• Non ci sono risultati.

MOTIVAZIONI E PERSONALITÀ DELL’IMPRENDITORE

Negli anni sessanta la letteratura si evolve verso la definizione di altri approcci che tentano di spiegare la genesi di imprenditorialità e che pongono al centro il singolo soggetto che intraprende l’attività. Riprendendo, in parte, gli spunti forniti dai classici della sociologia economica, già Schumpeter accanto alla funzione innovatrice faceva notare le motivazioni e la psicologia dell’imprenditore, con particolare riferimento allo stimolo all’autonomia e al successo.

I contributi di natura psicologica, che non avevano avuto ampio spazio nell’ambito delle proposte del Research Center, trovano un primo importante contributo nel lavoro di McClelland (1961), che all’inizio degli anni sessanta tenta di individuare le motivazioni alla base dell’agire imprenditoriale. In seguito i contributi forniti dalla psicologia sociale rispetto alle determinanti dell’imprenditorialità saranno molteplici ed eterogenei, contribuendo a elaborare diversi modelli che prendendo in considerazione sia aspetti sociali-ambientali sia aspetti legati alla personalità (Battistelli 2001).

In questo paragrafo, senza avere la pretesa di essere esaustivi, ci si limiterà a illustrare alcuni contributi particolarmente rilevanti: ulteriori approfondimenti, infatti, saranno forniti nel terzo capitolo. Pur essendo stato McClelland a formulare per la prima volta una teoria che identificasse le motivazioni soggettive alla base dell’imprenditorialità, Pagani (1967) evidenzia come, precedentemente, vi fossero stati alcuni autori che avevano cercato di revisionare l’assunto per cui, alla base del comportamento imprenditoriale, vi fosse esclusivamente la massimizzazione del profitto. Ad esempio, egli sottolinea come talvolta gli imprenditori sembrano mossi dal timore di incorrere in una sanzione sociale o di incrementare l’ostilità dei concorrenti. Tuttavia, tali contributi apparivano ancora marginali e limitati all’analisi di alcune biografie imprenditoriali. Al contrario McClelland, tramite l’esame sistematico delle reazioni individuali a specifiche immagini, è riuscito a identificare una motivazione principale alla base del fenomeno imprenditoriale. Tale elemento in letteratura si definisce come need of achievement (n-ach) ed è stato formulato per la prima volta da Murray nel 1938. Egli lo definisce come “il desiderio di fare qualcosa rapidamente e nel miglior modo possibile. Include anche il desiderio di superare ogni difficoltà; conoscere, manipolare, e organizzare oggetti fisici, esseri umani o idee; fare questo quanto più rapidamente possibile; superare gli osatoli e ottenere alti standard; superare se stessi, scontrarsi e superare gli altri e aumentare l’autostima esercitando con successo il talento” (Murray, 1938, p. 164, in Battistelli, 2001). In seguito McClelland mette in relazione i comportamenti tipici delle persone con una forte motivazione alla riuscita64 con la propensione 64In particolare, si possono considerare come comportamenti tipici delle persone con alta motivazione alla riuscita i seguenti aspetti (McClelland e Winter 1969, in Battistelli 2001): a) assunzione di rischi moderati in base alle proprie abilità; b) predilezione per nuove attività; c) tendenza all’assunzione delle proprie responsabilità rispetto al risultato della loro performance; d) desiderio di un feedback per quanto riguarda i risultati delle loro

all’imprenditorialità, ipotizzando che le persone con elevato livello di n-ach adottassero i comportamenti classici degli imprenditori di successo. Coloro che sono dotati di un elevato livello di n-ach tendono al lavorare meglio, ad essere più efficienti e razionali e ad impegnarsi di più: la motivazione alla riuscita costituisce un “valore intrinseco, e vale assai più del guadagno economico – il quale ne è simbolo – o del riconoscimento da parte di altri” (Novara e Sarchielli 1996, 95). Queste caratteristiche, evidenzia McClelland, sono proprio quelle richieste all’imprenditore. Inoltre, partendo da questo presupposto, egli cerca di collegare la presenza di un elevato n-ach con la diffusione dell’imprenditorialità65. McClelland elabora la sua teoria cercando di verificare se quest’ipotesi sia applicabile a diverse società e individua, per ciascuna di quelle prese in esame, la presenza di un diverso livello di motivazione al successo che corrisponde a un diverso livello di “modernizzazione”. Come rileva Pagani (1964, 301), McClelland evidenzia l’importanza di un elevato n-ach per una cultura orientata alla modernità, in cui “la selezione degli individui avviene secondo criteri acquisitivi e non ascrittivi, dove l’orientamento alle mete si muove attraverso l’affermazione personale”. Tuttavia, quest’aspetto motivazionale da un lato sembra applicabile in generale a coloro che sono “orientati razionalmente alla situazione” (Pagani, 1964, 302) e non discriminante del comportamento imprenditoriale, dall’altra sembra essere “più che un fattore autonomo di sviluppo, una variabile dipendente del processo genarle di modernizzazione” (Pagani, 1964, 307). Per quanto riguarda specificatamente questo secondo aspetto, in seguito, lo stesso McClelland precisa che l’n-ach è culturalmente appreso e non può essere considerato isolato rispetto al contesto e alla società in cui vive l’individuo, in quanto la motivazione stessa è approvata o sanzionata all’interno della struttura sociale di riferimento. Per maturare e attivare questa propensione quindi sono importanti i modelli culturali, familiari ed educativi. Tale filone di indagine ha visto negli anni un susseguirsi rilevante di ricerche66, che hanno cercato di verificare se l’n-ach potesse essere considerato un valido indicatore della performance imprenditoriale: tale relazione non emerge in modo univoco in tutte le ricerche (Battistelli 2001).

