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Perché sono necessarie le politiche per l’imprenditorialità

1. IL QUADRO DELLE POLITICHE PER L’IMPRENDITORIALITÀ

1.1. Perché sono necessarie le politiche per l’imprenditorialità

Tra le motivazioni dell’attenzione verso le politiche per il sostegno allo sviluppo dell’imprenditoria e la creazione di nuove imprese vi è la convinzione che esse favoriscano la crescita economica e sociale, in particolare attraverso la generazione di nuovi posti di lavoro. L’indagine GEM114(Global Entrepreneurship Monitor) mette in evidenza come, in Italia, prendendo in considerazione un arco temporale di cinque anni, le aspettative di creazione di posti di lavoro generati da nuove attività115 imprenditoriali non siano positive (Muffatto, Giacon e Saeed 2012). Infatti, tra i tre possibili livelli di crescita occupazionale codificati dall’indagine  bassa, media e alta116 l’Italia si colloca agli ultimi posti della graduatoria. Tuttavia, è importante mettere in luce come, al di là delle dichiarazioni politiche, l’incremento di nuove imprese e la creazione di posti di lavoro  e la conseguente crescita occupazionale  non sempre mostrino una correlazione estremamente positiva (Shane, 2009). In generale, la letteratura economica sottolinea come siano soprattutto le aziende più giovani a creare nuovi posti di lavoro (Kane 2010), tuttavia, in Europa  e a maggior ragione in Italia  l’effetto positivo della nascita di nuove aziende è frenato dalla scarsa crescita nel lungo periodo in termini dimensionali.

In sintesi, tra gli elementi che caratterizzano la demografia di impresa nel contesto europeo, è importante sottolineare due aspetti. Il primo riguarda il fatto che con i primi anni del nuovo millennio, il numero di persone che si dedicano al lavoro 114 Come indicato anche nel primo capitolo, il GEM (Global Entrepreneurship Monitor) è un programma internazionale, che nasce 1997 dalla collaborazione tra la London Business School e del Babson College. Esso è volto alla raccolta di dati e informazioni sui sistemi imprenditoriali, che siano comparabili su scala internazionale e temporale. Attualmente i paesi aderenti sono 69. La misura del fenomeno imprenditoriale a livello globale viene realizzata da ciascun partner di ricerca nazionale attraverso la somministrazione di un questionario, denominato Adult Population Survey (APS), ad un campione rappresentativo di almeno 2000 individui. Con questo strumento vengono rilevati aspetti relativi sia ai comportamenti sia alle attività degli individui coinvolti nelle diverse fasi dell’attività imprenditoriale. Accanto alla rilevazione rivolta agli imprenditori, vi è anche una

survey rivolta ad un panel di esperti (National Expert Survey - NES), che ha lo scopo di esplorare i principali

vincoli e punti di forza di ogni Paese sul tema dell’imprenditorialità quale vettore di crescita e sviluppo economico. I documenti elaborati dal programma e la base dati utilizzata sono consultabili nel sito: www.gemconsortium.org

115 Nello specifico, l’indagine GEM si riferisce all’attività imprenditoriale early stage, che comprende l’imprenditorialità nascente (percentuale della popolazione 18-64 anni attivamente coinvolta in un'impresa con non più di 3 mesi di vita) e le nuove attività (percentuale della popolazione 18-64 anni attivamente coinvolta in una nuova attività con più di 3 e meno di 42 mesi di vita).

