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E’ POSSIBILE IMPARARE A “FARE L’IMPRENDITORE”?

Come è stato indicato nel precedente paragrafo, l’Unione Europea ha enfatizzato il ruolo della formazione finalizzata all’imprenditoria, nell’ottica di trasmettere e rafforzare le conoscenze formali rispetto al mondo dell’impresa e del lavoro autonomo, ma soprattutto con l’intento di sviluppare competenze trasversali quali la “creatività, lo spirito di iniziativa, la tenacia, il lavoro di squadra, la conoscenza dei rischi e il senso di responsabilità” (Commissione Europea 2013, 6).

La letteratura conferma l’importanza rivolta dalle istituzioni a questo strumento, che costituisce una strategia efficace nel creare un clima favorevole e nell’incrementare l’attrattiva verso la carriera imprenditoriale (Drucker 1985; Muffato, Giacon, Saeed 2012). Le iniziative formative hanno incominciato a diffondersi in particolare a livello universitario (Neergaard e Ulhøi 2007), sia attraverso insegnamenti curriculari sia attraverso competizioni e laboratori operativi. Da questo punto di vista, le azioni dei servizi di supporto formativo per lo sviluppo di una carriera imprenditoriale possono essere suddivisi in base alla finalità in tre categorie:

 educazione e diffusione della cultura imprenditoriale, ovvero interventi di socializzazione e azioni di sensibilizzazione, rivolti sia a studenti delle scuole primarie, secondarie o universitari, sia attraverso laboratori di mini-impresa, competizioni, tirocini ecc. (per stimolare l’interesse a la curiosità verso la carriera imprenditoriale sia ad adulti) sia attraverso seminari generali sul fenomeno imprenditoriale e testimonianze dirette (che facciano cogliere l’imprenditorialità come una reale opportunità);

 orientamento imprenditoriale, differenziato a seconda della tipologia di utenti  informativo e di analisi delle opportunità per chi ha già avviato o sta avviando un percorso di lavoro autonomo, oppure formativo per chi deve costruire il proprio progetto professionale;

 formazione imprenditoriale modulata e personalizzata sulla base delle esigenze dell’utente e di specifici gap formativi da colmare.

Un aspetto basilare da cui è necessario partire per l’analisi degli interventi formativi è la questione se l’entrepreneurial behaviour sia trasmissibile o meno. Infatti, come è stato indicato nel primo capitolo, la figura dell’imprenditore si caratterizza per un insieme di fattori che influenzano il suo percorso e che comprendono variabili ambientali ed individuali, conoscenze tecniche e abilità trasversali: in questo contesto, la forte componente legata all’individuo e alla sua personalità sembrerebbe indicare che una formazione imprenditoriale sia molto difficile da trasmettere. Tuttavia, già nel 1985 Drucker affermava: “The entrepreneurial mystique? It’s not magic, it’s not mysterious, and it has nothing to do with the genes. It’s a discipline. And, like any discipline, it can be learned” (pag.77). Successivamente anche altri autori hanno confermato questa ipotesi (Akola e Heinonen 2007). In particolare Brockhaus, cercando di rispondere alla domanda se fosse possibile insegnare a qualcuno ad essere un imprenditore, rispondeva con una metafora paragonando l’imprenditore ad un artista: per entrambi vale il principio che, su una base di predisposizione e abilità personali, si sommano competenze e conoscenze tecniche (Brockhaus 1994) .

Ma quali sono gli elementi costitutivi e gli obiettivi che caratterizzano la formazione imprenditoriale? È chiaro che, per i motivi sopra evidenziati, essa non può essere finalizzata solo all’acquisizione di conoscenze, ma deve essere una formazione aperta (Fraccaroli e Vergani 2004) in cui parte dei contenuti saranno definiti in base ai destinatari di riferimento e ai diversi progetti individuati. Infatti, se da un alto alcuni aspetti tecnici e normativi sono trasmissibili con modalità di insegnamento anche frontali, altri elementi sono di natura esperienziale e presuppongono una formazione di tipo laboratoriale, orientata al ruolo imprenditoriale. Pensando alle caratteristiche di un imprenditore o un lavoratore autonomo di successo, gli obiettivi classici della formazione  sapere, saper fare e saper essere  (Quaglino e Carrozzi 1989) si possono declinare come segue:

 sapere inteso come conoscenze apprese e codificate, legate alla padronanza tecnica del settore di riferimento o degli aspetti amministrativi-gestionali;  saper fare ovvero la padronanza delle abilità pratiche e l’esperienza

specifica che permette di affrontare la prassi lavorativa, che si traduce nella conoscenza delle dinamiche di mercato e operative del settore di riferimento nello specifico contesto in cui opera;

 saper essere, che coinvolge la capacità comprendere il contesto e di adottare i comportamenti appropriati, coinvolgendo quindi il sistema di valori, le aspettative e le motivazioni.

