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Segue: il divieto dell’art 2504-ter c.c

3. Il ruolo strategico rappresentato dalle azioni proprie

3.6 Il ruolo delle azioni proprie nelle operazioni straordinarie

3.6.1   Segue: il divieto dell’art 2504-ter c.c

Le   ragioni   dell’assolutezza di questo divieto, che risulta più rigido rispetto alla tolleranza della disciplina generale delle azioni proprie547 non sono uniformemente condivise in dottrina: secondo una prima lettura il Legislatore avrebbe applicato a questa fattispecie un generale principio di sterilizzazione di azioni proprie, evitando che in presenza di incroci partecipativi o di possesso di azioni proprie, la fusione si concretizzasse in «sovrapposizioni o giuochi di specchi»548.

Una diversa spiegazione riconduce questo divieto al più generale divieto di sottoscrizione di azioni proprie, di cui 2357-quater c.c.549, dal momento che in questo caso si verificherebbe la circostanza per cui una società assegni a sé stessa delle azioni di nuova emissione550.

547 Livello di tolleranza che ha raggiunto il limite del 20% del capitale per le società che fanno ricorso al mercato di capitale di  rischio  a  seguito  dell’introduzione  della  l.  9  aprile  2009,  n.  33   che ha modificato gli artt. 2357 co. 3, 2357-bis co. 2, 2445 co. 2 c.c.

548 F. FERRARA jr – F. CORSI, Gli imprenditori e le società, Giuffrè, Milano, 2011, 990.

549 F. GUERRERA, Trasformazione, fusione e scissione, in AA. VV., Diritto delle società. Manuale

breve, Milano, Giuffrè, 2006, 431.

550 Critico  verso  quest’impostazione  L.  ARDIZZONE,  op. cit., 53  che  rileva  l’eterogeneità  delle  due   situazioni: mentre il generale divieto di sottoscrizione mira ad impedire che la società emetta

Infine il divieto può essere giustificato dal valore (nullo) attribuibile a tali azioni: alcuni ritengono che in occasione di fusione o scissione totale le azioni proprie perdano il loro significato economico a causa dell’imminente   estinzione   delle   società   che   le   hanno   emesse551. Questa spiegazione sembra coerente anche con il diverso trattamento previsto   dall’art. 2357-bis c.c.: se il divieto di assegnazione di cui art. 2504-ter c.c. si fonda su un difetto di presupposto (ciò  che  il  Legislatore  vuole  evitare  è  un’assegnazione   priva di valore) e non sull’erroneità  dell’effetto  (l’acquisizione  di  azioni  proprie  da parte dell’incorporante   o   della   risultante   dalla   fusione), allora risulta legittimo il raggiungimento   del   medesimo   effetto   (l’assegnazione   di   azioni   proprie   post-fusione) mediante  un’operazione  differente  (disciplinata  dall’art- 2357-bis)552.

La sorte delle azioni che non possono essere assegnate ex art. 2504-ter c.c. è l’alienazione   ovvero   l’annullamento553,   mentre   le   azioni   dell’incorporante   che   si   trovavano ante fusione nel patrimonio delle incorporate entreranno a far parte delle azioni proprie post fusione (2357-bis).

Diverso è invece il caso in cui la società incorporante sia in possesso prima della fusione di azioni proprie e decida di assegnarle ai soci “entranti”   con   la   fusione   per   soddisfarne il rapporto di cambio554: in tal caso la mancata esplicita comprensione di codesta ipotesi nel divieto di cui art. 2504-ter c.c. fa propendere per una legittimità dell’assegnazione  a  soggetti  diversi  dalle  società  coinvolte.

L’esplicito   riferimento   che   l’art.   2504-ter c.c. fa ad azioni o quote non deve trarre in inganno: se infatti risulta pacifico il divieto di acquisto di quote proprie a carico di s.r.l.555, può ben presentarsi il caso in cui una società a responsabilità limitata si trovi a rivestire il ruolo di incorporante rispetto ad una società per azioni che detenga azioni proprie.

capitale in assenza di conferimenti, nel caso della fusione il con cambio non richiede in generale l’effettuazione  di  conferimenti  nei  confronti  dell’emittente.

551 L. ARDIZZONE, op. cit., 54. 552 L. ARDIZZONE, op. cit., 55.

553 Esamina  la  portata  dell’alternativa  sopracitata  G.  DE  PETRA,  op. cit., 258 ss.

554 G. DE PETRA, Azioni proprie e diritto di concambio nel d.lgs. 22/1991 e adeguamento alla III

direttiva Cee in materia di fusioni societarie, in Rivista diritto commerciale, 1992, I, 210; P.

MARCHETTI, op. cit., 38; L. ARDIZZONE, op. cit., 59 ss.

555 Anche se meno pacifiche risultano le ragioni del predetto divieto, per cui si rimanda al paragrafo 1.5.

La disposizione di cui art. 2504-ter  c.c.  è  richiamata  in  caso  di  scissione  dall’art.  2506- ter ult. co. c.c. La portata di questo richiamo ai fini della scissione totale556 è stata interpretata come un divieto di computare, ai fini del concambio, i valori patrimoniali costituiti da azioni proprie in possesso della scissa e le azioni emesse dalla scissa possedute ante scissione dalle società beneficiarie557.

Dal divieto di cui art. 2504-ter c.c. discendono due ordini di doveri di cui gli amministratori devono farsi carico: essi sono tenuti innanzitutto ad illustrare nella relazione   dell’organo   amministrativo558 in che modo il divieto di assegnazione abbia influenzato il rapporto di cambio ed eventuali prospettive di alienazione delle azioni che ai fini del concambio non possono essere conteggiate. Accanto agli obblighi di natura informativa essi sono inoltre tenuti ad astenersi da operazioni sulle predette partecipazioni che possano penalizzare i propri azionisti nel rapporto di cambio559.

L’assegnazione  di  azioni  proprie  della  società  incorporante  (o risultante dalla fusione) in violazione del divieto di cui art. 2504-ter c.c. rilevata   dopo   l’iscrizione   dell’atto   di   fusione  non  determina  l’invalidità  dell’operazione560; tuttavia essa determina l’insorgere di profili di responsabilità sia civile che penale (ai sensi degli artt. 2392561 e 2628562 c.c.)

556 Per una disamina delle particolarità che caratterizzano il caso della scissione parziale, in cui la   sopravvivenza   della   scissa   rende   difficoltosa   l’applicazione   della   disciplina   della   fusione,   si   rimanda a L. ARDIZZONE, op. cit., 74 ss.

557 F. LAURINI, La scissione, in Rivista del notariato, 1991, I, 621; G. LAURINI, La scissione di

società, in Rivista del notariato, 1991, I, 937; L. ARDIZZONE, op. cit., 72 ss.

558 Di cui art. 2501-quinquies c.c. 559 L. ARDIZZONE, op. cit., 109 ss.

560 Operando in questo caso il meccanismo di salvaguardia di cui art. 2504-quater c.c. Art. 2504- quater c.c. - Invalidità della fusione: «Eseguite le iscrizioni dell'atto di fusione a norma del secondo comma dell'articolo 2504, l'invalidità dell'atto di fusione non può essere pronunciata. Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione».

561 Art. 2392 c.c. - Responsabilità verso la società: «Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad uno o più amministratori.

In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto dal comma terzo dell'articolo 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose.

a carico degli amministratori e comporta un obbligo di alienazione o annullamento delle relative  azioni  ai  sensi  dell’art.  2357  comma  quarto c.c.