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La teoria della mente in età scolare: nuove frontiere teoriche e applicative

Proponenti: D. Massaro, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano; I. Castelli, Università di Bergamo

Discussant: A. Marchetti, Università Cattolica del Sacro Cuore Milano

Descrizione del simposio.

La Teoria della Mente, quale capacità di interpretare e predire il comportamento proprio e altrui sulla base di stati mentali, si sta rivelando una abilità sempre più cruciale per l’acquisizione e l’esercizio della competenza sociale. Coerentemente con la maturazione di questa consapevolezza, l’attenzione dei ricercatori si è gradualmente spostata da un interesse alle tappe evolutive nell’infanzia e ai fattori intraindividuali a un modello di sviluppo life-span attento alla variabilità interindividuale e ai fattori socio-contestuali. Non è un caso che le più recenti formulazioni del concetto di ‘social cognition’ indichino nella Teoria della Mente uno dei costrutti fondamentali e portanti. Questo simposio mette a tema alcune delle questioni più sfidanti di questo ambito di ricerca: 1- la possibilità di promuovere attivamente lo sviluppo della Teoria della Mente, riconoscendo un ruolo fondamentale alle pratiche comunicativo- conversazionali. Lo sviluppo di veri e propri training si sta rivelando un tema molto importante (cfr. Hofmann et al, 2016) per le ricadute che essi potrebbero avere sia in condizioni di sviluppo nella norma (supportando, oltre alla ToM in sè, anche una serie di abilità ad essa interconnesse), sia in condizioni di atipicità o di neurodegenerazione (limitando le difficoltà e/o stimolando vere e proprie strategie vicarianti); 2- l’approfondimento del legame che intercorre tra finalità pragmatica di un testo e qualità del lessico psicologico impiegato. L’attenzione agli aspetti socio-contestuali non può prescindere dalla dimensione comunicativa e dall’importanza che questa, declinata nella varietà delle forme che la cultura umana è stata in grado di mettere a punto, ha nel contribuire allo sviluppo delle abilità mentalistiche (Milligan et al., 2007); 3- ruolo delle abilità di

mentalizzazione nel processo decisionale che vede interagire un bambino e un robot antropomorfo. L’impiego di robot anche antropomorfi sta aumentando esponenzialmente; con esso si fanno strada una serie di interrogativi di natura psicologica circa il modo in cui ci rapporteremo (relazioneremo?) con queste entità e l’influenza che la natura di questo rapporto avrà sul nostro stesso sviluppo psicologico (Marchetti et al., 2018). Attraverso l’articolazione dei singoli contributi, il lavoro di sintesi metterà a tema le implicazioni di natura teorica e applicativa (con una particolare attenzione alla dimensione educativa) della Teoria della Mente in età scolare.

Parole chiave:

60 SIMPOSIO 2.5- Prima comunicazione:

VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DI UN TRAINING CONVERSAZIONALE SU TEORIA DELLA MENTE E SOLITUDINE IN ETÀ SCOLARE

Marcella Caputi1, Federica Cugnata2, Chiara Brombin2

1Università di Milano Vita-Salute San Raffaele, Child in Mind Lab, Facoltà di Psicologia

2Università di Milano Vita-Salute San Raffaele, Centro Universitario di Statistica per le Scienze

Biomediche

Introduzione: La letteratura sulle abilità di teoria della mente (ToM) nella media infanzia si è ampliata nel corso degli ultimi anni e alcuni ricercatori hanno attuato interventi di training finalizzati al miglioramento di tali abilità. Studi recenti hanno mostrato che training basati sulle conversazioni circa gli stati mentali migliorano non solo le abilità di ToM (e.g. Bianco, Lecce, & Banerjee, 2016; Lecce, Bianco, Devine, Hughes, & Banerjee, 2014), ma anche altre abilità, come la comprensione di emozioni e l’orientamento prosociale (Ornaghi, Grazzani, Cherubin, Conte, & Piralli, 2015). Nel presente studio abbiamo esaminato un possibile effetto di modulazione indotta da un training conversazionale sulle abilità di ToM (misurate tramite le Strange Stories) e sulla percezione di solitudine e insoddisfazione sociale (misurata tramite il questionario Loneliness and Social Dissatisfaction Questionnaire - LSDQ). Metodo: A tale scopo abbiamo coinvolto 210 bambini di quarta (età media= 9.3 anni, DS = 0.29) e quinta elementare (età media = 10.08 anni, DS = 1.07), casualmente assegnati ad una delle due condizioni (ToM o no-ToM). Entrambi i gruppi hanno partecipato a cinque sessioni di training conversazionale (da 50 minuti ciascuna) nell’arco di un mese: a partire dalla lettura di una storia il gruppo assegnato alla condizione ToM conversava sugli stati mentali dei personaggi mentre il gruppo assegnato alla condizione no-ToM su elementi non mentalistici della narrazione. Tutti i bambini hanno completato una prova di vocabolario, le Strange Stories e il questionario LSDQ prima (T0) e dopo il training (T1), così come due mesi dopo (T2). La performance dei due gruppi nelle prove a T0 era simile. Risultati: Le variazioni dei punteggi nelle Strange Stories e nel questionario LSDQ ottenuti durante il progetto nei due gruppi sono state valutate tramite modelli lineari ad effetti misti. Per quanto riguarda le abilità di ToM, è emerso un aumento significativo dei punteggi nel tempo (p-value T1 < .0001, p-value T2 < .0001); inoltre, la performance dei bambini assegnati alla condizione ToM risulta a T1 significativamente superiore rispetto a quella dei bambini assegnati alla condizione no-ToM (effetto significativo dell’interazione tra tempo e gruppo, p-value =0.0004). Relativamente al questionario LSDQ, si è osservata una riduzione nei punteggi dei bambini assegnati alla condizione ToM al tempo T1 (p-value= 0.0321).