Tali aspetti, come evidenzia lo stesso Quaglino (2005, 37) sono distinguibili analiticamente, mentre nella realtà sono strettamente intersecati, in quanto il piano

cognitivo, operativo ed emotivo sono strettamente connessi. Tanto più che, come evidenzia Corno (1989, 56), il sapere imprenditoriale è di per sé un sapere orientato al fare: esso, infatti, non è uno schema conoscitivo astratto, ma la condizione preliminare necessaria per decidere e per agire. Si pensi, ad esempio, ad un imprenditore o ad un potenziale imprenditore che discute dei metodi e delle risorse alternative per conseguire degli obiettivi specifici: la scelta tra le diverse soluzioni avviene non solo in virtù delle informazioni cognitivamente possedute, ma anche grazie al possesso di un sapere pratico e di una visione generale. Come evidenziato anche nel primo capitolo, alla base di ciò vi è il superamento della concezione dell’homo economicus, ovvero dell’idea che l’uomo agisca sempre con una razionalità di tipo olimpico, per cui è sempre possibile individuare la decisione migliore attraverso l’incremento gli elementi conoscitivi. Tuttavia, ormai da tempo è risaputo che gli agenti sono soggetti a comportamenti strategici, asimmetrie informative, mappe cognitive, elementi culturali e valoriali che condizionano il comportamento e le decisioni.

Quindi cosa si intende e come dovrebbe essere strutturata una formazione all’imprenditorialità? Poiché una formazione si struttura attraverso l’individuazione di obiettivi, destinatari metodi didattici e docenti, si cercherà nelle prossime righe di fornire un quadro di quanto evidenzia la letteratura. Prima di affrontare questi aspetti singolarmente è opportuno circoscrivere l’ambito di osservazione: come afferma Alberti (1999), spesso nella pratica vi è un po’ di confusione tra le espressioni “formazione imprenditoriale”, “formazione aziendale”, “formazione per i piccoli imprenditori”. Anche la letteratura non mostra un quadro omogeneo. L’elemento discriminante in tal senso riguarda la finalità e gli obiettivi ultimi della stessa: infatti, si passa da definizioni molto restrittive, per le quali la formazione imprenditoriale è un processo che dovrebbe portare alla creazione di impresa (Bandura, 1996), ad altre molto ampie che comprendono tutti i percorsi formativi che hanno lo scopo di incrementare la capacità di problem solving e l’autostima (Commissione delle Comunità Europee, 2006). Tra questi due estremi si collocano una serie di posizioni sottolineano da un lato il ruolo di incoraggiamento della formazione, aumentando la consapevolezza dell’imprenditorialità come scelta di carriera, dall’altra la funzione di stimolo della capacità di agire in modo impeditivo (Commissione delle Comunità Europee, 2006). In generale, come osserva Alberti (1999), per sopperire alla frammentarietà della produzione teorica, è necessario specificare di volta in volta a quale specifico segmento ci si riferisce, in quanto le diverse letture relative al ruolo della formazione nel campo dell’imprenditorialità, assumono una maggiore coerenza interna se relativizzate rispetto agli obiettivi, alle metodologie didattiche, agli insegnanti e ai destinatari. In tal senso è di primaria importanza definire l’obiettivo della formazione in base al contesto in cui è inserita, in quanto da esso discendono gli aspetti operativi di definizione del progetto formativo e quindi i soggetti coinvolti a vario titolo e i contenuti pedagogici (Mwasalwiba 2010) .

Procedendo con ordine, si cercherà di analizzare gli aspetti sopra richiamati, a partire da uno degli elementi che maggiormente condiziona l’approccio alla formazione imprenditoriale, ovvero la tipologia di destinatari (Hytti e Kuopusjärvi 2004). Infatti, come evidenzia Alberti (1999), si potrebbe presumere, di primo acchito, che questo tipo di formazione sia rivolta esclusivamente a chi desidera aprire un’attività imprenditoriale; tuttavia, considerando l’accezione ampia di imprenditorialità sopra accennata, la platea di destinatari si allarga a tutti coloro che potenzialmente possiedono caratteristiche imprenditoriali. Block e Stumpf (1992) identificano alcune categorie di soggetti che possono essere riassunte come segue.

 Imprenditori, lavoratori autonomi o professionisti, potenziali imprenditori che sentono la necessità di una formazione manageriale. In questi casi, il contenuto della formazione si colloca prevalentemente sul piano dell’apprendimento tecnico dei diversi aspetti relativi allo sviluppo di un idea imprenditoriale e di tipo gestionale e amministrativo. In tal senso, la Commissione europea (European Commission 2012, 44) evidenzia come si possa operare una distinzione tra soft entrepreneurial skills (ad esempio abilità comunicative e relazionali) e hard entrepreneurial skills (ad esempio la redazione del business plan).

