Prima di procedere con l'analisi del quadro normativo italiano in materia di decisione di bilancio è opportuno fare alcune considerazioni (di sintesi) su quanto trattato sino a ora. Negli ultimi anni gli Stati hanno maturato la consapevolezza che la via più semplice da seguire per recuperare la propria sovranità, ormai irrimediabilmente compromessa dalla globalizzazione412, sia quella di condividerla.
Si tratta di un fenomeno dato per acquisito da tutta la letteratura giuridica e che non ha bisogno di ulteriori dimostrazioni. Esso, come si è avuto modo di notare, ha interessato anche il governo della finanza pubblica, dove, con il passare del tempo, le competenze dell'Unione sono gradualmente aumentate. Come visto, negli ultimi anni questo processo ha subito una brusca accelerazione, l'irrompere della crisi infatti, mettendo in luce l'inadeguatezza della disciplina finanziaria europea, ha reso necessaria una sua radicale revisione in tempi celeri.
I risultati raggiunti sino a questo momento sono tuttavia discutibili. L'Unione, nel tentativo di ripristinare la stabilità, ha infatti freneticamente adottato una lunga serie di atti (il cui contenuto è stato illustrato nelle pagine precedenti) spesso ripetitivi oppure, talvolta, poco coerenti tra loro, dando vita così a un quadro normativo estremamente caotico413. A riprova di ciò basti pensare che tutti i
tentativi di classificare questi atti, facendo ricorso a categorie dogmatiche, hanno
412 Il tema della globalizzazione giuridica è stata oggetto di numerose trattazioni, ex multis sul punto
si vedano S.CASSESE,Il diritto globale, Torino, 2009; ID.,Lo spazio giuridico globale, Bari – Roma,
2003; M.R.FERRARESE,Globalizzazione giuridica (voce), in Enc. dir., Ann. IV, Milano, 2011; con
particolare riferimento agli effetti prodotti dalla globalizzazione sulle Assemblee legislative si veda G. RIVOSECCHI, Le Assemblee rappresentative di fronte ai processi di globalizzazione: spunti ricostruttivi, in Rass. parl., 2/2003, p. 499 ss.
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122 sempre fallito o, comunque, dato esiti poco significativi414. Non solo.
L'«architettura barocca»415 ha inoltre reso difficile l'individuazione della
concezione economica alla base delle misure di riforma, così se per alcuni autori esse dimostrerebbero una tensione verso la liberalizzazione di ogni aspetto del sistema e l'assunzione di una «pubblicistica manageriale, mutuata, senza sbavature, dal linguaggio aziendale più avanzato dei nostri tempi»416, secondo altri si starebbe
assistendo a un rafforzamento dei poteri di intervento pubblico in ambito economico (seppur con forme differenti rispetto al passato) 417.
Nonostante tali incertezze, a questo punto è possibile cercare di isolare alcuni aspetti macroscopici che caratterizzano la disciplina.
In primo luogo l'analisi compiuta nelle pagine precedenti rivela in maniera chiara che i limiti all'autonomia politica statale, in materia di finanza pubblica, divengono sempre maggiori. Richiamando la nota distinzione, elaborata dalla dottrina, tra vincoli procedurali e contenutistici, si può affermare che la normativa europea si orienti, sempre più, verso i secondi, ossia verso l'individuazione di veri
414 Una classificazione di queste misure è proposta da A. CANEPA, Crisi dei debiti sovrani e
regolazione europea: una prima rassegna e classificazione di meccanismi e strumenti adottati nella recente crisi economico-finanziaria, in rivista AIC, 1/2015, p. 2 ss. In questa sede si è cercato di
distinguere i provvedimenti tra emergenziali e strutturali, oppure tra strumenti di regolazione ex ante ed ex post. Nel primo caso il discrimen sarebbe rappresentato dalla durata nel tempo degli effetti che gli atti adottati sono destinati a produrre. Nel secondo, invece, la differenza consisterebbe nella distinzione tra misure volte a prevenire lo squilibrio dei conti pubblici, ovvero a sanarli nell'ipotesi in cui ciò si verifichi. Tuttavia occorre notare che spesso la linea di confine tra le differenti categorie proposte è alquanto evanescente: alcuni strumenti nati come temporanei sono poi divenuti definitivi (come osservato dalla stessa autrice), come nel caso dei meccanismi di assistenza finanziaria, e inoltre alcuni atti (si pensi al caso del Fiscal Compact) possono disciplinare sia la dimensione ordinaria delle finanze nazionali, sia quella patologica.
415 L'espressione è di G.PITRUZZELLA, Chi governa la finanza pubblica in Europa?, cit., p. 45. 416 Come osservato da L. PATRUNO,La "teologia economica" dell'Europa e il "banco da macellaio"
(Schlachtbank) della storia, cit., web.
