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Mappa 4. La posizione di Xinzhucun, tra le città di Judian e Ludian (si veda il sito: Google Maps).

10. Tecniche e (in)sensibilità

3.2 Alleanze matrimoniali e rapiment

La tipica forma matrimoniale dei Naxi dell’area di Lijiang residenti in zone di montagna avviene tra cugini incrociati appartenenti a patrilignaggi esogamici, chiamati “ossa”. Questo fatto è riflesso nel termine dzê-mâ, riferito ad una categoria di parentela che include sia la figlia acquisita che la figlia della sorella (McKhann 1992: 24 citato in Hsu 1998: 86). Questo tipo di matrimonio permetteva di stringere alleanze più solide tra lignaggi patrilineari. In opposizione alle relazioni di “osso” (ô-k’ò) che univano i membri dei patrilignaggi (ts’ò-ô), le relazioni che legavano due “ossa”, ossia due lignaggi affini, venivano classificate come “carne” (ná-k’ò) (McKhann 1998: 30-31) 82. La

82 Hsu nota che queste categorie sono impiegate presso moltissimi gruppi etnici, e che in realtà non è affatto

semplice dare una definizione tanto netta di “ossa” e “carne”: il primo termine, ad esempio, presso i Nyinba, si riferisce all’organo, al lignaggio, e alla casta di appartenenza di un individuo (Hsu 1998: 82, Lavine 1981: 55-56 citato in Hsu

Fig.17. Familiari e amici preparano una casa costruita di fresco alla festa di fenjia, Donghongdui,

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metafora dominante è dunque quella del corpo umano, in cui ossa e carne insieme compongono un individuo completo; per estensione, un patrilignaggio “salutare” avrebbe molti legami di “carne” con altri lignaggi locali. I Naxi parlano dei propri legami di “ossa” e “carne” come di quelle persone legate a sé tramite maschi (zò) o femmine (mí); è in questo caso implicita la predominanza dell’autorità maschile, dove l’“osso” patrilineare esercita certi diritti giuridici sulle proprietà (McKhann 1992: 300 citato in Hsu 1998: 85)83. Nonostante villaggi interamente composti da un solo patrilignaggio siano rari, un “osso” idealmente dovrebbe formare un’unità residenziale: a Xinzhucun, dove ogni frazione è abitata da uno più rami familiari con antenati per via patrilineare in comune, questo accade quasi da manuale. Le due categorie impartiscono dei limiti tra chi si può (“carne”) o non si può (“ossa”) sposare. Infatti, la rilevanza di questa distinzione consiste in buona parte nella determinazione delle possibili alleanze matrimoniali, come è riflesso nella terminologia della parentela: mentre ogni posizione nella famiglia ha uno specifico nome, differenziato secondo il genere, la generazione e il rapporto di “ossa” o “carne” che esso ha con l’ego, le uniche distinzioni di quest’ultimo tipo vengono effettuate nella generazione dell’ego, in quella superiore e in quella inferiore, ossia in quel gruppo di persone che è necessario considerare per stabilire matrimoni incrociati tra cugini. Per quanto riguarda le altre generazioni, non viene posta enfasi sull’appartenenza a uno o all’altro lignaggio (Hsu 1998: 88, McKhann 1992: 311 citato in Hsu 1998: 86). Le donne, che rimangono estranee all’”osso” del padre, si sposano virilocalmente, solitamente neolocalmente presso il villaggio del compagno, oppure patrilocalmente in caso egli sia il figlio minore di una famiglia (Hsu 1998: 83). Questo tipo di conformazione sociale fa emergere metafore come quella riportata da McKhann: mentre gli uomini sono stabili come montagne, le donne sono come alberi, che vagano e si attaccano ad esse (McKhann 1992: 298 citato in Hsu 1998: 86); e come quella che mi è stata riferita da una donna di Xinzhucun, e che ho citato all’inizio di questo sotto capitolo: «le donne sono come dei soffioni, volano con il vento e, dove si piantano nel terreno, producono nuova vita» (Diario di campo, 27 dicembre 2018).

