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L’acquisto di azioni proprie nel d.p.r 10 febbraio 1986, n 30

2.   L’evoluzione storica della disciplina italiana e comunitaria

2.4 Dal 1986 agli anni 2000

2.4.1   L’acquisto di azioni proprie nel d.p.r 10 febbraio 1986, n 30

Il nuovo art. 2357 c.c.235 disciplina   ora   l’acquisto236 di azioni proprie da parte della società sia che avvenga in modo diretto sia per tramite di terzi (comma 4), e conferma in parte la previsione della norma previgente riguardo alle tre condizioni cui sottoporre l’acquisto,   precisandole   meglio   e   aggiungendone   una   quarta. Viene inoltre prevista esplicitamente la sanzione per la violazione delle disposizioni, che comporta (come suggerito dalla seconda direttiva) un obbligo di rivendita delle azioni illegittimamente acquistate,  senza  che  l’acquisto  sia colpito da invalidità.

234 Sul punto I. MENGHI, L’autorizzazione   assembleare   all’acquisto   di   azioni proprie, Giuffré, Milano, 1992, 105; F. CORSI, op. cit., 247 ss.; M. FAZZINI, Bilancio, prospetto, relazioni: nuovi

obblighi   d’informazione, in L’adeguamento della disciplina delle società per azioni alle direttive comunitarie nel d.p.r. 30/1986, a cura di A. Predieri, Passigli editori, Firenze, 1987, 316.

235 Art. 2357 - Acquisto delle proprie azioni: «La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuiti e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate.

L'acquisto deve essere autorizzato dall'assemblea, la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da acquistare, la durata, non superiore ai diciotto mesi, per la quale l'autorizzazione è accordata, il corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo. In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale sociale.

Le azioni acquistate in violazione dei commi precedenti debbono essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale. Qualora l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale secondo il procedimento previsto dall'art. 2446, secondo comma.

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli acquisti fatti per tramite di società fiduciaria o per interposta persona».

236 Secondo R. NOBILI, Osservazioni in tema di azioni proprie, in Rivista delle società, 1987, 764 nonostante la disciplina sia stata disegnata prendendo a base il modello di acquisto mediante compravendita,   essa   va   applicata   tutti   i   contratti   che   hanno   come   effetto   l’acquisto   della   proprietà delle azioni da parte della società, contratto di riporto e permuta inclusi. Concorde anche G. PARTESOTTI, Le operazioni sulle azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G. E. Colombo – G. B. Portale, 2*, Torino, 1991, 395 che rinviene nel riferimento al «corrispettivo» (anziché  al  prezzo)  di  cui  al  co.  1  art.  2357  c.c.  la  conferma  che  si  possa  «procedere  all’acquisto   [di azioni proprie] anche con negozi diversi dalla compravendita».

Per  quanto  concerne  l’autorizzazione  assembleare,  essa  viene  richiamata  dalle  nuove   disposizioni in più occasioni:  per  autorizzare  l’acquisto  delle  azioni  e  per  determinare  le   modalità di alienazione di azioni proprie acquistate in violazione dei requisiti richiesti (art. 2357 c.c.); per autorizzare gli amministratori a disporne (art. 2357-ter c.c.); per determinare le modalità di alienazione di azioni proprie possedute in violazione dei requisiti richiesti (art. 2357-quater c.c.)237. Il contenuto di tale autorizzazione è stabilito dall’art.   2357   c.c.238, ed è però da considerarsi come minimo, non esaustivo (giacché il secondo comma prevede la locuzione «in particolare», che allude ad un contenuto ben più ampio239 che   possa   ulteriormente   limitare   l’arbitrio degli amministratori). La previsione di un range240 di  corrispettivo  da  parte  dell’assemblea  potrebbe  essere  legata

non  solo  all’esigenza  di  contenere  l’ammontare  dell’investimento  da  parte  dei  soci  entro   un  limite  massimo  ma  anche  di  prevedere  un  contemperamento  tra  l’interesse  sociale  e   quello   dell’alienante241;   inoltre   l’utilizzo   del   termine   «corrispettivo»   suggerisce che il controvalore   dell’operazione   possa   essere   costituito   non solo da denaro ma anche da altri valori (ad esempio da beni sociali242).

Viene   inoltre   chiarita   l’espressione   relativa   al   limite   degli   utili243:   l’espressione   contenuta nel vecchio testo («con somme prelevate dagli utili netti regolarmente accertati»)  viene  ora  meglio  precisata,  contemplando  espressamente  l’utilizzo  di  riserve,   purché disponibili244,   ed   eliminando   il   riferimento   al   “prelevamento   di   somme”   che   si  

237 Questa  l’elencazione  di  F.  CORSI,  op. cit., 254.

238 Sulla possibile estensione del contenuto della delibera assembleare ai casi previsti dagli artt. 2357-ter e 2357-quater si rimanda a F. CORSI op. cit., 255 ss.

239 Così F. CARBONETTI, op. cit., 69; anche secondo R. NOBILI, op. cit., 770, la società potrebbe auspicabilmente determinare la scelta di quali azioni acquistare, il modo di pagamento del prezzo, la scelta su quali mercati operare, ecc.