 Soggetti interessati a trasmettere competenze imprenditoriali come manager, che intendono alimentare la capacità di iniziativa e di intraprendenza tra i propri collaboratori, consulenti che possono influenzare le dinamiche imprenditoriali, docenti che sono interessati a sviluppare capacità e competenze di supporto ai potenziali imprenditori ed in generale persone interessate ad alimentare lo spirito imprenditoriale nel proprio contesto di riferimento.

 Studenti delle scuole primarie, secondarie o universitari, in cui la formazione ha una valenza fortemente educativa e mira a sviluppare attitudini ed abilità imprenditoriali, senza necessariamente il presupposto di realizzare un’attività di impresa nell’immediato.

Figura 12 – I diversi ruoli della Formazione imprenditoriale

Fonte: adattato da Hytti e O’Gorman, 2004, p.13

È chiaro che a destinatari così eterogenei corrispondono contenuti didattici e obiettivi multiformi (Figura 12). A tal proposito, alcuni autori hanno elaborato un quadro di riferimento, riconducibile a tutti destinatari sopra identificati, che richiama gli obiettivi peculiari della formazione imprenditoriale (Hytti e O’Gorman 2004, Heinonen e Poikkijoki 2006). Questi possono essere riassunti come segue e come riportato in Figura 12.

 Insegnare a capire l’imprenditorialità. Da questo punto di vista, ci si riferisce all’area della conoscenza (knowledge): l’obiettivo è quello di far conoscere l’imprenditorialità e il ruolo specifico che gli imprenditori giocano nel contesto economico di riferimento e nella società. Si richiama quindi la necessità di trasmettere, nei programmi formativi, anche gli aspetti normativi e valoriali che il ruolo imprenditoriale ricopre per la società. Accanto a ciò, un altro elemento che concerne la sfera della conoscenza riguarda la trasmissione delle conoscenze operative finalizzate all’avvio di un’azienda e alla sua gestione (produzione, management, marketing).

 Insegnare a diventare impeditivi (attitude). Quest’aspetto della formazione imprenditoriale mira a modificare gli atteggiamenti in modo da orientarli verso la responsabilità personale e la riflessività rispetto allo sviluppo della propria vita e carriera. E questo l’elemento che i documenti ufficiali

KNOWLEDGE

 Comprensione dell’economia e del mondo del lavoro.

 Abilità nell’identificare le opportunità.  Aspetti etici.

 Conoscenza delle fasi d’avvio di un’azienda e dei suoi ambiti procedurali (produzione, management, marketing).

SKILLS/KNOW HOW

 Pianificare, organizzare e gestire progetti.

 Lavorare sulla propria iniziativa e come parte di un team.

 Identificare e valutare i punti di forza e debolezza.

 Valutare e assumersi rischi.

 Capacità di negoziare e contrattare.

IMPRENDITORIALITÀ: TRASFORMARE LE IDEE IN AZIONE

ATTTUDE

Iniziativa, dinamismo, indipendenza, tenacia, creatività, innovazione, volontà di perseguire i propri obiettivi,

sottolineano come valore aggiunto della formazione imprenditoriale, in quanto mira a sviluppare quegli atteggiamenti proattivi, flessibili e adattivi che sono tipici dei contesti di lavoro di tipo post fordista. Si tratta quindi di un processo di empowerment individuale, che si pone l’obiettivo di incrementare lo spirito di iniziativa, l’autostima, l'autoefficacia e l'autodeterminazione al fine di far emergere tutte le risorse dell'individuo. In questo senso, la formazione imprenditoriale mira a rafforzare quegli elementi che nel primo capitolo sono stati enunciati sotto l’etichetta motivazione e personalità dell’imprenditorie136. In particolare si richiama il need of achevement (McClelland 1965), la propensione al rischio e la self-efficacy (Bandura 1996).

 Insegnare a diventare imprenditori (skill), che riguarda l’obiettivo della formazione imprenditoriale di fornire tutte le abilità e le informazioni necessarie per avviare una nuova attività imprenditoriale: si tratta quindi di trasmettere come pianificare, gestire e valutare l’attività in termini non tanto di conoscenze quanto di capacità.

Come evidenziano Hitty e O’Gorman (2004), quella sopra proposta è una sintesi analitica in quanto ciascun aspetto si trova in qualsiasi percorso di formazione imprenditoriale, anche se in combinazioni e pesi diversi a seconda dei destinatari e del contesto della stessa. È chiaro, infatti, che una formazione rivolta a studenti delle scuole medie o superiori avrà finalità maggiormente legate allo sviluppo di un atteggiamento imprenditivo, di una mentalità e di una cultura imprenditoriale, mentre un momento formativo rivolto a potenziali imprenditori avrà l’obiettivo di fornire conoscenze più tecniche (ad esempio problem solving, negoziazione, pianificazione ecc.).

