2. L’evoluzione storica della disciplina italiana e comunitaria
2.7 La traduzione nel d.lgs 4 agosto 2008, n 142
2.7.1. Sulla disciplina delle azioni proprie
Per quanto attiene al secondo profilo, la modifica più significativa ha investito il comma terzo dell’art. 2357 c.c., che è stato sostituito dal seguente: «Il valore nominale delle azioni acquistate a norma del primo e secondo comma dalle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non può eccedere la decima parte del capitale sociale…»: il limite dunque introdotto con d.p.r. 30/1986 e originariamente previsto nella direttiva 77/91/CEE per il rapporto tra i valori nominali delle azioni proprie e del capitale sociale, opera ora solo a carico delle società che fanno ricorso al capitale di rischio (c.d. società aperte) mentre nessun limite viene disposto per le altre s.p.a. Il Legislatore ha così reso meno restrittive le disposizioni a favore della larga maggioranza delle società per azioni italiane, le quali sono tenute dunque ad osservare nell’acquisto di azioni proprie solo i limiti previsti dal comma 1, rimasto invariato (autorizzazione assembleare, impiego di utili e riserve disponibili, acquisto di azioni interamente liberate). A ben vedere il Legislatore italiano ha recepito con cautela349 solo alcune delle modifiche apportate alla direttiva 77/91/CEE, dal momento che esse prevedevano anche l’eliminazione del limite del decimo del capitale a favore di tutte le società e l’estensione della durata dell’autorizzazione assembleare (fino a 5 anni)350.
Il risultato di questa innovazione è che ora le società chiuse possono acquistare azioni proprie senza alcun limite quantitativo 351, ponendosi (secondo un’originale interpretazione dottrinale352), in una posizione intermedia come al centro di una clessidra, di cui la s.r.l. e la s.p.a. aperta costituiscono le due estremità.
349 Cautela contestata però da Confindustria, la quale ha criticato la scelta operata dal Legislatore rimproverandoGli di non aver sfruttato «pienamente le possibilità offerte dalla direttiva», come si legge in CONFINDUSTRIA, Schema di decreto legislativo per l’attuazione della Direttiva
2006/68/CE, che modifica la Direttiva 77/91/CE sulla costituzione delle società per azioni e sulla salvaguardia e modificazioni del loro capitale sociale. Osservazioni di Confindustria, 30 maggio
2008, in www.confindustria.it, 9.
350 Art. 19 paragrafo 1 della direttiva 77/91/CEE così come modificato dalla direttiva 2006/68/CEE.
351 Salve poi le limitazioni discendenti dal richiamo all’art. 15 della direttiva di cui fra poco diremo.
Se le cautele del Legislatore nazionale verso le società che ricorrono al mercato del capitale di rischio353 sembrano giustificate dal rischio di manipolazioni di mercato354, la persistenza del divieto a carico delle s.r.l. sembra lasciare incompiuto un progetto di liberalizzazione che avrebbe dovuto assumere più ampio respiro355. La ragione della concessione di ampia autonomia alla società per azioni che non ricorra al mercato del capitale di rischio, non essendo riconducibile a necessità difensive da Offerte Pubbliche d’Acquisto ostili o di sostegno ai corsi azionari, sembrerebbe a prima vista rispondere all’esigenza di permettere un più agevole disinvestimento della partecipazione societaria356: ma ciò non spiegherebbe la persistenza dell’esclusione dal beneficio dell’acquisto di azioni proprie della società a responsabilità limitata.
L’eliminazione di qualsivoglia vincolo quantitativo per l’acquisto di azioni proprie da parte di alcune s.p.a. rende attuale il fenomeno della c.d. antropofagia societaria, ipotesi nella quale la società, a seguito di un siffatto acquisto, divenga la sola socia di sé
353 Di cui art. 2325-bis c.c., che non sono necessariamente società quotate, come osservato da P. BONAZZA – G. BONAZZA, Acquisto di azioni proprie dalle norme Ue al codice civile, in Diritto e
pratica delle società, 2010, 7, 41.
354 N. ABRIANI, op. cit., 248 e N. DE LUCA, op. cit., 447, che ricorda come l’apertura dell’ordinamento italiano al trading non consente in ogni caso di utilizzarlo come strumento per impedire «la contendibilità della società nel cercato del controllo». Contra G. BONAZZA – P. BONAZZA, op. cit., 38: essi in primo luogo sostengono che vi sia identità tra gli interessi (che necessitano quindi una equivalente tutela) di cui sono portatori creditori e terzi sia nelle società che ricorrono al mercato del capitale di rischio sia in quelle che non vi fanno ricorso, circostanza da cui discenderebbe l’assenza di ratio legis per il limite del 10% riservato ad una sola di esse; in secondo luogo osservano che il limite quantitativo assolverebbe ad una funzione ben più cruciale proprio nelle società che si trovano ora più “libere”, dal momento che «sono soggette a regimi di trasparenza meno intensa».
355 Di «coraggio a metà» parla N. DE LUCA, op. cit., 448. Anche M. S. SPOLIDORO, Attuazione della
dir. 2006/68/Ce su conferimenti non in contanti, acquisto di azioni proprie e assistenza finanziaria,
in Notariato, 2009, 65 scrive che «le esigenze di semplificazione cui rispondono le nuove norme» valgono anche per le s.r.l. Concorde anche M. STELLA RICHTER jr., Novo e novissimo regine
dell’acquisto delle proprie azioni, in Studi in onore di Umberto Belviso, Bari, 2011, 817.
