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Adolescenti e giovani migranti: percorsi di sviluppo, fattori di rischio e strategie d

Proponenti: P. Musso, Università della Calabria; M. G. Bartolo, Università della Calabria

Discussant: A. Lo Coco, Università di Palermo

Descrizione del simposio:

Le società odierne sono sempre più comunità plurali, in cui la mutualità delle relazioni tra gruppi etnoculturali sono in continuo incremento. Ciò pone numerose sfide, la più importante delle quali ruota intorno a come garantire livelli adeguati di convivenza culturale. Una simile sfida coinvolge la ricerca in campo psicologico. In particolare, negli ultimi anni è cresciuto molto l’interesse su quali siano i fattori che possono influire sui processi di (dis)adattamento dei giovani migranti, considerati il gruppo su cui investire maggiormente sia in termini di studio che di ricadute future. Tuttavia, la gran parte delle ricerche (a) è stato di ordine quantitativo, (b) ha poco considerato il punto di vista di questi stessi giovani circa i fattori che contribuiscono ai loro percorsi di sviluppo e (c) ha dato poco rilievo alla valutazione delle strategie di intervento che i professionisti psicologi adottano quando lavorano con i giovani migranti. In realtà, allo stadio attuale delle nostre conoscenze, c’è ancora bisogno di ricerche di ordine più qualitativo e maggiormente guidate empiricamente, che possano promuovere nuove e più opportune domande e fornire nuove intuizioni circa potenziali processi che sono attualmente non inclusi nelle concettualizzazioni teoriche. Il presente simposio si propone di superare questo gap e, pertanto, di offrire un momento di nuova elaborazione e ampliamento delle domande (piuttosto che risposte) di ricerca. In quest’ottica, prevede tre contributi di ricerca che si focalizzano nell’esplorazione qualitativa di nuovi temi di ricerca e due che parlano di prassi di intervento terapeutico nel lavoro con i giovani migranti. Nello specifico, il primo contributo esplora i percorsi di sviluppo dell’identità culturale (etnica e nazionale) di giovani tunisini in Italia e suggerisce alcuni fattori potenzialmente correlati con la costruzione di identità biculturali foriere di un migliore adattamento psicosociale. Il secondo contributo assume il punto di vista degli adolescenti americani-musulmani circa i fattori che portano al rischio di radicalizzazione tra i giovani, dimostrando la loro consapevolezza della complessità dei processi coinvolti e della necessità di comprendere i percorsi, piuttosto che le radici, del fenomeno. Similmente, il terzo contributo studia la prospettiva di adolescenti immigrati in Italia sui potenziali fattori di rischio di comportamenti radicali nei coetanei, suggerendo il ruolo chiave di dimensioni come l’identità, il senso di appartenenza, la fede religiosa e la famiglia. Il quarto contributo presenta il modello della Terapia a Seduta Singola che consente di intervenire sui traumi pre e post migratori in contesti di sbarco e luoghi di transito, evidenziandone l’efficacia. Infine, il quinto contributo racconta di come l’approccio narrativo e della teatroterapia sia particolarmente utile nella (ri)costruzione del progetto migratorio dei minori stranieri non accompagnati.

Parole chiave:

185 SIMPOSIO 6.3 - Prima comunicazione:

PERCORSI DI SVILUPPO DELL’IDENTITÀ CULTURALE IN ADOLESCENTI TUNISINI RESIDENTI IN ITALIA. UNO STUDIO QUALITATIVO

Cristiano Inguglia, Nicolò Maria Iannello

Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione

Introduzione: Nella contemporanea società multiculturale ha assunto sempre più rilevanza il costrutto di identità culturale, che si riferisce al modo in cui gli individui si definiscono in relazione ai gruppi culturali a cui appartengono. Di conseguenza, la psicologia dello sviluppo si è focalizzata da anni sull’analisi dei percorsi di sviluppo dell’identità etnica e nazionale in adolescenti di gruppi minoritari, che si trovano a fronteggiare un processo di identificazione che intreccia cultura di origine e cultura ospitante. L’attuale ricerca psicologica sostiene l’idea che gli adolescenti biculturali, capaci di costruire identità multiculturali forti e positive, abbiano una migliore autostima, meno problemi di salute mentale e risultati scolastici superiori rispetto ai loro coetanei con identità etniche monoculturali. Tuttavia, quasi tutti gli studi si basano su strumenti e misure di tipo quantitativo. Pertanto, l’obiettivo del presente lavoro è approfondire lo studio di queste tematiche facendo uso di un approccio qualitativo.

