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Mappa 4. La posizione di Xinzhucun, tra le città di Judian e Ludian (si veda il sito: Google Maps).

3. La rinascita dongba

Si è variamente discusso di come, sotto la violenza dello Stato cinese, quella variegatura di modi di vivere, parlare e pensare tipica di un territorio così antico e vasto, già profondamente trasformata nel corso della storia, venne violentemente appiattita ed uniformata. Mi sono stati mostrati i resti di un antico cimitero risalente all’epoca Qing, situato proprio dietro la collina dove sorge Donghongdui, le cui tombe sono state distrutte dalle Guardie Rosse ed i cui pezzi sono stati sparsi in mezzo agli arbusti della collina (fig. 1 della conclusione). Si è anche visto di come il culto dongba, i cui insegnamenti erano stati segretamente tramandati (Colloquio 2, p. 258), cessato il pericolo sia riemerso, in parte spontaneamente ed in parte sotto le spinte del governo, per difendere il difendibile innanzi all’attenzione internazionale, e sfruttare lo sfruttabile delle ricchezze che si prospettavano nel turismo etnico. Queste furono le premesse sulla base delle quali, per quanto riguardava i Naxi, si scelse di estrarre, tra i vari aspetti che la religiosità locale prevedeva, quello più facilmente estraniabile dal contesto e commerciabile, per farne il succulento fulcro della rifioritura di questa millenaria cultura, non tanto per il bene della libertà di fede, pensiero ed espressione, quanto per il bene del libero accumulo di capitale: il prete dongba. Vennero quindi istituiti musei tematici e appoggiati centri di ricerca fondati sulla riscoperta di uno stile di scrittura127 , di un copioso e vario

corpus di manoscritti, di una forma di pratica sociale difficilmente ascrivibile del tutto ad un culto, e

127 Sarebbero in realtà due, uno ideogrammatico ed uno alfabetico. Sono inoltre presenti almeno tre stili di

scrittura in diverse aree popolate da Naxi o da altri gruppi provenienti dallo stesso ceppo. Per una trattazione dettagliata di questi temi e per degli esempi sullo stile di scrittura e sul tipo di narrazioni che i manoscritti dongba contengono, si veda Jackson e Pan, Pan, Oppitz: (1998).

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di una figura di riferimento per le comunità, che vennero arbitrariamente inscatolati insieme sotto i termini “scrittura dongba”, “preti dongba” e “religione dongba”.

Nelle comunità Naxi, il dongba era una figura a cui tradizionalmente era affidato un ruolo istituzionale, di rappresentanza, una sorta di leader di una comunità morale; erano persone molto colte e versate in diverse lingue (oltre alla lingua cinese Han, si trattava infatti degli idiomi in utilizzo presso i gruppi etnici confinanti, come i Bai, i Pumi, i Lisu 傈僳, i Tibetani 藏 Zang, ecc.), che officiavano riti e cerimonie e a cui era richiesto il compito di tenere il contatto tra società umana e mondo soprannaturale (McKhann 2017: 82-91). Un ruolo più simile a quello di uno sciamano, un esperto guaritore in grado di compiere viaggi in regni ultraterreni, era invece affidato ai sanba o sainii, figure distinte e dotate di meno prestigio. In ogni caso, le forme di riconoscimento attribuite a dongba e sanba non si concretizzavano in una loro appartenenza ad un diverso status, ma solo in un maggior rispetto e considerazione da parte degli altri. Entrambe queste figure erano normali persone con delle conoscenze o capacità in più, devote al servizio nei confronti della propria comunità, che provvedeva dunque a risarcirli solo per garantire loro il sostentamento, giacché non avevano modo di lavorare i propri campi.

Mentre i sanba sono in buona parte spariti (Chao 2012: 19-48; McKhann 2017: 83), i dongba del giorno d’oggi ricoprono un ruolo diverso rispetto al passato, e sono divenuti una figura controversa. È innegabile che se ne trovino molti. Le storie narrate dai vecchi dongba sono spesso ascoltate con più interesse, specialmente dalle persone che da piccole hanno fatto in tempo a sperimentare il mondo com’era prima dell’avvento di Mao. L’intervento di un dongba è considerato auspicabile ad un matrimonio ed indispensabile ad un funerale, per dimostrare al defunto il dovuto rispetto o per motivazioni più profonde dal punto di vista di chi ancora crede nelle vecchie credenze a proposito del viaggio dell’anima fino al mondo dei morti; spesso, se la famiglia colpita dal decesso è in buone condizioni economiche128, può permettersi di chiamare un famoso esperto rituale (la memoria delle linee di discendenza di questi personaggi non è andata persa). Tuttavia, anni di sfruttamenti di campi e foreste, sommati agli anni di adesione forzata ad una sorta di ideologia marxista e alla diffusione della scolarizzazione, di nuove consapevolezze scientifiche e di innovativi strumenti di controllo del rendimento agricolo, hanno lasciato il segno su una forma di credenza che metteva al centro ecosistemi comprensivi sia di uomini che di elementi naturali, e legava in modo così stretto il rispetto dell’ambiente e lo scorrere pacifico della vita dell’uomo. La religiosità stessa dei Naxi, sottoposti all’influenza delle nuove classi emergenti già a partire dal periodo della dinastia

128 Come mi è stato narrato da un anziano del villaggio, mentre in passato il pagamento doveva avvenire

all’insaputa del dongba (le persone nascondevano i soldi nelle sue bisacce o sotto la sella della sua cavalcatura), oggi le transizioni di denaro sono molto più dirette.

