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Un’agenda per l’imprenditorialità

1. IL QUADRO DELLE POLITICHE PER L’IMPRENDITORIALITÀ

1.3. Un’agenda per l’imprenditorialità

Da quanto riportato nei precedenti paragrafi, è evidente che l’attenzione dell’Unione Europea al tema dell’imprenditorialità è centrale e radicata nel tempo, tant’è che il Libro Verde sull’imprenditorialità risale al 2003. Proprio per questi motivi, in questa sede verranno affrontate in modo dettagliato le indicazioni fornite a livello europeo, che coprono l’intero spettro delle azioni per l’imprenditorialità e che in diverse modalità vengono riprese a livello nazionale e regionale (crf. nota a piè di pagina n. 112).

A livello europeo, dunque, i diversi documenti che si sono succeduti nel tempo sono culminati nello Small Business Act Review (2011) e nel Piano d’Azione 2020 (2012). Entrambi sottolineano l’importanza delle nuove imprese per il sostegno

all’occupazione, mettendo anche in luce gli elementi che ne ostacolano la nascita e la crescita. In particolare il secondo documento individua tre pilastri su cui focalizzare l’azione pubblica al fine di sostenere la costruzione di un’Europa imprenditoriale:

 l’istruzione e la formazione imprenditoriale;

 creazione di un contesto più favorevole (entrepreneurship friendly) alle imprese, che preveda la rimozione degli ostacoli esistenti per la facilitare la creazione delle stesse;

 la promozione del ruolo dell’imprenditore, soprattutto tra quei gruppi di popolazione sottorappresentati tra i lavoratori indipendenti.

Per quanto riguarda il primo punto  investimento nell’istruzione e nella formazione imprenditoriale  l’enfasi non si pone esclusivamente nell’erogazione di conoscenze legate all’imprenditorialità, ma anche sulla diffusione di modelli formativi che si basano sul learning by doing, svolte sia nei curricola delle scuole dei diversi ordini e gradi, sia nella formazione continua attraverso attività pratiche e laboratoriali legate alla progettazione e alla gestione di imprese simulate. La formazione imprenditoriale viene, inoltre, proposta come un’opzione concreta per chi non è impegnato in un’attività scolastica, lavorativa o di formazione, in linea con i piani nazionali e regionali di gestione dei fondi strutturali.

Attraverso tali percorsi, si auspica che le istituzioni scolastiche e universitarie possano diventare un “veicolo attivo d’innovazione”, favorendo il dialogo tra mondo dell’istruzione e imprenditoria. Da questo punto di vista, l’Italia presenta una situazione disomogenea: sebbene sia possibile censire alcuni esempi di percorsi di formazione imprenditoriale  soprattutto su scala regionale125 o promossi da enti specifici quali la rete delle Camere di Commercio  alcuni rapporti internazionali evidenziano come non vi siano progettualità a valenza nazionale, né figure appositamente formate all’interno del sistema scolastico e formativo italiano (Commissione Europea 2009, Eurydice 2012).

Inoltre, come evidenziato in precedenza, nel contesto delle politiche europee, l’imprenditorialità viene indicata come una delle competenze chiave che, secondo quanto affermato dall’Agenda di Oslo nel 2007, devono essere sviluppate e consolidate attraverso la formazione continua, al fine di promuovere la cittadinanza attiva, l’occupabilità, l’inclusione sociale e l’autorealizzazione delle persone in una società basata sulla conoscenza. Da questo punto di vista, la formazione imprenditoriale per gli adulti può essere letta anche come politica attiva del lavoro, anche se questa interpretazione mostra alcune criticità come verrà messo in evidenza in seguito.

125Ad esempio, il Progetto Imprenderò preso in considerazione nell’ultimo capitolo di questa tesi rappresenta un esempio di questo tipo .