116Nel rapporto GEM, si considera come crescita bassa l’aspettativa di creare da 0 a 5 posti di lavoro, come media quella di crearne da 6 a 19 e alta se si prevede di incrementare gli occupati di un numero maggiore alle 20 unità.

autonomo ha mostrato segni di rallentamento. Recentemente, la propensione degli europei verso questo tipo di attività si è ridotta, anche a causa della crisi socio-economica (European Commission 2012). In questo senso, un aspetto che giustifica l’attenzione rivolta dagli attori pubblici a questa specifica tipologia di interventi è dovuto alla carenza di ricambio generazionale nel lavoro indipendente. Infatti, come è stato evidenziato nel secondo capitolo, in Italia dal punto di vista socio-demografico i lavoratori indipendenti si caratterizzano per l’appartenenza alla fascia più adulta della popolazione (oltre che per la preponderanza della componente maschile). Da questo punto di vista, pur tenendo conto dell’età più avanzata con cui si accede alla carriera di lavoratore indipendente, emerge una certa difficoltà delle giovani generazioni nell’avvio di impresa. Si tratta, però, di una problematicità che riguarda non solo i giovani: infatti, secondo i dati della Banca Mondiale, l’Italia è agli ultimi posti per “facilità nell’avvio di impresa”. Il Progetto Doing Business117, che dal 2002 monitora, in più di 183 paesi, i diversi fattori118che favoriscono la nascita di un’attività, colloca, per il 2014, l’Italia al 90° posto, con un peggioramento di 6 punti rispetto alla classifica 2013 (World Bank 2014).

Il secondo aspetto che caratterizza la demografia di impresa riguarda la crescita dimensionale delle stesse. Infatti, anche laddove in Europa si creano nuove imprese, queste crescono più lentamente che negli USA: a tal proposito, Philippon e Veron (2008) evidenziano come tra i giganti industriali europei si possano contare solo 12 imprese nate nella seconda metà del ventesimo secolo119, di cui 3 nate dopo il 1975. A tal proposito, gli autori che sostengono che la creazione di nuove imprese non sia necessariamente portatrice di nuovi posti di lavoro evidenziano come siano proprio la difficoltà nell’effettuare il salto dimensionale, nonché le numerose variabili che influiscono su questo processo, a costituire le maggiori criticità in cui incorrono le nuove imprese. In un testo dal titolo esemplificativo Illusion of Entrepreneurship. The Costly Myths that Entrepreneurs, Investors and Policy Makers Live By, Shane (2008) afferma che la convinzione generale per cui le nuove start-up sono in grado di migliorare le condizioni socio-economiche di regioni economicamente depresse creando nuovi posti di lavoro, non possa essere considerata valida in senso assoluto. Infatti, pur essendoci  specie nel contesto americano  molti esempi positivi120, ve ne sono molti altri che falliscono dopo pochi anni, in quanto i fattori intervenienti sono molti. A tal proposito, Shane evidenzia come la maggior parte delle nuove aziende da lui osservate si avvicini molto più all’attività consulenziale piuttosto che a quella imprenditoriale. Ne derivano quindi alcune implicazioni per i 117Cfr. http://doingbusiness.org/

118Tra questi fattori si citano ad esempio le norme e le regolamentazioni finalizzate a favorire lo sviluppo dell’imprenditoria.

119 Secondo il medesimo contributo (Philippon e Veron 2008), negli Stati uniti il numero di grandi colossi industriali nati dopo il 1950 è pari a 51, di cui 26 sono state create dopo il 1975.

120A titolo esemplificativo si pensi ai casi di Google, EasyJet o Wal Mart: sono tutte imprese relativamente giovani, di successo che in poco tempo hanno saputo creare posti di lavoro. Tuttavia, è anche vero che gli esempi citati fanno parte di un ristretto gruppo di start-up che, avendo un tipo di mercato ancora poco denso, hanno potuto contare su un’elevata crescita dimensionale.

policy maker: infatti, l’attuazione di politiche pubbliche di incentivo alla creazione di nuove imprese dovrebbe accompagnarsi alla consapevolezza che è necessaria un’accurata selezione, al fine di indirizzare gli investimenti laddove è più probabile che si creino imprese con un ampio potenziale di crescita. Shane (2009) evidenzia come la prassi nell’utilizzo di finanziamenti a pioggia per la creazione e il sostegno di nuove imprese, sia negli Stati Uniti sia in Europa, abbia esiti spesso difficili da quantificare: il rischio è di produrre imprese marginali, che creano pochi posti di lavoro e con elevate percentuali di insuccesso. Inoltre, Shane sottolinea come tale selezione sia attuabile seguendo modelli di valutazione che prendano in considerazione diversi aspetti tra cui anche le ambizioni di crescita imprenditoriale del/dei fondatori e le potenzialità del mercato.

