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Cognizione sociale e invecchiamento Quale ruolo per la Teoria della Mente?

Proponente: F. Margoni, Università degli Studi di Trento

Discussant: D. Massaro, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano

Descrizione del Simposio:

Il simposio che intendiamo proporre verterà sul tema della relazione tra invecchiamento, teoria della mente e cognizione sociale. Denominatore comune degli interventi è dunque l’interesse per l’interazione tra teoria della mente e cognizione socio-morale nell’anziano. Il simposio prevede tre interventi ed è strutturato in modo tale da presentare all’uditorio i risultati di ricerche recenti condotte nei nostri laboratori sul ruolo che il declino della capacità di teoria della mente durante la vecchiaia ha nel determinare le differenze tra giovani e anziani nel giudizio morale e nelle relazioni sociali e, infine, sul ruolo che lo studio della teoria della mente può avere nell’intervenire, sino dalla fase iniziale, su alcune gravi patologie neurodegenerative come l’Alzheimer o il Parkinson. Con un primo intervento, Francesco Margoni (Università di Trento) illustrerà i risultati di due recenti ricerche le quali, complessivamente, mostrano che in vecchiaia il giudizio morale subisce rilevanti cambiamenti, e questi possono essere in parte spiegati dall’evoluzione delle abilità di teoria della mente. Gli anziani, rispetto ai giovani, nel giudicare la scorrettezza morale di un’azione, focalizzano la loro attenzione per lo più sulle conseguenze negative dell’azione, invece che sulla qualità delle intenzioni di chi agisce. Le differenze individuali nel considerare le intenzioni morali sarebbero poi predette dalle differenze individuali nei compiti di teoria della mente. Un secondo intervento, tenuto da Irene Ceccato (Università degli Studi di Pavia), illustrerà alcuni dati in grado di fare maggiore chiarezza sulla relazione tra abilità di teoria della mente e relazioni sociali nell’anziano. Gli studi condotti mostrano una relazione significativa tra uso spontaneo della teoria della mente e quantità o qualità delle relazioni d’amicizia. Inoltre, nello studio della vita sociale in vecchiaia, è fondamentale considerare la motivazione sociale nell’anziano per comprendere la relazione tra teoria della mente e relazioni amicali. Chiuderà il simposio Ilaria Castelli (Università degli Studi di Bergamo, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), presentando i risultati di due indagini sulla teoria della mente, sia cognitiva sia affettiva, in gruppi di soggetti con deterioramento cognitivo ad alto rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer o in fase iniziale di malattia di Parkinson. Complessivamente, gli studi suggeriscono l’importanza di misurare le abilità di teoria della mente in questi gruppi per individuare differenze individuali eventualmente utili al trattamento e l’importanza di intervenire sulle abilità di teoria della mente dell’anziano in maniera precoce, già nelle fasi pre-cliniche.

97 SIMPOSIO 3.5 - Prima comunicazione:

IL GIUDIZIO MORALE NELL’ANZIANO

Francesco Margoni1, Janet Geipel2, Constantinos Hadjichristidis1,3, Luca Surian1 1 Università degli Studi di Trento, Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive. 2 The University of Chicago, Department of Psychology.

3 Università degli Studi di Trento, Dipartimento di Economia e Management.

Introduzione: La teoria della mente è un’abilità centrale per lo sviluppo di un giudizio morale maturo, caratterizzato da un esame delle intenzioni di chi agisce (X è cattivo perché malintenzionato) piuttosto che delle conseguenze dell’azione (X è cattivo perché provoca un danno). Poiché la teoria della mente subisce un declino con l’invecchiamento, in un primo studio ci siamo chiesti se, nel formare un giudizio morale, l’anziano, rispetto all’adulto più giovane, pesi più le conseguenze dell’azione e meno le intenzioni di chi agisce, e se questa differenza sia spiegabile dal declino nella teoria delle mente. Un secondo studio ha poi indagato se la propensione dell’anziano a condannare azioni anche solo accidentalmente dannose dipenda da una sua inferenza “se l’azione è dannosa, chi la compie è negligente”.

Metodo: Studio1: 30 giovani adulti (21-39 anni) e 30 anziani (63-90) hanno giudicato quanto moralmente cattive fossero azioni di danno accidentale (intenzione neutra, conseguenza negativa), danno tentato ma

non riuscito (intenzione negativa, conseguenza neutra), danno tentato e riuscito o neutre (intenzione e

conseguenza entrambe negative o neutre). La teoria della mente è stata valutata con il Test degli Occhi. Studio2: 41 giovani (18-36 anni) e 41 anziani (75-98) hanno giudicato la cattiveria di azioni di danno accidentale effettuate da individui descritti come negligenti o non negligenti, e quanto fosse accusabile di negligenza il responsabile del danno accidentale, in assenza di informazioni sulla sua negligenza.

