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1.4 Organizzazione e gestione dell’ufficio da parte del Procuratore

1.4.1 Il progetto organizzativo

Il programma, o progetto organizzativo è il documento programmatico e organizzativo generale dell’ufficio requirente. Raccoglie i criteri di gestione e i principi di carattere “politico” che ispirano l’azione della procura. Non fissa solo le regole di funzionamento pratico dell’ufficio, ma individua anche i valori e le scelte di fondo che denotano, sul versante opposto, la realtà socio-criminale di riferimento. Il progetto organizzativo ha assunto una centralità autonoma nell’organizzazione delle procure in seguito all’abrogazione dell’art. 7-ter, comma terzo, dell’ordinamento giudiziario (115). Con l’abrogazione della norma, infatti, le procure sono state escluse dalle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari predisposte periodicamente dal C.S.M., che, per altro, ha perso il ruolo di protagonista nella previsione dei criteri organizzativi delle procure per vestire i panni dello “spettatore critico” dei progetti messi a punto dai dirigenti; per questo si prevede la mera comunicazione del documento organizzativo (116).

A seguito dell’abrogazione, si è reso necessario un adeguamento del periodo di validità delle tabelle, dapprima individuato nel biennio e poi esteso al triennio con l’art. 4, comma 19, della l. n. 111 del 2007, per adeguarlo al periodo di validità dei progetti organizzativi delle procure. Questo adeguamento è significativo in un’ottica di dialogo e collaborazione tra gli uffici requirenti e giudicanti, la qual cosa è auspicata in numerosi interventi del Consiglio Superiore della Magistratura per incrementare qualità ed efficienza dell’attività giurisdizionale. Al riguardo, l’articolo 7 della

(115) Sul principio di responsabilità come contrappeso al potere direttivo, si considerino le osservazioni di G.SALVI,

L’effettività della giurisdizione attraverso le scelte e la responsabilità del procuratore: il progetto organizzativo, in Questione Giustizia, n. 4, 2014, n. 4, 49. Secondo l’A., il progetto organizzativo è il quadro entro cui ricercare

responsabilità non “autoreferenziali”.

(116) L.G.BRUNO, L’organizzazione dell’Ufficio di Procura, Relazione al convegno Quale magistratura oggi? Il

ruolo del magistrato tra profili organizzativi e responsabilità, di Unicost Puglia (Monopoli, 11-12 settembre 2015), presso

74 circolare C.S.M. del novembre 2017, interamente dedicato al programma organizzativo, indica, in apertura, certe cadenze temporali entro cui il titolare dell’ufficio deve predisporre il progetto.

Il procuratore della Repubblica deve redigerlo con cadenza triennale. Allorché il magistrato assuma le funzioni direttive nel corso del triennio di validità di un progetto precedente, possono verificarsi due situazioni: la prima consiste nell’elaborazione di un nuovo programma entro il termine massimo di sei mesi dall’assunzione dell’incarico, fermo restando che si dovrà, comunque, provvedere a redigerlo di nuovo alla scadenza del triennio di vigenza; la seconda possibilità, invece, è che venga confermato il programma organizzativo vigente, con l’adozione di un provvedimento motivato, sino alla naturale scadenza. Si tratta di scelte che il neo-procuratore fa a sua discrezione.

Il contenuto del progetto, inoltre, è definito in maniera molto dettagliata. Vincola il procuratore nell’ an, ma non intacca la discrezionalità nel quomodo. Invero, il Consiglio specifica nella circolare che i poteri attribuiti in capo al dirigente dell’ufficio requirente devono manifestarsi nel concreto in forme chiare e trasparenti, per le quali è necessaria una procedimentalizzazione. Questa supplisce alla carenza contenutistica dei poteri direttivi, e, in tal senso, traccia i contorni di legalità del relativo esercizio.

Il procuratore della Repubblica, altresì, individua gli obiettivi di repressione criminale stimando quali siano i migliori criteri organizzativi che possono essere adottati per aumentare la resa di efficacia ed efficienza ottenuta dai magistrati dell’ufficio nel corso del triennio precedente. Queste regole andranno stabilite in base al contesto territoriale-criminale di competenza, nonché sulla base dei flussi di lavoro e dello stato delle pendenze.

L’art. 7 della circolare simboleggia una chiara scelta di ordine pragmatico, si innesta nel filo rosso delle best practices. Il significato della procedimentalizzazione, in parte qua, è di creare un percorso tramite il quale poter individuare le prassi territoriali efficaci, meritevoli di diffusione, creando uno strumento di catalogazione e conoscenza a disposizione degli attori del sistema. L’organo di autogoverno propone una “direzione per obiettivi”, anche di tipo gestionale, onde massimizzare l’efficienza dell’ufficio nel rispetto dei valori fondamentali (117).

