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Mappa 4. La posizione di Xinzhucun, tra le città di Judian e Ludian (si veda il sito: Google Maps).

8. Senso di appartenenza

Le immagini princeps… ci rendono soggiorni dell’essere, case dell’essere, nelle quali si concentra una certezza di essere. Sembra quasi di poter ricominciare un’altra vita, una vita nostra, nelle profondità dell’essere, abitando immagini così stabilizzanti (Bachelard 1975: 60).

Esaminando struttura sociale di Xinzhucun, ci siamo inizialmente soffermati sul sistema familiare, fulcro della vita sociale individuale, che sottende fondamentalmente un’ideologia che si è definita, sulla scia di Hsu, hearth-oriented. Ci siamo in seguito concentrati sul sistema relazionale

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che radialmente investe prima i parenti più stretti, quelli dell’“osso”, gli appartenenti più alla lontana dello stesso lignaggio, ed infine gli abitanti del villaggio, ricorrendo ad un’ideologia, via via più flebile, alliance-oriented. Queste modalità relazionali sono fittamente intrecciate e sottendono un elemento fondamentale: il senso di appartenenza ad un luogo. Farò ora un breve excursus sul senso di appartenenza all’ambiente domestico, e come questo, a Xinzhucun, sia inscindibile dal senso di appartenenza ad un ambiente più grande, sulla stregua della stretta interrelazione che sussiste tra le relazioni in allontanamento progressivo, basate sul focolare, sulle “ossa” e sulla “carne”.

Prima di reintegrare le dimensioni materiali e quelle sociali di quel tutt’uno che rappresentano gli uomini e lo spazio nel contesto di Xinzhucun, vorrei riportare l’attenzione su un concetto centrale dell’antropologia dello spazio, e in particolare dello spazio domestico: quello di “sentirsi a casa”. A inizio capitolo si è evidenziata l’importanza che Bachelard attribuisce all’ambiente domestico nella formazione nella formazione emotiva e cognitiva delle persone. I valori intimi degli spazi interni sono la prima cosa che gli esseri umani imparano e che non dimenticano. A seguito delle esperienze che abbiamo vissuto e del nostro potere immaginale, figurazioni poetiche di spazi intimi ci danno certezze esistenziali e la sensazione di poter vivere una vita che ci appartenga totalmente (Bachelard 1975).

È però necessario considerare che il sentimento di appartenenza ad un luogo non si limita alla sola sfera domestica. Si è visto che il rapporto che ogni comunità ha con il proprio ambiente è influenzato dal fatto che entrambi si siano sviluppati, per come essi sono in ogni momento puntuale della rispettiva esistenza, in seguito ad una lunghissima storia condivisa di contatti reciproci, che li ha portati a modificarsi a vicenda. Mutamenti ambientali e trasformazioni delle società, in un infinito numero di modalità, si riflettono uno sull’altro, e si portano inscritti uno nella conformazione dell’altro. Questo avviene sia a livello macroscopico, per quanto riguarda la conformazione delle strutture di una società o le forme dell’ambiente costruito; sia a livello microscopico, nelle esperienze individuali delle persone, che si adatteranno al proprio contesto abitativo interagendo con esso e conoscendolo attraverso le esperienze che ne hanno. Le storie che vengo raccontate riguardo a determinati luoghi, o gli accadimenti che essi hanno sperimentato sulla propria pelle rimangono legate a dei punti spaziali, legando inscindibilmente tempo e spazio in una rete significativa anche dal punto di vista emotivo94. Questa rete sarebbe costituita da località che assumono uno spessore storico- emozionale, dei nodi, che iniziano a costellare lo spazio mutando lentamente le sensazioni che si hanno a riguardo di un ambiente dall’ostilità e insicurezza alla familiarità e al “sentirsi a casa”:

94 La celebre affermazione di Ingold, «Places do not have locations but histories» (Ingold 2000: 219), si riferisce

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Per chi vi abita, un paesaggio risulta dunque costituito dall’insieme di migliaia di località (nodi) tra loro interconnesse in una rete di attività quotidiane individuali, e la rete cambia nel tempo. Di più:

abitare un luogo, sentircisi a casa, è l’atto stesso di costruire una tale rete (Ligi 2003: 279).

Nelle parole di Ingold, questa emozione, indipendentemente dal contesto fisico circostante, dipende dal fatto che in quel posto una persona è abituata, conosce i luoghi e le persone ed è solita condurci la sua vita quotidiana; abitando (dwelling) in un paesaggio, si incorporano le sue caratteristiche attraverso la ripetizione delle proprie attività quotidiane, e ci s sente a casa (Ingold 2000: 57).

