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Alcune basilari distinzioni

Nel capitolo precedente l'attenzione è stata concentrata sull’assetto strutturale degli uffici requirenti e sulle coordinate organizzative dell’esercizio dell’azione penale di cui il procuratore deve tener conto per la redazione del documento programmatico dell’ufficio. È stato spiegato che il procuratore può organizzare l’attività anche in base al criterio della specializzazione. Bisogna identificare il fenomeno specialistico considerato ai fini della ricerca, e, a tal fine, giova premettere alcune basilari distinzioni.

Viene in rilievo un concetto di specializzazione requirente in funzione del contesto organiz- zativo della procura oppure delle tecniche d’investigazione che i magistrati utilizzano. A proposito della dimensione organizzativa, la specializzazione si manifesta nella compagine strutturale dell’uf- ficio, in qualità di criterio atto a direzionare l’attività requirente distinguendo gli affari da trattare per categorie delittuose o per tipologie di procedimenti. Come tecnica esplorativa, invece, la specializ- zazione è un canone cui il singolo magistrato ispira l’attività d’indagine e grazie al quale può gestirne gli sviluppi; viene messa in pratica l’esperienza specializzata che questi ha maturato nel contrasto di particolari fenomenologie criminose e si attua un miglior coordinamento delle forze di polizia.

La specializzazione può essere definita lato sensu investigativa in relazione a entrambe le citate forme di manifestazione, perché si propone in ogni caso l’obiettivo di gestire efficacemente l’attività d’indagine nella fase iniziale del procedimento penale.

In quanto fenomeno, la specializzazione è stata elaborata nella prassi delle forze di polizia e dei giudici istruttori sotto le sembianze di particolari strategie d’indagine volte a incrementare le chances di successo nella repressione del terrorismo ideologico e della criminalità mafiosa. Questa circostanza ha imposto ben presto un adeguamento degli assetti organizzativi del pubblico ministero rispetto all’attività di polizia, anch’essa esercitata secondo criteri di specializzazione, perché, altrimenti, la dipendenza nei confronti dell’autorità giudiziaria non sarebbe risultata né effettiva né plausibile (v.

110 L’analisi che si propone circa l’evoluzione della specializzazione considera in effetti una pluralità di espressioni: specializzazione come criterio, come principio e come fenomeno. Il trait

d’union si profila, però, nelle giustificazioni alla base dell’opportunità di specializzare la funzione

requirente.

2.1.1 Giustificazioni al bisogno di specializzare la funzione requirente e perché è (ancora) necessario farlo

Anche a seguito della riforma sull’organizzazione degli uffici requirenti, è confermata la titolarità diffusa dell’azione penale. Il modello italiano di esercizio del potere requirente si basa infatti sulla diversificazione delle funzioni per evitare la formazione di centri di potere, attribuendone per l’appunto in maniera diffusa la responsabilità. A ben vedere, è un bene anche per la finalità di repressione dei fenomeni criminosi.

Considerando che, almeno negli ultimi due decenni, le fenomenologie criminose sono andate incontro a un’evidente diversificazione, sia per natura che per dimensioni, occorrono magistrati e operatori di polizia giudiziaria in grado di gestire le nuove sfide avanzate dalla criminalità grazie anche all’uso delle tecnologie moderne. Vuol dire che per non essere colti alla sprovvista, i magistrati e le forze dell’ordine devono sviluppare conoscenze ulteriori rispetto alla formazione giuridica tradizionale, che se il sapere fosse tutto concentrato nello spazio di un ufficio, ancorché iper- specializzato (v. infra par. 2.1.3), non sarebbe centrato l’obiettivo di tutelare la sicurezza generale.