Discussione: Le conversazioni mirate alla comprensione e all’utilizzo di diversi stati mentali (condizione ToM) non solo hanno favorito l’aumento di abilità di ToM ma hanno anche ridotto la percezione di solitudine e insoddisfazione sociale. Le conversazioni limitate ad elementi non mentalistici (condizione no-ToM) della narrazione non hanno sortito lo stesso effetto benefico.

Conclusioni: I risultati del presente lavoro suggeriscono pertanto l’utilità di interventi conversazionali per la promozione del benessere negli anni della scuola primaria.

61 SIMPOSIO 2.5 - Seconda comunicazione:

POTENZIARE LA TOM: UN INTERVENTO NEI BAMBINI DI 7 ANNI

Federica Bianco1, Ilaria Castelli2,3 Serena Lecce1, Elisabetta Lombardi3, Antonella Marchetti3, Davide

Massaro3, Annalisa Valle3

1 Università di Pavia, Laboratorio LASC, Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del

Comportamento.

2 Università degli Studi di Bergamo, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali.

3 Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Dipartimento di Psicologia, Unità di Ricerca sulla

Teoria della Mente

Introduzione: La teoria della mente (ToM) è definita come la capacità di attribuire stati mentali a sé

stessi e ad altri al fine di prevedere e comprendere il proprio e l’altrui comportamento. Nonostante sia nota l’influenza di quest’abilità sullo sviluppo cognitivo e sociale, gli studi di potenziamento della ToM sono ancora pochi e molto recenti. L’età scolare e la scuola sono rispettivamente un periodo sensibile e un importante contesto per lo sviluppo e per la promozione di tale abilità. Il presente studio si propone come un tentativo di intervento di implementazione della ToM nel contesto classe utilizzando un approccio conversazionale, che chiama i bambini a discutere sugli stati mentali.

Metodo: Nel presente lavoro è stato progettato un intervento per promuovere la ToM in bambini di 7-8

anni, attraverso un training di 4 sessioni (2 storie e 2 sessioni conversazionali ciascun incontro). I bambini prima hanno lavorato individualmente, rispondendo a domande a risposta chiusa su ogni storia e poi sono stati coinvolti in una discussione di gruppo sulla storia presentata. Il training mira a potenziare gli aspetti di ToM che servono per dare un significato appropriato a situazioni sociali complesse e/o ambigue. Hanno preso parte alla ricerca 50 bambini frequentanti il secondo anno di due scuole primarie della Lombardia (età media=7.6 anni, DS=3.95 mesi). Le classi sono state assegnate casualmente alla condizione sperimentale (N=27, 11 maschi) e di controllo (N=23, 8 maschi). Le abilità mentalistiche di tutti i bambini sono state valutate attraverso una batteria di test che ha compreso le

Strange Stories, il Triangle task e compiti falsa credenza di secondo ordine prima e dopo le 4 sessioni di

training. Inoltre, nel pre-test, sono state controllate le differenze individuali in variabili associate in letteratura in modo significativo con la ToM (background socio-culturale, abilità verbali, comprensione testuale e controllo esecutivo).

