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La rotazione periodica nei principali documenti consiliari

3.2 Il meccanismo periodico di rotazione delle funzioni

3.2.3 La rotazione periodica nei principali documenti consiliari

La rotazione è stata oggetto di trattazione da parte del C.S.M. nella prospettiva degli organi giudicanti, con la circolare sulle tabelle del 1998 - 1999. In quell’occasione, era stato detto che il divieto di permanenza ultradecennale tutelasse in maniera effettiva le competenze specializzate fornendo nuovi stimoli al magistrato nello svolgimento delle attività quotidiane: evitava «incrostazioni e l’affievolirsi di impegno» (314). Per queste stesse ragioni, la circolare auspicava che il meccanismo rotativo fosse adottato anche dagli uffici requirenti.

Qualche anno più tardi, il Consiglio torna sulla questione e, ragionando ancora sul divieto di permanenza ultradecennale dei giudici, chiarisce che la rotazione è il solo strumento che può neutralizzare gli effetti, per così dire, plagianti dell’esercizio prolungato delle funzioni (giurisdizionali) nell’ambito del medesimo posto (315). Nel senso che si evitano fenomeni di personalizzazione e di condizionamento. Inoltre, la rotazione favorisce la circolazione delle competenze e, quindi, irrobustisce la professionalità. Tale argomento è presente nei documenti consiliari sin dal 1993, quando fu introdotto il termine decennale di permanenza per tutte le funzioni giudicanti, ad eccezione del giudice per le indagini preliminari e del giudice dell’udienza preliminare (316).

(314) Circolare tabelle 1998-1999 (Circolare n. 8873 del 21 maggio 1997), cit., par. B, p.to 9b.

(315) Si è persino detto che la disciplina della rotazione sia stata pensata per arginare fenomeni impliciti di

«collusione ambientale» del magistrato specializzato. Si veda la collezione di opinioni sul tema della temporaneità delle funzioni di D.NATALE, La giurisdizione tra specializzazione e temporaneità delle funzioni, riflessi sulla professionalità:

un dibattito ancora aperto, ne Il Foro ambrosiano, 2000, n. 3, 424.

(316) In questi ultimi due casi infatti il discoro si complica. Basti osservare che sotto la vigenza della disciplina

anteriore alla riforma dei primi anni 2000, a G.I.P. e G.U.P. si applicava il termine di permanenza stabilito dall’art. 57 della 16 dicembre 1999, n. 479, cd. legge Carotti, di sei annualità consecutive. Tuttavia, se è vero, com’è stato già osservato, che l’art. 19 del d. lgs. 160 del 2006 contiene disposizioni che si applicano alla magistratura giudicante e requirente, senza distinzioni, allora si verte evidentemente in un’ipotesi di abrogazione tacita del termine di sei anni. Pur se norma speciale anteriore, l’art. 57 della legge Carotti risulta infatti incompatibile con la nuova normativa. Vengono per ciò in rilievo i criteri di abrogazione delle leggi fissati dall’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, in base ai

178 Sviluppando tali premesse, si può concludere che personalizzazioni e condizionamenti costituiscano insidie peggiori per la funzione accusatoria, dove il magistrato è esposto al rischio di personificare le indagini e il processo. Da questa prospettiva, i gruppi di lavoro potrebbero perfino apparire come centri di potere personale, perché la specializzazione professionale dei singoli magistrati è tale da consentirgli una gestione integralmente autonoma degli affari, quantomeno sul piano astratto.

Al fine di evitare simili inconvenienti, già all’epoca delle procure presso le preture venivano spontaneamente attuati meccanismi di mobilità interna, che ricordano, per l’appunto, l’odierna rotazione periodica. Senonché, essendo prassi spontanee, non c’erano termini fissati a scadenza. Il carattere spontaneo poteva senz’altro apparire come un’assunzione di responsabilità da parte del dirigente nei confronti degli obiettivi di efficienza dell’ufficio e, al momento del passaggio dei magistrati ad altra sezione, della necessità di evitare la dispersione del patrimonio conoscitivo.

Sulla scorta della rievocata tradizione degli uffici giudiziari e requirenti, si ricavano almeno due aspetti positivi sottesi al meccanismo rotativo. In primo luogo, si possono di individuare e colpire i monopoli personali frutto dell’accentramento del potere, e, in secondo luogo, si favorisce lo sviluppo omogeneo delle competenze specialistiche con la circolazione delle esperienze. D’altronde, la legge non vieta al p.m. di richiedere - ad esempio tramite interpello - l’assegnazione ad altro gruppo per acquisire, nel caso che egli avesse interesse, un’altra specializzazione. Con ogni probabilità, questo fatto, allora, è un retaggio della mobilità delle procure presso le preture.

Oltre al regolamento del marzo 2008, l’istituto della rotazione viene regolato, altresì, dalla circolare consiliare del 2017 come strumento di esercizio corretto, puntuale e uniforme dell’azione penale (art. 4 lett. f)). Attuare il meccanismo è compito del procuratore capo, che deve fissare la disciplina di dettaglio inserendola fra i contenuti essenziali del progetto organizzativo (art. 7, comma quarto, lett. a)). La circolare, inoltre, richiama espressamente le note risoluzioni del 2007 e del 2009 per confermare che il meccanismo della rotazione debba operare anche in fase di costituzione dei gruppi di lavoro, perché sia necessario all’acquisizione di una base conoscitiva comune. In tal modo, la procura agirebbe idealmente in virtù di una prospettiva condivisa, piuttosto che in ragione di tanti punti di vista quanti sono i magistrati o i gruppi specializzati.

Tutto sommato, la circolare non importa alcuna variazione allo statuto della rotazione. Eppure, intendendosi praticamente, il Consiglio superiore avrebbe forse dovuto interrogarsi sull’esistenza di

quali le disposizioni anteriori incompatibili con quelle posteriori sono abrogate. In proposito, si veda quanto chiarito dal C.S.M. con “Risposta a quesito del 4 giugno 2008”, in https://www.csm.it//web/csm-internet/norme-e- documenti/dettaglio/-/asset_publisher/YoFfLzL3vKc1/content/termine-massimo-di-permanenza-nelle-funzioni-di-g-i-p- g-u-p-?_101_INSTANCE_YoFfLzL3vKc1_viewMode=view [febbraio 2020].

179 mezzi diversi dalla rotazione che favoriscono l’assegnazione di fascicoli in base alle specifiche attitudini dei magistrati, ma non a fasi alterne o a periodi. In altri termini, è chiaro che la specializzazione sia il criterio più idoneo a garantire la trattazione effettiva degli affari penali, essendo fonte di progresso e di sviluppo nella tutela dei diritti (317), ma se convenga mantenere una specializzazione temperata dalla rotazione invece che ampliare il novero delle specializzazioni è una questione sulla quale c’è bisogno di riflettere (v. infra par. 3.5). Ciò, anche perché il meccanismo rotativo non vincola gli uffici che non hanno più di otto magistrati (318), incluso il procuratore (oggi si tratta di ben cinquantacinque procure della Repubblica); in un contesto così piccolo nemmeno è configurabile un’effettiva divisione per gruppi di lavoro, e, quindi, men che meno si può ipotizzare un’applicazione rigorosa dei limiti massimi di permanenza. Siccome manca un numero di magistrati in proporzione al bisogno, se fosse attuato il meccanismo di rotazione così com’è, sarebbero vuotate di significato proprio quelle specializzazioni individuali che l’organo di autogoverno suggerisce in questi casi.

3.3 Il principio di non dispersione del patrimonio conoscitivo e gli strumenti interni di