4. L’OFFERTA DI IMPRENDITORIALITÀ: I PARADIGMI DI RIFERIMENTO
4.2. Weber e gli aspetti culturali
Circa mezzo secolo dopo Marx, Weber37 fornisce una chiave di lettura culturale dell’imprenditorialità. Secondo il suo pensiero, l’essere e l’agire dell’imprenditore trovano origine nei caratteri etnici, culturali e religiosi. Infatti, attraverso una serie di indagini di tipo microsociologico sull’esperienza tedesca e con un’ampia argomentazione teorica, Weber evidenzia l’importanza delle condizioni di natura istituzionale e culturale nello spiegare il comportamento economico (Weber 1904-1905, in Trigilia 1998). È necessario a tal proposito ricordare che Weber si muove all’interno di un’analisi storica e sociologica volta a rilevare le caratteristiche peculiari della nascente società capitalistica ovvero indirizzata a cogliere le 36Tuttavia, nonostante il riconoscimento del merito dell’imprenditore nello sviluppo della società, non si può dimenticare la critica che Marx fa alla modalità di produzione capitalistica, che sottrae all’operaio parte del valore prodotto, per cui il lavoro che è la merce di scambio per il salario genera un plus valore. Dal momento che la ricchezza viene prodotta attraverso un’organizzazione collettiva del lavoro, mentre la ricchezza viene accumulata in modo individuale dal capitalista-imprenditore, si genera una contraddizione insanabile: l’imprenditore è portato dal mercato ad aumentare sempre più la produzione sfruttando la forza-lavoro per essere competitivo e incrementare la propria ricchezza. L’accumulazione capitalistica quindi è determinata da leggi oggettive del mercato, che generano una concentrazione del capitale nelle mani di pochi e al contrario una più ampia diffusione della povertà. Ma tale dinamica non è data, al contrario può essere superata solo in una prospettiva storica attraverso una nuova organizzazione sociale, in cui viene riconsiderato anche il ruolo della proprietà privata (Trigilia 1998).
37Weber (Erfurt 1864 – Monaco di Baviera 1920) è considerato uno dei padri della sociologia. Tra le sue opere principali volte ad argomentare la tesi che afferma l’influenza della religione protestante nella diffusione dell’etica economica alla pase della diffusione del capitalismo si ricordano: L’etica protestante e lo spirito del
determinanti che favoriscono la diffusione dello “spirito del capitalismo”. Al contrario dell’ipotesi marxiana, egli evidenzia come il desiderio di ricchezza esista da sempre nelle società, anche in quelle di natura precapitalistica38. Tuttavia lo spirito del capitalismo vincola la ricerca del profitto alla presenza di norme etiche. Infatti, analizzando il contesto tedesco egli nota alcune differenze di sviluppo interne alla Germania: queste non sono imputabili esclusivamente alle risorse o al capitale economico disponibile, ma al contrario esse sono influenzate anche dall’attitudine imprenditoriale, ovvero dall’abilità dei soggetti nel combinare efficientemente le risorse (Trigilia 1998). Queste sono condizionate dal contesto etico-culturale. A tal proposito, egli evidenza come, in altri contesti geografici, le religioni non cristiane (come il confucianesimo, il taoismo o l'induismo) abbiano dato luogo a un clima sfavorevole al capitalismo moderno. Il suo obiettivo centrale è quindi quello di individuare le motivazioni per cui l’agire imprenditoriale si sia sviluppato proprio nell’Europa del 1700, imprimendo un mutamento sociale che ha coinvolto l’intero occidente (Trigilia 1998). Weber quindi condiziona la crescita e lo sviluppo dell’imprenditorialità in Europa alla diffusione di credenze etiche ispirate al calvinismo: queste acquistano un ruolo fondamentale alla formazione dello spirito d'iniziativa e all’intrapresa economica (Accornero 2002).
Tuttavia, come sottolinea Trigilia (1998), ritenere che Weber attribuisca esclusivamente la diffusione dello spirito del capitalismo alla riforma protestante sarebbe riduttivo: infatti, pur attribuendo un valore centrale allo spirito del capitalismo, l’autore tedesco allarga progressivamente il quadro delle sue indagini prendendo in considerazione anche altri fattori istituzionali che concorrono allo sviluppo del sistema economico capitalistico39. Come afferma nella Storia economica, “ciò che in definitiva ha creato il capitalismo è l’impresa razionale durevole, la tecnica razionale, il diritto razionale, ma di nuovo non tutti questi fattori da soli: doveva aggiungersi a integrarli l’attitudine razionale, la razionalizzazione della condotta di vita, l’ethos economico razionale” (Weber 1993, in Trigilia 1998). Affinché lo sviluppo capitalistico – inteso come un sistema basato su imprese stabili, un mercato di massa e un’organizzazione razionale del lavoro – si 38 Nelle società precapitalistiche tradizionali, l’interesse economico è accettato (anche se non pienamente tollerato e per questo rivolto prevalentemente a gruppi estranei alla comunità locale). Inoltre, per Weber l’accumulo di capitali non avviene attraverso la produzione, ma attraverso il commercio o le guerre (Trigilia 1998).