Tuttavia, anche l’imprenditore desideroso e capace di espandersi viene condizionato dalle facilitazioni o dagli ostacoli presenti nel contesto. Per quanto riguarda nello specifico il ruolo delle istituzioni, molta letteratura ha evidenziato come esse influenzino la riconoscibilità delle opportunità di business e il valore ad esse attribuite. In particolare, si ritiene che gli individui imprenditoriali tendano a incanalare i propri sforzi in attività autonome o imprenditoriali anche in base alla qualità delle istituzioni economiche, politiche e giuridiche  che garantiscono ad esempio i diritti di proprietà  e della distribuzione della ricchezza attraverso una tassazione equilibrata. Vi sono quindi fattori ambientali che influenzano la spinta imprenditoriale: nel caso italiano, la presenza di un quadro normativo complesso e poco snello, caratterizzato da iter lunghi e con forti elementi di incertezza interpretativa, unito ai consistenti oneri amministrativi e burocratici121, esercita un ruolo di freno che si traduce in una barriera verso l’imprenditorialità. Non è un caso, infatti, che alcune delle recenti misure a favore della creazione di impresa si siano concentrate proprio su questi aspetti, introducendo alcune semplificazioni amministrative a favore delle nuove imprese e in particolare giovanili122.

121Gli oneri burocratici nel contesto italiano costituiscono un freno rilevante alla creazione di impresa, come viene evidenziato anche dalla cronaca quotidiana, che spesso mette in evidenza le difficoltà del rapporto tra istituzioni e imprese. Queste vengono descritte come schiacciate da “un groviglio di leggi”, talvolta in contraddizione tra loro a seconda dell’ente coinvolto.

Prendendo spunto da buone prassi a livello internazionale, quello che le istituzioni potrebbero fare è molto. A titolo esemplificativo, si cita il caso di un azienda di ceramiche emiliana che, a inizio 2014, ha aperto uno stabilimento in Tennessee (USA), dove ha avuto a disposizione un assistente dedicato per risolvere eventuali problemi burocratici che si potevano presentare costruendo lo stabilimento. Un ingegnere dell’azienda nella giornata di inaugurazione del sito statunitense ha affermato: “chi investe è visto come colui che porta qualcosa

di positivo sul territorio, quindi le istituzioni si adoperano con determinazione per agevolarlo, non danno dollari ma crediti fiscali, servizi e perfino infrastrutture, che vengono finanziate e costruite dalle autorità locali”

(Crepaldi, 2014).

Al contrario, la situazione italiana viene descritta con una serie di disavventure burocratiche e fiscali, in cui spesso incorre un lavoratore indipendente: Furini a tal proposito fornisce un racconto ironico della sua avventura da lavoratore autonomo nel testo di Volevo solo vendere la pizza. Le disavventure di un piccolo

imprenditore (2007).

122 In particolare si fa riferimento alle Srl semplificate (art. 2463 bis C.C., art. 3 D.Lgs. n.1/2012) e alla normativa sulle start-up innovative (L. n. 221/2012).

A questi elementi si somma un ulteriore aspetto che costituisce un vincolo rilevante per l’avvio di impresa e che è relativo alla difficoltà di accesso al credito. Di conseguenza, al fine di sostenere la nascita di imprese con un buon potenziale di crescita, è necessario favorire lo sviluppo di un contesto in cui le istituzioni locali, nei vari livelli politico, formativo, imprenditoriale e finanziario, si impegnino in una prospettiva comune.