Uno di questi valori consiste nell’uniforme esercizio dell’azione penale. Per garantire uniformità, il procuratore deve effettuare, in maniera attenta e particolareggiata, un’analisi dei flussi, delle pendenze e delle tempistiche di definizione degli affari, senza la quale non sarebbe possibile

(117) In proposito, vengono in rilievo gli studi raccolti con le delibere C.S.M. del 27 luglio 2010 “Definizione,

rilevazione, classificazione, valutazione e diffusione - Note metodologiche”, del 16 marzo 2011 “Istituzione della banca dati nazionale delle buone prassi”, del 18 giugno 2018 “Buone prassi e modelli di organizzazione degli uffici giudiziari: aggiornamento del manuale ricognitivo approvato con delibera del 7 luglio 2016; bilancio del progetto e prospettive future”, tutte consultabili in www.csm.it [febbraio 2020].

75 ottenere una distribuzione equa e funzionale delle risorse. La validità dei criteri organizzativi, allora, è tanto maggiore quanto è alta la probabilità di incidere realmente sulla qualità e quantità del lavoro. In via esplicativa, ad esempio, qualora l’ufficio possegga il capitale umano ed economico sufficiente all’istituzione di gruppi di lavoro specializzati, se ne deve dar conto nel progetto organizzativo indicando quanti e quali gruppi di lavoro è possibile costituire, perché sono di un certo tipo piuttosto che di altro e, soprattutto, quanti sono i magistrati designati a comporli e coordinarli, avuto riguardo al carattere temporaneo della permanenza nelle funzioni.

L’esempio consente di introdurre il tema della distinzione qualitativa degli elementi che fanno parte del contenuto del programma organizzativo. La norma consiliare opera una distinzione tra contenuto obbligatorio e contenuto (soltanto) eventuale, rispettivamente al comma quarto e al comma quinto dell’articolo 7 della circolare.

Il contenuto essenziale del programma è rappresentato dagli elementi in assenza dei quali prenderebbe forma un’elusione di fatto dei poteri assegnati in capo alla figura del dirigente, perché si crea uno squilibrio nel rapporto potere-responsabilità a vantaggio dell’esercizio discrezionale delle stesse prerogative.

Fra i contenuti essenziali, vengono in rilievo il criterio di assegnazione dei procedimenti – di seguito oggetto di analisi specifica, in confronto dialettico con il procedimento di revoca dell’assegnazione, che è un altro essenziale del programma organizzativo – nonché le tipologie di reati che prevedono meccanismi di assegnazione automatica e la costituzione dei gruppi di lavoro. Ancora, devono essere specificatamente indicati i compiti di coordinamento e direzione dei procuratori aggiunti e dei procuratori onorari (V.P.O.). In ossequio, poi, a quanto disposto dall’articolo 13 della circolare, va riportato anche il procedimento di esercizio delle funzioni di assenso sulle misure cautelari. È parimenti essenziale l’indicazione dei criteri generali cui devono attenersi i magistrati nell’impiego della polizia giudiziaria e delle risorse tecnologiche e finanziarie a disposizione della procura. Per le sole procure distrettuali, infine, è prevista l’indicazione dei criteri per il funzionamento e l’assegnazione dei procedimenti di competenza della Direzione antimafia e delle sezioni specializzate nell’antiterrorismo, nel rispetto della normativa primaria e di settore.

Com’è noto, altresì, quello dei criteri di priorità è un tema ampiamente dibattuto, su cui lo stesso C.S.M. ha assunto nel corso del tempo posizioni talvolta oscillanti e ai limiti del contraddittorio (118). In tal sede le priorità devono essere intese nel significato di criteri che, al pari di quelli menzionati in

(118) G. AMATO, L’assetto ordinamentale del P.M. Il ruolo del Procuratore e i rapporti con i Sostituti, in Gnosis -

76 precedenza, vanno inseriti nel programma organizzativo. Più in particolare, in un’ottica organizzativa integrata, è previsto che, oltre agli obiettivi di smaltimento dell’arretrato, il procuratore della Repubblica possa formulare i criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti. In quanto facoltà rimessa a discrezione del titolare, i criteri devono essere indicati fra i contenuti eventuali del programma. Affiora quindi una presa di posizione da parte del Consiglio: le prassi che rispondono al criterio di specializzazione si collocano nella parte essenziale e necessaria del programma organizzativo, mentre le prassi che concernono l’adozione di priorità non sono necessarie, né essenziali, e, per tanto, devono essere incluse nella parte eventuale relativa all’organizzazione. Va detto sin d’ora che l’elaborazione delle priorità è funzionale, secondo l’opinione del C.S.M., a garantire la ragionevole durata del processo. Al di là delle considerazioni di merito, appare se non altro poco coerente che una finalità così nobile, certo essenziale, venga allora associata a criteri che “possono” e non “devono” essere stabiliti dalle procure.

