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Correlati individuali, familiari e scolastici dei comportamenti di rischio in

Proponente: L. Barone, Università di Pavia

Discussant: D. Bacchini, Università Federico II di Napoli

Descrizione del simposio.

Lo studio dei fattori e dei comportamenti di rischio in adolescenza costituisce un ambito di ricerca di crescente interesse e rappresenta un’occasione per la psicologia dello sviluppo e dell’educazione per contribuire in maniera attiva alla ricerca traslazionale.

Il dibattito scientifico nell’ultimo decennio ha identificato diversi fattori che contribuiscono ad alimentare lo sviluppo e il consolidamento dei fattori di rischio che possono esitare in comportamenti problematici, aggressivi e di prepotenza agita o subita, nonché in condotte devianti o nella deriva del comportamento delinquenziale. I fattori di maggiore rilevanza pertengono a tre grandi aree o contesti di crescita: la famiglia, la scuola e l’interazione tra pari.

Il simposio che proponiamo vuole presentare e porre alla discussione condivisa il lavoro di ricerca di alcuni gruppi italiani che, con “anzianità” diverse, si occupano attivamente di queste tematiche, contribuendo all’elaborazione di interventi di natura preventiva e al valore aggiunto per la ricerca che oggi è rappresentato dall’attenzione per la portata applicativa delle indagini promosse.

Il primo lavoro di Giulia Perasso e Lavinia Barone analizza alcuni correlati familiari legati al potenziale uso di alcol tra gli adolescenti, elaborando un database ampio del protocollo Health Behaviour in School Aged Children del 2014 (PI Professor F. Cavallo), incluso nel “Sistema di indagini sui rischi comportamentali in età 6-17 anni”, promosso dal Ministero della Salute (capitolo 4393/2005-CCM) e dall’Organizzazione Mondiale della Salute.

Il secondo lavoro di Ada Rikani e Yagmur Ozturk presenta l’analisi dei correlati dei problemi emotivo- comportamentali in pre-adolescenza, prendendo in considerazione, nello specifico, il ruolo del monitoraggio genitoriale, dell’attaccamento e del genere.

Il terzo lavoro di Mirella Dragone, Grazia De Angelis, Concetta Esposito, Maria Miranda e Dario Bacchini affronta il tema delle bande giovanili collegandolo alla comprensione di alcuni correlati familiari e alle cognizioni morali associati a diversi indici di comportamenti di rischio nell’ambito dei comportamenti trasgressivi e delinquenziali

Il quarto lavoro di Valentina Zambuto, Mariagrazia Righi ed Ersilia Menesini analizza il tema dei possibili fattori di protezione presenti nel contesto scolastico rispetto al burnout associato all’esperienza di essere vittime di bullismo..

Chiude il simposio il contributo di Yagmur Ozturk, Elisa Cironi, Annarita Milone, Lisa Polidori, Laura

Ruglioni, Annarita Milone, Marlene Moretti e Lavinia Barone, con la presentazione di uno studio multicentrico sull’applicazione di un intervento specificamente disegnato per genitori di adolescenti al fine di ridurre il rischio dell’alimentazione e consolidamento di problematiche comportamentali nei ragazzi.

Parole chiave:

39 SIMPOSIO 2.1 - Prima comunicazione:

GENERE, CONTROLLO GENITORIALE E CONSUMO DI ALCOL IN ADOLESCENZA Giulia Perasso, Lavinia Barone, Gruppo Regionale HBSC Lombardia 2014

Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento Introduzione: Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute, il consumo di alcol minaccia gravemente la salute psico-fisica degli adolescenti. La ricerca dimostra che il controllo genitoriale, definito come il grado di informazione sui comportamenti dei figli lontano da casa (frequentazioni, attività e gestione del denaro), e la partecipazione assidua alle cene in famiglia, costituiscono fattori di protezione rispetto all’abuso di sostanze. La letteratura evidenzia, inoltre, una differenza di genere secondo cui un maggiore controllo genitoriale è esercitato sulle femmine rispetto ai maschi. L’obiettivo del presente studio è analizzare la relazione tra genere e consumo di alcol, ipotizzando che il controllo genitoriale e la partecipazione assidua alle cene in famiglia ne riducano il consumo.