In passato questi legami erano importanti per creare solide alleanze a fini difensivi ed offensivi, mentre oggi permane quell’aspetto relativo al poter contare sul propria parentela di “carne” per ottenere aiuti di diverso tipo, anche nella vita di tutti i giorni. Questo si riflette nella massima Naxi: «â’-gv nd’ài» (lo zio materno è [il più] importante) (McKhann 1998: 31). Le “ossa” avevano una rilevanza centrale anche da un punto di vista politico. Nonostante la Repubblica Popolare Cinese, se non durante le riforme agrarie degli anni ’50 come risultato dello sviluppo economico degli anni ’80 e ’90, abbia abolito qualsiasi forma di società stratificata, sulla base dei dati oggi a disposizione, i

1998: 82). L’autrice sottolinea inoltre che le nozioni non sono necessariamente da associare alla patrilinearità: presso i Mosuo, ad esempio, le “ossa” sono spesso determinate per via matrilineare (Hsu 1998: 83).

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Naxi, ora “socialisti”, come diversi altri gruppi etnici della zona, si sarebbero probabilmente potuti classificare come tali prima della rivoluzione (Hsu 1998: 70, 87). All’interno di questo contesto era fondamentale il vicendevole sostegno dei vari lignaggi per mantenere il proprio privilegio all’interno di un sistema di classi (Hsu 1998: 89). In ultimo luogo, i matrimoni tra cugini incrociati per via patrilineare erano un’ottima strategia per mantenere una certa sicurezza all’interno del proprio ambiente familiare, per tenere unite le persone e non disperdere le proprie risorse umane e materiali in favore di lignaggi sconosciuti: questo, nelle parole di Hsu, sarebbe equivalso a “mettere troppa carne sulle ossa” (Hsu 1998: 82-83, 89, McKhann 1998: 23-46, Mueggler 2001). L’importanza del patrilignaggio per i Naxi di quest’area si riflette nelle loro pratiche rituali. Nella cerimonia di sacrifico o Propiziazione del Cielo, viene inscenata una problematica familiare relativa all’acquisizione di una sposa da parte di un lignaggio non legato a quello di arrivo da rapporti di “carne”, dal momento che per quest’ultimo significa contrarre un debito. La sposa entra in tutto e per tutto a far parte della famiglia del marito ma costituisce un ponte di “carne” con la sua famiglia di origine; questo fatto viene esplicitato attraverso il simbolismo della cerimonia matrimoniale tradizionale Ssú dsú, durante il quale la sposa regge in mano una scala a pioli ed un ponte di legno, rappresentanti il potere della donna di creare legami di “sangue”, mentre lo sposo porta una casa stilizzata ed un piolo, rappresentanti il potere dell’uomo di fissare la sposa nella propria casa84. Questa cerimonia, che ha

strettamente a che fare con la credenza negli dei della vita Ssú, dei quali si tratterà nel prossimo capitolo, è significativamente ritratta in due pittogrammi relativi a sezioni della celebrazione. Nel primo, il Ssú della sposa (rappresentato dal cesto che normalmente lo contiene e da un sottile filo), sciolto dalla precedente famiglia, viene legato a quella del marito tramite un piolo (fig. 18). Nel secondo caso, si vede il dio del focolare prendere tra le mani la vita della nuova arrivata, che gli è affidata (fig. 19).

84 Diversi di questi oggetti, ciascuno dei quali è costruito con un tipo di legno specifico, costituiscono parte del

corredo contenuto nel piccolo cesto ospitante gli dei della vita Ssú degli abitanti della casa di cui si è parlato poco sopra. Per una trattazione completa di questi oggetti e dei loro significati, si veda Yang (1998: 189-208).

Fig.18. Ssú p’â (Fastening a Life God onto a

Peg). Disegno: F. Yang (1998: 190).

Fig.19. Ssú-bbèr (fastening the Life God’s thread into the

hands of the God of the Hearth).

