• Non ci sono risultati.

Il ricorso a nuovi soci: incubatori, business angels e venture capitalist

3. L’AVVIO D’IMPRESA: DALL’IDEA ALLA REALIZZAZIONE

3.4. Le risorse finanziarie

3.4.3. Il ricorso a nuovi soci: incubatori, business angels e venture capitalist

Per finanziare la nascita e lo sviluppo di una nuova impresa, è possibile ricorrere ad altre soluzioni oltre a quelle sopra accennato: in particolare ci si riferisce agli investitori privati (venture capitalits e business angels). È chiaro che data la tipologia di investimenti, il segmento coperto da tali attori è radicalmente diverso rispetto a quello descritto nel precedente paragrafo ed è costituito da soggetti con idee imprenditoriali particolarmente innovative e con un elevato potenziale di crescita.

Non è questa la sede in cui approfondire i diversi aspetti, anche molto tecnici, tuttavia è opportuno fare alcuni accenni, nell’ottica di disegnare la mappa delle possibili risorse attivabili da un’impresa early stage. In particolare, si fa riferimento a forme di finanziamento private. Una prima alternativa è data dal finanziamento cosiddetto private equity, che include la globalità delle attività rivolte al finanziamento di imprese con capitali privati durante alcune fasi del loro ciclo di

vita: un sottoinsieme di questa attività è rappresentato dall’attività di Venture Capital. Questo soggetto è un finanziatore che ha una partecipazione in genere temporanea nei confronti di aziende con un elevato potenziale di sviluppo: il suo obiettivo non è assumere il controllo dell’impresa, ma al contrario si impegna nell’aumentare il valore dell’impresa, per recuperare l’investimento effettuato in sede di dismissione della propria quota. Il capitale di rischio fornisce alle imprese che ne usufruiscono un maggiore sostentamento in fase di avvio, ma viene utilizzato anche per lo sviluppo di nuove strategie: in ogni caso interviene in presenza di un chiaro e definito disegno imprenditoriale. Il supporto dell’investitore, inoltre, può essere anche di tipo manageriale.

Accanto a questo un’altra figura importante da cui è possibile trarre delle forme di finanziamento è quella del business angel (BA), che si definisce come un investitore informale: solitamente si tratta di manager, imprenditori, consulenti, ex titolari di impresa che apportano capitali, capacità, esperienze e relazioni per favorire l’avvio di impresa. I BA non si limitano a fornire solo un apporto monetario ma forniscono anche un servizio di consulenza e sostegno, rivolgendosi ad imprese in cui vedono buone prospettive di successo in un arco di tempo limitato. Essi sono mossi da varie motivazioni, di tipo economico, “sociale”, – quali lo sviluppo delle proprie comunità o delle giovani generazioni di imprenditori – o ancora di tipo personale. In Italia tale figura è piuttosto recente, ma l’entità degli investimenti nel tempo è cresciuta e si sono strutturali in due reti locali: l’Italian Business Angels Network (IBAN) e l’Italian Angels for Growth (IAG). Il loro intervento avviene in una fase iniziale di definizione disegno imprenditoriale. Essi partecipano con capitali propri: pertanto i BA sono responsabili solo nei confronti di se stessi, non dovendo garantire rendimenti ad altri. Per questo hanno il margine per investire in progetti rischiosi e dall’esito incerto, partecipando all’impresa anche con piccoli investimenti ma significativi per l’impresa in fase di startup.

Un ulteriore soggetto importante è quello degli incubatori, che sono operatori specializzati nel supportare gli imprenditori offrendo un’ampia gamma di servizi, che vanno al di là del supporto finanziario. Il focus non è sull’aspetto finanziario quanto nella fornitura a costo agevolato di spazi fisici e di servizi logistici, di risorse fisiche (ad esempio, uffici, internet, laboratori, supporto amministrativo ecc.), nell’assistenza, nel supporto per quanto riguarda gli aspetti legali e fiscali, nella ricerca del personale e nella ricerca di nuovi investitori gli stadi successivi del progetto imprenditoriale. Un ulteriore elemento di forza di tali strutture è la rete di relazioni che si instaurano tra le aziende incubate, che può portare a proficue collaborazioni. Le imprese ricevono il sostegno di tali strutture nella fase iniziale di start-up, quando sono maggiormente vulnerabili. In questo modo si aumentano le probabilità di sopravvivenza e di successo dell'impresa contribuendo quindi a “mantenere società imprenditoriali, attraverso una serie si risorse e servizi di supporto, fino a che esse non siano diventate abbastanza forti e mature da […] prosperare da sé” (Maital e Ravid 2008, 55).

