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La nuova regola: pareggio o equilibrio? Problemi definitori

2. La revisione dell’art 81 della Costituzione

2.1. La nuova regola: pareggio o equilibrio? Problemi definitori

Il novellato art. 81 della Costituzione (art. 1 legge cost.) stabilisce che «lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico».

La disposizione, sin da principio, ha posto un problema ermeneutico rilevante. Infatti, il legislatore dopo aver prescritto la regola del «pareggio di bilancio» nel titolo del provvedimento ha invece fatto riferimento a quella dell'«equilibrio»443 nel testo. L'interprete si è così trovato dinanzi a un duplice

problema: individuare quale sia la regola vigente tra le due richiamate dall’atto normativo e cristallizzare le differenze essenziali dei concetti ai quali si fa riferimento444, così da poter capire quali siano le conseguenze che derivano

dall'opzione per uno ovvero per l’altro.

La risposta al primo quesito è pacifica. Giurisprudenza e dottrina sono infatti monolitiche nel sostenere che nell'ipotesi in cui si verifichi un contrasto tra il titolo

442 In dottrina è stato efficacemente osservato che la disciplina di attuazione costituisce una sorta di

«manuale d'uso» del testo costituzionale, così L.CASO,Il nuovo art. 81 Cost. e la legge rinforzata,

in AA.VV.,Dalla crisi economica al pareggio di bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità,

cit., p. 475.

443 La regola dell'equilibrio è prescritta anche per i bilanci delle pubbliche amministrazioni (art. 97

Cost.), dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni (art. 119 Cost.).

444 L'idea che vi sia una sostanziale differenza tra il concetto di «equilibrio» e quello di «pareggio»

è ampiamente diffusa in dottrina, sul punto ex multis N.D'AMICO,Oplà: il pareggio di bilancio non c'è più, in IBL papers, 12 dicembre 2011, p. 2; A.BRANCASI,Il principio del pareggio di bilancio in Costituzione, in osservatoriosullefonti.it, 2/2012, p. 3.

Celestino Carlo Locci, Governance economica europea e decisione di bilancio, Dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

132 di una legge e il suo testo si debba ritenere che solo il secondo abbia una portata precettiva, avendo il primo rilievo esclusivamente interpretativo445. Applicando

questa impostazione al caso di specie è di palese evidenza quale sia la scelta fatta dal legislatore costituzionale.

La trattazione della seconda questione comporta invece un ragionamento più complesso: essa infatti implica l'analisi di definizioni elaborate, in primo luogo, dalla letteratura economica, poi fatte proprie dal diritto contabile e ora dal diritto costituzionale446. Non solo. A ciò si deve aggiungere, come è stato già da più parti

rilevato, che i termini utilizzati dalla disposizione in analisi si caratterizzino per la loro «estrema genericità»447.

Tra le due nozioni quella ad avere i contorni più nitidi è sicuramente il pareggio: esso infatti si risolve in un'indicazione di tipo numerico che impone la parità tra entrate e uscite in maniera assoluta448. Si tratta di un criterio assai rigido

che impedisce l'implementazione del debito pubblico449, ma al contempo non

consente la realizzazione di politiche anticicliche.

445 La giurisprudenza di legittimità ha infatti affermato che «le partizioni sistematiche di una legge

(titoli, capi, rubriche, etc.) non integrano né fanno parte del testo legislativo e quindi non vincolano l'interprete, ma hanno (come i lavori preparatori) un mero valore interpretativo di per sé non limitativo del significato del testo», così sent. 2569 del 1988 Corte di Cassazione, l'orientamento viene richiamato da M.LUCIANI,L'equilibrio di bilancio e i principi fondamentali: la prospettiva

del controllo di costituzionalità, relazione al convegno Il principio dell'equilibrio di bilancio secondo la Riforma costituzionale del 2012, Corte Costituzionale, 22 novembre 2013, p. 13.

446 La difficoltà ermeneutiche dovute al ricorso all'interno nei testi normativi di concetti elaborati

dalla scienza economica è stata segnalata da più parti in dottrina, ex multis si veda C.PINELLI,

Interpretazione e interpreti dell'equilibrio di bilancio, in Astrid Rassegna, 4/2015, p. 2. L'autore

evidenzia che «il rapporto tra interpretazione e interpreti dell'equilibrio di bilancio diventa [...] un luogo tra prospettive diverse», ossia quella del diritto costituzionale, da una parte, e quella dell'economia dall'altra.