In seguito la psicologia si è concertata su un filone di studi che prende in esame i tratti di personalità dell’imprenditore (teoria dei tratti): questi studiosi ritengono che tra gli imprenditori esistano alcuni tratti innati che permettono di distinguerli da altre categorie professionali. Inizialmente alcuni ritennero che gli elementi caratterizzanti la figura del leader fossero innati (Galton 1869, in Battistelli 2001). Tuttavia l’evoluzione di tali studi non ha portato a risultati univoci, tanto che si è sviluppata tutta una serie di ricerche che ritengono le caratteristiche imprenditoriali modificabili nel tempo in funzione del conteso sociale di

prestazioni; e) scelta di obiettivi sfidanti ma realistici; f) individuazione di collaboratori con elevata esperienza professionale.

65 In questa ipotesi riecheggia il lavoro di Weber, che collegava la nascita di imprenditori con la forte motivazione al successo dettata dall’etica protestante.

riferimento. Tra i numerosi studi elaborati, Battistelli (2001, 19) ha individuato alcune caratteristiche che emergono trasversalmente e con maggiore frequenza: la propensione al rischio, l’ambizione, la responsabilità, l’indipendenza, la tolleranza dell’ambiguità, l’innovazione e l’iniziativa, il locus of control interno, l’autorealizzazione.

Più recentemente, come sottolinea Battistelli (2001), alcuni studi hanno cercato di interpretare il fenomeno imprenditoriale attraverso un più ampio insieme di caratteristiche, che considerano dimensioni legate a fattori individuali, organizzativi e ambientali. In particolare, numerosi autori hanno tentato di elaborare delle tipologie che da un lato raccogliessero aspetti personali, sociali e dall’altra descrivessero i diversi tipi di imprenditori esistenti. Ad esempio, a partire dall’analisi di alcune esperienze di donne imprenditrici Langan-Fox e Roth (in Battistelli 2001) elaborarono un modello che riprende il concreto di motivazione di McClelland. I tipi descritti da tale modello sono i seguenti:

imprenditori manageriali: scarsa motivazione alla riuscita, ma elevata capacità di influenzare gli altri, tendenza a pianificare la carriera, elevato bisogno di soddisfazione nel lavoro e scarsa fiducia negli altri

imprenditori pragmatici: non hanno particolari caratteristiche psicologiche ma una forte tendenza al guadagno e desiderano lascare la propria impresa ai figli  imprenditori con bisogno di riuscita: forte motivazione alla riuscita, ma scarsa capacità manageriale

Secondo Battistelli (2001), inoltre, un lavoro particolarmente significativo è quello di Miner, che classifica gli imprenditori in quattro tipi: realizzatore personale, manager reale, esperto generatore di idee e super venditore empatico. A ciascun tipo vengono attribuite specifiche caratteristiche67, che combinate ulteriormente tra loro danno luogo a un altro tipo di imprenditore: l’imprenditore complesso. L’aspetto interessante di questa teoria è che viene proposta una corrispondenza tra 67Si riportano di seguito brevemente le caratteristiche individuate per ciascun tipo. Per definire i realizzatori

personali vengono individuate dieci aree che caratterizzano nel complesso i soggetti orientati