Il procedimento di approvazione del documento organizzativo si connota per la scansione in più fasi di elaborazione, in vista dei requisiti di completezza e coerenza richiesti. A proposito, l’indicazione contenuta nell’articolato consiliare è di favorire la partecipazione di tutti i magistrati (art. 107 cost.). La sua stesura è preceduta da una o più d’una assemblea generale, e, non appena pronto, il progetto viene comunicato ai magistrati. Costoro hanno 15 giorni di tempo dalla comunicazione per presentare osservazioni e formulare proposte, altrimenti il capo dell’ufficio adotta il decreto contenente il progetto, che è immediatamente esecutivo.

Dopo la sua adozione, il decreto viene trasmesso al procuratore generale presso la Corte d’appello e, per il tramite del Consiglio giudiziario alla competente commissione referente del C.S.M., dando così forma al circuito conoscitivo-informativo la cui necessità era già sentita all’epoca delle risoluzioni del 2007 e 2009. Ricevuti gli atti, il Consiglio espleta l’istruttoria e può chiedere chiarimenti al procuratore della Repubblica.

Viene, dunque, potenziato il ruolo dei Consigli giudiziari. Spetta loro il compito di esaminare in contemporanea i progetti organizzativi delle procure e le tabelle degli uffici giudicanti (119), sia in termini di «sincronismo fenomenico» che di «apprezzamento» circa la praticabilità delle gestioni ipotizzate, valutando possibili situazioni di interdipendenza funzionale (120).

(119) Viene di nuovo a crearsi il parallelismo con le tabelle degli uffici giudicanti. L’art. 7-bis ord. giud. stabilisce

infatti che le tabelle vengono approvate a cadenza triennale «con decreto del Ministero della giustizia, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura, assunte sulle proposte dei presidenti delle Corti di appello, sentiti i Consigli giudiziari».

(120) Cfr. CSM, Risoluzione in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero, delibera C.S.M. del

77 La riforma dell’ordinamento giudiziario aveva creato grandi disorientamenti in relazione ai poteri di intervento dei Consigli giudiziari, i quali hanno finito per interpretare ciascuno in maniera diversa l’ampiezza delle proprie prerogative. Per tale motivo, la circolare istituzionalizza l’intervento del Consiglio giudiziario nel procedimento di adozione del documento organizzativo. In un certo senso, è come se il C.S.M. avesse mantenuto ancora il ruolo di supervisore delle procure, come se si fosse innanzi a fenomeni di ultrattività della cultura tabellare incoraggiati dalle facoltà che sono a disposizione dell’organo di autogoverno locale. Quest’ultimo deve fornire entro 30 giorni un parere sul programma del procuratore, che pur non essendo vincolante è idoneo a fondare le valutazioni di professionalità. Il potere di interlocuzione si attua mediante richiesta di chiarimenti. Nel complesso, si tratta di prerogative estremamente importanti nell’ottica della partecipazione democratica e non autoreferenziale delle strutture giudiziarie, sia per la composizione dell’organo, che per la sua prossimità. Anche a tal fine, il procuratore è obbligato di fatto, dapprima, a interpellare la commissione flussi dei Consigli giudiziari per elaborare il progetto dell’ufficio e, in secondo luogo, a comunicare alla stessa commissione i dati statistici ottenuti dal suo ufficio con il medesimo programma. La relazione biunivoca fra il procuratore della Repubblica e il Consiglio giudiziario di riferimento assume perciò il crisma dell’ufficialità, come si desume dall’art. 8 della circolare del 16 novembre 2017 (121).

In ultima istanza, il C.S.M. si riserva il compito di vagliare i programmi organizzativi dei vari uffici requirenti, e a farlo tramite la formula della “presa d’atto” (122). Sebbene non si tratti di un giudizio di tipo approvativo, la presa d’atto serve per garantire la corrispondenza formale del programma all’ordinamento giudiziario. Infatti, se non ritenesse sussistente la dovuta corrispondenza, l’organo di autogoverno formula rilievi specifici non vincolanti, invitando il procuratore a riconsiderare i punti che ritiene critici.