447 Come segnalato da D.DE GRAZIA,L’introduzione del principio del pareggio di bilancio in

Costituzione (tra vincoli europei e zelo del Legislatore), in Giur. cost., 3/2012, p. 2489,

considerazioni analoghe vengono fatte da C.GOLINO,Il principio del pareggio di bilancio, cit., p.

140.

448 É bene evidenziare che il pareggio al quale si fa riferimento non è quello nominale ma quello

strutturale.

449 A tal proposito è stato comunque osservato in dottrina, da più parti, che anche la regola del

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133 La circostanza che il nuovo testo dell'art. 81 della Costituzione non abbia richiamato questa regola sembrerebbe rivelare che l'intenzione del legislatore della riforma sia stata quella di non vincolare in maniera eccessivamente rigida la politica di bilancio statale. Si tratta comunque di un'ipotesi che necessita di una verifica più approfondita.

Più complessa appare, invece, la definizione del concetto di «equilibrio». A causa della polisemia450 che caratterizza questa espressione, infatti, in dottrina si

sono affermate diverse letture sul significato che a essa deve essere attribuito. In realtà, è bene chiarire sin da ora, la definizione di equilibrio è stata data apertis

verbis nella legge attuativa della riforma, la n. 243 del 24 dicembre 2012, sul quale

si avrà modo di tornare nelle pagine successive. Nonostante ciò, in questa sede, si reputa opportuno concentrarsi in prima battuta sul solo testo costituzionale al fine di individuare le caratteristiche essenziali del modello che, proprio perché contenuto nella Legge Fondamentale, è in grado di informare l’intero ordinamento.

Secondo un primo orientamento tra il concetto di equilibrio e quello di pareggio non vi è, in realtà, una distanza così significativa: il primo infatti altro non è che il mezzo attraverso il quale realizzare il secondo. Si sostiene cioè che il costante perseguimento di obiettivi di bilancio ispirati a criteri prudenziali rappresenti «il percorso […] per realizzare un “sano” bilancio in pareggio»451.

Inoltre, secondo un altro indirizzo, le due espressione, ritenute equivalenti nel contesto europeo, dovrebbero essere considerate come tali anche in ambito nazionale452.

450 Segnalata ex multis da F.BILANCIA,Note critiche sul c.d. "pareggio di bilancio, cit., p. 2. 451 Così A.MORRONE,Pareggio di bilancio e stato costituzionale, in Rivista AIC, 1/2014, p. 8. Dello

stesso avviso D.CABRAS,L’introduzione del principio del c.d. pareggio di bilancio: una regola importante per la stabilizzazione della finanza pubblica, cit., p. 112, l’autore, coerentemente con

l’idea ora esposta, ritiene che il “pareggio” sia un «fondamentale criterio interpretativo della riforma».

452 M.BOCCACCIO,L’introduzione del principio del pareggio di bilancio in Costituzione e la legge

rinforzata n. 243/2012, in Associazione fra le società italiane per azioni. Note e studi, 1/2014, p. 16;

S.GABRIELE,L’austerità: un caso di eterogenesi dei fini?, in Riv. giur. Mezzogiorno, 1-2/2013, p.

61. In questo caso l’autrice nota che, a prescindere dall’espressione a cui ha fatto ricorso il legislatore, ormai nell’ordinamento italiano i vincoli finanziari previsti dall’Unione Europea e il principio del «pareggio tendenziale» godono di copertura costituzionale, viene inoltre evidenziato