240È stato tuttavia osservato che la previsione di un corrispettivo minimo risulta «sostanzialmente inutile, in quanto non funzionale alla tutela di alcun apprezzabile interesse»: così M. STELLA RICHTER jr., Novo  e  novissimo  regine  dell’acquisto  delle  proprie  azioni, in Studi in

onore di Umberto Belviso, Bari, 2011, 812 (nota n. 12).

241 Così R. NOBILI, op. cit., 770 ss. 242 F. CARBONETTI, op. cit., 70 ss.

243 Limite che, in occasione del commento del d.p.r. 30/1986, Corsi ha ritenuto doversi riferire al prezzo   pagato   per   l’acquisto   delle   azioni   proprie   (e   non   già   al   loro   valore   nominale):   così   F.   CORSI, op. cit., 251; contra R. NOBILI op. cit., 770 che invece ritiene che il rapporto oggetto di analisi sia quello tra valore nominale delle aioni proprie e capitale sociale sottoscritto.

244 Rientrano in questo novero secondo F. CARBONETTI, op. cit., 81 ss., le riserve da utili facoltative, le riserve di capitale da sovrapprezzo, riserva da annullamento di azioni proprie acquistate ad un prezzo inferiore al valore nominale, riserva derivante da riduzione del capitale

attaglierebbe maggiormente a delle movimentazioni finanziarie che a delle poste contabili. Queste riserve e utili   devono   inoltre   risultare   dall’«ultimo bilancio regolarmente approvato»:  quest’espressione  riprende  il  comma  2 dell’art. 2433 c.c.245 e si   propone   parimenti   di   tutelare   l’integrità del capitale, richiedendo che tali somme risultino da un prospetto formalmente corretto e sostanzialmente veritiero246.

L’aspetto  più  innovativo  del  rinnovato  art.  2357  c.c.  è  senz’altro  la  previsione  di  cui  al   comma 3: «In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale sociale». Tale previsione conferma l’importanza   dell’aspetto   quantitativo di tale operazione che, se applicata intensivamente, sconvolgerebbe gli equilibri sociali e fornirebbe al mercato una prospettiva ben poco rassicurante; il Legislatore richiede quindi di mantenere un rapporto fisso inderogabile fra il capitale sociale sottoscritto247 e il valore nominale complessivo delle azioni a qualunque titolo acquistate248. Secondo qualcuno249 però il limite del decimo del capitale non si affianca semplicemente alle altre condizioni già esistenti ma risulta ad esse sovraordinata, fungendo da «argine su cui le altre limitazioni

esuberante, riserva emergente dalla conversione di obbligazioni, riserva statutaria costituita appositamente per   le   azioni   proprie   e   altre   riserve   statutarie   rese   disponibili   dall’assemblea   straordinaria.

245 Art. 2433 c.c. - Distribuzione   di   utili   ai   soci:   «L’assemblea   che   approva   il   bilancio   delibera   sulla distribuzione degli utili ai soci.

Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato.

Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione degli utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.

I dividendi erogati in violazione delle disposizioni del presente articolo non sono ripetibili, se i soci li hanno riscossi in buona fede in base al bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrispondenti».

246 F. CARBONETTI, op. cit., 84; concorde anche F. CORSI, op. cit., 252, che ritiene che la norma potrebbe essere altrimenti eludibile tramite «sopravvalutazioni di beni sociali o con altri artifici».

247 F. CARBONETTI, op. cit., 85 ss. Concorde sul riferimento al capitale sottoscritto anche G. PARTESOTTI, Le operazioni sulle azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G. E. Colombo – G. B. Portale, 2*, Torino, 1991, 405;

248 Tale   sarebbe   l’interpretazione   della   norma   secondo   F.   CARBONETTI,   op. cit., 86 e A. ANTONUCCI, Acquisto  di  azioni  proprie:  dall’invalidità  del  contratto  all’obbligo  di  alienazione,  in

La seconda direttiva CEE in materia societaria, a cura di L. Buttaro – A. Patroni Griffi, Milano,

Giuffrè, 1984, 388, che ritengono opportuno computare nel limite del 10% anche le azioni acquistate secondo le modalità di cui art. 2357-bis c.c. e art. 20 paragrafo 1 direttiva n. 77/91/CEE. Contra E. SABATELLI, op. ult. cit., 284.

non solo convergono, ma si impostano, colorate della diffidenza di base che questa misura ispira», atteggiandosi a limite assoluto250.

L’art.  2357  c.c.  equipara  ora  esplicitamente  gli  acquisti  eseguiti  dalla  società  ed  eseguiti   per tramite di società fiduciaria o interposta persona251: in tal modo il Legislatore ha voluto estendere i limiti già previsti per gli acquisti c.d. diretti a quelli indiretti, in sé perfettamente legittimi e che rischiavano di essere ingiustamente favoriti per aggirare le prescrizioni   di   legge.   Dubbi   in   tale   caso   rimangono   sull’opportunità o doverosità di rispettare le disposizioni in tema di informativa di bilancio per le azioni così indirettamente entrate nel patrimonio sociale252.