Metodo: Sono stati condotti due focus group basati su una traccia semi-strutturata di domande-stimolo riguardanti l’appartenenza etnica e quella al paese ospitante, i contatti con i pari sia della stessa origine etnica sia italiani, la percezione di discriminazione, i fattori di benessere e di disadattamento. Ciascun gruppo è stato costituito da 8 adolescenti tunisini residenti a Palermo (14-18 anni) equamente distribuiti per età, sesso e generazione (prima o seconda). Le discussioni sono state trascritte e sottoposte all’analisi di contenuto all’interno del quadro generale delle domande di ricerca. In particolare, i criteri per il riconoscimento dei temi e della loro classificazione sono stati: a) ripetizione; b) ricorrenza; c) vigore. I confronti tra sub-gruppi sono stati effettuati attraverso il test del chi-quadrato.

Risultati: Il 75% (12 su 16) dei partecipanti si è descritto come “tunisino italiano”, con un’identità biculturale, riferendo di sentirsi più integrato/soddisfatto nella vita di tutti i giorni rispetto al gruppo di coetanei definitosi semplicemente come “tunisino” (25%, p < .05). L’81% (13 su 16) di tutti i partecipanti ha sottolineato come il contatto con i pari, e in particolare con gli italiani, sia uno dei fattori più importanti per la formazione di una identità biculturale. Infine, l’87% dei partecipanti (14 su 16) suggerisce come la discriminazione percepita sia, altresì, un fattore significativo nel processo di formazione dell’identità culturale, dato che sembra rafforzare la vicinanza al proprio gruppo etnico a spese del gruppo nazionale ospitante, e quindi una identità monoculturale e meno articolata.

Conclusioni: I risultati dello studio suggeriscono come partecipare a due domini culturali (etnico e nazionale), nonché di avere contatti sociali proficui con i pari di entrambi i gruppi, contribuisca significativamente allo sviluppo dell’identità biculturale e all’adattamento degli adolescenti tunisini. Parole chiave:

186 SIMPOSIO 6.3 - Seconda comunicazione:

LA PROSPETTIVA DEGLI ADOLESCENTI AMERICANI-MUSULMANI CIRCA I PERCORSI CHE CONDUCONO ALLA RADICALIZZAZIONE

Balkaya, M.1, Charissa S. L. Cheah1, Madiha Tahseen1, Pasquale Musso2 1 University of Maryland, Baltimore County (USA), Department of Psychology 2 Università della Calabria, Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione (LISE)

Introduzione: Per radicalizzazione si intende il processo sociale e psicologico verso un crescente impegno in credenze, sentimenti e comportamenti estremi a sostegno di un’ideologia che favorisce i conflitti intergruppi e la violenza. Sebbene possa verificarsi in qualsiasi gruppo religioso, culturale o politico, la maggior parte degli studi si concentrano sulla cosiddetta radicalizzazione “islamica” con l’obiettivo di comprendere la psicologia dei giovani musulmani suscettibili di diventare radicalizzati. Le limitate concettualizzazioni psicologiche esistenti sulla radicalizzazione sono state pesantemente criticate come riduttive, etnocentriche e incapaci di cogliere i fattori situazionali e contestuali che possono contribuire ai cambiamenti negli atteggiamenti, nelle credenze e nei comportamenti degli adolescenti. Ne emerge il bisogno di studi culturalmente sensibili. Inoltre, ben poca ricerca empirica considera le prospettive che gli stessi adolescenti hanno circa i processi psicologici e i fattori che favoriscono la radicalizzazione, che potenzialmente possono fornire preziose intuizioni sui potenziali percorsi sottostanti ai processi di radicalizzazione, che rimangono non riconosciuti dalle esistenti concettualizzazioni teoriche. Per superare questi limiti, sono stati condotti dei focus group con adolescenti americani-musulmani per generare dati empirici sulla comprensione di potenziali percorsi e processi coinvolti nello sviluppo di fenomeni di radicalizzazione tra i giovani.