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134 Una seconda vulgata invece ha ricostruito il concetto di equilibrio facendo riferimento all’esperienza giuspubblicistica italiana e in particolare alla giurisprudenza della Corte Costituzionale che, come noto, a partire dal 1966, con una pronuncia divenuta celebre453, ha riconosciuto che il limite sostanziale alla

politica di spesa del legislatore statale si risolva non già nell'automatico «pareggio del bilancio, ma dal tendenziale conseguimento dell'equilibrio tra le entrate e le spese»454. Facendo leva su questa definizione, è stato sostenuto, talvolta

criticamente, che la scelta semantica operata dal legislatore non abbia comportato alcuna significativa differenza con il passato: l’attuale testo costituzionale pertanto non introdurrebbe alcun rigido precetto contabile, bensì una regola «morbida»455

che lascerebbe impregiudicata la possibilità, per gli organi di indirizzo, di attuare politiche in deficit spending456. In altre parole l’attuale disciplina costituzionale, pur

introducendo dei canoni ispirati alla prudenza fiscale, continuerebbe a considerare

che ciò rappresenta la volontà di aderire al pensiero di una determinata scuola economica. È interessante altresì notare che anche nel Rapporto della Commissione economica presentato alla Costituente i termini pareggio ed equilibrio sono considerati sinonimi (Ministero per la Costituente,

Rapporto della Commissione economica, Finanza, Relazione I, p. 34).

453 Il riferimento è chiaramente alla sentenza n. 1 del 1966. Alcuni autori hanno ritenuto che questo

provvedimento sia stato decisivo «nel consentire che prevalesse una interpretazione lassista del vincolo costituzionale», così N.D’AMICO,ult. op. cit., p. 2; considerazioni critiche sugli effetti della pronuncia ora richiamata vengono svolte anche da C.PINELLI,ult. op. cit., p. 7.

454 Sent. 1 del 1966, 6. Considerato in diritto; l'orientamento ora richiamato è stato ribadito, con

termini identici, nelle sentenze 12 del 1987 e 384 del 1991 (vedi supra § 5, Cap. I). Inoltre il Giudice delle leggi ha classificato l'equilibrio di bilancio come «valore costituzionalmente riconosciuto», sent. 260 del 1990, 2. Ritenuto in fatto. La giurisprudenza costituzionale è tornata nuovamente sul punto di recente affermando che «il principio dell'equilibrio tendenziale del bilancio [...] ha contenuti di natura sostanziale: ossia che non può essere limitato al pareggio formale della spesa e dell'entrata [...] ma deve estendersi [...] alla prevenzione dei rischi di squilibrio», la sua applicazione corrisponde pertanto alla «continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche», così sent. 250 del 2013, 3.2.

Considerato in diritto.

455 L'espressione è diS. SILEONI,Dopo il pareggio, sparisce anche l'equilibrio di bilancio, in

ASTRID Rassegna, 25 gennaio 2013, p. 1.

456Così ex multis N.MASTROPASQUA,Corte dei conti e autonomie: nuove prospettive e controlli, in

AA.VV.,Dalla crisi economica al pareggio di bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità. Atti del LVIII Convegno di studi di scienza dell’amministrazione, cit., p. 626; N.D’AMICO,ult. op. cit.,

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135 il pareggio di bilancio alla stregua di «un obiettivo politico» e non di un «obbligo giuridico»457.

L’impronta elastica del paradigma costituzionale inoltre, secondo i fautori di questa impostazione, troverebbe conferma nella seconda parte della disposizione, laddove si afferma che l’equilibrio deve essere assicurato «tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico». Tale precisazione consente di comprendere, in primo luogo, che il saldo di riferimento per la definizione degli obiettivi di finanza pubblica non è quello nominale bensì quello strutturale458. Da

ciò consegue inoltre che le determinazioni riguardanti la decisione di bilancio saranno assunte tenendo in considerazione (anche) le esigenze di carattere congiunturale e che, pertanto le «esigenze di equilibrio sono diverse nelle fasi di recessione e in quelle di espansione»459. Logica conseguenza di quanto appena

riportato è che, in ipotesi di ciclo avverso, sarà possibile ricorrere al mercato finanziario, facendo così registrare un aumento del deficit pubblico, per attuare politiche anticicliche, in ossequio alla dottrina keynesiana, come già è avvenuto in passato460.

457 Il riferimento è chiaramente alla tesi di V.ONIDA,Le leggi di spesa nella Costituzione, cit., p.

438 ss.