A questo proposito, nel suo saggio relativo alla casa Naxi, Hsu pone l’attenzione sul fatto che il rito del sacrificio agli antenati (che ha luogo nel primo giorno dell’anno lunare) sia limitato alla generazione degli antenati più recenti (i propri genitori) e che tutti gli altri passino in un indifferenziato gruppo di antenati di “ossa” e “carne” ai quali vengono fatte offerte durante il rito di sacrificio al focolare. Questa associazione degli antenati con il focolare può essere preso come indizio del fatto che ciò che il culto degli antenati celebra principalmente sia l’appartenenza ad un luogo. Similmente, tornando terminologia di parentela Naxi, si è visto che normalmente le persone tendono a non enfatizzare la distinzione tra familiari per via patri- o matrilineare, fatta eccezione per la generazione a cui appartiene l’ego, e quelle appena superiore ed inferiore. Questo sembrerebbe suggerire che, al di fuori delle generazioni menzionate, il sistema di parentela sia bilaterale: la discendenza apparentemente non è celebrata, ma, a parere di Hsu, lo sono piuttosto l’appartenenza territoriale al focolare (Hsu 1998: 88). Si è nel corso del presente capitolo fatto presente che per almeno una parte degli abitanti di Xinzhucun la discendenza sembri essere molto importante. Per quanto concerne il villaggio, non credo pertanto che si possa sottoscrivere completamente quanto afferma Hsu in proposito. È pur vero che, nonostante tutti, nella famiglia Yang di Donghongdui, sappiano di avere un antenato in comune95, parlando della propria discendenza, le persone con cui ho parlato risalivano nella propria genealogia (o in quella del marito, in caso avessi a che fare con un’interlocutrice) fino ad un antenato piuttosto recente, quello che attualmente risiede in cima al cimitero fendi di ognuno dei gruppi che ne condividono uno: si trattava in genere di un antenato di un paio di generazioni superiori a quella delle persone i cui figli iniziano ad avere figli a loro volta. Sulla base di queste considerazioni volte ad evidenziare nel mondo fenomenico una realtà che è difficile esprimere in parole (mi riferisco il senso di appartenenza ad un posto e alla propria casa) – sempre che sia necessario farlo– sono convinta che almeno in parte, le due tendenze possano

95 Se esplicitamente richiesto, iniziano a fare calcoli in base alla generazione a cui sanno di appartenere da chi il

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convivere, e che si possa affermare che in un certo modo i Naxi di Xinzhucun si sentano contemporaneamente legati alla propria linea di discendenza ed al proprio focolare domestico.

Le aperture di un’abitazione inoltre (porte, finestre, cortili) mettono in comunicazione l’intimità di uno spazio vissuto e le immensità dell’universo indeterminato che le persone immaginano. I confini di una casa (come il limitare di una porta) sono abilitanti più che restrittivi, e sono il mezzo attraverso cui si sentono le differenze tra il dentro ed il fuori, dal momento che permettono loro di avvolgersi l’un l’altro. Nell’abitare lo spazio domestico pertanto si percepisce la presenza del vasto mondo esterno già presente al suo interno: nel determinare il confine che demarca uno, infatti, si sta determinando contemporaneamente il confine che demarca l’altro (Bachelard 1975: 233-252, Mueggler 2001). Il focolare racchiude pertanto tutto il mondo ad esso immediatamente esterno, oltre e prima del grande cosmo: il paesaggio in cui le persone vivono, popolato di altre unità domestiche.

Alla luce di quanto si è detto nel presente capitolo e di queste considerazioni, vorrei fare una precisazione su una categoria che ho fino ad ora applicato nel compiere questa analisi del tessuto urbano e sociale di Xinzhucun, ossia quella di ambiente domestico, inteso come delimitato da un cancello d’ingresso che lo separa dalle strade, dalle case dei vicini, dai campi e dal resto del villaggio. Mentre in un ambiente occidentale questi termini sono auto-evidenti, e la loro applicabilità concreta è indubbia, in questo contesto la divisione tra “privato”, “domestico” e “collettivo” è labile. Mi concedo dunque di utilizzarli premettendo di parlare da occidentale, e di avere l’intenzione di portare nel discorso questi concetti per ridiscuterli alla luce dell’ambiente in cui ho vissuto a Xinzhucun. Ritengo che, secondo una prospettiva che considera il sentirsi a casa come un abitare il mondo che ci circonda intessendo relazioni significative con persone e luoghi, creando nodi densi di storia individuale in un paesaggio, si possa affermare che in molti dei contesti della vita di un abitante di questo villaggio, e contemporaneamente in diversi momenti della vita quotidiana e del ciclo annuale che scandiscono la vita privata e collettiva della popolazione locale, la categoria di ambiente domestico sia estensibile, secondo lo stesso schema di sfere concentriche che si è precedentemente applicato alle relazioni sociali, dai confini dell’abitazione, al suo immediato circondario, ai confini della sua frazione, fino a comprendere l’intera vallata. Mentre utilizzare la categoria di paesaggio

domestico proposta da Ligi (2003: 264-268)96 sarebbe in questo contesto eccessivo, dal momento che