Metodo: 906 adolescenti (49% maschi, età Metà =16.02 anni, DS=2.4) hanno completato misure self- report su controllo genitoriale percepito, frequenza di alcol consumato negli ultimi trenta giorni, e frequenza dell’occorrenza di cene in famiglia. Lo studio fa parte del protocollo Health Behaviour in School Aged Children del 2014 (PI Professor F. Cavallo), incluso nel “Sistema di indagini sui rischi comportamentali in età 6-17 anni”, promosso dal Ministero della Salute (capitolo 4393/2005-CCM) e dall’Organizzazione Mondiale della Salute. I dati del presente studio sono relativi alla regione Lombardia.

Sono state analisi di mediazione semplice, mediazione moderata e t-test.

Risultati: Nelle analisi di mediazione semplice, il genere si associa significativamente al consumo di alcol (β=-.047, t(874)=-3.00, p<.05; β =-.06, t(847)=-3.93, p<.001), presentando i maschi un consumo più frequente (t(893)=3.4, p<.01). Il genere inoltre si associa al controllo genitoriale materno (β =.017, t(875)=2.68, p<.05) e paterno (β =-.030, t(848)=-2.69, p<.05), laddove le femmine risultano più controllate dalle madri (t(872)=-3.01, p<.01) e i maschi dai padri (t(859)=2.4, p<.05). Il controllo materno (β=-.45, t(874)=-5.71, p<.001) e paterno (β =-.23, t(847)=-4.81, p<.001) costituiscono mediatori significativi tra genere e consumo di alcol. Nonostante emergano differenze di genere tendenti alla significatività nella partecipazione alle cene in famiglia (t(806)=1.96, p=.05), essa non influenza in modo significativo l’associazione tra controllo genitoriale e consumo di alcol nelle analisi di mediazione moderata.

Conclusioni: Dai dati relativi alla regione Lombardia, emergono differenze di genere nel consumo di alcol, nella partecipazione alle cene in famiglia e nel controllo genitoriale. Il controllo genitoriale influenza la relazione tra genere e consumo di alcol, mentre non si rilevano effetti relativi alla partecipazione a cene in famiglia. Tale risultato suggerisce l’importanza di potenziare qualitativamente, e non solo quantitativamente, le relazioni tra genitori e figli.

40 SIMPOSIO 2.1- Seconda comunicazione:

L’ASSOCIAZIONE TRA MONITORAGGIO GENITORIALE E PROBLEMATICHE EMOTIVO- COMPORTAMENTALI IN PREADOLESCENZA

Ada Rikani

Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento Introduzione: La preadolescenza è un periodo sensibile per insorgenza di problematiche emotivo - comportamentali. La letteratura evidenzia un legame tra il monitoraggio genitoriale, in termini di comunicazione spontanea dei figli, e i problemi comportamentali. Nello specifico, l’insorgenza di questi ultimi è associata in letteratura al genere, con le femmine più propense a sviluppare problemi di tipo internalizzante e i maschi di tipo esternalizzante. Infine, diversi studi sostengono un potenziale ruolo svolto dall’attaccamento insicuro ansioso ed evitante rispettivamente in relazione alle problematiche internalizzanti ed esternalizzanti.

Obiettivo dello studio è esplorare le problematiche emotivo-comportamentali dei preadolescenti indagando il ruolo del monitoraggio, in qualità di comunicazione spontanea, dell’attaccamento insicuro e del genere.

Lo studio ipotizza che:

1) La comunicazione spontanea dei figli potrebbe influenzare le problematiche internalizzanti solo in preadolescenti femmine con attaccamento ansioso;

2) La comunicazione spontanea dei figli potrebbe influenzare le problematiche esternalizzanti solo in preadolescenti maschi con attaccamento evitante.