Risultati: Studio1: ANOVA 2 (età: giovani, anziani) × 2 (intenzione: negativa, neutra) × 2 (conseguenza: negativa, neutra) dei giudizi morali e analisi di confronto tra gruppi mostrano che gli anziani pesano più le conseguenze e meno le intenzioni rispetto ai giovani. Così facendo, condannano il danno accidentale. La relazione tra età e giudizio è mediata dalla teoria della mente: migliori capacità di teoria della mente permettono di pesare le intenzioni nel giudizio morale. Studio2: ANOVA 2 (età) × 2 (negligenza: presente, assente) dei giudizi morali e analisi di confronto tra gruppi mostrano che i giovani condannano solo chi è negligente, e gli anziani anche chi è descritto come non negligente. Gli anziani, però, rispetto ai giovani, attribuiscono più negligenza a chi danneggia senza volerlo. Questa attribuzione media la relazione tra età e giudizio morale: l’anziano condanna anche individui non negligenti perché sovra-attribuisce negligenza. Conclusioni: L’anziano tende a giudicare sulla base delle conseguenze. Il focus sulle conseguenze si accompagna a una sovra-attribuzione di negligenza, e così alla condanna morale. Questa risposta è in parte dovuta al declino nella teoria della mente, abilità centrale che permette l’analisi degli aspetti mentalistici coinvolti nella situazione connotata moralmente. Questi risultati contribuiscono a completare la descrizione dello sviluppo del giudizio morale, che oggi può contare solamente su un esiguo numero di studi dedicati all’anziano.

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98 SIMPOSIO 3.5 - Seconda comunicazione:

LA TEORIA DELLA MENTE IN CONDIZIONI PRE-CLINICHE NELL’INVECCHIAMENTO: QUALE POSSIBILE EVOLUZIONE?

Ilaria Castelli1,2, Federica Rossetto2,3, Francesca Baglio3, Davide Massaro2, Margherita Alberoni3,

Raffaello Nemni2,3, Simone Shamay-Tsoory4, Antonella Marchetti2

1 Università degli Studi di Bergamo, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali

2 Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Dipartimento di Psicologia, Unità di Ricerca sulla

Teoria della Mente

3 IRCCS, Fondazione don Carlo Gnocchi ONLUS, Milano 4 University of Haifa (IL), Department of Psychology

Introduzione: La Teoria della Mente (ToM) è un costrutto multidimensionale che coinvolge componenti cognitive e affettive, che possono essere selettivamente compromesse in patologie neurodegenerative legate all’invecchiamento (Kemp et al., 2012). Scopo di questo lavoro è indagare l’evoluzione della ToM cognitiva e affettiva in due gruppi clinici con specifici profili neuropsicologici: un gruppo di soggetti con Mild Cognitive Impairment di tipo amnestico (aMCI), condizione pre-clinica caratterizzata da deterioramento cognitivo ad alto rischio di evoluzione verso la malattia di Alzheimer, e un gruppo di soggetti in fase iniziale di Parkinson’s Disease (PD), malattia neurodegenerativa principalmente caratterizzata da sintomi motori. Entrambi i gruppi sono confrontati con un gruppo di controllo di soggetti anziani sani.

Metodo: A 16 pazienti con aMCI (gruppo aMCI), 14 pazienti con Parkinson’s Disease (gruppo PD) e 18 soggetti di controllo (gruppo CTR) sono stati somministrati i seguenti compiti: lo Yoni Task (Shamay- Tsoory, Aharon-Peretz, 2007 – appositamente tradotto e adattato per la somministrazione nel contesto italiano) per valutare le componenti ToM cognitive e affettive di 1° e 2° ordine; un batteria di classici compiti ToM carta-matita (Castelli et al., 2010) dai livelli più semplici (falsa credenza di 1° e 2° ordine) a quelli più complessi (Strane Storie e Test degli Occhi); una valutazione neuropsicologica standard. Risultati: I risultati mostrano un decadimento della ToM nel gruppo aMCI, non solo in classici compiti ToM complessi come il Test degli Occhi e le Strane Storie, ma anche nello Yoni Task. Nello specifico, gli aMCI riportano un peggioramento nella componente cognitiva di primo ordine rispetto a PD e CTR (MCI <PD = CTR, p <.05) e nelle componenti cognitive e affettive di secondo ordine rispetto ai CTR (MCI <CTR, p <.05). Inoltre, lo Yoni Task rileva un declino precoce della ToM anche nel gruppo PD, che si colloca tra CTR e MCI (MCI <PD <CTR, p <.05), pur non essendo ancora caratterizzato da demenza.

