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Mappa 4. La posizione di Xinzhucun, tra le città di Judian e Ludian (si veda il sito: Google Maps).

10. Tecniche e (in)sensibilità

3.4 Patrilinearità e discendenza

Come avviene nella lingua cinese, e in parte per necessità di definire con esattezza i vincoli di sangue che legano le varie persone in un contesto in cui i matrimoni sono per lunghi anni avvenuti tra casate non distanti una dall’altra, nella lingua Naxi la terminologia per quanto riguarda le relazioni parentali è dettagliata a livelli inimmaginabili per un occidentale. Nonostante la consapevolezza delle persone riguardo alla posizione nella rete familiare degli altri sia sorprendente, gli appellativi che vengono utilizzati per chiamare le persone, pur con un’alta attenzione a non scavalcare le differenze generazionali, che sono tenute in conto con rispetto, sono quelli che li rendono più affettuosamente prossimi al proprio nucleo familiare. Per esempio, un caro amico della generazione precedente, legato a sé da un qualche remoto legame di sangue, pur contrassegnato da un termine apposito, verrà presentato come proprio zio. È da notare che nel parlare di questi argomenti, la posizione della donna non è mai menzionata come indipendente. Loro stesse si pongono come appartenenti alla famiglia del marito, e, a meno che non sia loro chiesto esplicitamente di parlare della propria famiglia originaria, tendono ad assumere la posizione del marito ed a ruotare tutte le sue relazioni come fossero le proprie: “lui è mio fratello” spesso significa che quella persona è il fratello del marito (o che si tratta di un carissimo amico della stessa generazione).

86 Vorrei specificare che i vari componenti di tali gruppi, pur essendo sempre molto legati, non abitano necessariamente nella stessa area.

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A proposito di queste questioni, è molto indicativo esaminare gli alberi genealogici che sono stati registrati sul libro che mi è stato prestato dal comitato d’amministrazione, del tutto simili a quello che mi è stato abbozzato da uno zio della famiglia presso la quale alloggiavo (fig. 20).

La forma che viene utilizzata è la seguente: si sceglie un antenato da cui far partire l’albero, se ne scrive il nome, e lo si fa seguire, scendendo di una riga ogni volta, dai nomi dei figli, dei figli dei figli, e così via. I nomi sono tutti relativi ai discendenti maschi e non sono ripartiti a seconda del genitore, ma scritti in ordine di età, dal più grande al più piccolo. Ne emergono chiaramente alcune caratteristiche salienti della struttura familiare in questo villaggio, che ritengo si possano attribuire all’intero gruppo etnico Naxi (McKhann 1998, Hsu 1998). Innanzitutto, la centralità della trasmissione ereditaria del cognome e l’attaccamento alle proprie origini, alla propria linea di discendenza. A dimostrazione di questo sentire, nel volume che ho appena menzionato, frutto di quella che mi hanno raccontato essere stata una lunga ed estenuante ricerca, un’ampissima porzione è dedicata allo snocciolamento delle linee di discendenza di ogni branca delle famiglie che risiedono nel paese, a partire dai fantomatici fondatori della comunità Naxi di Xinzhucun, fino ad ognuno dei bambini con cui io stessa ho giocato. Questo interesse è rimarcato da quella che a mio parere è una seconda caratteristica del sistema familiare, ossia la scarsa importanza che si riconosce alla donna per quanto riguarda ciò che di una famiglia rimane e si registra, nonostante essa abbia un ruolo più che prominente nella vita familiare e nonostante le differenze di genere si stiano assottigliando. La terza e ultima caratteristica della struttura familiare che si può leggere tra le righe di un albero genealogico

Fig.20. Albero genealogico del ramo della famiglia presso una cui casa risiedevo, disegnato sul mio

quaderno da un suo autoritario membro, attorniato da tutto il gruppo familiare, in occasione di un matrimonio. Le frecce sono state aggiunte da me. Si noti che della quinta generazione registrata (quella dei ventenni) è stato indicato solo il nome generazionale.