In generale, si individuano due tipologie di incubatori sulla base della loro natura istituzionale. Quelli di natura pubblica163si caratterizzano per la finalità non-profit, con un ambito di azione locale e con un interesse per l'attività di creazione di impresa che abbiano una ricaduta in termini di utilità pubblica (ad esempio la creazione di posti di lavoro o l’avvio di percorsi di ristrutturazione industriale). Oltre a fornire i servizi appena evidenziati, questi incubatori si occupano di promuovere e selezionare i potenziali neoimprenditori, stimolando lo spirito imprenditoriale: in particolare, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, è emersa l’importanza del networking per sviluppare il potenziale delle aziende incubate, che diventano una rete cui mettersi in comunicazione con investitori, clienti, fornitori. Lo sviluppo di un network efficiente inoltre contribuisce alla realizzazione di un circuito virtuoso, per cui si evidenzia una tendenza alla specializzazione in alcuni settori. Tra le progettualità individuate, vengono selezionate le più valide che iniziano il percorso di incubazione, evitando in questo modo investimenti in iniziative promettenti. Un caso particolare di incubatore pubblico è quello di natura universitaria (University Business Center), non molto diffusi in Italia ma presenti in Europa, che possono divenire strumenti attraverso i quali le Università monetizzano brevetti di ricerca e mettono a frutto il capitale intellettuale.

Gli incubatori privati invece, svolgono la loro attività andando ad intercettare le opportunità di business che normalmente gli operatori privarti tradizionali non coprono. Diversamente dagli incubatori pubblici, essi sono costituiti da operatori privati, gruppi di industriali o istituzioni finanziarie e sono orientati al profitto, attraverso il pagamento di commissioni o l'acquisizione di quote dell'impresa assistita: per questo il loro processo di creazione viene definito bottom-up (Russo 2013). In generale il tempo medio di permanenza di un’impresa all’interno di un incubatore non supera i tre anni, anche in virtù dell'orientamento al profitto di queste strutture: il percorso parte da una prima analisi da parte dell’incubatore sull'attività proposta e sulla capacità del soggetto proponente a portarla avanti. Una volta terminata questa prima fase, in caso positivo, all’imprenditore vengono messi a disposizione i diversi servizi offerti dalla struttura. Successivamente nell’arco di una tempistica definita vengono concordate di volta in volta le strategie di dismissione.

Un caso particolare è quello dell’incubatore di primo miglio164 che accoglie futuri imprenditori interessati a realizzare un proprio progetto di impresa, accompagnandoli nelle fasi necessarie per la messa a punto dell’idea imprenditoriale (fase di pre-incubazione). In questa fase, ancora limitata all'idea di 163In Italia, molte di queste strutture sono legate al sistema dei BIC (Business Innovation Center) o dei Parchi tecnologici e rappresentano un punto di incontro tra territorio, imprese e mondo della ricerca. Assi possono definirsi come strutture realizzate attraverso processi top-down, in quanto al centro della rete locale che lo promuove si colloca un’istituitone pubblica.

impresa, si rende necessario un percorso di accompagnamento finalizzato a definire al meglio l’idea imprenditoriale: l’obiettivo è quello di contestualizzarla nel mercato di riferimento, prima ancora di creare l’impresa. Gli incubatori di primo miglio quindi si possono definire come degli acceleratori, che facilitano la trasformazione dell’idea in un’impresa reale, riducendo le probabilità di non riuscita o fallimento durante la fase di avvio di un’impresa.

Il punto di forza degni incubatori è dunque quello di costituirsi come un hub capace di “governare efficacemente le risorse circolanti nelle reti locali” (Russo 2013, 333), fungendo da intermediari di fiducia e stimolando le interazioni tra produttori di innovazioni tecnologiche e i potenziali utilizzatori delle stesse in modo da creare connessioni volte a ridurre i buchi strutturali (Burt, 1992) che limitano la circolazione delle informazioni su scala locale. In tal senso essi si costituiscono come innovation broker, la cui autorità e credibilità facilità l’operatività e la realizzazione dell’attività imprenditoriale.