Rifacendosi al caso delle nuove tecnologie, non è revocabile in dubbio che, a seguito della loro massiva diffusione, l’utilizzo illecito degli strumenti informatici possa cagionare danni irreparabili in rapporto alla platea delle potenziali vittime: hacking, pedopornografia digitale, adescamento di minorenni, truffe e-commerce, phishing, accesso abusivo e danneggiamento di sistemi informatici o telematici, addestramento ad attività con finalità di terrorismo con strumentazioni informatiche o telematiche, ecc. In altri termini, il contrasto al cybercrime, sin dalla Convenzione di Budapest del Consiglio d’Europa (188), è uno degli esempi più evidenti che testimoniano il processo di diversificazione degli atti penalmente rilevanti. Ma vale altrettanto per i reati ambientali o per quelli che ineriscono all’infortunistica del lavoro, ai reati societari, alla colpa professionale, al settore tributario o ancora alle questioni connesse all’immigrazione, ecc.

111 A fronte di simili evenienze, se non si dispone di tecniche di contrasto specializzate e calibrate sui fatti che di volta in volta vengono in rilievo, è facile che magistratura e polizia si trovino a operare in condizioni di concreto svantaggio. Sul terreno dell’efficienza e dell’efficacia investigativa, il pubblico ministero che non fosse professionalmente aggiornato avrebbe come solo criterio-guida il caso o l’arbitrio. E allora, a meno che non si volesse procedere per tentativi, il criterio di specializzazione assume un valore essenziale di supporto per tutti coloro che esercitano o che coadiuvano l’attività requirente.

Ciò, non soltanto in forza del già accennato processo di diversificazione dei fenomeni criminosi, ma anche in vista della possibilità di migliorare l’affidabilità dell’analisi condotta sui processi di criminalizzazione. Parte della dottrina, infatti, ritiene che la specializzazione offra tutte le garanzie di qualità e di quantità necessarie all’attività giudiziaria per fare bene e in fretta il proprio lavoro, al pari di quanto avvenga, per esempio, in ambito medico-sanitario: così come fa il medico specialista, il magistrato che tratta una quantità considerevole di casi analoghi offre maggiore garanzia di attendibilità nella resa operativa, la quale, giocoforza, risulta apprezzabile anche in senso qualitativo (189). L’affermazione è in parte condivisa. Nella misura in cui si riconosca l’impossibilità di aumentare al bisogno l’organico dei magistrati, è necessario ripartire questi ultimi in gruppi specializzati che operino all’interno delle procure.

Per individuare i tratti distintivi della specializzazione investigativa e per fornire una definizione realmente attendibile del criterio, non può essere tralasciato, dunque, l’esame di entrambe le dimensioni, sia singola dei magistrati che associata dei gruppi di lavoro. E, siccome lo scopo della specializzazione requirente è di affinare le abilità d’inchiesta, vanno per prima cosa chiariti i tre elementi costitutivi.

(189) Appaiono condivisibili le riflessioni di M.VIETTI, Mettiamo giudizio. Il giudice tra potere e servizio, Milano,

Università Bocconi Editore, 2017, 20-23, che, offrendo un commento sulla propria proposta di riforma dell’ordinamento giudiziario (Cfr. retro nota n. 94), giova qui richiamare nei tratti essenziali. L’opinione dell’A. è che al pari dell’attività medico-sanitaria, anche per l’attività giudiziaria valga il principio di equivalenza “qualità è specializzazione”; in particolare, spiega che «un medico generico può essere preparato e avere un buon fiuto diagnostico, ma quando la patologia si fa complessa è meglio andare dal cardiologo o dal neurologo. Da uno specialista, insomma. Non è diverso per il giudice: le sentenze di un giudice “generico” avranno inevitabilmente un minor spessore tecnico-giuridico e un maggior margine di “casualità”». Inoltre, a proposito della quantità, l’A. spiega che sia necessaria una «massa critica» che consenta di pervenire alla soluzione più consona al caso concreto; riporta che in base a uno studio di tipo statistico, un laboratorio di analisi che faccia meno di 150mila esami all’anno offre risultati che non sono pienamente attendibili, di talché «c’è un numero minimo sotto il quale la qualità non può essere misurata e quindi assicurata all’utente». In ambito giudiziario, questa massa critica si potrebbe ottenere soltanto con la creazione di sezioni specializzate. Se tanto vale per il giudice, a maggior ragione deve valere per il pubblico ministero, che è l’organo deputato alla raccolta degli “elementi diagnostici” (leggasi: prove).