356 N. DE LUCA, op. cit., 449 che evidenzia come l’acquisto di azioni proprie potrebbe, dopo la riforma del d.lgs. 142/2008 soccorrere alle esigenze di liquidazione della partecipazione del socio recedente; esigenza che però sembra già soddisfatta dalle vigenti norme che presiedono all’istituto del recesso, esercitabile anche ad nuntum. Di finalità di disinvestimento parlano anche N. ABRIANI, op. cit., 248, A. DENTAMARO, Le azioni, in AA. VV., Il nuovo diritto societario
nella dottrina e nella giurisprudenza: 2003-2009, diretto da G. Cottino – G. Bonfante – O. Cagnasso
stessa357: questa eventualità perde però gran parte del suo fascino considerando che la sospensione del diritto di voto relativo alle azioni proprie impedirebbe l’assunzione delle deliberazioni essenziali e condurrebbe allo scioglimento della società358.
La constatazione che alle società che non ricorrono al mercato del capitale di rischio siano ora concessi illimitati acquisti di azioni proprie (con i soli limiti di cui art. 2357 co. 1 c.c.) risulta però alquanto imprecisa: secondo un’impostazione più rigorosa359 un limite dovrebbe essere riscontrato nel doveroso richiamo che l’art. 19 paragrafo 1 lett. b) della direttiva 77/91/CEE (anche nel testo modificato nel 2006) fa riguardo all’ammontare dell’attivo netto360, che non può in ogni caso ridursi al di sotto dell’ammontare del capitale sottoscritto aumentato delle riserve indistribuibili (art. 15 paragrafi 1 e 2, lett. a) e b) della medesima direttiva): questo limite generale previsto dalla norma comunitaria deve essere quindi esteso361 e non consentirebbe più di ravvisare nella modifica intervenuta al comma 3 dell’art. 2357 c.c. una portata «potenzialmente deflagrante»362. Ben più stabile può invece apparire la situazione in cui le azioni della società siano spartite tra un soggetto e la società emittente stessa: in tal
357 E in tal caso pare lecito chiedersi chi sarebbe il soggetto destinatario dei proventi della liquidazione, come acutamente osservato da M. S. SPOLIDORO, Attuazione della dir. 2006/68/Ce
su conferimenti non in contanti, acquisto di azioni proprie e assistenza finanziaria, in Notariato,
2009, 74; M. STELLA RICHTER jr., op. cit., 819; DE LUCA, La nuova disciplina dei conferimenti in
natura senza stima, degli acquisti e delle altre operazioni su azioni proprie, in Le nuove leggi civili commentate, 2009, 453. Per l’analisi del rischio di una paralisi deliberativa conseguente
all’acquisto della «quasi interezza» delle proprie azioni, si rimanda a R. MAGGI, I limiti impliciti
all’acquisto di azioni proprie, in Le Società, 2013, 809 ss.
358 N. ABRIANI, op. cit., 249 ss.; M. STELLA RICHTER jr., op. cit., 818; N. DE LUCA, La nuova
disciplina dei conferimenti in natura senza stima, degli acquisti e delle altre operazioni su azioni proprie, in Le nuove leggi civili commentate, 2009, 453; M. S. SPOLIDORO, op. cit.,74.
359 G. BONAZZA – P. BONAZZA, op. cit., 42.
360 L’attivo netto considerato dalla direttiva è costituito dall’attivo immobilizzato netto, capitale circolante e la liquidità, dedotto il fondo di riserva acquisto azioni proprie: così P. BONAZZA – G. BONAZZA, op. cit., 44.
361 G. BONAZZA – P. BONAZZA, op. cit., 43, che sostengono sussista un contrasto tra la limitazione assegnata dal Legislatore comunitario (a tutti gli acquisti di azioni proprie, e quindi anche quello effettuato dalla società chiusa) e l’assenza di limitazioni a beneficio della società chiusa evincibile dal modificato terzo comma dell’art. 2357 c.c.; contrasto che dev’essere sanato mediante disapplicazione della norma nazionale difforme al dettato comunitario.
caso, per quanto l’anomalia sia evidente, nulla impedirebbe all’unico socio munito di diritto di voto di governare la società363 in modo legittimo364.
Risulta peraltro quanto mai singolare che il Legislatore italiano non abbia espunto il limite del 10% dalla dizione dell’art. 2359-bis c.c., che continua a prevederlo per gli acquisti di azioni della società controllante da parte di una sua controllata365: se in passato risultava pacifico che all’identità dei limiti (identici e pari al del 10%) posti a carico dell’acquisto di azioni proprie da parte della società emittente e della sua controllata corrispondeva identità di ratio, ora la discrasia porta a due possibili interpretazioni: se si propende per la connessione tra le due disposizioni, allora con la modifica del comma 3 dell’art. 2357 c.c. deve considerarsi implicitamente abrogato anche il limite dell’art. 2359-bis; viceversa l’abolizione del limite di cui art. 2357 c.c. per le società chiuse è da ricondurre all’esigenza di favorire il disinvestimento e, non essendo tale finalità ravvisabile nell’operazione di acquisto effettuata dalla società controllata, il limite del decimo del capitale di cui art. 2359-bis deve considerarsi ancora valido366.