Mappa 4. La posizione di Xinzhucun, tra le città di Judian e Ludian (si veda il sito: Google Maps).
7. Esotismo, lirismo e narrazioni personali alternative
Prenderò dunque in esame l’immaginario di fondo che sottende i discorsi ed i racconti delle persone di Xinzhucun. Non si tratta qui di prodotti artistici o culturali emersi, anche se spontaneamente, in queste zone: l’immaginario turistico sullo Spirito della Natura; il ricco panorama delle poesie scritte da locali sul paesaggio, con bollo di autenticità Naxi sulla copertina e tutte incentrate sulla montagna Yulong o sulla “antica” città di Lijiang, quasi fossero una rifrazione infinita di pamphlet turistici in un gioco di specchi; le canzoni commerciali cantate da ragazze della zona ed allusive all’”amore etnico”, una delle nuove frontiere della sperimentazione ludica della nuova libertina generazione di cinesi. Questo tipo di immagini non hanno niente a che fare con il mondo a cui sto riferendomi, nel quale, di pittogrammi Naxi non si sa proprio nulla anche che se li si usa per adornare il proprio cortile, e ovunque si canticchiano canzoni romantiche di cantautori folk come Zhao Lei (赵雷). Per quanto le narrazioni emergano in contesti inaspettati o in risposta a domande alla quale non forniscono una risposta, le allusioni a certi concetti o contesti, la scelta di spiegare certe cose piuttosto che darne per scontate altre, i modi di parlare mostrando certezza, indifferenza o titubanza delle persone sono tutti indici del background culturale che inevitabilmente forma la loro coscienza e sottende il loro rapporto con l’ambiente circostante. Riporterò dunque degli spunti tratti da conversazioni casuali che ho annotato sul diario di campo, e dei frammenti di alcuni colloqui che ho avuto modo di registrare durante la ricerca. Senza dare peso alle concezioni in sé che le persone esprimono132, vorrei dare attenzione alle immagini e alle figure che emergono come rievocazioni di memorie passate o fantasie di come doveva essere un tempo, nonché di spiegazioni di pratiche che tuttora si svolgono ma che vengono catalogate in tutt’altro modo rispetto a quanto ci si aspetterebbe133.
Ritengo che questo sia ad oggi il luogo immateriale dove rimane più saldamente incrostata la tradizione religiosa.
Mentre la maggior pare delle persone con cui ho parlato deflettevano, come minimo disinteressati e talvolta imbarazzati, le mie domande sulla loro conoscenza e cura del territorio, su eventuali Spiriti della Natura, sulla figura dei dongba, e ancora di più, su loro vicende personali legate a qualche luogo per loro significativo, altri sembravano non aspettarsi altro da un occidentale in visita, ed avevano delle risposte pronte. Tra questi, diversi personaggi, di diverse età, affermavano inequivocabilmente di essere dediti al più asciutto materialismo, e di essere anzi indispettiti dal mondo di credenze popolari mai esplicitate che sottendono il modo di ragionare di molti compaesani.
132 Come si vedeva poco sopra, potrebbero derivare da una molteplicità di fattori, non nullo il fatto di volermi
dimostrare di saperne di “cultura Naxi” e quindi recitarmi quello che presumevano uno straniero volesse sentire.
133 D’altro canto, si è già parlato dell’insufficienza delle categorie classificatorie occidentali nel ritrarre la varietà
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Nonostante questa fosse di base la reazione di molte persone, sono rimasta spesso stupita di notare poi qualche commento o uscita spontanea che rivelavano un frammento di un mondo complementare a quello delle loro valutazioni. Di questo stampo, la figlia minore della famiglia presso cui risiedevo, poco più che ventenne, un giorno si mise a ridere con in mano il suo smartphone e mi disse: «Prima della morte, dovrà fare un bel giro la tua anima, come quella di quel vecchietto che faceva la spola sul crinale di tutte le colline per lavoro!», spiegandomi poi che le anime prima di morire ritornano in tutti i luoghi che percorsero in vita, raccontandomi poi aneddoti che confermerebbero la sua visione. Il mio principale interlocutore, l’unico che stava al focolare con gli anziani del villaggio ad ascoltare le loro storie e che aveva studiato in una scuola di cultura dongba a Lijiang, mi intratteneva frequentemente con lunghissime narrazioni tradizionali Naxi, le stesse che si sono viste all’inizio del capitolo ed altre ancora; ma questo per lui era fondamentalmente un interessante passatempo ed un’inesauribile fonte di aneddoti con cui tentare di intrattenere gli amici, che in realtà non potevano essere meno interessati all’argomento. Ad aprirmi gli occhi sull’effettiva possibilità che la gente del posto tacitamente continuasse a conservare certe credenze e ad attuare certe pratiche, fu in particolar modo una narrazione che egli mi fece di un episodio accaduto durante la sua infanzia. Il periodo maoista era ormai terminato, e lui era andato a giocare in una fonte proibita; infatti, il paesaggio della vallata come si è visto è costellato da piccoli luoghi invisibili, senza nessun tipo di contrassegno e senza soluzione di continuità rispetto a ciò che li circonda, toccati dalla presenza di forze ultraterrene: fonti d’acqua, alberi molto grandi o molto antichi, pietre. Una volta tornato a casa si era preso una brutta influenza; la madre, scoperto il misfatto, si era affrettata a portarlo innanzi alla fonte per chiedere perdono per l’intrusione; la malattia era scomparsa come per magia. Una vivace signora sui sessant’anni ha energicamente confermato questa usanza, aggiungendo un particolare:
Là i bambini non possono giocare. Potrebbero ammalarsi, e poi bisogna chiamare un dongba. Non si può stare a divertirsi in un corso d’acqua. Se capita, io… uso un po’ di forza degli spiriti. Gli Spiriti Domestici. Dentro casa si possono offrire dei piccoli sacrifici… bisogna usare un uovo (Colloquio 4, p. 269).