Metodo:Campione 325 ss tra i 12 e i 16 anni (M = 13,2 SD = 0.5), 44% femmine e 56% maschi reclutati presso le classi terze delle scuole secondarie di primo grado.

Strumenti: Youth Self Report 11-18 (YSR); Parental Behavioral Control Scale, Adolescent-Parent

Attachment Inventory (APAI).

Al fine di indagare le associazioni tra le variabili in oggetto è stata dapprima analizzata la tabella generale delle correlazioni e successivamente condotti modelli di regressione con analisi di moderazione (PROCESS).

Risultati: I risultati confermano le ipotesi: 1) le preadolescenti femmine che comunicano spontaneamente ai genitori degli amici o delle attività che svolgono, sperimentano meno problematiche internalizzanti (β = -3.99, t = -4.29, p =.001), indipendentemente dall’attaccamento; 2) i preadolescenti con un livello di attaccamento evitante basso o medio e che comunicano spontaneamente ai genitori degli amici o delle attività che svolgono, sperimentano meno problematiche esternalizzanti (β = 1.12, t = 2.35, p ˂.01).

Conclusioni: I risultati evidenziano come la comunicazione spontanea da parte dei preadolescenti costituisca un fattore di protezione rispetto alle problematiche emotivo-comportamentali. Inoltre, in linea con la letteratura precedente, il genere e l’attaccamento si confermano fattori significativi in grado di moderare questa associazione.

41 SIMPOSIO 2.1 - Terza comunicazione:

APPARTENERE AD UNA GANG. CORRELATI FAMILIARI E COGNIZIONI MORALI IN ADOLESCENTI A SCUOLA E IN ISTITUTI DI PENA

Mirella Dragone1, Grazia De Angelis2, Concetta Esposito1, Maria Miranda2, Dario Bacchini1 1 Università degli Studi di Napoli Federico II, Dipartimento di Studi Umanistici

2 Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, Dipartimento di Psicologia

Introduzione: Le bande giovanili (“youth gang”), definite “gruppi stabili di adolescenti il cui coinvolgimento in attività illegali fa parte della loro identità di gruppo” (Weerman et al., 2009), hanno suscitato in tempi recenti un serio allarme sociale nel nostro paese.

Secondo l’Interactional Theory (Thornberry & Krohn, 2001), l’appartenenza ad una gang è promossa sia da fattori individuali sia socio-ambientali. Vari studi hanno approfondito il ruolo di variabili personali (Esbensen & Weerman, 2005), familiari (Thornberry et al., 2003) e contestuali (Dupéré et al., 2007). Poco indagato è stato il ruolo delle cognizioni morali. Solo due studi hanno messo in evidenza come i soggetti affiliati ad una gang presentino più elevati livelli di disimpegno morale (Alleyne & Wood, 2010; Esbensen & Weerman, 2005); nessuno studio sistematico è stato condotto nel contesto italiano.

L’obiettivo del presente studio è confrontare le cognizioni morali, il clima familiare e l’antisocialità in soggetti appartenenti vs. non appartenenti ad una gang in due campioni di adolescenti, uno costituito da soggetti reclutati nel contesto scolastico e uno costituito da soggetti autori di reato.

Metodo: Lo studio ha coinvolto 203 adolescenti maschi di cui, 159 studenti di scuola superiore (Metà=15.81; DS=1.18) e 44 detenuti (Metà=18.41; DS=1.78) presso gli IPM di Airola e Nisida a cui sono

stati somministrati: i) il questionario “How I Think” (HIT-Q, Barriga et al., 2001) allo scopo di indagare il ricorso a distorsioni cognitive self-serving (DC): Self-Centered (SC), Blaming Others (BO), Minimizing/Mislabeling (MM), e Assuming the Worst (AW); ii) il “Parental Acceptance–Rejection Questionnaire” (PARQ, Rohner, 1991) per valutare la percezione di accettazione-rifiuto genitoriale; iii) lo “Youth Self Report” (YSR, Achenbach, 2001) e una scala ad hoc (Bacchini et al., 2011) per la misura del comportamento delinquenziale e trasgressivo, rispettivamente; iv) il questionario di Pyrooz e Sweeten (2012) per valutare il livello di integrazione nella gang.