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2.1.2 Gli elementi che compongono la specializzazione

La formazione professionale rappresenta il primo tassello della specializzazione.

A questo proposito, nell’ambito della riforma dell’ordinamento giudiziario, il d. lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, ha istituito la Scuola Superiore della Magistratura. La l. 30 luglio 2007, n. 111, ha apportato alcune modifiche sull’impianto originario dell’offerta formativa e dal 2012 si prevede una formazione a tutto tondo, con programmi di studio regolarmente aggiornati e diversificati.

Nell’ambito dei corsi di aggiornamento professionale sono previsti studi specifici in materia di organizzazione e gestione del lavoro all’interno degli uffici giudiziari (190). In particolare, a fini di ricerca va messo in risalto l’invito che gli esperti formatori rivolgono ai (futuri) dirigenti di favorire le specializzazioni interne alle procure, da realizzare principalmente attraverso la costituzione di apposite sezioni e gruppi di lavoro (191).

La pratica invalsa presso gli uffici di maggiori dimensioni di costituire spontaneamente gruppi di lavoro specializzati per aree omogenee di materia entra così a far parte della formazione dei futuri dirigenti, assicurando la sopravvivenza del modello specializzato nei vari passaggi generazionali.

L’esperienza è il secondo elemento essenziale del fenomeno specialistico.

Attraverso la promozione della specializzazione quale strumento pratico di lavoro, si punta a selezionare le modalità operative che diano garanzie di efficacia alle iniziative investigative in termini di rapporto costi-benefici. A parità di alternative, infatti, è l’esperienza del magistrato a giocare un ruolo decisivo nella scelta della strategia vincente. Se aumenta il grado di specializzazione, in condizioni di normalità incrementa anche il livello di certezza per la buona riuscita delle operazioni esplorative.

Si valuti la seguente situazione. In un procedimento che vede imputati del reato di stalking o di maltrattamenti il convivente della persona offesa, un suo prossimo congiunto o una persona legata in precedenza da vincoli affettivi, l’esperienza del magistrato nella scelta delle opzioni investigative può (nei casi più delicati) salvare la vita della vittima, prevedendo e, quindi, evitando per tempo una pericolosa escalation di violenza. Non è affatto diverso, per esempio, il caso dei fenomeni criminosi che s’instaurano nell’ambito dei rapporti economici fra operatori finanziari e societari, dove la conoscenza delle meccaniche imprenditoriali porta allo scoperto con più facilità gli abusi e le condotte

(190) Sin dal 1998, per la verità, erano previsti programmi di aggiornamento professionale a cura del Consiglio

superiore che vertevano, fra le altre cose, sulla costituzione dei gruppi specializzati (pool). Che questa particolare formazione coincida con l’anno 1998, non è affatto una circostanza casuale. Lo vedremo parlando delle fasi evolutive della specializzazione. Cfr. CSM, Programma dei corsi di formazione e di aggiornamento professionale per i magistrati 1998, in QCSM, 1998, n. 93, 39.

113 fraudolente nello scambio di merci o di capitali, soprattutto quando gli scambi sono finalizzati anche a ottenere sgravi fiscali tramite il meccanismo di compensazione delle fatture credito-debito, e via così discettando.

Il terzo elemento si pone quale sintesi dei primi due e si sostanzia nell’aggregazione delle capacità acquisite sul campo. Attraverso l’aggregazione delle competenze si attua il passaggio dalle specializzazioni dei singoli ai gruppi di lavoro specializzati. Favorendo lo scambio delle conoscenze, essa contribuisce alla formazione di piccole centrali deputate allo smaltimento degli affari penali, che si connotano per il grado specializzato del potenziale investigativo in ordine a specifiche tipologie di reato o per tipo di procedimento. Più complessa appare la notizia di reato, maggiore sarà l’impegno richiesto agli inquirenti.

