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L’esperienza della malattia nella prospettiva del ciclo di vita

Proponenti: E. Calandri, S. Bonino, Università degli Studi di Torino

Discussant: E. Cattelino, Università della Valle d’Aosta

Descrizione del simposio.

La condizione di malattia rappresenta una transizione non normativa nel ciclo di vita individuale, soprattutto quando si presenta nell’infanzia, nell’adolescenza o nella giovane età adulta. La malattia si configura, in particolare, come una frattura biografica che rende necessario un processo di adattamento, inteso come la ricerca attiva di un nuovo equilibrio, dove l’esperienza di malattia possa essere ricondotta all’interno della traiettoria di sviluppo individuale. La necessità di adattarsi alla malattia si pone sia nei casi di patologie acute, solitamente delimitate nel tempo e seguite da una guarigione, se pure con tempi lunghi, sia soprattutto nel caso di malattie croniche, che sono per definizione non guaribili e tendono a peggiorare nel tempo. L’adattamento non è dato una volta per tutte, ma va continuamente costruito, attivando sia le risorse personali, sia facendo affidamento sulle risorse offerte dai contesti di vita (famiglia, amici, operatori socio-sanitari). Ridefinire gli obiettivi di vita con la malattia e integrare la malattia nell’identità individuale rappresentano processi centrali in grado di favorire il benessere psicologico. All’interno di tale cornice si collocano i cinque contributi del presente simposio, che presentano esperienze di malattia di tipo diverso e vissute in diversi momenti del ciclo di vita.

Il primo contributo riguarda i bambini che sono guariti da un tumore contratto nei primi anni di vita ed esamina sia alcuni aspetti dell’adattamento psicosociale e del benessere psicologico dei bambini, sia lo stress e le strategie di coping messe in atto dai rispettivi genitori.

Il secondo contributo considera il difficile compito della ridefinizione dell’identità in adolescenti sieropositivi, considerando in particolare il ruolo delle relazioni sociali quali risorse per l’integrazione della condizione del sieropositivo.

Il terzo e il quarto contributo prendono in esame alcuni aspetti psicologici legati alla sclerosi multipla. In particolare, uno studio indaga il ruolo dell’identità rispetto alla depressione e al benessere affettivo in un gruppo di donne neo diagnosticate, con particolare attenzione al ruolo svolto dall’essere madri rispetto all’adattamento alla malattia. L’altro studio approfondisce l’esperienza della famiglia nella quale ad un figlio viene diagnosticata la sclerosi multipla, considerando in particolare le difficoltà affrontante e la percezione di competenza genitoriale di padri e madri.

Il quinto contributo presenta un approccio metodologico allo studio dell’esperienza di malattia, basato sull’uso della narrazione, come strumento di ricostruzione dell’esperienza autobiografica. In particolare, vengono presentati due esempi di ricerche condotte con persone che vivono una condizione di malattia e un esempio di ricerca condotta con gli operatori sanitari.

49 SIMPOSIO 2.3 - Prima comunicazione:

GUARIRE DA TUMORE INFANTILE: PROCESSI DI SVILUPPO E FUNZIONAMENTO FAMILIARE

Giovanna Perricone, Concetta Polizzi, Sofia Burgio

Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione; Società Italiana di Psicologia Pediatrica (SIPPed)

Introduzione: Il contributo presenta uno studio pilota sulle possibili sequele psicoevolutive a lungo termine nelle condizioni di guarigione da tumore infantile; una tematica questa, di grande attualità, poichè, nonostante il tumore in età pediatrica costituisca una condizione traumatica complessa per tutto lo sviluppo, tuttavia, i progressi nei trattamenti e la crescente azione coordinata tra i centri di oncoematologia pediatrica, hanno contribuito ad un notevole incremento dei casi di guarigione. Pertanto, lo studio trae spunto dalle indicazioni della SIOP di implementare la ricerca sulla complessità psicoevolutiva di chi è guarito da tumore infantile, anche in considerazione della carenza di studi sui guariti e dei risultati spesso contraddittori.

