Come evidenziato in precedenza, l’interesse del presente contributo è centrato sul momento della genesi dell’imprenditorialità in modo da poter analizzare i percorsi, le dinamiche e le risorse messe in gioco da nuovi potenziali imprenditori.
I molteplici approcci descritti nel corso del capitolo mettono in luce come i diversi autori e filoni di analisi abbiano interpretato la genesi imprenditoriale e il ruolo dell’imprenditore. La spiccata interdisciplinarietà della materia è evidente: infatti, in riferimento agli studi sulla nascita della nuova imprenditorialità, giocano un ruolo importante variabili psicologiche, economiche, culturali e sociali. Il presupposto è che le strategie degli individui sono condizionate da una serie di condizioni, opportunità o vincoli che facilitano o meno le carriere lavorative. In particolare, rispetto al caso di studio che sarà analizzato nella fase finale di questo lavoro, ci si può chiedere se le nuove imprese siano in grado di costituire una risposta alle difficoltà occupazionali, come auspicato in particolare dalla teoria del self employment. A tal proposito, è opportuno ricordare che un aspetto per cui le nuove iniziative economiche sono state analizzate con così grande attenzione è relativo all’ottica della job creation e al potenziale sviluppo sociale ad esse connesso. Tale punto di vista è espresso anche da molti documenti programmatori dell’Unione Europea68.
Figura 1 – Quadro interpretativo delle variabili necessarie alla genesi d’impresa in base allo stadio di sviluppo della stessa
Fonte: Moore (1986) revisionato da Bygrave (2006)
Sul finire degli anni ottanta, la nascita, nel mondo anglosassone e americano, delle scuole entrepreneurship ha portato gli studiosi a cercare di integrare i molti quadri interpretativi, ricordati nel corso del capitolo, in un unico complesso framework. A titolo esemplificativo, in Figura 1, si riporta la proposta di Moore (1986), che richiama gran parte delle variabili descritte nel corso dell’intero capitolo, mettendole in relazione con le diverse fasi di avvio e sviluppo dell’impresa69.
L’imprenditorialità implica il passaggio da una fase intenzionale a una di azione, in cui vengono messi in atto tutti gli strumenti e attivati tutti i canali necessari per l’avvio e il mantenimento dell’impresa. Questo passaggio è processuale, incrementale e dinamico, nel senso che, come descrivono i diversi modelli che rappresentano lo startup di impresa, l’idea imprenditoriale abbozzata nella fase intenzionale viene progressivamente definita, verificata e operazionalizzata. In questo processo, un elemento di sintesi rispetto alle diverse teorizzazioni è riscontrabile in una doppia influenza: l’imprenditore si muove tra l’individuo e l’ambiente. È plausibile, inoltre, che in un primo momento le variabili personali 69Solo per citare alcuni esempi: Moore (1986), modello cross-culturale (Busenits e Lau 1997), Modello Gem (Muffatto, Giacon e Saeed 2012).
PERSONAL n-achievement Internal control Ambiguity tollerance Risk Taking Personal Values Education Experience PERSONAL Risk Taking Job Dissatisfaction Job Loss Education Age; Gender Commitment SOCIOLOGICAL Network Teams Parents Family Role Models PERSONAL Entrepreneur Leader Manager Commitment Vision ORGANIZATIO_ NAL Team Strategy Structure Culture Products
INNOVATION TRIGGERING EVENT IMPLEMENTATION GROWTH
ENVIROMENT Opportunities Role Models Creativity ENVIROMENT Competition Resources Incubator Government Policy ENVIROMENT Competitors Customers Suppliers Investors Bankers Lawyers Resources Government Policy
agiscano maggiormente come stimolo all’iniziativa. Attitudini e propensioni individuali, competenze professionali acquisite nel precedente percorso formativo e lavorativo, nonché modelli e socializzazione precedente rispetto al lavoro e al lavoro autonomo (a titolo esemplificativo, la presenza di esempi in famiglia, oppure un contesto sociale in cui la figura dell’imprenditore, gode di particolare prestigio sociale): tutti questi aspetti sono variabili individuali, che si sviluppano in relazione con l’ambiente sociale, aiutando gli individui a orientarsi tra le alternative, trasformando la volizione in l’azione.