39Le condizioni istituzionali a qui Weber attribuisce la nascita del capitalismo sono riconducibili a tre elementi. Da un lato egli rileva l’affermarsi della città occidentale grazie ad una borghesia urbana artigianale e commerciale, interessata ad allargare i propri mercati per incrementare le proprie possibilità di sostentamento. Essa si contrappone alla signoria feudale, spingendo quest’ultima alla modernizzazione delle modalità di produzione agricola e permettendo la liberazione della forza lavoro dagli obblighi feudali e il suo inserimento nel sistema produttivo capitalistico. In secondo luogo, Weber individua nell’affermazione dello stato razionale -inteso come ordinamento giuridico che regola i rapporti tra i soggetti economici e tra questi e la pubblica amministrazione seguendo criteri di razionalità (diritto razionale)- un presupposto essenziale per il capitalismo moderno: tale processo ha facilitato, inoltre altri due elementi essenziali ovvero lo sviluppo del credito monetario e di un sistema monetario razionale. In sintesi quindi Weber lega l’attività imprenditoriale al più ampio contesto istituzionale e alla sua capacità di incentivare gli imprenditori intesi come borghesia industriale.
affermasse, era necessario quindi che un attore sociale si assumesse operativamente il compito di tale sviluppo: Weber vede nell’imprenditore borghese tale soggetto (Trigilia 1998). In questa prospettiva, l’imprenditore persegue i fini ai quali si sente predestinato: l’impresa industriale non è finalizzata esclusivamente all’accumulo di ricchezze, ma è diretta a uno scopo che assume connotati trascendentali, in quanto dall’impegno profuso nella propria attività dipende non solo il proprio benessere terreno ma anche la salvezza eterna. Infatti, secondo Weber le etiche economiche moderne si caratterizzano per una separazione tra mondo naturale e soprannaturale, per cui il destino individuale è affidato direttamente alla capacità del singolo di conformarsi ai precetti morali: l’impegno attivo nella società è una vocazione40, un modo per realizzare anche i precetti etici, laddove, a seguito dell’affermarsi dei valori religiosi e morali della riforma protestante, l’interesse economico non è più inteso come un vizio, ma al contrario assume caratteristiche virtuose.
Dall’etica protestante, proprio in virtù dell’autonomia degli uomini rispetto alla sfera spirituale, hanno origine lo spirito dell’operosità, la dedizione al lavoro, la disciplina di vita e il temperamento razionale. L’imprenditore quindi è colui che per eccellenza incarna il nuovo spirito del capitalismo: come sottolinea Magatti (1990), l’imprenditore è colui che da un lato agisce in modo razionale rispetto allo scopo41
della sua attività, dall’altra attua una razionalità rispetto al valore nella propria condotta di vita, dedicandosi pienamente al lavoro. L’agire imprenditoriale, inoltre, induce a reinvestire il profitto in attività produttive: la ricerca del profitto, basata sul calcolo razionale del rendimento del capitale, coinvolge anche la sfera della produzione. In questo modo la staticità dell’economia tradizionale, volta all’autoconsumo, viene superata (Trigilia 1998) e si realizza un nuovo sistema produttivo più razionale.
40 A tal proposito il termine usato da Weber è quello di beruf, che indica precisamente il lavoro come professione.
41Weber propone nel suo pensiero una tipologia ideale che cerca di comprendere e riscostruire le motivazioni del comportamento umano. Egli definisce in questo modo una teoria dell’azione a partire dal senso che ciascun individuo attribuisce alle proprie azioni in rapporto ad un fine. In particolare, si possono identificare quattro tipi di azioni pure, di cui due possono indicarsi come razionali, mentre le altre due hanno un contenuto prevalentemente non razionale (azione tradizionale e razione affettiva). In particolare per quanto riguarda le azioni razionali, un’azione si dice razionale rispetto allo scopo se chi la attua non ha chiari gli scopi e pertanto valuta quali mezzi sono i più adatti, considerando anche le eventuali conseguenze possibili. Al contrario, per razionalità rispetto ai valori Weber intende una razionalità guidata da un imperativo di natura morale, a cui si attribuisce una validità assoluta che non può subire compromessi: l’agire razionale rispetto al valore ha quindi senso di per se stesso. A queste due razionalità corrispondono due etiche: l’etica della responsabilità, secondo la quale ogni azione ha delle conseguenze che sono prevedibili e di cui l’agente risponde, e l’etica del valore, che si basa su valori e principi per cui non può subire compromessi (Rutigliano 2001).