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Il coordinamento dei gruppi di lavoro

Per evitare una frammentazione delle attività, il procuratore della Repubblica può accompagnare alla suddivisione per gruppi di lavoro anche momenti di confronto e di riunione, monitorando la resa complessiva del servizio tramite un’elaborazione dei risultati ottenuti dai magistrati specializzati. In questa maniera, il procuratore assicura un coordinamento effettivo dei gruppi di lavoro che ha scelto di istituire.

Nelle procure di ridotte dimensioni, il coordinamento si realizza per lo più in maniera verticale, tramite direttive dello stesso procuratore capo, mentre negli uffici più grandi esiste anche un coordinamento di tipo orizzontale, che viene assicurato dai responsabili dei singoli dipartimenti. Se fossero intesi come entità indipendenti non comunicanti, i gruppi sarebbero meri centri di raccolta per fascicoli catalogati ratione materiae.

2.5.1 Il ruolo del coordinatore

Per gestire in maniera efficace i flussi di lavoro della procura, occorre la guida di un coordinatore, il quale, in base ai criteri contenuti nel progetto organizzativo, agisca per ottimizzare la resa del gruppo replicando a livello particolare gli obiettivi strategici della procura. Il coordinatore opera come “capogruppo”.

Solitamente il ruolo di capogruppo è ricoperto dal procuratore aggiunto, per lo meno in quegli uffici che ne sono muniti (266). Il procuratore aggiunto collabora a stretto contatto col dirigente, lo assiste nella gestione dell’ufficio, adempie i compiti di vicario ed esercita le mansioni di semi- direttivo.

Lo statuto delle attribuzioni del procuratore aggiunto è stato precisato dal C.S.M. al più tardi nel novembre 2017, con la circolare unica sulle procure (art. 5). Lo statuto mette insieme competenze giudiziarie e manageriali, giacché prevede l’onere di esercitare sia le funzioni tipicamente accusatorie che i poteri di indirizzo investigativo nei confronti dei sostituti (267). La circolare colma in tal modo il vuoto normativo che si era prodotto nel 2006 con la riforma dello statuto generale del pubblico

(266) L’art. 70 co. 1 ord. giud. stabilisce che il posto di procuratore aggiunto possa essere istituito nelle procure che

abbiano almeno dieci sostituti (un aggiunto ogni dieci sostituti), e comunque che ve ne sia almeno uno nelle procure in cui è costituita la direzione distrettuale antimafia.

(267) Vengono in rilievo a fini di ricerca, per esempio, il potere di vigilare, nell’ambito della sezione o del gruppo

di lavoro che coordina, sul rispetto dei criteri di assegnazione degli affari e sulla concreta equità della distribuzione, per garantire funzionalità anche tramite momenti di confronto e omogeneità delle soluzioni investigative ed interpretative (art. 5, co. 2).

155 ministero. Non era stato affatto stabilito in che cosa consistessero gli incarichi di coordinamento che, nonostante ciò, il decreto di riforma riconosceva alla figura dell’aggiunto. Il Consiglio, fornendo un elenco delle mansioni di coordinamento, ha allora rimosso l’incertezza della relativa nozione (268).

D’altronde, il coordinatore attenua il clima gerarchico all’interno della procura, agendo da anello di congiunzione tra il vertice e la base (269). La relazione che si instaura tra il coordinatore e il gruppo da lui coordinato consente infatti di evitare abusi di potere nei confronti delle strutture specializzate, ed eventualmente la prevaricazione di queste sul procuratore capo.

A tal proposito, la costituzione di gruppi di lavoro, specie se attuata nelle procure di grandi dimensioni, può comportare nei fatti la “deresponsabilizzazione” dello stesso dirigente, che, tramite un utilizzo generoso del potere di delega a vantaggio dei coordinatori, mette a repentaglio l’unità dell’ufficio (270). Così operando, l’attività investigativa sarebbe gestita in maniera del tutto autosufficiente dai vari dipartimenti. Per evitare che ciò accada, il procuratore deve mantenere contatti costanti e puntuali con i coordinatori dei gruppi, oppure direttamente con i sostituti, e, se possibile, partecipa alle riunioni dei gruppi specializzati.

Specializzazione infatti non vuol dire anche autogestione. La necessità di coordinare l’azione specializzata s’impone affinché questa non si tramuti in azione indipendente, che, anzi, rispetto alla prima si pone in posizione antitetica. Se i magistrati partecipano al coordinamento, si possono prevenire situazioni di contrasto e di dissenso nella gestione del potere investigativo, delle forze di polizia e nella scelta delle strategie processuali.

2.5.2 Rilevanza esterna del coordinamento dei gruppi

Il coordinamento produce effetti che si manifestano anche all’esterno della procura. Nell’ambito dei rapporti con i propri interlocutori, la procura può trarre beneficio dalla collaborazione

(268) La vaghezza dell’espressione è confermata anzitutto alla luce della circostanza che al coordinamento dei

gruppi specializzati possano essere preposti, in alternativa, anche magistrati privi di funzioni semidirettive. In secondo luogo, a proposito del potere di indirizzo delle aree specializzate, il termine «cura» contenuto nel comma 4 dell’art. 1 d. lgs. n. 106 del 2006 non è riferito meccanicamente alla ripartizione interna degli affari, bensì, come suggerisce la lettera b) del successivo comma 6, rientra nel concetto di «coordinamento» in quanto pianificazione delle attività del gruppo. Anche per questa ragione, in sede di scelta dei coordinatori è fondamentale avere riguardo alle attitudini personali, che possono essere desunte da elementi oggettivi, come i risultati di gestione e programmazione che sono stati ottenuti con il lavoro svolto all’interno dell’ufficio, o soggettivi, per esempio l’esperienza.

(269) A tal fine, promuove lo svolgimento di riunioni periodiche, a cadenza mensile o settimanale, a cui possono

partecipare anche i magistrati specializzati degli altri gruppi di lavoro, e convoca riunioni straordinarie ad esempio con esponenti della polizia giudiziaria oppure i magistrati dell’ufficio G.I.P.

(270) Cfr. E.BRUTI LIBERATI, Amministrazione della giustizia e ruoli dei magistrati dirigenti degli uffici, in

Questione Giustizia, 2003, n. 2-3, 198, per il quale le assemblee generali dell’ufficio sono realmente efficaci se il

156 con le camere penali e l’amministrazione urbana, ad esempio tramite l’elaborazione di protocolli contenenti procedure semplificate di scambio delle informazioni o di pratiche condivise per l’esecuzione degli accertamenti investigativi. Gli obiettivi di correttezza, uniformità e puntualità dell’azione penale riguardano infatti anche le modalità di indirizzo dei comportamenti investigativi. L’ufficio requirente, al pari di ogni altro ufficio con poteri di investigazione, deve assumere una posizione univoca nei confronti dei fenomeni criminosi, specialmente nelle materie che coinvolgono più nel profondo il contesto sociale, come avviene nei casi dello spaccio di stupefacenti (droga su strada), delle violenze domestiche e degli abusi sessuali.