Metodo: Obiettivi: valutare in bambini guariti da tumore infantile la configurazione di specifici processi evolutivi: sintomi depressivi e ansiosi, strategie di coping, attenzione selettiva, memoria a breve e a lungo termine; valutare i livelli di stress parentale e le strategie di coping dei genitori. Partecipanti: 15 bambini guariti da un tumore infantile (età media 8,9 anni, DS=1,8) e 15 madri. Strumenti utilizzati con i

bambini: il test TAD per ansia e depressione; la CBSS per gli stili di coping; prove della BVN 5-11 per

valutare le funzioni mnestiche e quelle attentive. Con i genitori: il COPE-NVI, per valutare le strategie di coping e il PSI, per valutare lo stress parentale.

Risultati: I risultati non evidenziano compromissioni psicoevolutive a lungo termine; infatti, i punteggi relativi a depressione (M=14), e ansia (M=21), non mostrano la presenza di livelli significativi sul piano clinico di emozioni negative, astenia, anedonia, affaticamento e autovalutazioni negative. Rispetto alle strategie di coping dei bambini predominano quelle di tipo monitoring (M=18, DS=1,9), e quindi, di fronteggiamento attivo delle criticità. Per quanto attiene alle funzioni neuropsicologiche misurate, i punteggi sono tutti tra il 90° e il 100° percentile, sia nelle funzioni mnestiche, indicando una buona capacità di ritenere e rievocare gli stimoli presentati, a breve e a lungo termine, sia nelle funzioni attentive, indicando una buona capacità di selezionare stimoli rilevanti rispetto ad altri. Per quanto attiene alle strategie di coping dei genitori, appaiono dominanti l’Attitudine Positiva (M=33, DS=9,1) e all’Orientamento al problema (M=32,2, DS=6,6).

Conclusioni: I risultati, in linea con alcuni studi del settore, evidenziano come il tumore infantile e i trattamenti subiti non sembrano indurre a lungo termine fragilità “preoccupanti” sul piano clinico relativamente a importanti processi cognitivi ed emotivi, richiedendo, tuttavia, un approfondimento su campione più ampio. Tali dati inoltre, suggeriscono una ridefinizione delle rappresentazioni sui ragazzi che hanno avuto un tumore e di un loro coinvolgimento sociale, oltre che una riflessione sul complesso rapporto tra “guarigione clinica”, e “guarigione della traiettoria evolutiva”.

50 SIMPOSIO 2.3 - Seconda comunicazione:

SIEROPOSITIVITÀ E SVILUPPO IDENTITARIO POSITIVO: UN BINOMIO POSSIBILE? I GIOVANI CI DICONO…

Angela Fedi1, Caterina Di Chio2, Katiuscia Greganti3

1 Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Psicologia 2 Libera Professionista

3 Cooperativa Labins – Laboratorio Innovazione Sociale

Introduzione: Se la domanda “Chi sono io?” è centrale in adolescenza, per i giovani sieropositivi tale domanda è una sfida ancora più impegnativa. Non è difficile intuire come questa condizione ponga una serie di difficoltà rispetto all’autodefinizione, agli aspetti relazionali e sociali, e in termini di capacità di rappresentarsi nel futuro.

Metodo: La ricerca ha coinvolto, attraverso associazioni ad hoc ed alcuni servizi ospedalieri, 5 città: Torino, Bologna, Brescia, Cagliari, Napoli.

Sono state raccolte 20 storie di vita di giovani sieropositivi (13F, 7M; età media: 21 anni). L’intervista semistrutturata ha proposto le seguenti aree tematiche: comunicazione della diagnosi, rapporto coi servizi, stigma, terapia, associazioni, affettività.

Le interviste sono state condotte da intervistatori formati, audioregistrate, trascritte fedelmente ed analizzate da tre ricercatrici. L’accordo tra giudici è stato preventivamente costruito attraverso la definizione delle categorie da utilizzare e verificato durante la fase di analisi.