Le variabili ambientali sono l’altro polo su cui insiste la genesi dell’imprenditorialità: si tratta dell’insieme di risorse di rete (legami forti e deboli) e di risorse economiche possedute o che possono essere attivate dalla rete di relazioni (basti pensare al caso degli imprenditori stranieri, le cui attività vengono finanziate dalla comunità o al ruolo degli incubatori o dei business angels che hanno il compito di rafforzare, tra l’altro, la rete di relazione della futura impresa per facilitare e preparare l’ingresso nel mercato). Quindi, è nell’ambiente esterno all’individuo che si delineano concretamente i vincoli e le opportunità sotto forma di incentivi ovvero di spazi di mercato, ma anche di strumenti e mezzi messi a disposizione dalle istituzioni pubbliche. In questo senso, ad esempio, un ruolo è giocato anche dagli enti pubblici, che a vario livello promuovono e valorizzano in generale l’imprenditoria come opportunità di carriera, con il fine ultimo di promuovere l’avanzamento e lo sviluppo economico. Tra questi oltre agli incentivi di natura economica, rientrano anche le politiche formative. Queste sono mirate a favorire lo sviluppo di conoscenze (contenuti e tecniche) collegate al campo imprenditoriale, identificando e stimolando lo spirito, il talento e le capacità di ognuno. In questo senso, Brockhaus (2001), chiedendosi in modo retorico se fosse possibile insegnare a qualcuno ad essere un imprenditore, rispondeva in modo affermativo. La formazione è un elemento importante per chi desidera diventare imprenditore, fermo restando un set di abilità e propensioni personali che, in quanto tali, si differenziano da persona a persona. Non è un caso quindi che il Key Competence Framework per l’apprendimento attivo raccomandato dal Parlamento Europeo parli più che di imprenditorialità di entrepreneurial mindset70 riferendosi “all’abilità individuale di tradurre idee in azioni. Questa include la creatività, l’innovazione e la capacità di assumersi dei rischi. […] Questa sostiene gli individui non solo nella vita quotidiana [..] ma anche nel luogo di lavoro […] ed è alla base delle competenze e conoscenze specifiche necessarie per coloro che avviano attività sociali e commerciali”.
Figura 2 – Determinati imprenditoriali: una schematizzazione
Fonte: nostra elaborazione
Variabili individuali Idea
imprenditoriale ST AR T U P D ’IM PR ES A Inclinazioni, motivazioni e aspirazioni personali (es. n-ach, propensione al rischio, self-efficacy, intraprendenza) Background personale: formativo, familiare, lavorativo Intenzione Attività preparatorie all’avvio dell’impresa Aspettative lavorative e modelli di ruolo Variabili ambientali Capitale sociale (Legitimation Networks, Opportunity Networks, Resource Networks) Accesso a risorse e capitali economici Opportunità e vincoli
di mercato Azione Avvio di impresae prima
valutazione Opportunità e vincoli
“Mettersi in proprio”: imprenditori e lavoratori
indipendenti in Italia
Nel contesto italiano l’imprenditorialità presenta caratteristiche peculiari: infatti, guardando alle fonti statistiche, si nota immediatamente come le imprese e più in generale le attività autonome siano mediamente molto piccole. La ridotta dimensione incide sugli strumenti e sulle risorse attivabili dai soggetti che decidono di avviare un’attività di carattere imprenditoriale. Pertanto con questo capitolo ci si propone di ampliare lo sguardo all’intero orizzonte del lavoro imprenditoriale mettendone in luce le dinamiche e le specificità nel contesto italiano. In particolare, prendendo in considerazione le diverse fonti statistiche, ci si concentrerà sull’analisi di un preciso segmento del mercato del lavoro che è costituito dai lavoratori indipendenti. Questi ultimi si contrappongono ai dipendenti per grado di autonomia decisionale e di responsabilità. La scelta di concentrarsi su quest’ampio segmento è dovuta proprio alle caratteristiche del fenomeno imprenditoriale italiano, per cui l’ampia diffusione di piccole e anche micro imprese rende le categorie di imprenditore, lavatore autonomo e professionista assimilabili, in particolare nel caso in cui si miri non tanto ad analizzare aspetti economici o finanziari quanto dimensioni soggettive e sociali.
