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L’effettiva e vivida esperienza di un Or-Ora

Calcoli impossibili e logica formulare.

3. Irreversibilità e durata

3.3 L’effettiva e vivida esperienza di un Or-Ora

Con la durata reale (durée) riceviamo una nozione di tempo sempre più complessa e affollata di tensioni verso il passato e il futuro: tale sarà la versione fenomenologica del tempo. Il presente fenomenologico, sulla scorta di quello agostiniano, è informato da ritenzioni del passato più immediato, protenzioni verso il futuro prossimo, e di riproduzioni e anticipazioni rivolte invece a passati e futuri lontani dallo stato attuale. Non è possibile qui approfondire tale terminologia, risulta però interessante proseguire per questa via, sulle tracce della simpatia identificata da Bergson. Sappiamo che alla base di ogni teoria della comunicazione vi è un attività di sincronizzazione tra i soggetti coinvolti. Nelle ricerche di Alfred Schutz tale relazione di «mutua sintonia» appare essere la componente fondamentale di ogni comunicazione, e tale sintonia sembra proprio basarsi sulle operazioni tensive che i soggetti compiono. Il punto di partenza per Schutz è che il testo musicale, a differenza di altri tipi di testo (pittorico, architettonico) non può essere guardato monoteticamente; ovvero, in un singolo sguardo non possiamo afferrare l'oggetto ideale «opera musicale» né il significato «costituito. In un solo sguardo possiamo, tutt'al più, afferrare il contenuto che l'opera musicale comunica, il particolare stato d'animo o l'emozione che esso evoca, oppure la sua forma interna, come quando diciamo: «queste erano variazioni con un finale in forma di passacaglia». Possiamo arrivare a dimostrare un teorema matematico politeticamente, ovvero compiendo tutti i passaggi necessari, ma da quel momento sarà per noi possibile arrivarci monoteticamente, in un solo sguardo. La fruizione politetica è invece

sempre necessaria per poter definire il significato di un brano musicale. È pertanto possibile affermare che il brano musicale deve sempre accostarsi al «flusso» della nostra vita mentale. Esperienze si susseguono ad altre esperienze in modo ininterrotto e interconnesso, «ogni Ora si trasforma in un Or-ora non appena io cerca di afferrarlo, e diventa un passato sempre più remoto a mano a mano che emergono altre esperienze, si formano altri Ora che, a loro volta, possono essere afferrati solo mentre si trasformano in un passato» (Schutz 1976 [1944], trad. it. p. 51). Ecco quindi che il presente delle nostre esperienze non è mai un punto matematico, un mero istante, un limite ideale tra passato e futuro. Esso è un presente vivido44 che abbraccia tutto ciò che viene vissuto attualmente ed include elementi del passato ritenuto o ricordato nell'Ora, così come elementi del futuro che entrano nell'Ora attraverso la protenzione o l'anticipazione. Per Schutz, la singolare condizione di un ascoltatore in sala da concerto (o anche nel suo salotto davanti all’hi-fi, per lui la sostanza non cambia) consiste nel non essere più impegnato nella dimensione dello spazio e del tempo spaziale, «nel labirinto di attività necessarie a districarsi con uomini e cose», poiché egli accetta la guida della musica per arrendersi al suo flusso, un flusso «che è quello della loro coscienza nel tempo interno» (ivi, p. 57). Ma tale tempo, definito sulla scorta di Bergson come indivisibile e irreversibile, non consente alcun altro atteggiamento di abbandono esclusivamente nella dimensione del tempo interno fintantoché seguiamo il flusso, fintantoché non siamo fuoriusciti dal flusso e abbiamo stabilito, per così dire, una sorta di posizione-base (ivi, p. 74). La relazione tra spettatore e compositore è stabilita esclusivamente dal fatto che lo spettatore di un brano musicale partecipa a, ed entro un certo limite ricrea, le esperienze del suo consimile che creò quest'opera (Schutz 1964 [1951], trad. it. p. 104), con un’operazione simile alla simpatia proposta da Bergson. Il flusso di suoni che scorrono nel tempo interno è un ordinamento dotato di significato tanto per il compositore quanto per lo spettatore, nella misura in cui esso evoca, nel corso della coscienza che ad esso partecipa, un'azione reciproca di ricordi, ritenzioni, protenzioni e anticipazioni che entrano in relazione con gli elementi successivi. Questo flusso di suoni lo potremmo visualizzare più propriamente come un’onda. Come immaginava

44 Oppure specioso, come lo definisce la tradizione pragmatista da James a Mead,

intendendo il breve lasso di tempo di cui siamo immediatamente e costantemente coscienti.

William James, i movimenti del nostro flusso di coscienza possono essere paragonati ai movimenti di un uccello in volo. Vi sono fasi di volo che si alternano con fasi di riposo e vi è una continua alternanza tra questi due tipi di movimento del nostro pensiero. E dunque sono le fasi di riposo a porre le condizioni di recuperare l’irreversibile:

Il compositore, attraverso i mezzi che sono peculiari alla sua arte, ha disposto le cose in modo tale che la coscienza dello spettatore sia guidata a ricondurre ciò che egli sente nell'istante attuale a ciò che, secondo la sua anticipazione, seguirà e ugualmente a ciò che egli ha sentito or ora e a ciò che egli ha sentito da quando il brano è cominciato (Schutz 1964, trad. it. p. 104).

Da un lato vi è il tempo interno in cui si svolge il flusso degli eventi musicali, una dimensione in cui ciascun esecutore ricrea in passi politetici il pensiero musicale del compositore e attraverso il quale egli si trova altresì collegato all'ascoltatore. Dall'altro, fare musica insieme è un evento del tempo esterno, che presuppone anche una relazione faccia a faccia, cioè una comunanza di spazio, ed è questa dimensione che unifica i flussi di tempo interno e garantisce la loro sincronizzazione nel presente vivido La relazione è stabilita dalla reciproca condivisione del flusso di esperienze dell'altro nel tempo interno, vivendo in comune il presente vivido ed esperendo questa comunità come un «noi». Ed è soltanto all'interno di questa esperienza che la condotta dell'altro acquista significato per il partner «sintonizzato» (ivi, p.113). Come diceva Bergson, per valutare un sentimento in maniera adeguata, è necessario essere passati attraverso tutte le fasi del sentimento stesso, e avere occupato la stessa durata. Così, è da supporre che lo stesso Brahms (citato in apertura), accingendosi a rieseguire mentalmente un buon Don Giovanni, si metta comodo e si procuri un buon sigaro perché, per quanto conosca bene l’opera (tanto da considerare la sua personale interpretazione la più piacevole), egli la deve riesguire nella stessa durata – aspetto quindi che mantiene la validità anche nel processo di svolgersi nella memoria. Allo stesso modo, l’uomo comune privo dell’orecchio interno di un compositore professionista che voglia riascoltarsi il motivo gradevole ascoltato alla radio, non ha altra opzione che fischiettarselo.