Per quanto riguarda il secondo pilastro  creazione di un contesto favorevole all’imprenditoria  vengono elencati sei ambiti centrali per creare un “contesto in cui gli imprenditori possono prosperare e crescere” (Commissione Europea 2012, 8) e ci si riferisce in particolare ai seguenti elementi.

 Favorire l’accesso ai finanziamenti sia in fase di avvio che di consolidamento dell’impresa, attraverso il rafforzamento del venture capital, degli investimenti informali, dei prestiti bancari, nonché il rafforzamento dei finanziamenti per lo sviluppo e la commercializzazione di idee e modelli imprenditoriali innovativi.

 Sostenere gli imprenditori nelle prime fasi e in quelle cruciali del ciclo vitale dell'impresa con lo scopo di ridurre il rischio di fallimenti. Si propone la realizzazione di “programmi olistici che integrano la formazione degli amministratori, il tutoraggio in tema di R&S” e “la cooperazione tra cluster e reti di imprese” tra i diversi paesi europei, favorendo anche lo scambio di buone prassi e capitale umano.

 Incoraggiare l’uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per contribuire alla vitalità delle nuove imprese.

 Agevolare il trasferimento delle imprese all’interno degli stati membri, favorendo anche l’acquisto di imprese avviate.

 Adeguare le normative nazionali sul fallimento, in modo garantire anche per chi ha alla spalle un fallimento una seconda opportunità, tenuto conto che esso può costituire un’occasione di miglioramento e apprendimento.

 Ridurre gli oneri normativi, burocratici e fiscali per tutte le imprese e in particolare per le microimprese, i lavoratori autonomi e i professionisti, che sono più vulnerabili a causa delle loro dimensioni ridotte e delle risorse umane e finanziarie limitate. Al tempo stesso si propone di rafforzare punti unici di contatto che offrano “informazioni esaustive sulle licenze, le procedure amministrative, le possibilità di finanziamento e il sostegno pubblico”.

Il terzo elemento di intervento  promozione del ruolo imprenditoriale  riguarda l’esigenza di modificare la percezione non sempre positiva dei cittadini europei del ruolo economico e sociale dell’imprenditorialità, promuovendo anche la desiderabilità della carriera imprenditoriale, in particolar modo tra i gruppi demografici attualmente meno rappresentati tra i lavoratori indipendenti come le donne, i migranti, i giovani, i lavoratori maturi ei disoccupati. Un approfondimento su questi temi verrà fornito successivamente, nell’ambito del paragrafo 3.2.

L’attenzione dell’Unione Europea per il tema dell’imprenditorialità si ripercuote anche a livello nazionale. Tuttavia, poiché l’obiettivo di questa tesi non è quello di fare una disamina puntuale di tutte le fonti normative nazionali, regionali e locali che mettono in essere strumenti per facilitare la creazione di impresa, ci si limita di

seguito a fornire alcuni elementi cardine, rimandando a direttamente alle fonti normative per ulteriori approfondimenti.

A livello nazionale, visti gli obiettivi precedentemente indicati e analogamente a quanto avviene per le politiche del lavoro, anche le misure a sostegno all’imprenditorialità si possono suddividere tra quelle che vanno ad agire sul contesto, creando condizioni favorevoli per la creazione di impresa migliorando la qualità dell’ambiente esterno alla stessa (quali la realizzazione di infrastrutture o una maggiore efficienza legislativa), e quelle che agiscono direttamente sugli individui. Tra le prime rientrano quelle che mirano a ridurre le barriere istituzionali esistenti (riduzione degli oneri amministrativi o dell’imposizione fiscale a carico dei nuovi imprenditori o ancora erogando incentivi per l’avvio dell’attività). A tal proposito, si è già accennato alle recenti normative sulle Srl semplificate (art. 2463 bis C.C., art. 3 D.Lgs. n.1/2012) e sulle start-up innovative (L. n. 221/2012), che mirano rispettivamente a facilitare l’avvio di impresa dei giovani under 35 e ad agevolare con una serie di benefici le start-up innovative ad elevato contenuto tecnologico. Un altro esempio è costituito dal cosiddetto “regime dei minimi”, che semplifica le procedure amministrative e alleggerisce l’imposizione fiscale per chi ha avviato un’attività d’impresa o di lavoro autonomo e rientra in specifici requisiti legati ai ricavi, all’età anagrafica, alla presenza di collaboratori.