Un primo obiettivo di questo capitolo, è quindi quello di analizzare le diverse caratteristiche dei lavoratori self employed, chiarendo i vari aspetti che contraddistinguono e si celano in alcune espressioni di senso comune quali lavoratore autonomo e piccolo imprenditore. Ciò che certamente accomuna questa tipologia di lavoratori è la responsabilità del proprio lavoro, ma anche dei propri guadagni: in questo senso essi sono autonomi nella gestione dei fattori produttivi, assumendosi al contempo il rischio d’impresa. Tuttavia, nonostante quest’elemento che accomuna tutti i lavoratori indipendenti71, essi costituiscono un gruppo alquanto eterogeneo, che raccoglie al suo interno diverse anime tra cui le più 71Escludendo quindi, come vedremo, i collaboratori.
rilevanti sono identificate nei piccoli esercenti e piccoli artigiani, nei micro-imprenditori e nei professionisti.
Un secondo obiettivo di questo capitolo è quello di quantificare, attraverso l’utilizzo della letteratura di stampo socio-economico e delle fonti statistiche ufficiali nazionali e internazionali, l’evoluzione e le trasformazioni più o meno recenti che hanno interessato questo tipo di lavoratori. Infatti, grazie alla terziarizzazione dei sistemi produttivi, sul finire degli anni Ottanta, la piccola imprenditorialità, che sembrava destinata a scomparire a seguito dell’avvento del modello di produzione fordista, ha visto un aumento in tutto il contesto europeo (Reyneri 1997). L’Italia caratterizzata da una piccola economia diffusa non esula da tale dinamica e anzi proprio negli anni Novanta, con l’affermarsi dei “nuovi professionisti” (Barbieri 1999), il lavoro indipendente ha acquisito nel contesto italiano posizioni sociali di rilievo, che recentemente sono state messe in discussione dalle trasformazioni sociali causate dalla crisi economica in atto. Quest’ultima ha causato un progressivo freno nello sviluppo del lavoro autonomo: tant’è che gli osservatori nazionali evidenziano come le partite iva e le piccole imprese siano progressivamente diminuite a partire dal 2009.
Per analizzare il tema del lavoro indipendente quindi è possibile partire da due punti di vista. Da un lato, infatti, è possibile effettuare un’analisi del ruolo giocato da questi lavoratori nello sviluppo socio-economico italiano, fungendo inizialmente da occupazione di riserva per una massa di lavoratori altrimenti esclusi dal mercato del lavoro e favorendo successivamente uno sviluppo industriale “leggero” (Bagnasco e Storti 2008), facendo riferimento quindi alle analisi del lavoro indipendente nel contesto dei distretti industriali italiani (Bagnasco 1998, Becattini 1998). Dall’altra, vi è lo studio dei lavoratori indipendenti come specifica forma di occupazione, connesso in particolare alle sue conformazioni post-industriali: si fa riferimento, quindi, in particolare alla riduzione del lavoro imprenditoriale nella forma tipica dell’impresa e alla contemporanea diffusione di forme di lavoro autonomo svolto su base individuale, in alcuni casi molto più vicini al lavoro parasubordinato (Barbieri 1999, Arum e Muller 2004, Fellini 2010). Da questo punto di vista, un’ulteriore contributo è quello di Schizzerotto (2002) che nell’analisi sulla mobilità intergenerazionale ha evidenziato come spesso alla scelta di iniziare un’attività autonoma sottenda la mancanza strutturale di opportunità di carriera. In questo quadro, Ranci (2012) propone tre categorie (imprenditorialità, autonomia, e professionalità) quali nuovi caratteri rilevanti per cogliere i cambiamenti recenti del lavoro indipendente.