Risultati: I gruppi sono risultati omogenei per le variabili considerate nel corso della sessione pre-test. A

seguito dell’intervento, le analisi mostrano differenze statisticamente significative tra pre-test e post-test per quanto riguarda un indice ToM generale nei bambini assegnati al gruppo ToM (p ≤ .001), ma non nel gruppo di controllo (p = .430). In particolare, il gruppo ToM incrementa in modo significativo la propria performance nelle Strange Stories (p ≤ .001) e nel Triangle task (p = .002), mentre non si sono riscontrati tali miglioramenti nel gruppo di controllo.

Conclusioni: Il lavoro presentato può avere ricadute sia sul piano della ricerca che applicativo. Lo studio dimostra che è possibile implementare la competenza mentalistica avanzata anche in bambini di 7 anni, laddove l’acquisizione di competenze di base (es. falsa credenza), emerge spontaneamente. Inoltre, il training utilizzato può facilmente essere integrato nella didattica in classe per la sua struttura (domande, feedback).

62 SIMPOSIO 2.5 - Terza comunicazione:

TESTO NARRATIVO E TESTO PERSUASIVO A CONFRONTO: UNO STUDIO SU SINTASSI E LESSICO PSICOLOGICO IN BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA

Antonia Lonigro1, Emiddia Longobardi2, Fiorenzo Laghi1

1Università degli Studi di Roma Sapienza, Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e

Socializzazione

2Università degli Studi di Roma Sapienza, Dipartimento di Dinamica e Clinica

Introduzione: Il lessico psicologico (LP) è una particolare forma di linguaggio che comprende i termini riferibili a stati mentali quali intenzioni, desideri, emozioni e cognizioni. La capacità di utilizzare il LP viene considerata come un indicatore della teoria della mente. L’uso di tali termini, infatti, non riflette solo le abilità linguistiche e sintattiche ma anche abilità di tipo meta-rappresentazionali (Camaioni et al., 1998). Se il LP è stato ampiamente analizzato in relazione alle competenze narrative (Longobardi et al. 2016, Pinto et al. 2016), poca è stata l’attenzione rivolta al suo utilizzo nel testo persuasivo. Eppure, la persuasione - quale abilità di indurre un cambiamento nello stato mentale dell’altro (Perloff, 2010) - richiede buone abilità mentalistiche da parte del persuader (Slaughter et al. 2013). L’intento del presente contributo è, quindi, verificare le differenze nell’uso del LP e della sintassi nel testo narrativo e in quello persuasivo.

Metodo: Il gruppo dei partecipanti è composto da 73 bambini (F=37; età media=8 anni e 6 mesi; DS=3 mesi) frequentanti la classe terza e 89 (F=38; età media=10 anni e 4 mesi; DS=3 mesi) frequentanti la classe quinta della scuola primaria. Le prove “Inventa una storia” (Longobardi et al., 2014) e “Il circo” (Nippold et al. 2005) sono state utilizzate per la produzione scritta rispettivamente del testo narrativo e persuasivo. La versione italiana del Peabody Picture Vocabulary Test-Revised (PPVB; Stella et al. 2000) è invece stata somministrata per la valutazione del linguaggio recettivo e inserita nelle analisi come misura di controllo. Per ciascuna tipologia di testo prodotto sono stati ricavati gli indici relativi 1) alle misure linguistiche globali, quali il numero totale di parole e di proposizioni, 2) alle proposizioni distinguendo principali, coordinate e subordinate, e 3) ai termini di lessico psicologico, considerando sia i tipi sia le frequenze.

Risultati: I termini che denotano stati volitivi (tipi, F(1,161) = 20.616, p < .000, ηp2= .126; frequenze,

F(1,161) = 20.657, p < .000, ηp2= .127) ed emotivi (tipi, F(1,161) = 10.124, p < .01, ηp2= .066; frequenze,

F(1,161) = 10.210, p < .01, ηp2= .067) sono stati maggiormente adoperati nel testo narrativo, mentre nel

testo persuasivo hanno prevalso i termini morali (tipi, F(1,161) = 80.344, p < .000, ηp2= .360; frequenze,

F(1,161) = 78.219, p < .000, ηp2= .355). Rispetto alla sintassi, i bambini hanno utilizzato in misura

maggiore le proposizioni principali F(1,161) = 18.747, p = .000, η p 2= .105, e coordinate nel testo

narrativo, F (1,161) = 6.939, p = .009, ηp 2= .042 mentre nel persuasivo, si è osservato un maggior uso

delle proposizioni subordinate, F (1,161) = 53.068, p = .000, ηp2= .249.

Conclusioni: I risultati dello studio sembrano evidenziare come le 2 tipologie di testo concorrano a promuovere le abilità meta-rappresentazionali espresse attraverso un utilizzo diversificato del LP. Parole chiave: Lessico psicologico, testo narrativo, testo persuasivo.