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L’opposizione tra relazioni “ossa” e “carne” è anche codificata nell’architettura della casa Naxi. Le posizioni che in passato si assumevano sedendosi attorno al fuoco erano ben determinate e divise tra parenti in linea patrilineare, in linea matrilineare ed ospiti, con i più giovani confinati nelle posizioni più prossime alla porta e gli anziani nei posti di riguardo, nella direzione opposta85. Grazie al suo riferimento all’opposizione tra lignaggi celesti provvisori di mogli e lignaggi terrestri che le ricevono (legata alla stessa narrazione tradizionale che sottende la cerimonia della Propiziazione del Cielo e che verrà esaminata nel capitolo successivo), il pilastro centrale della tradizionale casa Naxi a travi di pino, chiamato “sostegno del Cielo” (muân dtv^), simboleggia il legame con la parentela di “carne” (1998: 32). A rimarcare la necessaria solidarietà di entrambi i tipi di realzione per la creazione di una società solida, è interessante osservare il pittogramma Naxi per “famiglia” (k’ò), comprensivo di entrambi i tipi di relazione: si tratta di alcuni bastoni di uno steccato avvolti da una sorta di intreccio, ossia le ossa avvolte dalla carne (McKhann 1998: 44).

Quella dei matrimoni è una pratica sociale che porta in sé le tracce della storia del gruppo etnico Naxi. Come si è visto, i matrimoni venivano combinati dalle famiglie della coppia. Nonostante nel 1950 venne stipulata una legge che prevedeva l’esplicita proibizione dei matrimoni combinati e tra cugini, entrambe le pratiche si sono riscontrate almeno fino a vent’anni fa, anche se già allora non erano più la norma (1998: 31). Queste pratiche matrimoniali Naxi, che prevedevano una maggiore flessibilità nella gestione del matrimonio a seconda delle risorse economiche disponibili anche se non nella scelta del proprio compagno, si sono scontrate con il rigido sistema dei matrimoni combinati della millenaria tradizione Han (volti a mantenere stabili le divergenze tra classi sociali), apportando una serie di problematiche che prima non si erano mai poste in questa società. Mi riferisco in primo luogo a quella dei prezzi della sposa, che spesso e volentieri le famiglie contadine, possedendo poco e nulla, non erano in grado di pagare. Nonostante il sistema matrimoniale tradizionale non fosse particolarmente liberante, vi fu persino un periodo, appena le norme furono implementate, in cui i sucidi per amore fra i Naxi divennero estremamente frequenti. Si creò allora una sorta di scappatoia, codificata da regole sociali alternative ma che non mettesse in discussione il sistema imposto dal governo centrale: si trattava del cosiddetto sistema del “rapimento della sposa”: un gruppo di amici e parenti dello sperato sposo tendevano letteralmente degli agguati alla ragazza che egli desiderava, la rapivano e la rinchiudevano nell’abitazione di lui. Se i parenti di lei non riuscivano a fare irruzione nella casa e a liberarla, passata la notte, quella era da considerare una coppia di fatto: la parte dello sposo procedeva allora con il porgere le scuse a quella della sposa e a fingere una contrattazione amichevole, fornendole un compenso simbolico. Diverse erano le trappole che i ragazzi tendevano

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alle ragazze, e che le coppie di innamorati architettavano per potersi sposare, e molte avevano a che fare con questa notte rubata (Chao 2012: 82-120). Sono rimasta sconcertata quando ho realizzato che oggi il procedimento del “rapimento della sposa”, benché la scelta del compagno sia libera, non è sparito da un punto di vista formale. I vari passaggi che in passato erano previsti, sono stati codificati a Xinzhucun nel procedimento consuetudinario del fidanzamento. Nonostante nella stragrande maggioranza dei casi si sappia che nessuno opporrà resistenza alle scelte dei figli, prima di dichiarare le proprie intenzioni alla famiglia della parte femminile, il ragazzo porta la compagna a casa propria a dormire per una notte. Il giorno dopo, una piccola comitiva di parenti della parte maschile fanno una spedizione a casa di lei, per far sì che i suoi genitori prendano atto della situazione, fare la loro conoscenza e cercare di stipulare un buon accordo. Il giorno successivo, la ragazza viene riaccompagnata a casa propria, dove rimarrà fino al momento dell’eventuale matrimonio. Il promesso sposo fa la conoscenza della nuova famiglia (inizierà a chiamare i suoceri “mamma” e “papà”), e in caso egli non tenga un comportamento indegno il patto sarà stipulato. La sua famiglia lo aiuterà a suggellarlo con una giornata di lavoro regalata alla controparte, prima di ritornare a casa e fare festa. Se la richiesta viene accattata, le due famiglie resteranno legate dal vincolo matrimoniale dei rispettivi figli, e collaboreranno nelle faccende domestiche ed economiche.