Tra le seconde, che agiscono direttamente sugli individui, rientrano quelle misure che mirano ad aumentare la platea dei soggetti potenzialmente in grado di riconoscere e valorizzare le business opportunity: si tratta di strumenti quali incentivi, corsi di formazione, campagne di informazione e altre progettualità specifiche.

Da questo punto di vista, cercando di ordinare e individuare gli interventi pubblici volti a favore dell’imprenditorialità nei suoi momenti iniziali, un recente rapporto Unioncamere (2013, 194) propone una classificazione calzante. Infatti, in base al diverso fronte in cui i diversi strumenti operano, si possono identificare:

 misure finalizzate a sviluppare la domanda di imprenditorialità  misure finalizzate a sviluppare l’offerta di imprenditorialità

Le politiche mirate a incrementare e a rendere più accessibili le opportunità del mercato agiscono sul lato della domanda di imprenditorialità, agendo quindi su quei fattori che possono aumentare la richiesta di figure imprenditoriali: si tratta quindi di politiche che agiscono sul quadro istituzionale, con l’obiettivo di aumentare o renderle più accessibili le business opportunity. A tal fine il rapporto Unioncamere (2013) mette in luce due aspetti principali. Un primo legato al raccordo tra il mondo della scuola o dell’università e il mondo dell’impresa, al fine di facilitare le innovazioni e il trasferimento tecnologico in tutti i settori del lavoro autonomo e imprenditoriale. Il secondo punto evidenziato sottolinea la necessità di

“norme che mirano a rimuovere le barriere all’entrata, di rivedere in senso meno restrittivo la legislazione sui fallimenti, di modulare la vigente legislazione sui diritti di proprietà intellettuale e, infine, a incidere sul quadro di regolamentazioni relative ai mercati dei prodotti e del lavoro” (Unioncamere 2013, 194).

Accanto a queste si annoverano anche gli interventi volti ad aumentare le risorse economiche attivabili da parte dei potenziali imprenditori o aspiranti tali. Su questo fronte si evidenziano quindi le politiche orientate a incrementare le dotazione finanziaria dell’imprenditorialità early stage: ci si riferisce ad esempio a provvedimenti mirati allo sviluppo del venture capital, alla diffusione del micro finanza e all’agevolazione delle piattaforme di crowfounding e micro finanziamento diffuso.

Sull’altro versante, le misure del riguardanti l’offerta di imprenditorialità hanno come obiettivo l’incremento del numero di persone potenzialmente interessate ad intraprendere una carriera imprenditoriale: spesso di tratta di misure che vengono realizzate nell’ottica dell’autoimpiego attraverso l’erogazione di pacchetti formativi specifici e incentivi per l’apertura di nuove attività. In questa fattispecie rientrano sia le misure rivolte a target specifici sottorappresentati tra gli imprenditori126sia quelle mirate alla generalità della popolazione. Si tratta di un insieme numeroso di progettualità eterogenee e localistiche, in quanto spesso a carattere regionale o territoriale.

