidentemente una forzatura. Infatti nel primo libro, Il passato, l’ambientazione romana e la rievocazione della storia d’amore tra Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio non lascia spazio a nessun motivo realmente folklorico né tantomeno etnografico. Anche il secondo e il terzo libro, La casa paterna e L’eremo, pur essendo ambientati in Abruzzo, prima, a Guardiagrele nel paese natale del protagonista e, poi, nella campagna di San Vito Chietino, non introducono significativi elementi in questa direzione, a parte qualche vago accenno come il canto di Favetta14. La svolta del quarto libro, La vita nuova,

14 Riporto il passo della canzone popolare: “Favetta intonò, sul principio mal sicura, ma di nota

in nota rassicurandosi. La sua voce era limpida, fluida, cristallina come una polla. Cantava un distico; e le compagne cantavano in coro un ritornello. Prolungavano la cadenza, concordi, riavvicinando le bocche per formare un sol flutto vocale; che si svolgeva nella luce con la lentezza delle cadenze liturgiche […] Tutte le funtanelle se sò sseccàte. Pover'Amore mi'! More de

187 giunge quasi inaspettata con lunghe digressioni dedicate a vari aspetti del folklore abruzzese, culminanti nella spedizione etnografica al santuario della Madonna dei Miracoli a Casalbordino, per la festa. Ad esso fa seguito il quinto libro, Tempus destruendi, dove emergono nuovamente alcune pagine incentrate su questioni folkloriche e religiose. Infine, il sesto libro, L’invincibile, rappresenta la chiusura del romanzo, incentrata nuovamente sull’analisi della relazione amorosa, come nel primo libro; in esso permangono solo esigui riferimenti folklorici, i quali avevano invece dominato i libri precedenti.

Stando così le cose, verrebbe fatto di immaginare un’ideale partizione del romanzo fra i primi tre libri, tutti incentrati sull’analisi psicologica delle nevrosi del protagonista, sulla scorta del tandem Bourget-Barrès - e in parte anche Schopenhauer15 -, e gli ultimi tre libri, assai più eterogenei, costruiti, il quarto,

sotto l’influsso della triade Michetti-De Nino-Finamore, il quinto, di Nietzsche e, il sesto, di Wagner. L’utilizzo di così tanti diversi modelli insieme si spiega in un colpo solo, se ipotizziamo il loro uso in funzione anti-zoliana (Mariano, 1983: 154). Infatti, che Bourget, Barrès, Schopenhauer, Wagner e Nietzsche16, pur nelle

rispettive diversità, si situino nel campo letterario in contrapposizione a Zola è quasi evidente, mentre nella frase sopra riportata di D’Annunzio a Treves è esplicita l’idea di utilizzare le sue conoscenze del folklore abruzzese per prendere posizione contro Lourdes.

Dovèlle l'acque che mme si purtàte? Tromma larì lirà... T'àjje purtàte 'na ggiàrre de créte, Nghe ddu' catène d'óre 'ngatenate. Tromma larì lirà... “ (TDM: 798-799).

15 Per i riferimenti a Schopenahuer si vedano Tosi (1983: passim) e Mariano (1983: passim). Vi

sono inoltre nel romanzo riferimenti al buddhismo, che coincide per D’Annunzio con lo schopenhauerismo, sia all’inizio con il riferimento al musicista cugino di Ippolita - “A Roma, nella città dell'inerzia intellettuale, un maestro di musica, un buddhista, che ha publicato due volumi di saggi su la filosofia dello Schopenhauer, si dà il lusso di far eseguire una messa di Sebastiano Bach, unicamente pel piacer suo, in una cappella misteriosa, d'innanzi a un uditorio di grandi scienziati musicomani che hanno le loro figliuole nel coro […] E in mezzo alla vecchiezza, un delicato idillio musicale si svolge tra la cugina del buddhista e l'amico del buddhista, idealmente. E alla fine della messa il buddhista inconsapevole presenta alla divina Ippolita Sanzio l'amante futuro!” (TDM: 677) -, sia nel libro quinto, dove Giorgio è definito “discepolo di Gautama” (TDM: 930, 932). In che senso tali influssi esercitino il loro effetto su Giorgio è chiarito nel seguente passo: “Quest'uomo intellettuale, chi sa per quale influsso di conscienze ataviche, non poteva rinunziare ai sogni romantici di felicità. Quest'uomo sagace, pur avendo la certezza che tutto è precario, non poteva sottrarsi al bisogno di cercare la felicità nel possesso di un'altra creatura. Egli sapeva bene che l'amore è la più grande fra le tristezze umane, perché è il supremo sforzo che l'uomo tenta per uscire dalla solitudine del suo essere interno: sforzo come tutti gli altri inutile. Ma egli tendeva all'amore con invincibile trasporto. Sapeva bene che l'amore, essendo un fenomeno, è la figura passeggera, è ciò che si trasforma perennemente. Ma egli aspirava alla perpetuità dell'amore, a un amore che riempisse una intera esistenza. Sapeva bene che la fragilità della donna è incurabile. Ma egli non poteva rinunziare alla speranza che la sua donna fosse costante e fedele sino alla morte” (TDM: 792).

