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Il ruolo del buyback nella politica dei dividendi

3. Il ruolo strategico rappresentato dalle azioni proprie

3.3 Gli effetti del buyback e la teoria dei segnali

3.3.1 Il ruolo del buyback nella politica dei dividendi

La  politica  dei  dividendi  è  costituita  dall’insieme  delle  decisioni  che  la  società  assume   riguardanti   l’erogazione   di   liquidità agli azionisti. Nella concezione più comune il dividendo   è   quella   parte   di   utile   che   una   società può decidere di distribuire ai suoi azionisti al termine di ogni esercizio come remunerazione del capitale investito; tuttavia rientrano  a  pieno  titolo  nella  politica  dei  dividendi  anche  l’erogazione  di  un  dividendo   non in contanti (ad esempio attraverso   l’assegnazione   di   nuove   azioni   ai   soci),   il   raggruppamento o il frazionamento di azioni436 e  l’acquisto  di  azioni  proprie437.

L’obiettivo   della   politica   dei   dividenti   è   massimizzare   il   valore   dell’impresa   ed   è   compito   dei   manager   dell’area   finanziaria   graduare tali interventi per raggiungere la struttura finanziaria ottimale438 e per attrarre il maggior numero di investitori.

A differenza delle decisioni di stock splitting o reverse splitting, l’erogazione   di   dividendi   o   l’attuazione   di   un   piano di acquisto di azioni proprie richiedono un investimento di risorse finanziarie ed  è  nell’ottica  del  miglior  impiego  del  capitale  che  i   manager  devono  selezionare  l’alternativa  preferibile  tra  queste  due.

Per   capire   l’importanza   della   politica   dei   dividendi439 è necessario partire dal presupposto che il mercato dei capitali con cui le imprese  interagiscono  non  è  perfetto:   in un mercato dei capitali perfetto, infatti, la politica dei dividendi sarebbe irrilevante

436 Con il raggruppamento (reverse split) o frazionamento di azioni (stock split) ogni vecchia azione (o gruppo di azioni) viene sostituita da una nuova che rappresenta una porzione maggiore (o inferiore, se si tratta di frazionamento) di patrimonio sociale: ecco che quindi il valore del titolo e tutte le grandezze ad esso riferite (come ad esempio il dividendo unitario) risentono di questa variazione, «poiché ogni azione dà ora diritto a una minore percentuale dei flussi di cassa»: così S. ROSS - D. HILLIER - R. WESTERFIELD - J. JAFFE - B. JORDAN, Finanza

Aziendale, McGraw-Hill, Milano, 2012, 540.

437 Che   provoca   l’incremento   dei   dividendi   spettanti   alle   azioni   rimaste   in   circolazione,   dal   momento   che   la   società,   in   quanto   socia   di   se   stessa   non   può   beneficiare   dell’erogazione   del   dividendo in contanti.

438 La struttura finanziaria ottimale è quella che bilancia il beneficio dello scudo fiscale e il costo del debito: A. DAMODARAN, Finanza aziendale, Milano, Apogeo, 2006, 335 ss.

439 La cui complessità di analisi è stata efficacemente sintetizzata da F. BLACK, The dividend

puzzle, in Journal of portfolio management, 1976, 2, 8: «The harder we look at the dividend

per gli investitori440 e anche la decisione di procedere ad un repurchase program non produrrebbe effetti sulle aspettative del mercato  e  sul  valore  dell’impresa.  In  presenza   di un mercato dei capitali imperfetto, invece, i manager devono costantemente confrontarsi con le seguenti aspettative:

- l’erogazione   di   un   dividendo   ordinario   in   contanti   tende   ad   essere   interpretato   dagli azionisti come un impegno a lungo termine: nella realtà empirica è stato infatti dimostrato che una riduzione del dividendo atteso provoca un deprezzamento del titolo;

- la  presenza  di  un  diverso  sistema  di  tassazione  dell’incasso  dei  dividendi  rispetto   alla realizzazione di capital gains genera negli investitori diverse preferenze rispetto alle decisioni di politica dei dividendi441;

- il   mercato   tende   ad   inferire   dall’acquisto   di   azioni   proprie   una   corretta   o   sottostimata   valutazione   del   prezzo   dell’impresa:   si   ritiene   infatti che la società acquisti le proprie azioni per sostenerne il valore o per investire parte delle proprie disponibilità liquide in un titolo sottovalutato, realizzando, con la successiva rivendita, una plusvalenza; l’asimmetria   informativa   presente   tra amministratori e investitori induce infatti questi ultimi a ritenere attendibile ogni informazione dai primi proveniente442.