Risultati: Un tema costantemente presente è quello relativo alla propria definizione identitaria. Se infatti i cambiamenti corporei, la sperimentazione di sé, l’identificazione anche attraverso esperienze affettive ed intime, la mentalizzazione del proprio sé corporeo sono tutti elementi centrali per l’evoluzione identitaria degli adolescenti, la diagnosi di sieropositività impatta su tutti questi aspetti. La caratterizzazione di Sé come giovane sieropositivo pone una serie di difficoltà rispetto all’autodefinizione (ad es. giovane e malato cronico), agli aspetti sociali e relazionali (es. lo stigma, la famiglia che da luogo di sostegno si straforma spesso in intreccio di segreti reciproci che alimentano il falso Sé, l’amplificazione della ansie legate alle prime relazioni intime, le ambivalenze tra volersi mostrare per ciò che si è e la paura di non essere accettati dai pari) ed alla capacità di rappresentarsi nel futuro (es. paura di morire, o di vivere fortemente menomati –fisicamente e socialmente - dalla sieropositività). Le appartenenze sociali scelte dai ragazzi (il servizio, il gruppo, l’associazione di volontariato) possono giocare un ruolo fondamentale nel percorso di autodefinizione diventando strumenti efficaci nell’accompagnamento di senso e nell’individuazione di strategie di coping, ambiti protettivi ma non etichettanti, promotori di sviluppo personale e sociale.

Conclusioni: La sieropositività ha impatti significativi, a livello fisico, psicologico, relazionale e sociale. È una condizione che coinvolge il contesto di appartenenza ed il sistema curante. Il suo carattere cronico, inoltre, comporta una profonda revisione di sé, del proprio ruolo, dei propri tempi ed azioni quotidiane, che possono integrare le terapie e le visite in modo armonico col proprio sviluppo “al di là” della malattia, ma senza negarla. Questo processo di armonizzazione può essere efficacemente sostenuto da dispositivi sociali e relazionali che aiutino l’integrazione della condizione di sieropositivo.

51 SIMPOSIO 2.3 - Terza comunicazione:

BENESSERE AFFETTIVO E DEPRESSIONE IN DONNE CON SCLEROSI MULTIPLA: IL RUOLO DELLA SODDISFAZIONE IDENTITARIA E DELLA MATERNITÀ

Federica Graziano1,2, Emanuela Calandri1, Martina Borghi2,3, Silvia Bonino1 1 Università di Torino, Dipartimento di Psicologia

2 Fondazione Cosso, Pinerolo (TO)

3 Ospedale San Luigi Gonzaga, Orbassano (TO)

Introduzione: La sclerosi multipla (SM) colpisce in misura maggiore le donne e viene di solito diagnosticata tra i 20 e i 40 anni, un’età in cui molte di loro sono impegnate nei compiti di cura dei figli. La diagnosi rappresenta un momento di discontinuità nel ciclo di vita che rende necessario ridefinire la propria identità. Il ruolo genitoriale può rappresentare un ulteriore carico fisico e psicologico per l’adattamento alla SM. Gli studi sul ruolo dell’identità rispetto alla depressione e al benessere sono pochi, mentre non ci sono studi sulla conciliazione tra compiti genitoriali delle donne e gestione della malattia. Lo studio ha i seguenti obiettivi: 1) descrivere i livelli di depressione, benessere affettivo e soddisfazione identitaria in un gruppo di donne con neodiagnosi di SM, esaminando le differenze legate all’età, all’essere madri e alla durata di malattia; 2) indagare il ruolo della soddisfazione identitaria rispetto alla depressione e al benessere affettivo, esaminando il possibile ruolo di moderazione legato all’essere madri. Metodo: Lo studio ha coinvolto 74 donne fra 19 e 57 anni (M=37.7; ds=10.7), la maggior parte con disabilità lieve; 32 hanno figli di età compresa fra i 2 e i 29 anni. Le partecipanti hanno compilato un questionario self-report con misure di depressione (CESD-10), benessere affettivo (PANAS) e soddisfazione identitaria (Manzi et al., 2010).