Quanto detto dimostra la centralità dello strumento organizzativo. Il progetto mette alla prova le capacità gestionali e l’estro del procuratore della Repubblica, il quale fa da garante dell’adeguatezza delle scelte tecniche effettuate, assumendosi la responsabilità innanzi al C.S.M., in

(121) Sul ruolo dei Consigli giudiziari nella prospettiva degli ultimi dieci anni, si veda, ad esempio, A. ROCCELLA,

Il Consiglio giudiziario nelle riflessioni di un componente non togato, in Questione giustizia, 17 ottobre 2018, in

http://questionegiustizia.it/articolo/il-consiglio-giudiziario-nelle-riflessioni-di-un-componente-non-togato_17-10- 2018.php [febbraio 2020]; B. GIANGIACOMO, La nuova organizzazione e i compiti degli organi di autogoverno: consigli

giudiziari, consiglio direttivo della Corte di cassazione e Consiglio superiore della magistratura, in Foro it., 2010, V,

77.; C. MIGNONE, Note sulla disciplina dei consigli giudiziari dopo la riforma legislativa del 2007, in Lexitalia.it, 2008, n. 6, in http://www.lexitalia.it/articoli/mignone_disciplina.htm [febbraio 2020].

(122) L’obbligo di trasmissione è stabilito dall’art. 1, comma settimo, del noto d. lgs. n. 106 del 2006. Ciò ha

contribuito soprattutto negli anni scorsi a diffondere sul territorio nazionale buone prassi che le procure avrebbero potuto riutilizzare in attesa che venissero stabiliti dall’alto criteri uniformi di organizzazione.

78 vista del controllo di professionalità. D’altronde, il ruolo stesso del Consiglio risulta in pratica ridimensionato nella misura in cui sono stati rinforzati i poteri del dirigente, quantunque, come appena esposto, abbia tentato di riconquistare in varie forme se non altro un ruolo da supervisore.

Il programma organizzativo viene infine inserito, insieme con le sue variazioni, nel fascicolo dell’organizzazione della procura. Con la diffusione di guidelines e best practises, il Consiglio ha tentato di tracciare coordinate a supporto dei capi delle procure e di assicurare tendenziale omogeneità ai modelli organizzativi a livello nazionale. Un punto debole, però, c’è. Il vaglio viene effettuato volta per volta sulla singola procura, nel senso che manca uno sguardo d’insieme. Cosicché, per non vanificare lo scopo di omogeneizzazione pensato dalla circolare, si potrebbe immaginare una trasmissione per categorie di progetti. La categorizzazione avrebbe il pregio di accorpare un insieme di procure che condividono o la medesima realtà territoriale, o le medesime condizioni dimensionali. In questo modo, il sindacato in ordine alla conformità dei progetti avverrebbe in senso orizzontale, piuttosto che in senso esclusivamente verticale.

Ciò nondimeno, l’impostazione della procura e la sua attività sono influenzate anche dai rapporti con l’esterno. Sul piano operativo, la procura riceve diversi input grazie all’interlocuzione con soggetti privilegiati (cd. relè organizzativi), che, pur se appartenenti a categorie differenti, sono interconnessi fra di loro. L’interlocuzione può avere, infatti, natura giuridico-ermeneutica, com’è nel caso degli atti del C.S.M., istituzionale, in sede di confronto con polizia giudiziaria, avvocatura e tribunali, oppure extra-giuridica, se si ha riguardo alle sollecitazioni di tipo criminoso e mass- mediatico (123).

In questa prospettiva, la flessibilità dei progetti organizzativi è una qualità necessaria, giacché accorda al procuratore una riserva aggiuntiva di discrezionalità nella programmazione delle operazioni, al fine di individuare per ciascuna vicenda giudiziaria mezzi e tecniche d’indagine concretamente adeguati, avuto anche riguardo alle aspettative e ai bisogni degli interlocutori. È più probabile che ciò avvenga se si coinvolgono anche i magistrati e il personale tecnico-amministrativo della procura, ovvero se, in generale, si ricorre a forme di collaborazione e di condivisione dei criteri gestionali.

Il programma organizzativo, pertanto, non deve essere concepito come modello ideale ed immodificabile, ma deve essere valutato come linea guida nelle circostanze spazio-temporali cui è applicabile. Se ne ricava che, dovendo considerare le continue modifiche ordinamentali e legislative in materia penale e processuale da un lato, e dovendo adattarsi ai repentini cambiamenti della realtà

(123) Cfr. C. BLENGINO, Esercizio dell’azione penale e processi organizzativi: la selezione del crimine come output

79 criminale che scaturiscono dagli assetti economico-sociali dall’altro, la flessibilità si palesa come caratteristica intrinseca e irrinunciabile del progetto, su un piano logico-razionale prima che pratico.