63 SIMPOSIO 2.5 - Quarta comunicazione:

TEORIA DELLA MENTE E EQUITÀ IN BAMBINI DI 5 ANNI NELL’INTERAZIONE CON UN UMANO O UN ROBOT: UNO STUDIO CON L’ULTIMATUM GAME

Federico Manzi1,2, Cinzia Di Dio1, Shoji Itakura3, Takayuki Kanda4,5, Hiroshi Ishiguro4,6, Davide

Massaro1, Antonella Marchetti1

1Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Dipartimento di Psicologia, Unità di Ricerca sulla

Teoria Della Mente

2Université de Neuchâtel (CH), Institut de Psychologie et Éducation

3 Kyoto University (J), Department of Psychology, Graduate School of Letters

4Advanced Telecommunications Research Institute International Hiroshi Ishiguro Laboratories and

Intelligent Robotics and Communication Laboratories, Kyoto (J)

5 Kyoto University (J), Human-Robot Interaction Laboratory, Graduated School of Informatics 6 Osaka University (J), Department of Adaptive Machine System

Introduzione: Gli studi che esplorano l’interazione uomo-robot (HRI) evidenziano che il comportamento degli adulti tende ad essere simile quando confrontati con un altro essere umano o un robot (Kanda et al., 2004; Itakura et al., 2008), spesso attribuendo al robot capacità mentalistiche (Marchetti et al., 2018). All’interno di un nuovo dominio di ricerca, la Developmental Cybernetics (DC), Itakura e colleghi esplorano specificatamente la relazione tra bambino e robot attraverso l’applicazione di modelli teorici, tra cui la Teoria della Mente (ToM). Un presupposto della DC è infatti che la comprensione di agenti non umani avvenga attraverso processi di mentalizzazione nel bambino. In uno studio recente, abbiamo indagato la HRI facendo giocare bambini prescolari all’Ultimatum Game (UG) con un altro bambino o un robot. L’UG è una tipologia di gioco interattivo strutturato che mira ad indagare la propensione dell’individuo all’equità attraverso un meccanismo di scambio di beni reciproco: il proponente offre una divisione di un bene che può essere accettata o rifiutata dal ricevente. In caso di rifiuto, nessun giocatore ottiene il bene (nello specifico, figurine). In questo studio i bambini hanno giocato sia come proponenti sia come riceventi. L’obiettivo dello studio era in particolare di esplorare, nel confronto tra umano e robot, l’equità nei bambini attraverso l’attribuzione mentalistica alle due tipologie di partner e le relative strategie di gioco in un contesto (UG) che implica l’utilizzo e attribuzione di una ToM.

Metodo: Sono stati reclutati 31 bambini (M=71 mesi; SD=2.99; 13 F). Sono state utilizzate le seguenti prove: 1) controllo (PPVT, inibizione, memoria di lavoro); 2) ToM di Primo Ordine classico (Spostamento Inatteso, Scatola Ingannevole); 3) ToM di Primo Ordine formato video; 4) questionario Attribuzione Stati Mentali (ASM); 5) UG e relative giustificazioni (classificate come outcome, equità, mentalistiche).

Risultati: Le prove ToM hanno evidenziato che i bambini attribuiscono una ToM anche al robot. L’analisi GLM dell’ASM ha mostrato un’attribuzione di stati maggiore all’umano rispetto al robot (p<.001). Inoltre, l’interazione tra stati mentali e partner (p<.001) ha evidenziato un’attribuzione maggiore di desideri e intenzioni al robot rispetto agli stati epistemici mentre, per il bambino, l’attribuzione di stati epistemici e percettivi è stata maggiore rispetto agli altri stati. Relativamente all’UG, i t-test non hanno evidenziano differenze nell’ammontare totale offerto e ricevuto quando il bambino giocava con un altro bambino o il robot. Inoltre, l’analisi del chi-quadrato delle risposte di giustificazione all’UG suggerisce che, quando i bambini propongono, accettano o rifiutano una divisione che slitta verso l’iniquità, le giustificazioni basate sull’equità e sulla mentalizzazione decrescono sostanzialmente (p<.001), a favore delle giustificazioni basate sull’outcome.

Conclusioni: Nonostante i risultati dell’ASM evidenzino che i bambini considerano il robot come un’entità distinta dall’uomo, i risultati all’UG mostrano che i bambini tendono ad utilizzare strategie simili quando giocano con un altro bambino o un robot, mettendo in luce l’attribuzione di capacità mentalistiche (ToM), da parte dei bambini, anche al robot. Coerentemente, anche le risposte di giustificazione non mostrano differenze sostanziali tra uomo e robot.

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