Il fine ultimo di tutti gli interventi per l’imprenditorialità è quello della diffusione della “cultura imprenditoriale”, modificando le attitudini e le preferenze degli individui. Si tratta quindi di agire sul valoriale e sul culturale di una società, attivando percorsi che mirino ad incrementare l’attrattività della carriera imprenditoriale, tanto più che, come ha evidenziato l’indagine Eurobarometro 354, l’aspirazione a perseguire tale carriera lavorativa è in diminuzione in molti paesi europei, tra cui l’Italia (European Commission, 2012). A tal fine, come ricorda Piano d’azione Imprenditorialità 2020 (Commissione Europea 2013) iniziative utili sono misure di educazione imprenditoriale nelle scuole127 e nell’ambito del lifelong learning, il riconoscimento pubblico dell’apporto positivo dell’imprenditoria in termini di sviluppo sociale ed economico, nonché la relativizzazione del peso del fallimento sia dal punto di vista normativo sia della futura reputazione. Tuttavia, accanto a queste misure che agiscono sul sistema di preferenze occupazionali, risulta importante definire anche un sistema organico di servizi che, a seconda delle diverse esigenze, incrementi concretamente le reali capacità di “fare impresa” dei 126Tali gruppi, come è stato più volte ricordato, sono costituiti dalle donne, i giovani, i lavoratori maturi, gli immigrati, a cui spesso vengono rivolti programmi e progettualità specifici.

127 L’educazione imprenditoriale in Italia non è molto sviluppata (European Commission 2012): secondo un’indagine Eurobarometro, il 16 % degli italiani, contro una media europea del 23%, ha partecipato, durante il proprio percorso di istruzione e formazione, ad iniziative di sensibilizzazione allo sviluppo dell’imprenditorialità e di attività svolte in forma autonoma.

potenziali imprenditori, tramite la diffusione di informazioni e di conoscenze che consentano di perseguire e realizzare efficacemente l’idea imprenditoriale. Alcuni esempi in tal senso sono i seguenti:

 l’erogazione diretta di informazioni rilevanti sugli aspetti principali del fare impresa, spaziando dalle modalità organizzative agli aspetti motivazionali  misure di mentorship e tutoraggio da parte degli imprenditori più anziani

agli imprenditori più giovani o aspiranti tali, facilitando la trasmissione delle conoscenze e la costruzione di competenze imprenditoriali (Unioncamere 2013). Come è stato evidenziato nel secondo capitolo, questo aspetto risulta particolarmente rilevante nel contesto italiano, poiché l’età media dei lavoratori autonomi e imprenditori è elevata e si prospetta in futuro la necessità di un ricambio generazionale, non sempre adeguatamente preparato dai titolari di azienda

Da quanto sopra evidenziato, emerge una forte varietà per quanto riguarda gli strumenti a disposizione dell’attore pubblico nel supportare l’impresa early stage: nel corso del quarto paragrafo ne verranno analizzati alcuni particolarmente significativi. A fronte di questa grande varietà di strumenti è bene precisare che la loro applicazione dipende molto dal contesto di riferimento128, in quanto ciascun sistema economico e produttivo possiede specifiche caratteristiche, a cui i diversi strumenti si adattano in modo diverso. Questo è valido in particolare per quelle misure che vanno ad incidere sulla domanda e quindi sulle business opportunity, in quanto agiscono direttamente sul contesto. Tuttavia, anche misure che mirano a modificare l’offerta imprenditoriale possono avere esisti diversi a seconda del terreno in cui si applicano. A tal proposito, sono emblematici i casi dei distretti industriali o della Silicon Valley: entrambi hanno rappresentato degli ecosistemi imprenditoriali di successo, le cui caratteristiche sono tuttavia difficilmente replicabili. In questo senso l’insieme degli strumenti a disposizione della politica per favorire l’imprenditorialità dovrebbe essere finalizzata a preparare un ambiente organico e coordinato. Nelle parole di Favretto (2010): “la ricerca di imprenditori ricorda quella dei tartufi! Occorre passare dalla fase della ricerca nel bosco selvaggio alla fase della produzione su un terreno adatto!”. Egli fa riferimento all’importanza di formare “personalità imprenditoriali” piuttosto che solamente “idee imprenditoriali”, tuttavia questo ragionamento può essere esteso anche all’importanza di creare un contesto favorevole alla creazione di impresa.