Si tratta di una semplice procedura, seguendo la quale, osservando le posizioni assunte da un uovo mentre esso bolle e dal suo contenuto, le donne locali sarebbero in grado di determinare l’origine del malessere del bambino e compiere il sacrificio allo spirito o antenato giusto. Non sarebbe l’unico caso in cui, a parere della signora e di un’amica, ci si ammalerebbe violando una delle antiche regole stipulate tra la famiglia dell’uomo e quella della natura:
Signora:Qua si dice che se si tagliano gli alberi a casaccio, ci si può ammalare. Lisa:Quale tipo di albero?
196 S:Non importa quale.
L:Serve che sia molto grande [perché possa nuocere]?
Signora 2:Se non è cresciuto, allora [tagliandolo] non ci si ammala.
S:Quando inizi a tagliare, l’albero dice: «Questa persona è cattiva!», ma tu hai proprio bisogno di fare legna, allora gli dici: «Non ti arrabbiare! Ti lascerò un pezzo/ramo dell’albero!» glielo dai, e non ti ammali più (Colloquio 4, p. 270).
Gli Spiriti degli Alberi, a parere delle signore, non sarebbero gli unici:
Lisa:Negli alberi risiede uno spirito?
Signora:Sì [Lo dice con sicurezza, dopo essersi confrontata con le altre donne (probabilmente per una questione terminologica), che non dissentono]. […]
L:Nelle vostre montagne ci sono spiriti? S2:Si.
S:Certo che si. (Colloquio 4, p. 270).
Ma le due signore non sono certo le uniche ad affermare di credere, o supporre la presenza, di entità soprannaturali. Anche Dama (大妈, la “madre maggiore”, la moglie del figlio maggiore del ramo a cui apparteneva la famiglia presso cui alloggiavo), suo figlio e la nuora dicono qualcosa di simile:
Lisa:Credete che le montagne abbiano uno spirito?
Dama:Ce l’hanno. [ride imbarazzata] Ogni montagna ne ha uno. Più la montagna è grande, più lo
spirito è grande.
Nuora:Qua crediamo che le cose grandi siano piuttosto speciali. Non si possono mangiare, perché hanno un’influenza soprannaturale. Anche i pesci. Nessuno ha mai visto che aspetto abbiano questi spiriti. […] Nessuno ha mai visto gli Spiriti della Montagna o della Foresta, ma tutti li pregano. […]
L:Ma questi spiriti, sono buoni o cattivi nei confronti dell’uomo?
D:Alcuni sono buoni ed altri no. Gli Spiriti del Focolare sono buoni con l’uomo (Colloquio 5, p. 276).
Premesso che tali questioni non gli sono chiare e che crede che ogni persona sia diversa, un ragazzo ventenne, studente universitario di informatica, aiuta a visualizzare la sede degli spiriti nell’immaginario delle persone:
Ragazzo:Ogni montagna ha il proprio spirito. Anche le foreste. […] Lisa:Le montagne dove ci sono i cimiteri, sono particolari?
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R:Ci sono gli Spiriti della Montagna, il punto più in alto della montagna è lo spirito. Là in cima c’è sempre un albero, no? O un’altra cosa. A volte sono diversi alberi. […] Il punto più alto rappresenta lo Spirito della Montagna, il suo spirito protettivo (fig. 12) (Colloquio 3, p. 263).
