3. Il ruolo strategico rappresentato dalle azioni proprie
3.3 Gli effetti del buyback e la teoria dei segnali
3.3.2 Gli effetti dell’acquisto di azioni proprie sul prezzo delle azioni
La decisione di acquistare azioni proprie determina inevitabilmente una variazione nel prezzo dei titoli azionari dell’emittente457: le cause alla base di questa variazione non sono però sempre condivise nella letteratura, che ha cercato in vari modi di riscontrare evidenze empiriche a sostegno dell’una o dell’altra tesi.
La prima possibile spiegazione458 di questa influenza sul prezzo azionario è senz’altro la distribuzione su un numero inferiore di azioni rimaste in circolazione del diritto ai flussi di cassa operativi futuri dell’impresa, che spetteranno in misura proporzionalmente aumentata agli altri soci459.
Un’altra teoria460 affianca al primo meccanismo una seconda constatazione: si ritiene che prezzando con favore il titolo della repurchasing firm il mercato reagisca ad un segnale positivo che l’impresa ha lanciato acquistando azioni proprie461: dall’acquisto
456 Intesi non solo e non tanto come concorrenti di settore e di business ma come forme alternative di investimento, azionario o obbligazionario.
457 Per quanto, secondo alcuni, la relazione tra l’acquisto di azioni proprie e il sostegno del prezzo vi sia una relazione molto debole: così A. KESWANI - J. YANG - S. YOUNG, Do Share
Buybacks Provide Price Support? Evidence From Mandatory Non-Trading Periods, in Journal of Business Finance & Accounting, 2007, 34, 5-6, 858.
458 S. ROSS - D. HILLIER - R. WESTERFIELD - J. JAFFE - B. JORDAN, op. cit., 548 ss.
459 Non concorda con quest’impostazione W. J. MCNALLY, Open market stock repurchase
signaling, in Financial management, 1999, 28, 2, 55, che concepisce il valore dell’impresa come
valore asset side e sostiene che avvenga una compensazione: «The cost of buying the shares decreases assets by an amount that exactly offsets the reduced number of share outstanding, leaving (…) price unchanged».
460 Secondo T. VERMAELEN, Repurchase tender offers, signaling, and managerial incentives, in
Journal of financial and quantitative analysis, 1984, 19, 2, 165: «Insiders have some information,
which represents the difference between the "true" market value of the outstanding shares (known to insiders) and the market value before the announcement of the repurchase tender offer» e il mercato percepisce attraverso il buyback un valore dei titoli superiore al precedente. Sostiene questa ipotesi anche lo studio empirico di G. P. TSETSEKOS – F. LIU – N. FLOROS, An
examination of open market stock repurchases: cash flow signalling, investments and Tobin’s Q, in Applied financial economics, 1996, 6, 9 ss.
461 «The signalling hypothesis posits that buyback announcements represent signals that (…) reveal optimistic expectations about future operating performances»: A. CROCE – D. DAMINELLI – G. GIUDICI, Stock repurchases and future operating performance: empirical evidence from Italy, in Investment management and financial innovations, 2008, 5, 1, 75.
delle proprie azioni il mercato può inferire che i manager ritengono il valore del titolo sottostimato rispetto alle prospettive dei futuri free cash flow e può rivedere perciò al rialzo la propria valutazione dell’impresa462. Questa impostazione non implica però che l’impresa possa manipolare a proprio piacimento il prezzo dei propri titoli, anche attraverso segnali ingannevoli: la realtà mostra infatti che l’attuazione di politiche di dividendi ingannevoli, che si tratti di erogazione di dividendi o di riacquisto di azioni proprie, malgrado le prime reazioni positive, viene in seguito punita dal mercato463.
In alternativa c’è chi ritiene che invece l’operazione di acquisto di azioni proprie provochi una reazione positiva del mercato a causa del suo effetto di sottrarre risorse ai manager dell’impresa464: viene in questo modo contrastata la tendenza degli amministratori a sovrainvestire (mettendo in atto progetti dotati di un ritorno finanziario insoddisfacente465) incrementando il rapporto di indebitamento e facendo agire il meccanismo della disciplina del debito per minimizzare il rischio di dissipare risorse finanziarie in progetti a VAN negativo.
In particolare risultano coerenti con quest’ultima teoria del free cash flow due studi466 che hanno analizzato le performance operative delle aziende nel periodo successivo al completamento del programma di acquisto di azioni proprie. Le performance sono state misurate e valutate sia in senso assoluto sia nei confronti di imprese ad esse comparabili: in entrambi i casi l’assenza di miglioramenti e l’osservazione di prestazioni deludenti ha portato gli autori a negare l’esistenza (o l’affidabilità) di un contenuto di segnalazione positivo riguardante le future performance delle imprese che annunciano dei programmi di riacquisto. In particolare di fronte a questi risultati, alcuni autori467 hanno cercato di giustificare queste evidenze partendo dal presupposto che le imprese che procedono ai buyback si trovano spesso in una fase di maturità del loro ciclo di vita,
462 «Dividends changes (…) may tell investors more about what the managers really think than they can find out from other sources»: F. BLACK, op. cit., 10.
463 Come ricorda P. ASQUITH – D. W. MULLINS jr., Signalling with dividends, stock repurchases,
and equity issues, in Financial management, 1986, 15, 3, 35.
464 M. C. JENSEN, Agency cost of free cash flow, corporate finance and takeovers, in American
Economic Review, 1986, 76, 325.
465 Come afferma M. C. JENSEN, op. cit., 323: «Managers have incentives to cause their firms to grow beyond the optimal size. Growth increases managers’ power by increasing the resources under their control».
466 G. GRULLON – R. MICHAELY, The information content of share repurchase programs, in The
journal of finance, 2004, LIX, 3, 651 ss.; A. CROCE – D. DAMINELLI – G. GIUDICI, op. cit., 74 ss.
caratterizzata dalla riduzione delle opportunità di proficuo investimento e da un volume crescente di liquidità: la scelta quindi di effettuare un repurchase produce l’effetto di drenare tale liquidità in favore degli azionisti e sottraendola alla disponibilità dei manager (che la convoglierebbero in progetti con rendimento inferiore al costo del capitale468). In tali imprese si assiste inoltre ad una riduzione del rischio sistematico (dovuto alla circostanza che ormai i determinanti del valore dell’impresa sono costituiti dagli asset in place più che dalle prospettive di crescita futura), il che produce una riduzione del costo del capitale.