458 Il saldo strutturale corrisponde a quello consolidato, ossia quello che individua l’indebitamento

o l’accreditamento netto come definiti ai fini della procedura per disavanzi eccessivi, corretto per gli effetti del ciclo economico al netto delle misure una tantum e temporanee (art. 2, l. n. 243 del 2012), per un approfondimento di queste definizioni si veda G. VEGAS, Il bilancio pubblico, Bologna, 2014, p. 158. L’introduzione di una regola sul pareggio di bilancio, è stato osservato in dottrina, deve essere sempre accompagnata dal riferimento al ciclo economico, diversamente infatti nell’ipotesi in cui, a causa della congiuntura sfavorevole, il PIL risulti inferiore a quello stimato, il governo si troverebbe a dover rispondere di qualcosa che sfugge al suo controllo, così M. T. SALVEMINI,Poteri di bilancio e sistema istituzionale italiano, in AA.VV.,Dalla crisi economica al pareggio di bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità, cit., p. 373.

459 Così M.LUCIANI,ult. op. cit., p. 17.

460 L’idea che il riferimento al ciclo economico costituisca un elemento di flessibilità, in grado di

consentire il perseguimento di politiche keynesiane, è ampiamente diffusa in dottrina, sul punto ex

multis N.D’AMICO, Il pareggio di bilancio e il sistema dei controlli, in AA.VV.,Dalla crisi economica al pareggio di bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità, cit., p. 521; M.LUCIANI,

ult. op. cit., p. 17; D.DE GRAZIA,ult. op. cit., p. 2489; P.DE IOANNA,Forma di governo e politica di controllo della finanza pubblica, cit., p. 401; T. F. GIUPPONI, Il principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio e la sua attuazione, in Quad. cost., 1/2014, p. 60; in senso critico rispetto

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136 Gli argomenti ora riportati tuttavia prestano il fianco ad alcune critiche. Dire che il concetto di equilibrio non coincide con quello numerico del pareggio è circostanza incontestabile. Tuttavia ciò non può dimostrare più di quanto non sia evidente. La scelta semantica operata dal legislatore della riforma, infatti, non può da sola provare che il paradigma costituzionale in materia di contabilità sia duttile, ma serve solo a escludere la sussistenza di un obbligo, costituzionalmente sancito, di assoluta corrispondenza tra entrate e uscite. Alla luce di ciò resta comunque molto ampia la gamma di significati, soprattutto a causa della sua vaghezza, che può essere attribuita al termine «equilibrio»: pertanto esclusa la più rigida delle regole (quella del pareggio nominale) restano impregiudicate tutte le altre ipotesi interpretative461 anche di segno opposto462.

Appaiono inoltre poco persuasivi anche i riferimenti alla giurisprudenza costituzionale: ci si chiede infatti se il significato di una disposizione vigente possa essere ricavato, con precisione, dall’interpretazione fornita dalla Corte con riguardo a un testo ora espunto dall’ordinamento463. Tale osservazione acquista ulteriore

valore laddove si pensi che, come ricordato sopra, l’orientamento inaugurato dalla sentenza n. 1 del 1966, definito «lassista», è considerato come uno dei fattori che,

banca centrale, pareggio di bilancio, cit., p. 397; ID., Il pareggio di bilancio tra ideologie

economiche, vincoli sistemici dell’unione monetaria e principi costituzionali supremi, cit., p. 1.

461 Volendo considerare le due definizioni come degli insiemi potremmo pensare a quello del

pareggio come ben definito e contenente una regola che lascia ristretti margini interpretativi, mentre a quello dell’equilibrio come particolarmente ampio contenente al suo interno numerosi (potenziali) significati tanto rigidi, quanto flessibili. Non mancano in dottrina orientamenti secondo i quali le differenze tra i due concetti non sarebbero di particolare rilievo, sul punto si veda O.CHESSA,La Costituzione della moneta. Concorrenza, indipendenza della banca centrale, pareggio di bilancio,

cit., p. 397; D.MONE,La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio ed il potenziale vulnus alla teoria dei controlimiti, in Rivista AIC, 3/2014, p. 3.