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Tang (618-907), iniziò a mutare e ad assumere tratti di diversi culti, come quello buddhista tibetano, bön, e taoista: giunti al ventesimo secolo, la figura del dongba era divenuta in media svalutata (McKhann 2017: 87). Sono avvenuti decisi cambiamenti nelle modalità di pensiero e nelle concezioni del mondo degli abitanti di queste zone: che si tratti di un laico o di un esperto rituale, le disposizioni degli animi non sono più esattamente le stesse per la stragrande maggioranza della popolazione, e quelle che prima erano certezze accreditate sono in buona parte divenute superstizione e desuetudine. I dongba che si incontrano alle feste, e come tutti gli altri invitati sono residenti o parenti di una qualche persona che abita nei dintorni, sono in genere stati iniziati da un familiare alla scrittura e istruiti in una o diverse delle molte conoscenze ed abilità richieste. In passato si trattava infatti di un ruolo eminentemente ereditario, e il pregio di un dongba si contava anche nel numero di generazioni in cui si erano trasmessi gli insegnamenti nella sua famiglia. Oggi viene piuttosto verificato tramite registri in cui si conta il numero di cerimonie svolte (McKhann 2017: 83-96; Colloquio 1, p. 241- 242). Ma a Lijiang vi sono ormai diverse scuole per preti dongba che dispensano certificati “ufficiali”, ed ogni anno molte persone seguono i corsi su pagamento, inclusi giovani Naxi curiosi, ma anche studiosi di religioni e di antropologia provenienti da altrove, di genere sia maschile che femminile. Questa pratica, che si sta diffondendo a macchia d’olio nella regione, è in realtà profondamente inconsueta: in passato le conoscenze necessarie per divenire prete venivano unicamente trasmesse da padre a figlio, o al massimo per cooptazione di un ragazzo particolarmente dotato da parte di un potente dongba. Diverse persone con cui ho avuto modo di parlare dissentono vigorosamente, se non per altro all’idea che anche le donne possano partecipare.

Sembra che ad oggi vi siano due tipi di dongba in circolazione: quelli che, incuranti di giudizi, scale gerarchiche e sigilli di garanzia, continuano a praticare il mestiere come lo hanno visto fare dai nonni o dai genitori: quando viene richiesta la loro presenza, occasione che in genere si verifica per via delle loro conoscenze dirette, si recano ad aiutare, senza quasi nessuna pretesa di ricompense, quasi fosse parte di quel sistema di scambi di favori che a lungo andare favorisce tutti i membri della comunità. E quelli che si sono inseriti nel moderno sistema più istituzionalizzato: si recano a Lijiang ad ascoltare convegni, e fanno dell’essere un esperto rituale della labile realtà che oggi è la religiosità Naxi una vera e propria professione (McKhann 2017; svariate comunicazioni personali). Questi, talvolta o programmaticamente, prestano servizio in occasioni ufficiali, ove sono presenti autorità cinesi in visita in città, o durante esibizioni turistiche; talvolta, si recano anche all’estero a praticare cerimonie Naxi in musei o istituti di ricerca (McKhann 2017). Così, in numerosi contesti, le cerimonie tradizionali vengono reinventate come spettacoli per attrarre turisti o mostrare gli sforzi di conservazione della specificità culturale Naxi. Premettendo che è grazie ad alcune di queste figure a

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metà strada tra le comunità e i centri di ricerca che si sa qualcosa di più di quello che un tempo era il culto del gruppo etnico Naxi e delle infinite narrazioni tradizionali racchiuse nei manoscritti, che si può tradurre e persino imparare a cantilenare la loro antica lingua, non si può tacere il fatto che questo tipo di dongba non è in genere visto di buon occhio. Talvolta accade che in certe remote comunità, il primo tipo di dongba abbia ancora un ruolo attivo nel mantenimento della salute della comunità e dei suoi membri. Ma nella maggior parte dei casi, gli esperti rituali sono tenuti da parte nella società Naxi contemporanea; non sono altro che un anacronismo, più apprezzati in quanto rappresentano un idealizzato ordine sociale Naxi che come leaders attivi di una comunità morale (McKhann 2017: 83- 96).

Non si può affermare che luoghi remoti come Xinzhucun siano completamente esenti da un simile tipo di pratica: la presenza stessa di una scuola dongba è un elemento indicativo. In proposito, riconsiderare un aspetto della cerimonia di offerta Dingba Shiluo avvenuta il quinto giorno del primo mese del calendario lunare, potrebbe essere utile a comprendere questa sensazione di ambiguità che pervade l’aspetto religioso della vita odierna di questa comunità. In netta contrapposizione con la modalità con cui ho visto gli officianti in abiti quotidiani celebrare il rito di offerta al cielo (per giunta in assenza di spettatori qualche giorno dopo), e a giudicare dall’atteggiamento fiero con cui gli officianti in “abiti da cerimonia dongba” si prendevano cura degli ospiti (nonché dal loro completo disinteresse per la cerimonia dell’ottavo giorno), sembrava che una parte della piccola comunità di esperti rituali fosse contenta di aver riscosso le attenzioni di tutti gli invitati sopraggiunti, incluse le persone esterne alla comunità, quasi l’occasione sociale avesse per loro una rilevanza quanto meno pari a quella religiosa.

Questa è dunque la sorte della religione dongba, morta e risorta dalle sue ceneri sempre grazie alle politiche statali, recentemente volte all’incentivo del turismo nella zona, tra vere vocazioni mai sepolte dall’ondata ideologica del maoismo e nuove professioni al limite tra il sacro e il profano.