In tale prospettiva, se il magistrato designato per la trattazione ha acquisito competenze specializzate nella risoluzione delle problematiche sottese al caso di specie, ben può conoscere con largo anticipo quali sono le modalità operative che possono condurre meglio di altre alla trasformazione delle informative in accuse formali. Si dimostrerà, infatti, che già in passato l’intuizione di aggregare le competenze specializzate è risultata decisiva per l’abbattimento delle strutture delinquenziali più complesse.

In aggiunta, occorre tenere presente che, com’è noto, ogni anno confluiscono mediamente nel bacino di una procura della Repubblica migliaia di presunti reati. Se i componenti dell’ufficio non possiedono le capacità tecnico-organizzative idonee per consentirgli di operare come specialisti nella varietà e nella complessità dei settori criminosi, evitare l’accumulo degli affari non è certo cosa di poco momento.

Poiché il possesso di tali capacità non è innato, bisogna giustappunto seminarlo attraverso la formazione, coltivarlo con l’esperienza e condividerlo con gli altri magistrati. Dalla combinazione di tali fattori si ottiene la specializzazione.

2.1.3 Iper-specializzazione: way over

La specializzazione va tenuta distinta dall’iper-specializzazione. Benché appaiano fra loro in continuità logica, nei fatti quel che separa l’una dall’altra è il modo di esercitare i poteri requirenti. Rispetto all’attività investigativa, unicamente l’iper-specializzazione presta il fianco a un approccio di tipo riduzionista, che si basa su un’eccessiva scomposizione della realtà fattuale oggetto di accertamento. In altri termini, l’iper-specializzazione comporta la frammentazione del sapere e instillerebbe nei magistrati il pensiero – se non anche la convinzione – di ridurre la propria attività

114 all’ambito specialistico che più gli confà, con la conseguenza di ritenersi, invece, esonerati dall’impegnarsi con altrettanta motivazione e con perizia nelle altre questioni. L’approccio del magistrato iper-specializzato è ripiegato su se stesso, ha l’effetto di deresponsabilizzarlo. Ciò, nonostante che l’ambiente di procura sia aperto al confronto delle esperienze.

D’altronde, l’iper-specializzazione non può essere neanche intesa come una forma di specializzazione avanzata. La prima inerisce al rapporto magistrato-procedimento/-i da trattare; la seconda raggiunge un livello giustappunto avanzato, dove i singoli uffici si confrontano con la generalità dei fenomeni criminosi che si radicano, ratione materiae, nel contesto territoriale in cui essi operano. È una forma di specializzazione avanzata, per esempio, quella che concentra il potere di condurre indagini in capo alla procura (che ha sede nel capoluogo) distrettuale (art. 51, commi 3- bis, 3-quater, 3-quinquies, c.p.p.), oppure, a un livello ancora superiore, l’attribuzione del coordinamento investigativo a un’autorità centralizzata come la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo.

Non è questa la sede per valutare positività o negatività dei modelli di specializzazione, ma va detto sin d’ora che assetti strutturali degli uffici basati sull’iper-specializzazione della magistratura appaiono di lapalissiana inadeguatezza. Valga, piuttosto, che fenomeni tra loro consimili e, quindi, in ipotesi anche accomunabili, nella realtà non siano affatto sovrapponibili, perché si distinguono in ragione di circostanze soggettive e oggettive, a causa o del tipo di approccio con cui il p.m. interpreta ed esercita le sue prerogative, oppure in forza dei limiti di tipo funzionale che vengono stabiliti (o che possono essere stabiliti) dalla legge.

Premesse queste basilari distinzioni concettuali, di seguito si propone una ricostruzione ragionata dell’evoluzione della specializzazione requirente.

2.2 Chiarimento sulle origini della specializzazione dell’attività requirente. Profili evolutivi e