188 Tuttavia, al di là delle intenzioni coscienti dello scrittore, molti lettori, in primis l’Hérelle17, hanno sentito una frattura nel romanzo verso la fine del

quarto libro. Tale frattura si delinea con contorni ancora più netti attraverso l’incipit del quinto libro, a causa della preponderante presenza della filosofia e della figura di Nietzsche nelle speculazioni di Giorgio, di cui prima non avevamo mai avuto sentore - se non qualche accenno alla fine del libro quarto. Possiamo così far coincidere tale frattura proprio con la festa della Madonna dei Miracoli, culmine e compimento della prima parte. La sensazione è confermata dalla dettagliatissima ricostruzione della genesi del Trionfo della morte, la stesura del quale ebbe una battuta d’arresto proprio nel 1893, intorno alla fine dell’episodio di Casalbordino18. In quel periodo di stasi viene collocato

l’approfondimento della conoscenza delle opere di Nietzsche19, cui fa seguito la

stesura degli ultimi libri del romanzo20. Per i miei scopi, quindi, è più utile

17 Hérelle parla di “changement de composition”. D’Annunzio risponde con una lunga lettera

nel novembre del 1893. Si vedano a questo proposito Mariano (1983: 163) e le Note (D’Annunzio, 2005: 1292).

18 Ricostruisco brevemente la vicenda estraendo alcune asserzioni dalle Note di Andreoli: “Dal

12 febbraio 1893 fino al 6 giugno 1894 il «Mattino» pubblica in appendice il Trionfo della morte, ma con una lunga interruzione fra il settembre ’93 e l’aprile ’94 di cui è responsabile la morte del padre (15 giugno 1893)” (in D’Annunzio, 2005: 1286). Sappiamo poi che: “L’Eremo risulta concluso nell’aprile («Spedii ieri la terza parte del romanzo»), mentre il 19 giugno, dopo che D’Annunzio si è recato a Pescara per i funerali del padre, ha già dato mano alla quarta parte del romanzo, e cioè alla Vita Nuova con i capitoli etnologici del romanzo, nutriti dagli Studi abruzzesi del De Nino e concepiti in stretta collaborazione con Michetti” (2005: 1288). Infatti è del 11 giugno 1893 un’altra escursione etnografica con Michetti a Casalbordino, perché il pittore avrebbe dovuto fare le illustrazioni del romanzo. La scrittura del capitolo è documentata almeno fino al 23 luglio 1893, come testimonia una lettera a De Nino, in cui gli chiede di inviargli le sue opere; cfr. le Note alle Novelle (in D’Annunzio, 2006: 886-887). A quel punto, però, la stesura del romanzo vero e proprio si dilunga fino a interrompersi, come testimoniato anche dalla lettera a Treves del 1° settembre 1893, sopra riportata (cfr. § 5.1.). Quindi come sostiene Andreoli “Al Trionfo egli rimette mano solo nel gennaio ‘94” (in D’Annunzio, 2005: 1290). Un resoconto ancora più dettagliato della vicenda editoriale è in Mariano (1983).

19 Durante l’estate del 1893, dopo aver letto Le cas Wagner nella traduzione francese di Halévy e

Dreyfus, D’Annunzio pubblica Il caso Wagner I, II, III, sulla «Tribuna» del 23 luglio, del 3 agosto e del 9 agosto (D’Annunzio, 2005: 1287), dove D’Annunzio, pur mostrando un ulteriore avvicinamento alle tematiche nicciane e un loro approfondimento, si schiera nella contesa Nietzsche-Wagner dalla parte di quest’ultimo. In seguito, nel settembre, secondo la ricostruzione di Mariano, avverrà la lettura degli Extraits a cura di Lauterbach e Wagnon. Nel saggio di Mariano è esplicitato come la lettura di Nietzsche s’interpoli alla scrittura del romanzo (1983: 172-173).

20 In realtà, il sesto libro, L’invincibile era già stato steso almeno in parte (o si tratterà di alcune

parti del romanzo precedente dal titolo omonimo) alla data del 12 marzo 1893, come si legge nella lettera a Treves: “Domani o domani l’altro spedirò una parte del romanzo, che si divide in quattro libri: I Il passato – II La Casa Paterna – III L’Eremo – IV L’Invincibile”; cfr. le Note in D’Annunzio (2005: 1287). Ciò è confermato dal fatto che la stesura definitiva del sesto libro avverrà velocemente in circa un mese, fra marzo e aprile 1894 (2005: 1291). Da questo si evince il

189 seguire la traccia di tale frattura interna, dividendo il romanzo in una parte pre- nicciana e in una parte post-nicciana, la prima delle quali vede il suo culmine e compimento nell’episodio di Casalbordino, alla fine del quarto libro.