Metodo: Quattro focus group maschili e quattro femminili (N = 51; 52.9% F, Età media = 15.9 anni, SD = 1.4 anni), ciascuno con 4-8 adolescenti americani-musulmani, sono stati condotti in moschee, scuole private e centri comunitari nella regione del Maryland-Washington DC negli Stati Uniti, dove sono stati contattati i partecipanti. I partecipanti hanno anche completato un questionario demografico. Le trascrizioni dei focus group sono state analizzate seguendo l’analisi del framework.

Risultati:Sono emersi 5 temi riguardanti i percorsi verso la radicalizzazione in almeno 5 degli 8 gruppi, tra cui: (1) fattori di rischio personali (esperienze personali sfavorevoli e disadattamento psicologico); (2) identità e ideologia (processi legati alla formazione, negoziazione e polarizzazione di identità multiple); (3) influenze sociali (socializzazione e pressioni sociali); (4) fattori contestuali (clima socioculturale e islamofobia); (5) rappresentazione distorta dell’Islam (vulnerabilità dovuta alla mancanza di conoscenza religiosa).

Conclusioni:Gli adolescenti hanno sottolineato la complessità del processo di radicalizzazione e hanno riconosciuto come non esista un singolo percorso, specifiche caratteristiche ed esperienze personali, o un determinante che predisponga i giovani alla radicalizzazione, sostenendo la necessità di comprendere ulteriormente i percorsi, piuttosto che le radici, della radicalizzazione.

Parole chiave:

187 SIMPOSIO 6.3 - Terza comunicazione:

ADOLESCENZA, IMMIGRAZIONE E RISCHIO DI COMPORTAMENTI RADICALI Maria Giuseppina Bartolo, Anna Lisa Palermiti, Angela Costabile

Università della Calabria, Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione (LISE)

Introduzione: L’adolescenza è il periodo della ricerca identitaria per eccellenza. Tale ricerca è costellata da opportunità, ma anche da rischi quali sentimenti di solitudine e insoddisfazione personale, che possono esporre i giovani ad influenze e comportamenti potenzialmente dannosi come idee e atti radicali. Tra gli adolescenti, quelli immigrati attraversano percorsi ancora più complessi, multiformi e, pertanto, più rischiosi. Fondandosi su un approccio qualitativo e con la finalità di arrivare alla produzione di nuove e più opportune domande di ricerca sul tema, il presente studio ha esplorato i potenziali fattori di rischio di comportamenti radicali in adolescenti immigrati di seconda generazione, attraverso l’analisi di discussioni su diverse tematiche, quali, ad esempio, l’identità, il senso di appartenenza, la religione e il rapporto con la famiglia.

Metodo: Sulla base di una traccia semi-strutturata di domande stimolo, sono stati realizzati 4 focus group, ciascuno costituito mediamente da 8 adolescenti di età compresa tra i 14-18 anni, eterogenei per genere e appartenenza etnica. Tali gruppi di discussione sono stati audio-registrati e poi trascritti. L’analisi ha seguito il principio della riduzione dei dati e della generazione dei temi, che hanno consentito una lettura approfondita dei possibili fattori di rischio e di protezione dei comportamenti radicali. Nello specifico, il processo di analisi si è strutturato in: a) codifica aperta per la generazione dei temi; b) confronto con le conoscenze esistenti per la riorganizzazione e il raggruppamento dei temi emersi; c) codifica selettiva, per estrarre esempi illustrativi di esperienze centrali.