all’autorealizzazione (motivazione alla realizzazione di sé, personalità che tende a guadagnare sempre di più e nel minor tempo possibile, desiderio di feedback rispetto al conseguimento del successo, desiderio di pianificare i propri obiettivi futuri, forte iniziativa personale, impegno personale e identificazione con al propria azienda, tendenza ad acquisire informazioni per rendere la propria azienda più efficace, locus of controllo interno -ovvero credenza di controllare personalmente i risultati delle proprie azioni -, alto valore attribuito alla carriera e basso valor attribuito alle carriere governate da persone di pari livello). I manager reali vengono definiti come soggetti con elevata capacità di dirigere il lavoro altrui, con grande sicurezza in sé stesso, con necessità di avanzamento professionale, grande bisogno di attuazione, scarsa esigenza di un lavoro sicuro, capacità di prevendere decisioni a partire da informazioni incomplete e scarse, atteggiamento positivo verso l’autorità, desiderio di competere con gli altri e di farsi valere, desiderio di esercitare il potere, stile cognitivo direttivo, desiderio di distinguersi dalla massa. Gli esperti portatori di idee appaiono caratterizzati da un forte desiderio di operare personalmente per raggiungere l’innovazione, da un’elevata intelligenza, dalla scarsa propensione all’assunzione dei rischi. I super venditori empatici si caratterizzano per uno stile cognitivo empatico, per una forte propensione all’aiuto degli altri, una grande valore attribuito alle relazioni e interazioni scoiali, un’elevata attenzione alla reputazione sociale e un tendenza a ritenere la forza di vendita come una chiave centrale della stratega organizzativa.

personalità, strategie, struttura organizzativa e ambiente, nella quale “la relazione tra personalità e percorso professionale è mediata dalla strategia d’impresa dell’imprenditore, strategia che è a sua volta un riflesso della sua personalità” (Battistelli, 2001, p. 39).

Recentemente la ricerca psicologica ha individuato nella persona proattiva, nell’iniziativa personale, nell’innovatività e nell’autoefficacia, le caratteristiche decisive dell'imprenditore (Battistelli, 2001). In particolare, si parla di persona proattiva riferendosi a coloro che, poco influenzati dal contesto circostante, agiscono con perseveranza in modo da influire sull'ambiente e ne sfruttano gli spazi di opportunità. Le persone con elevata proattività affrontano il lavoro e la carriera cercando di creare situazioni che aumentino la probabilità di successo.

Un secondo tratto in cui la ricerca psicologica si è focalizzata è quello dell’iniziativa personale, con cui si intende un comportamento caratterizzato da una certa autonomia nel lavoro che spinge l’individuo ad andare oltre i compiti formalmente richiesti dalla mansione lavorativa. L’iniziativa personale si spiega all'interno di un approccio teorico all’azione secondo cui questa è guidata da obiettivi, che vengono perseguiti dalle persone in modalità diverse. Ad esempio, Kuhl (1992) evidenzia come tra i soggetti esitano delle diversità di velocità nel trasformare le intenzioni (obiettivi) in azioni, in quanto c’è chi utilizza maggiormente il proprio tempo nel vagliare le diverse possibilità (soggetti orientati allo stato) piuttosto che ad agire. Altre ricerche hanno accostato al concetto di iniziativa personale l’utilizzo di strategie adattive, creative ma anche produttive nel risolvere i problemi: in particolare, alcuni studi, che fanno capo a Frese (in Battistelli 2001, 42), hanno analizzato i comportamenti dei lavoratori della Germania dell’Ovest e dell’Est presupponendo che la diversa socializzazione occupazionale influisse sulla propensione all’iniziativa personale, come effettivamente è stato dimostrato.

Un terzo aspetto è legato all’innovatività, che l’approccio psicologico ha definito come un comportamento e una strategia caratterizzante il processo imprenditoriale finalizzato al miglioramento costante e creativo del proprio lavoro e delle modalità con cui lo si esegue. Esso è frutto di un lavoro metodico di disorganizzazione e riorganizzazione della realtà, che, grazie a conoscenze specifiche, permette di ottimizzare l’utilizzo e la combinazione dei fattori della produzione. Pur condividendo l’impostazione e la definizione schumpeteriana di innovazione quale combinazione diversa dei fattori produttivi, questi approcci non considerano le cause e gli effetti sociali dell’innovazione focalizzandosi invece sul rapporto tra creatività o innovazione e performance imprenditoriale (Rauch, Freese, 2000). Un altro elemento preso in considerazione è la self-efficacy, che viene definita da Bandura (1996) come “la percezione delle convinzioni nelle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessarie a gestire adeguatamente le situazioni di un particolare contesto in modo da raggiungere i risultati prefissati”.

Questa caratteristica viene ritenuta da molti autori rilevante nelle persone che avviano attività imprenditoriali (Battistelli, 2001).

In realtà, però, nonostante le numerose ricerche empiriche, le teorizzazioni relative ai tratti che definiscono la personalità imprenditoriale non sono giunte a definizioni univoche. Come evidenzia Batistelli (Ibidem), in realtà, le diverse etichette ritraggono caratteristiche molto simili tra loro che riconducono ad aspetti di personalità, motivazioni e abilità presenti tra gli imprenditori in misura superiore ad altri. Al fine di superare tali criticità, gli orientamenti recenti si sono indirizzati verso prospettive che coniugano aspetti socio-culturali, personali e ambientali, come ad esempio la prospettiva interazionista (Ibidem).

6. Le determinanti nei processi di formazione delle nuove