96 Le idee di “casa”, di “essere a casa” e di “sentirsi a casa” si declinano “alla scala” di una singola abitazione o

di una porzione di territorio. Dal momento che tra persona, società ed ambiente non vi sono assolutamente delle separazioni nette, si può affermare che queste due articolazioni non sono separabili, ma ci troviamo nuovamente di fronte ad una finzione concettuale. Vi sono inoltre diverse aree del globo (per esempio, presso i saami della Lapponia, in passato l’architettura domestica era un principio di organizzazione del territorio, e la disposizione reciproca degli insediamenti chiariva i rapporti inter familiari) in cui anche a livello culturale non si nota una grande differenziazione tra i due tipi di ambiente. A parere di Ligi, per dare conto dell’unificazione tra ambiente domestico e territorio, sarebbe necessario

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la famiglia nucleare è indubbiamente la base della struttura economica e sociale di questa comunità, e che questa trova il suo rifugio nella casa a cortile, a mio parere vi è un’evidente promiscuità in quello spazio relazionale e fisico che in diverse occasioni unisce le diverse sfere del privato, domestico e collettivo, e che costituisce una caratteristica palpabile della vita in questi luoghi. Per rendere l’idea in modo più preciso, mi riferisco all’idea, legata ai raggruppamenti abitativi delimitati di cui parlano Descola e Rivière, di un «Continuum of sociality ranging from a “safe inside” and a “dangerous outside”» (Descola 1994, Rivière 1969, 1984 cit. in Grant 2012 77-78). In modo in parte simile, per quanto riguarda Xinzhucun, in un continuum che va dall’estremo dell’abitazione a quello dell’intera vallata, ritengo che la categoria di “casa” sia restringibile al primo polo per quanto riguarda gli affetti più intimi (che sono il fulcro della vita individuale e di tutti i membri della famiglia nucleare), e nei momenti di vita quotidiana in cui le persone si occupano delle proprie attività produttive (che pur ricoprono una fetta importante del tempo delle persone); mentre tenda ad allargarsi verso il secondo polo per quanto riguarda la gestione delle risorse comuni e tutte le occasioni di supporto reciproco e di divertimento condiviso con familiari e amici più o meno prossimi, e nei momenti di celebrazione, siano esse pubbliche o private. Mentre ritengo che l’idea di “continuum” possa essere presa in prestito dagli autori sopra citati, reputo che le categorie di “safe

inside” e “dangerous outside” non siano però completamente adatte ad una situazione in cui la propria

casa e quella degli altri sono così aperte nei confronti degli esterni al nucleo familiare e in cui ci si sente al sicuro quasi ovunque nella vallata. Tanto quanto la familiarità con le persone è diminuisce a sfere concentriche a partite dai propri genitori e figli fino all’insieme dei cittadini di Xinzhucun, l’emozione di “sentirsi a casa” procede lungo raggi che si allontanano dalla casa dell’individuo e, progressivamente affievolendosi, raggiungono le abitazioni dei familiari, la frazione ove risiedono parenti ed amici, il fiume, le strade asfaltate ed il resto del villaggio e dei terreni che gli appartengono, inclusi i boschi. Rimane tuttavia forte in tutta la vallata, fin dove il manto boscoso non scompare allo sguardo o rimane muto all’udito degli abitanti, costantemente coinvolti sensorialmente con la sua intera capienza. Così, ad esempio, dopo una lunga giornata di lavoro, un contadino di Donghongdui non desidera altro che distendere le gambe davanti al focolare e di chiacchierare in privato con i suoi figli. Questo non contraddice il fatto che, ammirando la valle dall’alto del suo campo di erbe medicinali, danzando con i compaesani nel campo da basket al calar del sole o dopo un lauto banchetto a casa di un fratello nel periodo del Capodanno, egli non possa sentirsi meno protetto, meno appartenete al posto, meno “a casa”, di quanto non avvenga all’interno della propria abitazione.

elaborare una nuova categoria interpretativa, che egli denomina “paesaggio domestico”. Questo sarebbe caratterizzato da confini più ampi di quelli dell’abitazione, che comprendono una porzione di territorio; si tratta quindi un ambiente in parte costruito e in parte no, che gli esseri umani considerano come uno spazio per abitare e dove essi praticano le proprie attività quotidiane (2003: 264-268).

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