Risultati: I principali temi emersi dalle analisi riguardano: 1) il ruolo dell’identità e del senso di appartenenza; 2) la discriminazione; 3) la questione religiosa; 4) il ruolo centrale della famiglia. I partecipanti, pur essendo nati in Italia o arrivati da piccoli, si percepiscono poco italiani e manifestano un forte senso di appartenenza al Paese di origine. Nel definire la loro identità, affermano di sentirsi “a metà”, senza una chiara strategia di integrazione. Questa difficoltà è accentuata dalla percezione che i pari li considerino “diversi” e rappresenta un fattore di rischio per la devianza. Per quanto riguarda la religione, tutti i partecipanti affermano che essa non è e non può essere il motivo scatenante di comportamenti radicali, ma piuttosto viene indicata come una giustificazione a posteriori. Infine, la famiglia, e la madre in particolare, è considerata come un’asse centrale per la crescita identitaria e religiosa e la prevenzione dei comportamenti a rischio.

Conclusioni: Identità, senso di appartenenza e fede religiosa sono dimensioni su cui va posta estrema attenzione in adolescenza. La madre ha un ruolo chiave in famiglia come fattore di protezione dal rischio di radicalizzazione. Questi aspetti suggeriscono di indirizzare le future ricerche nell’ambito della socializzazione familiare.

Parole chiave:

188 SIMPOSIO 6.3 - Quarta comunicazione:

L’EFFICACIA DELLA TERAPIA A SEDUTA SINGOLA CON I TRAUMI PRE- E POST- MIGRATORI

Simonetta Bonadies

Italian Center for Single Session Therapy

Introduzione: L’obiettivo del presente contributo è quello di descrivere l’efficacia della TSS - Terapia a Seduta Singola (Single Session Therapy) nel lavoro con richiedenti asilo e rifugiati, notoriamente esposti a traumi pre e post migratori quali: violazioni dei diritti umani, abusi, violenze fisiche e psicologiche, torture, shock culturale nel territorio di approdo. Nello specifico, il lavoro si concentra sul trattamento delle conseguenze dei traumi post migratori, intesi come fattori ambientali, sociali e culturali che influenzano il benessere psico-sociale dei migranti compromettendo, in alcuni casi, la qualità della vita degli stessi nel paese ospitante. La Terapia a Seduta Singola è una metodologia studiata da 30 anni in tutto il mondo. Oltre a consentire di massimizzare l’efficacia di ogni singola seduta, si rivela particolarmente utile anche nelle situazioni in cui non è possibile o probabile condurre più di una seduta. L’esperienza clinica diretta maturata in contesti di migrazione e rifugio ha permesso di verificare come la TSS sia estremamente funzionale laddove una singola seduta si rivela spesso l’unica di cui disponiamo per apportare un beneficio significativo nella persona, attraverso un approccio centrato sulla valorizzazione delle risorse.

Metodo: Lo studio pilota ha coinvolto 12 migranti (7 F, 5 M, di età compresa tra i 12 e i 29 anni) incontrati presso i porti di Reggio Calabria e Corigliano Calabro, e presso strutture di prima e seconda accoglienza del territorio calabrese. I partecipanti hanno preso parte, su esplicita richiesta, ad un colloquio di TSS, preceduto e seguito dalla somministrazione della VASS – Visual Assessment of the Single Session, uno strumento visuale che esplora la condizione di benessere generale attraverso la presentazione raffigurativa di 5 stati emotivi, da estremamente negativo (con punteggio pari a 1) a estremamente positivo (con punteggio pari a 5). Il colloquio e la somministrazione della VASS sono avvenuti sempre in presenza di un mediatore interculturale. Considerato il numero di soggetti coinvolti, le analisi condotte sono state di tipo descrittivo.

Risultati: Il 75% dei soggetti (9 su 12) ha mostrato un miglioramento nello stato emotivo tra il pre- e il post-test. Generalmente, il punteggio con maggiore frequenza nel pre-test è stato 2, mentre nel post-test è stato 4. Da un punto di vista più strettamente qualitativo, l’83% dei soggetti (10 su 12) ha dichiarato una condizione migliorata dello stato corrente, usando parole come, ad esempio, “al sicuro”, “tranquillo” e “più leggero”.