Risultati: T-test per campioni indipendenti hanno evidenziato, nei campioni normativo e degli autori di reato, che gli appartenenti alle gang presentano più elevati livelli in tutte le tipologie di DC (SC: t=5.958*** e 3.201*; BO: t=5.108*** e 2.573*; MM: t=5.214*** e 2.947*; AW: t=5.787*** e 2.848*), di comportamento trasgressivo nel campione normativo (t=3.216*) e delinquenziale nel campione degli autori di reato (t=3.050*). Non sono emerse differenze significative tra i gruppi nei livelli di calore e rifiuto, materno e paterno.

Conclusioni: Questi risultati confermano che il ricorso alle DC, insieme ai livelli di trasgressione e di delinquenza, costituisce una caratteristica peculiare dei giovani appartenenti alle gang, suggerendo come alla base del coinvolgimento in youth gang vi sia una peculiarità di processi cognitivo-morali la cui correzione potrebbe costituire il target di programmi di intervento mirati a ridurre tale fenomeno.

42 SIMPOSIO 2.1 - Quarta comunicazione:

VITTIMIZZAZIONE E BURNOUT SCOLASTICO: IL RUOLO DELLA PERCEZIONE DI SUPPORTO DA PARTE DELLA SCUOLA

Valentina Zambuto, Mariagrazia Righi, Ersilia Menesini

Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia

Introduzione: Il contesto scolastico può spesso essere fonte di notevole stress per i ragazzi, tanto da dar luogo, talvolta, al cosiddetto school-burnout, caratterizzato da senso di esaurimento, sopraffazione e inadeguatezza nei confronti della scuola (Kiuru, Aunola, Nurmi, Leskinen & Salmela-Aro, 2008). Tra i fattori che possono concorrere nel rendere la scuola un ambiente stressante e demotivante, possiamo trovare le esperienze di vittimizzazione da parte dei pari (Juvonen, Nishina & Graham, 2000).

L'obiettivo del presente studio è indagare l'associazione tra l'incidenza dei fenomeni di vittimizzazione, la percezione del supporto a scuola e l'emergere dei sentimenti di school-burnout tra gli studenti, analizzando effetti singoli e di interazione tra fattori.

Metodo: Nell’a.s.2016/2017, 517 studenti di 8 Scuole Secondarie di 1° (N=316; età media=12 anni, ds=.62; F=49%) e 2° grado (N=201; età media=14 anni, ds=.84; F=24%), hanno partecipato a due raccolte dati all’inizio e alla fine dell’anno scolastico. Il burnout è stato misurato tramite l’adattamento italiano dello “School Burnout Inventory” (Fiorilli, Galimberti, De Stasio, Di Chiacchio, & Albanese, 2014; Salmela-Aro, Kiuru, Leskinen, & Nurmi, 2009); i dati sulla vittimizzazione tramite le “Florence Bullying-Victimization Scales” (Palladino, Nocentini, Menesini, 2016), e la percezione del supporto da parte della scuola in caso di bullismo è stata misurata tramite una sottoscala del “What’s Happening In This School? (WHITS) questionnaire” (Aldridge & Ala’I, 2013).

Per ciascun livello di scuola è stata fatta un’analisi di regressione per testare se, al netto del burnout scolastico iniziale, i livelli di burnout alla fine dell’anno fossero predetti dalla vittimizzazione e dalla possibilità di trovare nella scuola un punto di riferimento per richieste di supporto. Oltre agli effetti principali, è stato analizzato il valore predittivo dell’interazione tra le due variabili prese in esame. Risultati: Dai risultati non emergono effetti significativi, ad eccezione del burnout al tempo 1 sul burnout al tempo 2 per gli studenti delle secondarie di secondo grado. Invece, per quelli delle secondarie di primo grado il modello risulta significativo e spiega nel complesso il 29% della varianza (F(4, 194)=20.76; p<.001).

