2. L’evoluzione storica della disciplina italiana e comunitaria
2.4 Dal 1986 agli anni 2000
2.4.9 I provvedimenti dei primi anni Novanta
Con il d.lgs. 16 gennaio 1991, n. 22 il Legislatore ha inteso recepire i contenuti della III e IV direttiva CEE in materia di fusioni e scissioni, introducendo una nuova disposizione che disciplinasse la fattispecie dell’assegnazione di azioni proprie a seguito di fusione. L’art. 2504-ter311 c.c. così introdotto stabilisce il divieto per una società che partecipi ad una fusione, di vedersi assegnate in corrispondenza di azioni proprie detenute in portafoglio, azioni della società incorporante o risultante dalla fusione. Questo divieto a ben vedere si basa sulla considerazione che il calcolo del concambio (che determina l’ammontare delle azioni della società neocostituita o incorporante spettante in capo ai soci della società che si estingue) non dovrebbe tenere conto del cespite patrimoniale costituito dalla voce Azioni proprie in portafoglio: il relativo valore è infatti nullo in prossimità della fusione a causa dell’impossibilità per la società emittente di smobilizzare l’investimento e di valorizzarlo312. Da questa considerazione si evince dunque che i titoli (destinati all’annullamento), essendo privi di valore, non costituiscono di per sé un apporto al patrimonio risultante post-fusione e non debbano trovare un corrispettivo nell’assegnazione di azioni della società incorporante (o risultante dalla fusione); e che il suddetto divieto si propone di condurre alla determinazione di un equo rapporto di concambio (che altrimenti avvantaggerebbe ingiustamente i vecchi soci della società che deteneva azioni proprie) e di impedire un annacquamento del patrimonio post-fusione313. Secondo una diversa interpretazione314 il divieto discenderebbe direttamente dalla natura non patrimoniale della riserva azioni
311 Art. 2504-ter - Divieto di assegnazione di azioni o quote: «La società che risulta dalla fusione non può assegnare azioni o quote in sostituzione di quelle delle società partecipanti alla fusione possedute, anche per il tramite di società fiduciarie o di interposta persona, dalle società medesime.
La società incorporante non può assegnare azioni o quote in sostituzione di quelle delle società incorporate possedute, anche per il tramite di società fiduciaria o di interposta persona, dalle incorporate medesime o dalla società incorporante.
312 Così V. SFORZA, Una lettura economico-aziendale del divieto concambio delle azioni proprie
detenute da società incorporate o fuse ai sensi dell'art. 2504-ter Cod. Civ., in Rivista italiana di ragioneria e di economia aziendale, 1999, 7-8, 404: «L’estinzione della società incorporata a
seguito della fusione fa venire meno anche la sua capacità di trasformare le azioni proprie in denaro, comportando, per ciò stesso, impossibilità di riconoscere un valore a quei titoli».
313 V. SFORZA, op. cit., 405.
314 G. DE PETRA, Azioni proprie e diritto di concambio nel d.lgs. 22/1991 e adeguamento alla III
proprie che, se rappresentasse «un fondo di valori positivi effettivamente esistente, non si vede perché i soci non dovrebbero godere delle corrispondenti partecipazioni»315.
Secondo una diversa interpretazione invece il fine sarebbe quello di realizzare una«sterilizzazione» delle azioni proprie impedendo il protrarsi di nuovi possessi di azioni proprie, ovvero prevedere un divieto coerente con il divieto di sottoscrizione316.
La legge 18 febbraio 1992, n. 149 costituisce la prima «disciplina speciale organica per le offerte pubbliche di valori mobiliari»317 introdotta in Italia; essa ha tangenzialmente modificato anche la disciplina sulle azioni proprie, prevedendo dei limiti più stringenti al fenomeno delle partecipazioni reciproche e disponendo che le società quotate effettuino gli acquisti di azioni proprie in borsa.
L’art. 12318 della l. 149/1992 ha introdotto con riferimento alle società con azioni quotate in borsa delle disposizioni integrative a quelle ordinariamente previste dal Codice Civile in materia di acquisto di azioni proprie. Il contenuto dell’art. 12 è stato poi sostanzialmente riportato nell’art. 132 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 che nella sua formulazione originale319 prevede il rispetto del principio della parità di trattamento degli azionisti.
315 G. DE PETRA, op. cit., 227.
316 L. ARDIZZONE, Le azioni proprie nelle operazioni sul capitale e nelle operazioni straordinarie, in Rivista delle società, 2008, 1170.
317 M. BAGLIONI, Le offerte pubbliche di azioni e l’opa obbligatoria. Il commento, in Il corriere
giuridico, 1992, 2, 357.
318 Art. 12 l. 18 febbraio 1992, n. 149: «1. Gli acquisti di azioni proprie, operati ai sensi dell'articolo 2357 e dell'articolo 2357-bis, primo comma, n. 1), del codice civile, dalle società le cui azioni sono quotate in borsa, devono essere effettuati in borsa alla chiamata di chiusura. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche agli acquisti di azioni quotate in borsa effettuati ai sensi dell'articolo 2359-bis del codice civile da parte di una società controllata. 3. Per la violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano le pene previste dall'articolo 2630, primo comma, del codice civile.
4. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano agli acquisti di azioni proprie o della società controllante possedute da dipendenti della società emittente e ai medesimi assegnate a norma dell'articolo 2349 del codice civile o da essi sottoscritte a norma dell'ultimo comma dell'articolo 2441 dello stesso codice.
5. All'articolo 4, primo comma, n. 2), del citato decreto-legge n. 95 del 1974, convertito, con modificazioni, dalla citata legge n. 216 del 1974, e successive modificazioni e integrazioni, sono aggiunte le seguenti parole: "nonché, nel medesimo termine, le proposte di autorizzazione all'acquisto o all'alienazione di azioni proprie"».
319 Art. 132 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58: «1. Gli acquisti di azioni proprie, operati ai sensi degli articoli 2357 e 2357-bis, primo comma, n. 1, del codice civile, da società con azioni quotate,
Con l’art. 11 invece si sono regolate le ipotesi di cui art. 5, 5-bis e 5-ter d.l. 8 aprile 1974, n. 95 sull’acquisto reciproco di azioni (già disciplinato con l. 7 giugno 1974, n. 216) che intervenga tra due società quando almeno una di esse abbia azioni quotate.
La disciplina delle azioni «di gruppo» è stata poi innovata con l’introduzione della direttiva comunitaria 92/101/CEE del 23 novembre 1992 (che ha modificato, integrandola, la direttiva 77/91/CEE) recepita dal Legislatore italiano con d.lgs. 2 maggio 1994, n. 315. In questa sede è stata regolata le fattispecie di acquisto, detenzione e sottoscrizione di azioni emesse da una società da parte di una sua controllata320, estendendo i limiti imposti all’acquisto di azioni proprie anche in queste situazioni in cui è legittimo sospettare che «l’autonomia decisionale delle società controllate sia di fatto condizionata dalla società controllante»321.
Non essendo le previsioni già esistenti nell’art. 2359-bis c.c. sufficienti ad esaurire gli scopi perseguiti dalla direttiva, con il d.lgs. 315/1994 sono stati introdotti ex novo gli artt. 2359-ter – 2359-quinquies c.c. e sono stati modificati gli artt. 2357322, 2359-bis, 2630, 2630-bis c.c. E’ stato in questo modo disposto che il superamento dei divieti connessi è sanzionato, in prima approssimazione, con l’obbligo di alienazione (o in mancanza, dell’annullamento) delle azioni o quote della controllante detenute oltre i
devono essere effettuati per il tramite di offerta pubblica di acquisto o di scambio ovvero sul mercato, secondo modalità concordate con la società di gestione del mercato in modo da assicurare la parità di trattamento tra gli azionisti.
2. Il comma 1 si applica anche agli acquisti di azioni quotate effettuati ai sensi dell'articolo 2359- bis del codice civile da parte di una società controllata.
3. I commi 1 e 2 non si applicano agli acquisti di azioni proprie o della società controllante possedute da dipendenti della società emittente, di società controllate o della società' controllante e assegnate o sottoscritte a norma degli articoli 2349 e 2441, ottavo comma, del codice civile».
320 E in questo senso il Legislatore italiano ha ancorato la nozione di controllo ad un concetto di gruppo verticale, riferendosi alla relazione «che si instaura tra una società quella, ovvero quelle, sottoposte al controllo della prima, nonché quella o quelle, che vengono controllate dalla società a sua volta controllata»: così A. ARRIGONI, Le azioni proprie divengono “di gruppo”, in Contratti, 1994, 458.
321 G. CARCANO, Acquisto di azioni proprie come tecnica di difesa dalle scalate: la CEE rafforza il
divieto, in Rivista delle società, 1992, 1310.
322 Il cui terzo comma è divenuto: «In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale sociale, tenendosi conto a
limiti di cui all’art. 2359-bis; alcune particolarità meritano tuttavia di essere brevemente citate per la loro deviazione dallo schema tradizionale delle sanzioni.
L’art. 2359-ter co. 2 c.c. dispone infatti che in caso di violazione dei limiti posti dall’articolo precedente, si debba procedere alla loro alienazione entro il termine di un anno, scaduto il quale diviene necessario procedere «senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale, con un rimborso secondo i criteri indicati dall’art. 2437»: in questo caso infatti un mero annullamento sarebbe stato lesivo nei confronti del patrimonio della società controllata, che aveva investito nell’acquisto una parte delle sue disponibilità liquide; il meccanismo di rimborso è stato inoltre ancorato al criterio del costo323, in modo da impedire la realizzazione di intenti speculativi.
La sanzione dell’art. 2359-quinquies c.c.324 comma secondo si discosta dalla previsione comunitaria (che imponeva l’obbligo di riacquistare le azioni) e prevede di considerare la sottoscrizione delle azioni della controllante come effettuata in nome proprio dagli amministratori: in tal modo si è voluto tutelare l’integrità del capitale sociale mediante una limitazione al potere di rappresentanza degli amministratori, loro affidato dalla legge e dallo statuto325.