417 G.PITRUZZELLA,Chi governa la finanza pubblica in Europa?, cit., p. 40. L'autore nota che
l'accrescimento del coordinamento delle politiche economiche realizzato dalla "nuova governance" è altresì compatibile anche con il rafforzamento dell'intervento pubblico nel mercato. I poteri di governo dell'economia sarebbero, in altre parole, cresciuti per essere allocati a livello sovrastatale. In realtà né questo orientamento, né quello precedente, sono errati. É stato infatti osservato che le economie occidentali dimostrano una certa tensione verso «una combinazione fra un'accresciuta regolazione della finanza e un'accresciuta liberalizzazione nei settori dell'economia reale». Questo è il pensiero di Guy Verhofstadt, riportato da C.PINELLI,La crisi finanziaria e l'Unione europea. Le prime reazioni, cit., p. 325.
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123 e propri «obblighi di risultato» per gli organi statali418, si pensi ad esempio al
conseguimento dell’obiettivo a medio termine.
Inoltre l’ancoraggio delle politiche di bilancio a un vincolo di carattere numerico (seppur individuato all’interno di una forbice), la previsione di meccanismi di correzione automatici e la derogabilità del precetto contabile solo in via eccezionale descrivono un sistema che presenta diversi elementi comuni con il paradigma, illustrato nelle pagine precedenti, teorizzato da Buchanan419, concepito
con il preciso scopo di limitare la realizzazione di politiche keynesiane.
Il diritto sovranazionale, al fine di rendere più incisiva la funzione di coordinamento, sembrerebbe adottare un modello di processo decisionale “razionalizzato”, caratterizzato da tempi certi e un numero di attori titolari di potestà deliberative limitato. Così gli spazi riservati alla discussione politica, e quindi alla sintesi tra istanze eterogenee, sono stati compressi per favorire “l’efficientismo finanziario”. Ciò, come è facile intuire, ha comportato un costo elevato in termini di democraticità del sistema, soprattutto attraverso il depotenziamento del ruolo delle assemblee legislative. Infatti, le forme di partecipazione ad esse riservate, in ossequio allo spirito che ha animato il Trattato di Lisbona, si sono dimostrate del tutto inidonee a garantire un loro ruolo attivo nella governance economica420. Il
418 Sul punto G.RIVOSECCHI,L'indirizzo politico finanziario tra Costituzione italiana e vincoli
europei, cit., p. 38 ss. I vincoli «procedurali» sono invece quelli che regolano le modalità attraverso
le quali deve realizzarsi la decisione di bilancio tendendo, così, a garantire un sistema di programmazione attraverso il quale, Governo e Parlamento, individuano gli obiettivi fondamentali verso i quali deve tendere la finanza pubblica.
419 Vedi supra § 2, Cap. I.
420 Tra le forme più significative di intervento dei parlamenti si ricordino: i) quella prevista dall'art.
7, par. 3, del regolamento n. 473 del 2012, il quale dispone che, nel caso un Parlamento ne faccia richiesta, la Commissione è tenuta a presentare allo stesso il parere reso sul documento programmatico di bilancio; ii) quella contenuta dall'art. 13 TSCG che ha istituito una conferenza composta da rappresentanti del Parlamento europeo e di quelli nazionali con lo scopo di poter discutere le politiche di bilancio e altre questioni inerenti i temi disciplinati dal Trattato. La prima, è stato osservato, non si traduce in una forma di dialogo tra palazzo Berlaymont e istituzionali nazionali, la seconda invece, potenzialmente idonea a raggiungere risultati significativi, non ha comunque prodotto, come già detto (vedi supra § 7.5), alcun risultato utile. Sul punto diffusamente C.PINELLI,La giurisprudenza costituzionale tedesca e le nuove asimmetrie fra poter dei parlamenti nazionali dell'eurozona, in costituzionalismo.it, 25 marzo 2014, passim; sulla compressione delle
prerogative dei parlamenti si veda anche N. DE SADELEER,The new architecture of the european governance: a Leviathan or a flat-footed colossus?, cit., p. 378. Contra N.LUPO,G.RIVOSECCHI,
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124 principio rappresentativo appare così doppiamente compresso: a livello sovranazionale, a causa dell’esclusione dei Parlamenti non solo dai processi deliberativi ma anche nella definizione del framework normativo che regola la materia finanziaria, e a livello statale dove gli esecutivi divengono gli interlocutori privilegiati delle istituzioni europee mentre le Assemblee vengono sempre più marginalizzate.
Il dato che desta maggior allarme, però, è che gli Stati, mossi dal solo obiettivo di superare le secche della crisi, hanno acriticamente accettato tutti gli interventi normativi, senza (quasi) mai preoccuparsi realmente degli effetti che essi avrebbero prodotto sul sistema istituzionale. Solo in Germania, ossia nella realtà economicamente più forte di tutta l'eurozona, il Bundesverfassungsgericht ha ribadito con la sua giurisprudenza la centralità dell'istituzione parlamentare. Anche la possibilità di difendere il “patrimonio costituzionale” sembra, quindi, ora condizionata dalla salute dei conti pubblici421.