• Non ci sono risultati.

Considerazioni di sintesi

Giunti a questo punto della trattazione si rende utile fare una sintesi di quanto riportato nelle pagine precedenti, così da poter individuare i tratti essenziali della decisione di bilancio prima della riforma costituzionale del 2012. Questa operazione consentirà nella parte conclusiva del lavoro di comprendere quali siano (qualora ve ne siano) le differenze tra la disciplina passata e quella attuale.

8.1. Decisione di bilancio e vincoli quantitativi.

La prima domanda che occorre porsi è: esistono vincoli quantitativi che limitano, in modo rigido, la possibilità dei policy maker di determinare l’indirizzo contabile? La risposta è indubbiamente negativa. Tale orientamento, come visto, può essere dimostrato con numerosi argomenti. La presenza di vincoli di questo genere, per iniziare, non può essere evinta né dal tenore letterale della Carta Costituzionale, né dai suoi lavori preparatori. La stessa giurisprudenza costituzionale ha confortato questa tesi affermando che le politiche di spesa possono

in Italia: il crescente rafforzamento del ruolo dell’esecutivo e la possibile definizione di «controlimiti» parlamentari, cit., p. 487.

202 Ibidem, p. 359. L’autrice sottolinea che la prassi del “maxiemendamento” si pone in contrasto

con quanto disposto dall’art. 72, primo comma, della Costituzione. Considerazioni analoghe sono compiute da G.ZAGREBELSKY,ult. op. cit., web; B.G.MATTARELLA,Riflessioni sulla legittimità costituzionale delle ultime leggi finanziarie, in Quad. cost., 4/2006, p. 783 ss.

203 G.ARCONZO,ult. op. cit., p. 825 ss.

204 M.RUBECCHI,Il governo (sempre più) fuori dal Parlamento nella sessione di bilancio, in G. G.

Carboni (a cura di), La funzione finanziaria del Parlamento. Un confronto tra Italia e Gran

Bretagna, Torino, 2009, p. 170 – 171. L’autore per descrivere la situazione che si viene a delineare

Celestino Carlo Locci, Governance economica europea e decisione di bilancio, Dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

55 liberamente esplicarsi entro il (flessibile e indeterminato) limite dell’equilibrio di bilancio. A conclusioni differenti non si arriva nemmeno laddove si guardi alla legislazione contabile; infatti, anche nel momento in cui l’esigenza di risanamento dei conti pubblici è diventata improrogabile la politica fiscale non è mai stata ancorata a un limite di carattere numerico predeterminato. A tal proposito è opportuno ricordare che i vincoli più stringenti alla finanza pubblica, ossia quelli derivanti dal DPEF, costituiscono una autolimitazione che Governo e Parlamento decidono di imporsi all’esito di un procedimento che coinvolge entrambi gli organi205.

Emerge pertanto con una certa chiarezza la duttilità del paradigma analizzato. Ciò è del resto testimoniato dal fatto che, a Costituzione invariata, grazie all’attività ermeneutica della Corte Costituzionale e all’evoluzione della legislazione sub - costituzionale il modello è stato di volta in volta orientato verso obiettivi di politica espansiva, ovvero al contenimento della spesa e risanamento dei conti pubblici206.

8.2. Costituzione italiana e dottrine economiche.

In base a quanto appena riportato è possibile affermare, come corollario, che la Costituzione italiana, nella sua formulazione originaria, non ha aderito ad alcuna dottrina economica. Fermo il limite generale costituito dall’obbligo di copertura, volto a mettere al riparo la stabilità dei conti pubblici da iniziative di spesa irresponsabili, la Carta costituzionale ha rimesso agli organi di indirizzo la scelta dei fini e dei mezzi con i quali perseguirli. La storia politica e le diverse impostazioni delle leggi contabili sono la prova patente di ciò: se in un primo

205 Si deve inoltre evidenziare che il DPEF, come è stato già detto, non viene considerato vincolante

per gli altri documenti contabili sul piano sostanziale. I limiti da esso derivanti si impongono infatti sul piano procedurale attraverso una particolare interpretazione dei regolamenti parlamentari avallata da tutti i gruppi. Questo sistema di vincoli si basa quindi sul consenso delle forze politiche.

206 Confermando in qualche misura la tesi espressa da Arrow, Diamond, Maskin, Schutze, Sharpe,

Solow, Blinder e Tyson secondo i quali il pareggio potrebbe essere raggiunto a Costituzione invariata, vedi supra Cap. I, § 3.