La questione del rispetto e della protezione ambientale nelle comunità Naxi è fortemente caratterizzata da una commistione delle norme religiose con quelle statali. Questa risulta in modo evidente dalla prosecuzione del discorso della famiglia di Dama sulle forze soprannaturali della natura:
Lisa:Quando andate nella foresta a fare legna, e ne fate troppa, ci potrebbero essere conseguenze? Figlio:Di solito, non si possono tagliare gli alberi grandi [in questo contesto, sembrerebbe significare
che gli alberi più grandi sono abitati da uno spirito più importante], basta tagliare quelli un po’
più piccoli e va bene.
L:Credete che a furia di tagliare alberi, le foreste di questo posto in futuro potrebbero avere problemi? Magari restringersi? […]
Fig.12. Una pietra incisa con la scritta “山神保佑” (shanshen baoyou, lo Spirito della Montagna ci
protegge) è collocata sotto all’albero sacro di un fendi di Donghaidui (lo stesso della persona che aveva decorato il proprio cortile incidendo fiori nel legno), Xinzhucun. Fotografia: L. Spinelli (2018).
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F:Impossibile! Non ci sono più persone che tagliano i grandi alberi [infatti è stato proibito dalle leggi
statali]. […] Gli alberi sono sempre di più (Colloquio 5, p. 277).
Ad ogni modo, sulla modalità di rapportarsi con tali spiriti, come si è visto valere in generale per il culto Naxi, non si è generosi:
Ragazzo:Per esempio, se devi tagliare un albero, dovresti pregare lo Spirito della Montagna. Ma ora nessuno ci bada. […] Ora basta essere nello spirito giusto, e va bene, non serve dire niente (Colloquio 3, p. 264).
Nuora: Li pregano nel proprio animo, non serve fare nessuna azione (Colloquio 5, p. 276). Lisa:E bisogna fare loro delle offerte?
Signora:Non serve. Noi in questo posto… Alla festa dei morti facciamo offerte agli spiriti. Ci sono persone che a Capodanno, il primo giorno, fanno offerte agli spiriti. In un anno, due volte, già.
L:E se non rispettate queste cose, si arrabbiano?
S:Ma no! Di solito ci proteggono! (Colloquio 4, p. 271).
A fornire un aiuto in questa direzione dovrebbero essere i dongba, che, però, sembrano essere molto lontani dalla gente comune riguardo a questo tipo di questioni:
Lisa:Voi la conoscete bene la religione dongba?
Signora:Neanche un po’! Io sono Naxi, parlo Naxi, la scrittura Naxi… non la conosco! [ridiamo] L:Ma se c’è qualcuno che muore, lo chiami un dongba?
S:Certo che lo invito. Ma quel che dice, quel che fa, quel che canta non lo so proprio! [Imita la cantilena di un dongba, ridiamo, diverse persone fingono di cantilenare] Tutta cultura Naxi, ma cos’è questa cultura Naxi a me non viene proprio in mente. Già. La lingua Naxi la so parlare, la scrittura Naxi non la so (Colloquio 4, p. 268).
Uno spunto interessante riguardo al ruolo del dongba è emerso dalla conversazione con lo studente di informatica:
Ragazzo:La religione dongba… Sappiamo solo le cose più basilari. Sappiamo solo come andare a sbrigare certe cose… Per esempio, la casa/famiglia dove siamo oggi, stanno facendo una festa, devono prendere un po’ di cibo e portarlo sul retro della casa, per offrirlo agli antenati, e raccontargli come è andata oggi.
199 R:Esatto (Colloquio 3, p. 264)
Sembrerebbe così che il cerchio si chiuda su ciò che rimane sicuro in questo fluido mondo in continuo cambiamento: la ritualità delle persone, piccole cerimonie e modi di fare per dare gioia, direzionare o non far adirare le forze soprannaturali, che ci siano o meno. Queste narrazioni potrebbero essere una conferma del fatto che la religiosità Naxi stia effettivamente via via scomparendo: come si è detto, ciò che emerge dalle conversazioni, è che molte credenze appartengono al passato, e ancora più spesso, alla gente non interessano questi argomenti. Ma se ancora si compiono rituali durante le celebrazioni, a Capodanno o nel Giorno dei morti, non è necessariamente o esclusivamente per ottemperare a credenze. Infatti, nemmeno le persone che non credono a nulla di questo vasto ed intricato panorama di credenze fittamente legate al paesaggio, si sentirebbero tranquilli a non fare offerte agli antenati, o a non chiamare un dongba al funerale di un proprio caro. Non si può certo affermare che questi due riti appartengano alla cultura Naxi tradizionale; ma di sicuro sono una parte rilevante di quella contemporanea. Traccia ancora visibile di quanto fu in passato, nei piccoli gesti rituali o scaramantici di alcune persone rimangano tuttavia ancorate certe visioni che ritraggono la natura come qualcosa di vivo e il paesaggio popolato di presenze invisibili agli occhi.