I risultati e gli obiettivi di un percorso di formazione imprenditoriale, inoltre, non sono solo di tipo formativo ma possono anche essere definiti sulla base delle ricadute esterne: un indicatore può essere il numero di avvii di impresa o il numero di partecipanti impiegati in un ruolo di lavoratore indipendente o di manager. A testimonianza dei risultati ad ampio spettro della formazione imprenditoriale, si cita, a titolo esemplificativo, un’indagine della Commissione europea che misura gli esiti dei programmi formativi confrontando un gruppo di studenti universitari che ha seguito corsi di educazione e formazione imprenditoriale con un gruppo di controllo (European Union 2012). Lo studio evidenzia che i primi possiedono, rispetto ai secondi, sia una maggiore intenzione di avviare attività imprenditoriali sia una più elevata occupabilità.

Andando poi ad analizzare nello specifico le caratteristiche dei programmi formativi, la letteratura (Hytti e O’Gorman 2004) suddivide le metodologie di insegnamento in attive e passive: le prime sono di natura tradizionale, mentre le 136Cfr. paragrafo 1.5

seconde sono più innovative e finalizzate a coinvolgere direttamente gli studenti, che possono sperimentare il ruolo dell’imprenditore attraverso laboratori e competizioni grazie alla consulenza di tutor ed esperti. In questo senso viene valorizzata l’interazione, il learning by doing, e il riferimento a casi concreti (Heinonen e Poikkijoki, 2006). A questo scopo, il docente assume un ruolo simile a quello di un facilitatore: spesso il confronto con i docenti diviene un vero e proprio supporto nella realizzazione di prodotti quali il business plan. A tal proposito, inoltre, Hytti e O’Gorman (2004) sottolineano l’importanza di momenti in cui vi sia il coinvolgimento di operatori (imprenditori e manager) e osservatori privilegiati del mondo dell’impresa, in grado di trasmettere in maniera esperienziale il ruolo imprenditoriale. Dal punto di vista contenutistico la formazione imprenditoriale presenta una certa eterogeneità nell’offerta didattica, spaziando dalle discipline aziendali a contenuti di natura sociologica o psicologica137(Alberti 1999).

In riferimento alla necessità di fornire una formazione che non sia solo contenutistica ma anche esperienziale, la letteratura sottolinea come spesso i corsi mirano a fornire soprattutto delle conoscenze “about entrepreneurship” piuttosto che “for entrepreneurship”138 (Mwasalwiba, 2010). Con la prima espressione ci si riferisce alla trasmissione di conoscenze relative alla creazione di nuove imprese e alla gestione del business, mentre con la seconda ci si riferisce alla necessità di sviluppare gli atteggiamenti e le abilità imprenditoriali. È chiaro che tale distinzione è più netta dal punto di vista teorico ed analitico di quanto non accada dal punto di vista operativo: infatti, è plausibile che, in un percorso formativo, vengano fornite ai partecipanti sia conoscenze generali sul fenomeno dell’imprenditorialità sia strumenti che permettano di sviluppare abilità e competenze relative alla scoperta ed alla valorizzazione delle opportunità di impresa.

Infine si ricorda che, come evidenziato anche in precedenza, l’Unione Europea ha indicato nell’imprenditorialità una delle competenze chiave da sviluppare attraverso la formazione continua, fin dalla scuola primaria, non associandola quindi specificamente alla realizzazione di un’attività imprenditoriale o autonoma. Tuttavia, da un punto di vista operativo, le prime iniziative riguardanti l’educazione imprenditoriale realizzate nell’ambito di una strategia formativa a carattere nazionale sono state attivate nel 2004 in Regno Unito e Norvegia; successivamente, anche altri Paesi europei hanno adottato dei piani organici al riguardo (Eurydice 2012). L’Italia, fino ad oggi, non ha avviato piani organici e le iniziative presenti sono caratterizzate da una certa frammentazione e si tratta prevalentemente di progettualità realizzate a livello locale.

137Un’ampia rassegna di possibili metodologie didattiche e contenuti formativi è fornita da Brockhaus (2001).

138 Tale distinzione, pur essendo presente in molta letteratura, non è sempre univoca: infatti, alcuni attribuiscono alla formazione about entrepreneurship (o in entrepreneurship) il compito di stimolare l’imprenditività e l’imprenditorialità, mentre a quella for entrepreneurship di fornire le informazioni necessarie per l’avvio di nuove imprese (Hytti e O‟Gorman, 2004; Mwasalwiba, 2010).