Nello specifico, i livelli di burnout finali sono predetti dalla vittimizzazione (B=.; p=.015) e dall’interazione tra i due predittori (B=-1.5; p=.049): ad alti livelli di vittimizzazione, infatti, la possibilità di richiedere supporto a scuola predice minori livelli di burnout alla fine dell’anno (B=-.35;

p=.02).

Conclusioni: Per i ragazzi delle secondarie di primo grado, una scuola attenta e responsiva alle richieste di aiuto dei propri studenti vittime di bullismo può configurarsi quale fattore protettivo anche rispetto ai sentimenti di school-burnout. I risultati saranno discussi soprattutto in chiave operativa a livello di azioni che la scuola dovrebbe mettere in atto per contrastare il burnout.

43 SIMPOSIO 2.1 – Quinta comunicazione:

UNO STUDIO RCT DI IMPLEMENTAZIONE DI UN INTERVENTO PER GENITORI DI ADOLESCENTI – IL CONNECT PARENT GROUP

Yagmur Ozturk1, Elisa Cironi1, Annarita Milone2, Lisa Polidori2, Laura Ruglioni2, Marlene Moretti3,

Lavinia Barone1

1Università degli Studi di Pavia, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento 2 IRCCS Stella Maris, Pisa

3 Simon Fraser University, Department of Psychology, Vancouver (CA)

Introduzione: Negli ultimi anni l’interesse verso l’implementazione di interventi evidence-based rivolti a genitori di adolescenti e basati su precise variabili target è non solo cresciuto, ma si è anche indirizzato ad essere utilizzato come mezzo per indagare quali siano i meccanismi – o fattori di efficacia dell’intervento - che promuovono la salute mentale dei ragazzi. Connect è un programma d’intervento evidence-based, della durata di 10 settimane, rivolto a gruppi di genitori di adolescenti che si focalizza su meccanismi- chiave dell’attaccamento – come la riflessività, l’empatia, la base sicura - per promuovere il benessere e ridurre i fattori di rischio in adolescenza. Le evidenze sull’applicazione di Connect, ad oggi, sottolineano la riduzione delle problematiche emotivo-comportamentali nei ragazzi e l’aumento della soddisfazione genitoriale.

Obiettivo dello studio è utilizzare l’implementazione di Connect tramite un disegno RCT che consente di manipolare la variabile intervento, per analizzare all’interno di un disegno sperimentale se e cosa promuova il benessere in adolescenza riducendo i fattori di rischio considerati target dell’intervento (ossia le problematiche emotivo-comportamentali).

Metodo: 43 genitori (30 madri e 13 padri; Metà = 50.02; DS = 5.4) di 34 adolescenti di età compresa fra i 12 e i 18 anni (62% maschi; Metà = 14.81; DS = 1.4), assegnati in modo casuale al gruppo di intervento e al gruppo di controllo (lista di attesa). A tutti i soggetti è stato somministrato (pre e post-intervento) il questionario Strengths and Difficulties Questionnaires (SDQ) e, soltanto ai genitori, anche il questionario Parenting Sense of Competence (PSOC). Sono state condotte analisi della covarianza per testare gli effetti dell’intervento sulle variabili in oggetto, controllando l’effetto dei centri clinici e di ricerca coinvolti (Pisa o Pavia).

Risultati: I risultati indicano una buona efficacia di Connect nel promuovere il benessere in adolescenza, evidenziando una significativa riduzione, nel gruppo che ha partecipato all’intervento, di problemi emotivo-comportamentali nei ragazzi (F(1, 40) = 4.14, p = .04, partial η2 = .09). Si evidenzia inoltre una

tendenza secondo cui la soddisfazione genitoriale aumenta durante le 10 settimane dell’intervento per entrambi i gruppi (F(1, 37) = 4.13, p = .05, partial η2 = .10).

Conclusioni: Lo studio RCT da noi condotto indica l’utilità di utilizzare un intervento evidence-based per analizzare in modo controllato i fattori alla base della promozione del benessere in adolescenza e della riduzione dei fattori di rischio.

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