Sono state condotte delle analisi della varianza fattoriale per ciascuna variabile dello studio, considerando l’età (≤ 40 anni e > 40 anni), l’essere madri e la durata di malattia (uno, due e tre anni dalla diagnosi). Sono state condotte delle analisi di regressione gerarchica per i due esiti considerati (depressione e benessere), inserendo nel primo step come variabili di controllo l’età, l’essere madri e la durata di malattia, nel secondo la soddisfazione identitaria e nel terzo l’interazione tra questa variabile e l’essere madri.

Risultati: Le madri riportano livelli di depressione più elevati rispetto alle donne senza figli (F1, 60 = 6.15,

p <.05), mentre non ci sono differenze nei livelli di benessere e soddisfazione identitaria. Non ci sono

differenze in base all’età e alla durata di malattia per nessuna delle variabili esaminate. Tuttavia, con il passare del tempo dalla diagnosi, le madri tendono a riferire minore benessere affettivo e minore soddisfazione identitaria. Una più elevata soddisfazione identitaria è legata a minore depressione (R2=.46, p<001) e maggiore benessere (R2=.52, p<001), in particolare per le madri.

Conclusioni: La maternità rappresenta un ulteriore carico emotivo rispetto all’adattamento alla SM nei primi anni dopo la diagnosi. La soddisfazione identitaria è un elemento rilevante, in grado di ridurre la depressione e di favorire il benessere affettivo, soprattutto per le madri. I risultati suggeriscono l’importanza di lavorare sulla ridefinizione dell’immagine di sé dopo la diagnosi, in particolare con le donne che hanno anche un ruolo genitoriale.

52 SIMPOSIO 2.3 - Quarta comunicazione:

COMPRENDERE LE SFIDE EMOTIVE CHE AFFRONTANO LE FAMIGLIE CHE VIVONO CON LA SCLEROSI MULTIPLA: PROGETTO FAMIGLIA

Michele Messmer Uccelli

Associazione Italiana Sclerosi Multipla

Introduzione: Quando la sclerosi multipla (SM) viene diagnosticata ad un membro della famiglia, l’intero nucleo ne risente. Dal momento della diagnosi, anche i familiari spesso cominciano un processo di ricerca di risposte allo scopo di fronteggiare al meglio la presenza della SM in famiglia. Il Progetto Famiglia dell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla è stato pensato per tutti i membri della famiglia e attraverso degli studi, ha cercato di capire come viene affrontata la malattia all’interno di un nucleo famigliare. Metodo: Il progetto aveva tre obiettivi: 1. valutare i giovani adulti con SM rispetto all’auto-stima, auto- efficacia, umore e qualità di vita confrontandoli con un gruppo di giovani sani; 2. valutare se la conoscenza della malattia è correlata con la percezione di competenza dei genitori con figli con SM e sulla soddisfazione nella coppia; 3. valutare la percezione di competenza come genitori in madri e padri con SM (casi) confrontati con genitori sani (controlli). I soggetti sono stati reclutati tramite i canali social media dell’AISM e hanno completato delle indagini online utilizzando questionari validati in Italiano. Risultati: 1. Non è stata dimostrata nessuna differenza statisticamente significativa tra i due gruppi sui parametri dello studio – auto-stima (score medio: casi=20.1 vs controlli=19.5, p=.743), auto-efficacia (score medio: casi=29.1 vs controlli=27.9, p=.138), umore (score medio ansia: casi=9.0 vs controlli=9.0, p=.855 score medio depressione: casi=4.0 vs controlli=4.0, p=.812) e qualità di vita (score medio: casi=12.8 vs controlli=13.0, p=.772).

2. Punteggi più bassi sulla scala di conoscenza della SM correlata significativamente con una ridotta soddisfazione nella coppia (r=.43, p=.022) e una più bassa percezione di competenza come genitore (r=.53, p=.003).

3. Un confronto tra gruppi sulla percezione di competenza genitoriale non ha evidenziato una differenza statisticamente significativa. Punteggi più alti sulla qualità di vita, sia il componente fisico (p < .001) che quello mentale (p = .001), correlava con uno score più alto della percezione di competenza genitoriale (PSOC) nei genitori con SM.