462 Con un ragionamento, al limite del formalismo, ma aderente al dato testuale, si potrebbe arrivare

a sostenere che la norma ricavabile dal testo costituzionale vigente possa avere implicazioni più rigide di quella del pareggio. Nel caso in cui il vincolo, infatti, imponga la parità tra entrate e uscite non sarebbe possibile (in base a una interpretazione letterale della disposizione) che le prime superino le seconde (dovendo il saldo essere pari a zero), l’equilibrio invece, come si avrà modo di notare a breve, non preclude questa soluzione. In altre parole la prima regola esclude un saldo di segno positivo, la seconda no.

463 Il tentativo di ravvisare margini di flessibilità nel primo comma dell’art. 81 della Costituzione

facendo leva sull’interpretazione di equilibrio elaborata dalla giurisprudenza, prima della riforma, è stata definita “illusoria”, così C.PINELLI,ult. op. cit., p. 9.

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137 legittimando politiche fiscali assai poco prudenti, ha favorito il dissesto dei conti pubblici italiani464. Allora è ammissibile sostenere che una riforma nata per

vincolare il sistema contabile statale a criteri prudenziali si risolva nella cristallizzazione, all’apice della gerarchia delle fonti, dell’impostazione che ha favorito l’affermazione dello status quo che la riforma intende contrastare?

Il contesto politico465, i numerosi richiami all’ordinamento europeo466 e il

processo di integrazione comunitario suggeriscono, invece, all’interprete di dare una lettura della disposizione quanto più possibile conforme al dettato normativo unionale467, il quale, come si è avuto modo di notare nel precedente capitolo, è

sideralmente distante dal solco tracciato dal Giudice delle leggi.

Alcune considerazioni critiche possono essere svolte anche sul richiamo agli effetti del ciclo economico. In primo luogo, a questo proposito, occorre sottolineare che il testo costituzionale impone di “tener conto” non solo delle «fasi avverse» ma anche di quelle «favorevoli del ciclo». Pertanto se si sostiene che le prime legittimano il ricorso a politiche in deficit, si deve ammettere che al ricorrere delle seconde, specularmente, si dovrà conseguire un avanzo di bilancio con finalità di tipo compensativo468: sembrerebbe profilarsi così un automatismo che finisce con

il comprime ad ogni modo la discrezionalità dei policy maker nel gestire i saldi di bilancio469. Non solo. La possibilità di attuare politiche di deficit spending appare

464 Del resto, giova ricordare, il concetto di equilibrio finanziario elaborato dalla scienza

giuspubblicistica italiana, in opposizione a quello di pareggio, presuppone che sia l’organo politico a «stabilire il livello di equilibrio», come rilevato da D.MONE,ult. op. cit., p. 3. Tale determinazione, come si avrà modo di evidenziare nelle prossime pagine, non è attualmente nella piena disponibilità delle istituzioni nazionali: è questo un ulteriore argomento che porta a ritenere che vi sia una soluzione di continuità tra il significato attuale di equilibrio e quello elaborato in passato.

465 Vedi supra § 1, Cap. III.

466 Si pensi a quello contenuto al primo comma dell’art. 97 Cost., oppure a quelli contenuti nella

legge n. 243 del 2012, sui quali si avrà modo di tornare nelle prossime pagine.

467 Una lettura dell’art. 81 della Costituzione orientata verso l’ordinamento comunitario è del resto

espressione della necessità, ormai pacifica, di interpretazione conforme del diritto interno con quello unionale.

468 La dottrina ha più volte evidenziato che il ricorso al deficit ha come conseguenza la necessità di

compensare attraverso il raggiungimento di un saldo in avanzo nelle fasi favorevoli del ciclo. Sul punto si veda N.D’AMICO,ult. op. cit., p. 521; D.DE GRAZIA,ult. op. cit., p. 2489.

469 Alla maggior flessibilità riconosciuta al ricorrere di condizioni economiche sfavorevoli consegue

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138 ulteriormente ridimensionata laddove la disposizione in disamina venga interpretata tenendo in considerazione la disciplina eurounitaria e il vincolo globale dell’obiettivo a medio termine470. Il riferimento alla congiuntura economica quindi,

pur rappresentando indubbiamente un elemento di elasticità, non consente da solo di poter affermare che il modello tracciato dall’art. 81 Cost. sia flessibile.