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è a mio parere la vicinanza degli appartenenti ad una stessa generazione, per i quali non si fa distinzione sulla base del nucleo familiare di appartenenza, quasi fossero tutti prodotti non meglio specificati del 气 qi (il principio vitale) specifico della linea di discendenza insito nel loro cognome. Questa tendenza è stata rimarcata, fino alla penultima generazione, dall’utilizzo di un particolare nome identico per tutti gli appartenenti dello stesso ramo familiare della stessa generazione. Una persona era quindi identificata dal cognome (ad esempio, 杨 Yang), dal nome generazionale (晟 Sheng) e dal nome proprio ( 龙 Long), rendendo ancora più facile la determinazione della sua posizione del reticolo del parentado. Sembra che invece nel dare nomi ai bambini dell’ultima generazione, questa abitudine si sia persa.

Queste considerazioni sulla trasmissione del cognome alle successive generazioni sono strettamente collegate ad un’altra questione, quella dell’appartenenza o meno all’etnia Naxi. Posto che l’appartenenza ad una minoranza etnica garantisce dei vantaggi87 a livello legale ed una maggiore

assistenza da parte dello Stato, e che questo è preoccupato dal fatto che alcuni dei gruppi etnici millenari che vivono nel Paese scompaiano, non si tratta di un tema banale. L’appartenenza ad un etnia, dato quanto si è visto finora, dovrebbe automaticamente essere trasmessa per via patrilineare assieme al cognome. Invece spesso non è così. Basta infatti che uno dei due genitori appartenga ad un’etnia per poter dichiarare di appartenervi, e in caso i genitori appartengano a due etnie diverse sarà il figlio stesso a scegliere. Inoltre, le donne, dopo essersi sposate, possono dire di appartenere all’etnia del marito, ossia del gruppo familiare di cui entrano a far parte. Ciò che avviene solitamente è che i bambini, qualunque sia la loro origine, assumono l’appartenenza all’etnia maggioritaria nel villaggio o nella città dove la famiglia si è stabilita. L’origine stessa della famiglia Yang, in mezzo alla quale ho trascorso la totalità della mia ricerca di campo, è incerta. Mi è un giorno stata narrata da un anziano del paese una mirabolante storia che mischiava alcuni elementi della storia migratoria dei Naxi a quella che appariva una vicenda plausibile tramandatagli dagli anziani della sua famiglia; in questa occasione mi è stato anzi rivelato che la famiglia Yang in realtà nascerebbe da uno dei figli di una donna mongola migrata nella campagna di Dali e di un uomo di etnia Bai 白88, che si sarebbe poi trasferito nella città Naxi di Tacheng 塔城, pochi chilometri a nord rispetto a Xinzhucun, assumendo

87 Questi, per quanto riguarda l’etnia Naxi comportano quasi esclusivamente vantaggi all’interno delle

graduatorie per accedere a scuole migliori e la possibilità di concepire più figli rispetto ai cinesi di etnia Han, mentre per gruppi etnici che versano in condizioni economiche più disagiate prevedono l’erogazione di sussidi statali piuttosto corposi.

88 Questa storia echeggia fatti storici reali. Vi sono effettivamente nel Nord-est dell’Area dei tre fiumi paralleli,

al confine con il Sichuan, diverse comunità proto-Naxi che definiscono se stesse mongole, probabilmente a seguito della conquista della dinastia Yuan nel tredicesimo secolo e dalle conseguente associazione della provenienza dalla Mongolia all’appartenenza all’aristocrazia (Rock 1947; Hsu 1998: 12; McKhann 1998: 33). I Bai sono invece un gruppo etnico locale, residente in maggioranza nelle aree circostanti la città di Dali.

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quella Naxi come etnia di appartenenza. Si può dunque notare come la determinazione della propria etnia di appartenenza sia una questione apparentemente in parte arbitraria; sfugge dunque cosa intendano gli abitanti di questo paese quando affermano in modo così fiero di essere Naxi e del fatto che la popolazione della propria etnia, al contrario di alcune altre, come i Pumi 普米, sia in continuo “sviluppo”. Riprenderò in considerazione questo dubbio nel capitolo successivo.