Dalla prima considerazione è quindi logico derivare che le imprese dovrebbero incrementare il dividendo ordinario solo se tale erogazione di liquidità appare

440 Infatti in un mercato perfetto: «All bonds are assumed to yield a constant income per unit of time,   and   (…)   stocks,   are   traded   in   a   perfect   market»,   «the   market   value   of   any   firm   is   independent of its capital structure»: F. MODIGLIANI – M. MILLER, The cost of capital,

corporation finance and the theory of investment, in The American economic review, 1958, XLVIII,

3, 268.  Secondo  questo  modello,  in  ogni  momento  dunque  gli  investitori  potrebbero  soddisfare  i   loro  bisogni  di  liquidità  acquistando  i  titoli  che  si  avvicinino  alle  loro  preferenze  intertemporali   di liquidità.

441 Come osserva F. BLACK, op. cit., 10: «In a world where dividends are taxed more heavily (for most investors) than capital gains, and where capital gains are not taxed until realized, a corporation that pays no dividends will be more attractive to taxable individual investors than a similar corporation that pays dividends». Allo stesso modo P. ASQUITH – D. W. MULLINS jr.,

Signalling with dividends, stock repurchases, and equity issues, in Financial management, 1986,

15, 3, 33: «If dividends suffer from the burden of high ordinary income tax rates, stock repurchases should provide relief».

sostenibile nel lungo periodo443,   preferendo   altrimenti   l’acquisto   di   azioni   proprie   o   l’erogazione  di  un  dividendo  straordinario.

La terza constatazione444 non   deve   però   ingenerare   l’erronea   convinzione   che   l’acquisto   di   azioni   proprie sia prioritariamente finalizzato alla realizzazione di plusvalenze: un programma di acquisto di azioni proprie deve in primo luogo costituire una modalità efficiente di distribuzione di un eccesso di liquidità   dell’impresa   e   dev’essere   effettuato   solo   a   seguito   di   un’attenta analisi dei fabbisogni interni445, tenendo conto446:

- della liquidità necessaria alle transazioni ordinarie;

- della liquidità funzionale a dar corso ad operazioni straordinarie di acquisizione; - di una quota di liquidità precauzionale per fronteggiare eventi imprevisti e

fabbisogni inattesi.

Dunque tutto ciò   che   eccede   le   predette   necessità   dev’essere   convogliata altrove447: prioritariamente448 la   liquidità   dev’essere   investita   in   progetti   a   valore attuale netto positivo e solo secondariamente deve essere distribuita agli azionisti, operando una scelta  tra  l’erogazione  di  dividendi  e  l’avvio  di  share repurchase programs.

Una serie di aspetti possono dunque rendere maggiormente conveniente  l’acquisto  di   azioni proprie, tra cui: la flessibilità (l’annuncio   del   buyback infatti non costituisce un

443 Come affermato dall’ex  Chief Financial Officer di Microsoft John Connors, una delle domande chiave per la strategia della politica dei dividendi è: «Can the company sustain payment of cash dividend in perpetuity and increase the dividend over time?», come riportato da N. ABUAF,

Excess cash and shareholder payout strategies, in Journal of applied corporate finance, 2012, 24, 3,

41.

444 Che suggerisce che gli annunci di programmi di acquisto di azioni proprie siano recepiti positivamente dal pubblico, provocando un rialzo nel prezzo del titolo (aspetto di cui ci occuperemo nel prosieguo della trattazione).