Conclusioni: I risultati sembrano suggerire che la TSS è efficace in contesti di sbarco e di transito nei quali l’istituzione di un setting formale è difficile da realizzare e dove le persone vengono spesso incontrate una sola volta. Essa permette di individuare e discriminare precocemente le vulnerabilità psichiche legate a traumi pre e post migratori, consentendo di massimizzare l’efficacia dell’incontro. Parole chiave:

189 SIMPOSIO 6.3 - Quinta comunicazione:

MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI: L’USO DELLA TEATROTERAPIA E DEI

NARRATIVE THERAPY GROUPS PER RICUCIRE LE FRATTURE IDENTITARIE

Alberto Polito1, Anna Lisa Palermiti2

1 O.N.G. Médecins du Monde, MHPSS Manager Calabria

2 Università della Calabria, Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione (LISE)

Introduzione: La narrazione, come strumento che consente di inter-scambiare simbologie e rappresentazioni, appare particolarmente utile per chi è costretto ad affrontare situazioni traumatiche e destabilizzanti: rinarrandosi, si ha la possibilità di vedere con nuovi occhi dolorose parti di sé e della propria esperienza per modificarle, acquisendo al contempo nuove capacità e imparando a gestire maggiormente le proprie emozioni e le situazioni difficili. La Terapia Narrativa e la Teatroterapia hanno come obiettivo principale quello di distinguere nettamente la persona e le sue risorse dalle difficoltà esperite, permettendo all’individuo di “esternalizzare” i propri problemi. Ciò avviene mediante il potenziamento delle capacità individuali e l’aumento del senso di autoefficacia personale. Le azioni narrative e teatrali si configurano, pertanto, come proposte fondamentali nel processo di accompagnamento dei Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA) verso la realizzazione del proprio progetto migratorio. Esse permettono sia di riscoprire, valorizzare e ridare senso alla propria cultura di origine sia di ridurre lo stress acculturativo, favorendo l’incontro con il contesto ospitante.

Metodo: È stato sviluppato un percorso di nove incontri con gruppi di circa 10 MSNA in tre diversi centri di accoglienza in Calabria. Il percorso prevedeva quattro fasi: fondazione del gruppo; rielaborazione del processo migratorio; ricontatto con parti profonde di sé; costruzione critica dell’idea di sé stessi e del progetto futuro. Alla fine dell’ultimo incontro è stato somministrato il Questionnaire for the evaluation of therapeutic activities, che si compone di 12 item su scala Likert a 5 punti e indaga l’influenza del percorso terapeutico sui contenuti identitari e il processo migratorio. A inizio e fine di ogni incontro, inoltre, è stato compilato il Questionnaire for psychosocial well-being, composto da 4 item su una scala Likert a 5 punti e una domanda a risposta multipla, che misura la percezione del benessere. Entrambi gli strumenti sono stati elaborati dall’équipe psicosociale di Médecins du Monde. Le analisi sono state condotte attraverso il test del chi-quadrato.

Risultati: L’82% dei partecipanti ha completato tutto il percorso. Il 72% (p <.05) ha avuto una percezione più positiva del proprio stato di benessere al termine dei singoli incontri, soprattutto in termini di riduzione delle tensioni fra ragazzi di diverse nazionalità e di espressione delle emozioni. Alla fine del percorso, il 52% (p <.05) ha riferito di conoscere maggiormente la propria cultura di origine e il 65% (p <.05) sentiva di aver acquisito maggiori conoscenze rispetto a sé stesso e agli altri.

Conclusioni: I risultati suggeriscono l’utilità della Teatroterapia e dei Narrative Therapy Groups nel facilitare la percezione di benessere psicologico dei MSNA all’interno dei centri di accoglienza, fornendo strumenti psicologici, sociali e culturali in grado di aiutarli nel percorso di integrazione sociale.

Parole chiave:

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SIMPOSIO 6.4: Fattori cognitivi ed emotivi nell’apprendimento matematico: dai prerequisiti agli

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