Conclusioni: L’aMCI si attesta come condizione pre-clinica interessata da un iniziale decadimento della ToM in assenza di demenza. In particolare, lo Yoni task sembra rivelarsi uno strumento sensibile per individuare i differenti pattern di deterioramento della ToM cognitiva vs. affettiva a diversi livelli di complessità (1° e 2° ordine) fin dalla fase iniziale di patologie neurodegenerative quali l’aMCI e il PD. I risultati possono comportare importanti implicazioni sul piano dell’intervento precoce, per supportare la ToM durante l’invecchiamento fin dalla fase pre-clinica.

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99 SIMPOSIO 3.5 - Terza comunicazione:

RELAZIONI SOCIALI NELL’ANZIANO: IL RUOLO DELLA TEORIA DELLA MENTE Irene Ceccato, Elena Cavallini, Serena Lecce

Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento Introduzione: Numerosi studi in ambito evolutivo hanno dimostrato l’importanza delle abilità di teoria della mente (ToM) per il successo relazionale del bambino. Pochi lavori però hanno indagato se e come l’abilità di ToM sia associata alle relazioni sociali dell’anziano, mostrando risultati contradditori. Al fine di indagare questo aspetto presentiamo due studi in cui abbiamo analizzato: a) l’influenza della motivazione sociale nell’associazione ToM – relazioni sociali; b) la differenza tra abilità di ToM vs. uso spontaneo di tale abilità nel predire le relazioni sociali.

Metodo: Nel primo studio 53 anziani tra i 60 e gli 85 anni hanno completato prove cognitive (vocabolario e fluenza verbale) e di ToM (Strange Stories) e risposto a questionari sulle relazioni (Lubben social network scale) e la motivazione sociale (sensibilità sociale dal Social Skill Inventory). Sono state condotte analisi correlazionali e di moderazione.

Al secondo studio hanno partecipato 72 anziani tra i 60 e i 79 anni che hanno completato una prova di abilità di ToM (Faux Pas) ed una prova che indaga l’uso spontaneo della ToM, attraverso l’analisi del lessico psicologico (Describe-a-friend). Le relazioni sociali sono state misurate la scala Lubben. Come variabili di controllo, oltre a vocabolario e fluenza verbale, si sono valutate anche la memoria a breve termine e di lavoro (digit span test, sia forward che backward). Sono state condotte analisi di correlazione e regressioni gerarchiche lineari.

Risultati: Il primo studio ha mostrato che la motivazione sociale modera l’associazione tra ToM e relazioni sociali. Così che la ToM predice la qualità e quantità delle amicizie solo in chi ha un livello medio (b = .27, p = .049) o alto (b = .58, p = .005) di motivazione sociale. Contrariamente alle ipotesi, non sono emersi legami tra la ToM e le relazioni con i familiari.

Dal secondo studio è emerso che l’utilizzo spontaneo della ToM -e non il livello di abilità di ToM- è associato alle relazioni amicali, Spearman’s r(70) = .33, p = .005. Di nuovo, non si sono riscontrate associazioni tra relazioni familiari e ToM. Le analisi di regressione indicano che l’uso spontaneo della ToM è un predittore significativo delle amicizie, al netto degli effetti del funzionamento cognitivo generale, β = .32, p = .005, ΔR2 = .09.

Conclusioni: I risultati mostrano che anche per gli anziani le differenze individuali nella ToM hanno effetti sulla vita relazionale, in linea con la letteratura evolutiva. Tali associazioni sembrano essere specifiche, piuttosto che generali, in quanto sembrano variare in base al livello di motivazione sociale e alla tipologia di relazione sociale considerata. Complessivamente, i due studi supportano l’idea che la ToM sia uno strumento sociale necessario ma non sufficiente per il successo relazionale. Studi futuri dovrebbero orientarsi verso la misurazione dell’uso effettivo della ToM nella quotidianità, valutando anche gli aspetti motivazionali.

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SIMPOSIO 3.6: Connessione per ossessione: indici di disagio e/o rivoluzione culturale nel mondo

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