Conclusioni: I giovani adulti con SM e controlli sani hanno avuto livelli simili di autostima e auto- efficacia e non sono state evidenziate differenze significative sugli indicatori di umore e qualità della vita. I genitori con SM hanno avuto una percezione di competenza simile ai genitori sani e la qualità di vita ha correlato con la percezione di competenza.

Una mancanza di informazione sulla malattia ha un impatto negativo sulla percezione della competenza di genitori dei bambini con SM e sulla soddisfazione nella coppia.

Sembra che la qualità di vita sia un indicatore del benessere generale delle persone con SM. Per i genitori con bambini con SM esiste un’esigenza di informazione sulla malattia in modo da migliorare aspetti della coppia e il senso di competenza come genitore.

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SIMPOSIO 2.3 - Quinta comunicazione: LA NARRAZIONE NELLE TRANSIZIONI DI MALATTIA: ESPERIENZE DI RICERCA

Chiara Fioretti1, Eleonora Bartoli1, Lucia Caligiani2, Roberta Della Croce1, Benedetta Elmi1, Debora

Pascuzzi1, Andrea Smorti1

1 Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia 2 SODS di Psico-oncologia, USL Toscana Centro

Introduzione: Il presente lavoro propone un approccio metodologico allo studio delle transizioni di malattia fondato sulla narrazione quale strumento di raccolta dati ed intervento. La rottura biografica causata dalla diagnosi di malattia (Bury, 1972) comporta nell’individuo il bisogno di collocare l’esperienza all’interno della traiettoria del ciclo di vita, ridefinendo gli obiettivi presenti e rielaborando l’esperienza passata e la prospettiva futura. Questo faticoso lavoro di ricostruzione dell’esperienza biografica trova nella narrazione uno strumento di attribuzione di causalità e nuovi significati al vissuto di malattia (Broyard, 1993). In aggiunta, l’ascolto attivo della narrazione di malattia è parte dell’approccio della Medicina Narrativa (Charon, 2006), secondo il quale il racconto di malattia nella comunicazione operatore-paziente comporta benefici nel vissuto del paziente, nella relazione con il curante e nell’accuratezza di diagnosi e trattamenti. Studiare le narrazioni e promuoverne la raccolta costituisce un importante obiettivo di ricerca e di intervento sulle transizioni di malattia.

Metodo: Gli autori presenteranno tre metodi di ricerca e di intervento, portando esempi di ricerche condotte: il metodo delle narrazioni ripetute, volto a promuovere la coerenza narrativa attraverso la ripetizione di narrazioni di malattia e l’analisi dei valori percentuali di parole riferite a meccanismi cognitivi (MC) nel testo (e.g. pensare, credere, connessioni causali e temporali…) tramite il LIWC software (Pennebaker et al., 2001); il metodo ME-NA-ME (Fioretti & Smorti, 2017), basato sulla narrazione come strumento di elaborazione emotiva delle memorie e sull’analisi delle parole emotive attribuite a memorie e narrazioni; infine l’uso della narrazione come strumento di formazione per gli operatori attraverso la raccolta delle esperienze autobiografiche e l’analisi di contenuto delle stesse. Risultati: Le narrazioni presentano indici più alti di meccanismi cognitivi ed introspettivi quando i partecipanti alle ricerche hanno avuto la possibilità di ripetere il racconto di malattia (MC prima narrazione: 7,78; MC terza narrazione: 10,65, F=5.434; p<.01). Le memorie di malattia narrate presentano una riduzione delle emozioni negative ed un aumento di quelle positive rispetto alle memorie non narrate ((Z = −2.82, p < .01). L’analisi di contenuto delle narrazioni degli operatori, infine, pone luce sulle criticità e sulle risorse del vissuto autobiografico legato alla professione di curante e si caratterizza come strumento di formazione dell’équipe di cura.

Conclusioni: I risultati confermano l’elaborazione cognitiva ed emotiva del vissuto di malattia di pazienti ed operatori a seguito della narrazione autobiografica. Il racconto favorisce l’elaborazione della rottura biografica nelle transizioni di malattia del ciclo di vita, coerentemente con l’approccio della Medicina Narrativa e con gli assunti della Psicologia della Narrazione.

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