Calcoli impossibili e logica formulare.
5. Alcune linee di ricerca
5.1 Lo straforo
La tattica come appropriazione personale di straforo, tra le maglie del sistema (De Certeau 1990). Il paradosso della didattica sull’improvvisazione («dimenticate le regole», «dimenticate gli spartiti») passa anche di qui, ovvero attraverso la coesistenza di una grammatica restrittiva e di un’etica e di un’estetica che premiano l’occasione, lo strappo. Il lavoro di straforo è un fenomeno di insubordinazione leggera: operai che utilizzano macchine per proprio conto, che sottraggono alla fabbrica del tempo in vista di un lavoro libero, creativo, senza profitto. Nei luoghi stessi in cui regna la macchina che devono servire, giocano d’astuzia per il piacere d’inventare prodotti gratuiti destinati soltanto a significare un saper fare. Senza ricavare profitto e spesso in perdita prelevano qualcosa dall’ordine del sapere per imprimervi il segno di un
successo artistico: operazioni ai margini, che dispongono oggetti inerti ai bordi di un sistema intatto. Come il superiore della fabbrica, che “chiude un occhio” su certo lavoro di straforo, l’insegnante di improvvisazione presto si trova nella posizione di lasciare passare l’insubordinazione o anche, di incoraggiarla come vera forma di creatività.
5.2 La logica formulare
Uomini che riposano – [dai] cannelieri [i] fiori cadono Notte calma – [in] primavera montagna vuota
Luna appare: spaventando [dalle] montagne [gli] uccelli Momento gridare: [in] primavera [della] valle [al] centro
La tattica formulare come operazione leggera che si libera dal sistema linguistico. In questa quartina del trattato Qi wu lun di Zhuangzi, analizzata da Francois Jullien in Il saggio è senza idee (1998, p.189), la formula sospende il senso. I riferimenti non contano affatto individualmente, la parola poetica non investe (o non si arena) in nessuno di essi – non è descrittiva (e nemmeno narrativa); ma neppure vi è un senso da approfondire a partire da essi, su di un piano simbolico, abbandonando il concreto, per il dispiegarsi di un’idea. Gli uomini che «si riposano», i fiori che «cadono», non mirano ad offrire nessuna originalità metaforica, si tratta di meri motivi infilati in successione, motivi tra i più comuni, veri e propri clichè. Ma il valore del clichè poetico sta anche nel fatto che, non essendo più vincolante il suo riferimento, e non essendo da approfondire, da scavare il suo significato (per svilupparsi sul piano delle “idee”), siccome di per sé dice poco, o piuttosto dice appena, in virtù della sua banalità, riesce a «lasciare passare». Il clichè, poiché è cavo, lascia passare: non dà luogo a coagulazione del senso, quest’ultimo resta al di sotto, inconsistente. Il clichè indifferenzia: così lascia passare questo sfondo del senso, da cui ogni senso si distacca, e che è il suo fondo indifferenziato – fondo “uguale”, fondo di evidenza (Jullien 1998 pp.189-190). Ecco quindi la creatività musicale che passa miracolosamente tra le maglie dei pattern e delle frasi fatte. Non forzare il senso, non portarlo allo scoperto, alla stessa maniera in cui i «dotti ignoranti» di Bourdieu prendono parte al gioco strategico sulla scorta di disposizioni, habitus che in fondo sono clichè che «lasciano passare».
5.3 Per una phronesis della grazia
«Queste pratiche presentano curiose analogie, simili a intelligenze immemorabili, con le simulazioni, le astuzie o gli inganni a cui alcuni pesci o alcune piante ricorrono con prodigioso virtuosismo»: il riferimento di De Certeau alle «logiche altre», come quella delle «intelligenze immemorabili» o come la strategia cinese, ci rivela che possiamo affiancare alla comune nozione di strategia un’attitudine diversa non completamente basata sul calcolo e la percezione di un obiettivo. Questa nuova nozione tattica è, rispetto all’agguerrito arsenale della strategia classica, sicuramente un’arte del più debole, ma non così tanto da scadere nel mero approccio irrazionale. Al contrario, il serrato confronto che Francois Jullien intesse tra la logica strategica del trattato militare di Clausewitz e la disarmante filosofia degli strateghi cinesi dimostra che in guerra il bruto calcolo non è la soluzione, e che in entrambe le culture sono state avanzate interpretazioni diverse. Ad esempio, in quella occidentale l’imprevedibilità e “l’attrito” del contesto richiedono l’ennesimo, insanabile, ricorso alla «capacità di ben deliberare» di aristotelica memoria. Immersi nel fluire delle «faccende umane», non veniamo salvati da rappresentazioni prefabbricate o sistemi onnicomprensivi, ma dall’esperienza sul campo, che ci permette di optare per “il giusto mezzo” (ma non necessariamente) a fronte dell’impossibilità del calcolo e (non banalmente) dell’esiguità del tempo a disposizione. Nel tentativo di valutare le condizioni del senso è allora necessario tornare indietro alla passeggiata proposta da Landowski (che a sua volta riecheggia le passeggiate inferenziali tratteggiate dalla semiotica interpretativa testuale). Difficile da sistematizzare, sostanzialmente antilogos, non può però venire ignorata per un discorso che voglia davvero abbracciare con grazia le pratiche umane. Ecco che all’apparato concettuale bellico si sostituisce quello estetico: la grazia è davvero alla base di questa lettura. Fenomeno legato ad uno scorrere del tempo (cfr. capitolo successivo), la grazia in Bourdieu permea tutti gli atteggiamenti dei vari giocatori sociali. L'eccellenza, il modo e i modi dell'uomo completo, quest'arte senz'arte - come si dice nello zen - non si realizza mai in modo così completo se non nelle occasioni socialmente predisposte in cui, come nei duelli d'onore, il gioco con la regola fa parte della regola del gioco. Gli attori del sistema di Bourdieu, tatticamente avveduti, giocano su un piano di principi generali profondi a loro inaccessibili, e lo fanno con grazia. L’incarnazione dell’uomo di mondo, che conosce le regole, ci gioca, e detesta scomporre le carte in tavola, è
sempre contrassegnata dall’eleganza. Eppure tale figura è quasi indefinibile, forse proprio perché ogni formulazione la relegherebbe la sua abilità al rango di semplice procedimento o affare meccanico, è perché la virtuosità non sa cosa farsene della regola, parapetto o promemoria. La phronesis si riconosce per la sua "naturalità" perché instaura quella padronanza del proprio corpo e della situazione che caratterizza la destrezza.