Celestino Carlo Locci, Governance economica europea e decisione di bilancio, Dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

56 momento i governi «centristi» orientano le determinazioni contabili verso il pareggio, finita la “leadership degasperiana” l’affermarsi delle politiche di tipo espansivo non incontra alcun limite giuridico; se la legge 382, cit., nasce con lo scopo fondamentale di diminuire i livelli di deficit, nella 208, cit., è possibile riscontrare una certa attenzione verso il tema dello sviluppo economico207.

8.3. Chi è il principale attore della decisione di bilancio?

È stata forse questa la domanda più complessa che l’art. 81 della Costituzione ha posto nel corso del tempo alla scienza giuspubblicistica, le risposte date dalla letteratura sul tema sono state infatti numerose ed eterogenee. Il dato di partenza consegnato dalla Costituzione, come visto è piuttosto chiaro: Parlamento e Governo, in posizione sostanzialmente pari ordinata, devono co-determinare la decisione di bilancio. Data tale premessa, a partire dagli anni 70’ ha tratto avvio un processo di razionalizzazione che, a eccezione di quanto avvenuto in un primo momento, ha rafforzato la posizione dell’Esecutivo, senza però sottrarre alle Assemblee legislative le prerogative essenziali in ambito finanziario, ad esse infatti, soprattutto grazie all’implementazione della programmazione, viene riconosciuto un adeguato spazio di partecipazione. In particolare il framework normativo che disciplina la materia, ossia i regolamenti parlamentari e la legge contabile, sembra descrivere un sistema deliberativo in cui le Camere partecipano, con il DPEF, alla definizione delle linee essenziali della politica fiscale e alla fissazione dei limiti entro i quali l’attività di governo della finanza si dovrà esplicare. Le caratteristiche fondamentali di questa impostazione non sembrano mutare nemmeno con l’accelerazione del processo di integrazione comunitario che, come si avrà modo di illustrare nelle prossime pagine, modifica la fisionomia della decisione di bilancio,

207 Fermo restando che ogni intervento, comunque, si propone di razionalizzare le uscite. Tale

elemento, tuttavia, non può essere considerato come qualificante di un provvedimento normativo. La razionalizzazione della spesa pubblica, come insegnano i grandi classici del costituzionalismo, rappresenta infatti una delle finalità che lo Stato è chiamato a perseguire per evitare il suo dissesto e quindi il fallimento.

Celestino Carlo Locci, Governance economica europea e decisione di bilancio, Dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

57 facendola divenire l’esito di un processo che si svolge tra dimensione nazionale e sovranazionale, coinvolgendo come attori principali il Governo e la Commissione europea.

8.4. La decisione di bilancio tra modello normativo e prassi.

In definitiva, alla luce di quanto detto, sino a questo momento il paradigma della decisione di bilancio anteriore alla legge costituzionale 1 del 2012 sembra essere: elastico, perché privo di vincoli di carattere sostanziale; neutro, perché non esprime alcun favor verso una teoria economica; e conforme alla logica della forma di governo monista, perché non altera l’equilibrio tra Esecutivo e Legislativo nell’esercizio delle potestà deliberative.

Se dal piano dell’analisi dei modelli si passa però a quello dello svolgimento della prassi il quadro cambia radicalmente. Le relazioni tra Governo e Parlamento hanno assunto, infatti, una dimensione patologica in cui il primo, con azioni prevaricatrici, ha del tutto marginalizzato il secondo, attraverso uno schema costantemente ripetuto tanto nel periodo “proporzionale”, quanto in quello “maggioritario”, a testimonianza del fatto che, in realtà, la soluzione delle distorsioni dei processi decisionali non siano risolvibili con la sola “correzione” dei sistemi elettorali. Non solo. Anche sul versante del contenimento della spesa è possibile fare una considerazione critica: un’interpretazione (e quindi anche un’applicazione più rigorosa) dell’obbligo di copertura, come testimoniato dalla più recente giurisprudenza costituzionale, sarebbe stata sufficiente per garantire l’integrità dei conti pubblici. Ne deriva che in realtà il superamento dei problemi del governo della finanza pubblica in Italia non si possa ottenere (solamente) attraverso la riforma dei testi legislativi, ma ciò dipenderà anche dal modo in cui gli attori del sistema istituzionale si atteggiano nell’esercizio delle proprie funzioni.

Celestino Carlo Locci, Governance economica europea e decisione di bilancio, Dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

58

CAPITOLO II

IL GOVERNANCE ECONOMICA EUROPEA

SEZIONE I

IL QUADRO NORMATIVO

1.La disciplina della finanza pubblica europea: i profili generali.