445 Bilanciando il beneficio marginale della riserva di cassa con il costo legato alla detenzione di un’unità   aggiuntiva   di   liquidità:   così   A.   DITTMAR,   Corporate cash policy and how to manage it

with stock repurchases, in Journal of applied corporate finance, 2008, 20, 3,26.

446 N. ABUAF, Excess cash and shareholder payout strategies, in Journal of applied corporate

finance, 2012, 24, 3, 45.

447 E   questo   per   evitare   che   l’eccesso   di   liquidità   conduca,   come   spesso   accade,   ad   un   suo   scialacquamento: è stato infatti dimostrato che nella maggior parte dei casi i manager sono inclini ad investire la liquidità in eccesso in acquisizioni o investimenti scarsamente profittevoli e  non  forieri  di  nuovo  valore  per  l’impresa:  così  A.  DITTMAR,   Corporate cash policy and how to

manage it with stock repurchases, in Journal of applied corporate finance, 2008, 20, 3, 25.

impegno vincolante   per   l’impresa449), il vantaggio fiscale (che sussiste ogniqualvolta l’aliquota  che  grava  sui  soci  per  i  dividendi  incassati  è  superiore  all’aliquota  sui  capital gain450), la possibilità di sostenere il corso azionario451 e di compensare gli effetti derivanti  dall’esercizio  di  stock options452.

Oltre alla maggior efficienza fiscale e alle caratteristiche di straordinarietà dei flussi di cassa che li originano, le imprese tendono a preferire gli acquisti di azioni proprie all’erogazione   di   dividendi   in   contanti quando si trovano in una fase iniziale del loro ciclo di vita453: in tal modo esse riescono a mantenere una dose più elevata di flessibilità che permette loro di cogliere opportunità di investimento inaspettate o far fronte ad improvvisi fabbisogni inattesi454 non potendo contare su una capacità di generare flussi di cassa operativi elevati (che interessano invece la fase della maturità).

Un programma di riacquisto di azioni proprie viene generalmente giudicato positivamente se provoca un incremento (ragionevolmente durevole) nel prezzo delle azioni; è stato tuttavia osservato455 che: «The  firm’s  commitment to making efficient use

of and producing high rates of return on investor capital (…)   may   well be the most important message that companies send to their investors through their cash distribution policies»: un’analisi  basata  sull’andamento  del  prezzo  dei  titoli  conseguente  al   buyback informa   solo   parzialmente   del   raggiungimento   dell’obiettivo   primario   dell’operazione,  

449 A. DITTMAR, op. cit., 29 ss. ricorda che solo il 75% degli annunci di acquisto di azioni proprie sono  seguiti  dall’attuazione  del  piano  e  che  la mancata attuazione non costituisce per molti CFO una fonte di effetti negativi.

450 Infatti  in  presenza  di  un’aliquota  vantaggiosa  sui  dividendi  rispetto  a  quella  sui   capital gain rende gli azionisti propensi a realizzare una strategia di tipo homemade dividend per sfruttare il vantaggio  fiscale  anche  quando  l’impresa  opti  per  un’operazione  di  buyback; si veda in proposito S. ROSS - D. HILLIER - R. WESTERFIELD - J. JAFFE - B. JORDAN, op. cit., 544.

451 Per quanto i risultati empirici non siano riusciti a dimostrare una relazione positiva tra l’effettuazione  di  un  programma  di  buyback e dei conseguenti soddisfacenti rendimenti di lungo periodo: così A. DITTMAR, op. cit., 30.

452 Di cui tratteremo nel prosieguo. 453 N. ABUAF, op. cit., 44.

454 La flessibilità finanziaria è definita da Damodaran come: «The capacity of firms to meet any unforeseen contingencies that may arise (such as recessions and sales downturns) and take advantage of unanticipated opportunities (such as great projects), using funds on hand and any excess debt capacity that they might have nurtured»: A. DAMODARAN, op. cit., 758.

che  è  quella  di  comunicare  al  mercato  l’abilità  dell’impresa  di  fornire  un  rendimento  il   più possibile elevato a parità di rischio rispetto ai propri concorrenti456.