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L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER LA FANCIULLA DEL WEST DEL

LA FANCIULLA DEL WEST

L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER LA FANCIULLA DEL WEST DEL

Sul Dizionario enciclopedico dell’opera italiana si legge che «ad onta del “lieto fine”, eccezionale nella drammaturgia “veristica” pucciniana, quest’opera [La fanciulla del West] appartiene a quella drammaturgia, rappresentandone uno sviluppo in senso sinfonico (armonico e strumentale), nel segno di un’intuizione geniale – l’ambientazione western – antecedente alle epiche ricognizioni che frutteranno al cinema americano uno dei suoi filoni più preziosi»667.

659

Cfr. cap. 5.7.

660

Cfr. cap. 5.12.

661 La fanciulla del West viene messa in scena il 27, 30 dicembre 1980 e il 2, 4, 7, 10 ,13, 17, 20 gennaio 1981. 662

Nell’archivio on-line del Teatro dell’Opera di Roma non si trovano notizie relative a questo allestimento, al quale tuttavia fanno riferimento più critici teatrali e musicali: cfr. Ermanno Gargani, Però quell’Olivia è proprio Minnie la donna del West, «Paese Sera», 29 dicembre 1980; Ennio Melchiorre, Aperto contrasto tra scena e musica, «Avanti!», 30 dicembre 1980; William Weaver, A revival of “Fanciulla”, «International Herald Tribune», 20 gennaio 1981.

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William Weaver, A revival of “Fanciulla”, «International Herald Tribune», 20 gennaio 1981.

664 Ermanno Gargani, Però quell’Olivia è proprio Minnie la donna del West, cit. 665

Ettore Zocaro, Puccini all’Opera di Roma, «L’Ora», 29 dicembre 1980.

666 Teodoro Celli, Un western con cavalli di legno, «Messaggero», 29 dicembre 1980.

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Per analizzare le modalità operative di Ceroli, di grandissimo aiuto è la dichiarazione che ha rilasciato a Franco Quadri nell’intervista del 1983. Lo scultore, riferendosi alla Fanciulla del West, afferma: «Ho costruito un ambiente, però con cose che io avevo fatto, ho addirittura preso queste sculture che ho a casa, dal momento che sono così grandi, dieci metri per cinque, un’altra cosa è di quattro per quattro, un’altra di dieci per quattro. Funzionava esattamente sia per ricostruire gli interni sia il campo dei minatori, sia la casa dove Minnie va a abitare da sola, sia il finale, con l’impiccagione […]. Ancora una volta erano tutti ambienti ricostruiti dagli oggetti che io avevo nello studio»668.

Le didascalie sceniche del libretto della Fanciulla del West sono molto lunghe e dettagliate. Il primo dei tre atti è ambientato all’interno della “Polka”. Uno stanzone costruito rozzamente in forma di

triangolo, del quale le due pareti più corte costituiscono i lati. La parete ha una grande apertura che forma la porta, a due battenti, che si sprangano dall’interno. Su uno dei battenti della porta è inchiodata una rozza cassetta per lettere. Nella parete laterale di destra una scaletta porta ad un pianerottolo che sporge sulla stanza come un ballatoio dal quale pendono pelli di cervo e ruvidi drappi di vivi colori. Sotto il ballatoio un breve passaggio immette in un’altra stanza della «Polka». Nella parete a sinistra, sul davanti, un’ampia porta dalla quale pende una pelle d’orso, mette nella sala da ballo. Vicino all’apertura un grande orso nero impagliato che tiene in una zampa un cartello su cui è scritto: «To the Dance Hall». Nell’istessa parete di sinistra, un poco sporgente, un camino. Presso la porta di fondo, è il banco con bicchieri, bottiglie, ecc: dietro di esso, ad un lato, una credenzetta senza sportelli, con stoviglie, e dall’altro lato, un piccolo barile nel quale i minatori depositavano la polvere d’oro. Dietro il banco, nel mezzo, una finestra rettangolare con telaio a dadi: in alto, sopra la finestra è scritto a grandi lettere: «A real home for the boys». Sulla stessa parete è affisso un avviso di taglia di 5000 dollari: si leggono chiaro le cifre, il nome “Ramerrez”, la firma «Wells Fargo». Dal soffitto pende una varietà di caratteristici commestibili. Verso il proscenio a sinistra il tavolo del «faraone» con accessori pel giuoco - un altro tavolo verso il fondo - un altro ancora più a destra, vicino al pianerottolo – un piccolo tavolo sul pianerottolo. La porta del fondo è sprangata: attraverso le finestre si scorge la valle, con la sua vegetazione selvaggia di conifere basse, tutta avvolta nel fiammeggiare del tramonto. Lontano, le montagne nevose si sfumano di toni d’oro e di viola. La luce violenta dell’esterno, che va calando rapidamente, rende anche più oscuro l’interno della «Polka». Nel buio appena si scorgono i contorni delle cose669.

Ceroli, per creare l’ambientazione del primo atto (figg. 2 e 3), trasla sulla scena due sue opere scultoree con cui costruisce le pareti della Polka che, «anziché un saloon (immerso nell’oscurità, col caminetto acceso: “nel buoi appena si scorgono i contorni delle cose”, dice la didascalia del libretto), appare invece come un luogo delimitato da strutture a larghi spazi vuoti, dove il vento delle nevose Cloudy Mountains può penetrare liberamente, insieme con la luce più accecante»670. Per la parete di fondo l’artista crea una struttura strettamente imparentata con Labirinto (fig. 4), opera del 1969 costituita da un’articolazione spaziale di quaranta elementi componibili a creare setti, muri, strutture ambientali, narrativamente snodabili nella loro possibile sequenza quanto permeabili nel loro svariatissimo contenuto materiale. Le teche di vetro sono capitoli di un racconto che si snoda attraverso la grande varietà di materiali, i più disparati, quali, fra l’altro, legno, gomma, foglie secche, lana, vetro, rami, stoffa, carta, canapa e terre colorate. Nella Fanciulla, le teche poggianti su un crepidoma ligneo diventano ventitre, sei per piano, con l’eccezione del primo, dove al posto di una teca Ceroli lascia uno spazio vuoto simboleggiante la grande apertura che forma la porta, a due

668 Ceroli, in Franco Quadri, Questo è il teatro di Ceroli, in Maurizio Calvesi (a cura di), Ceroli, catalogo della mostra, Firenze, Forte del

Belvedere, 14 luglio-16 ottobre 1983, La Casa Usher, Firenze 1983, p. 99.

669 Enrico Maria Ferrando (a cura di), Tutti i libretti di Puccini, Utet, Torino 1996, p. 295. 670 Teodoro Celli, Un western con cavalli di legno, cit.

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battenti, che si sprangano dall’interno. Le vetrine sono riempite con materiali ed oggetti «soprattutto

di legno» che si rifanno all’ambientazione da far-west in cui l’opera è ambientata: «sagome umane, maschili e femminili, arnesi connessi ai cavalli (selle, speroni, stivali), sagome anche di cavalli, mucchi di sacchi, grovigli di cose disparate; un presepe lignificato, un paesaggio fissato sul legno; immagini stilizzate, silhouettes, un bazar di allusioni e di illusioni»671. Le due pareti che delimitano lateralmente la Polka, invece, non sono altro che la riproposizione, in scala ingigantita, di Prove d’orchestra (fig. 5), opera del 1979 costituita da spezzoni di rami bruciati inseriti in fondi di tavole consuete. Come unica differenza rispetto alla scultura originale, quelle che costituiscono le due pareti del saloon presentano due aperture che, come indicato nelle didascalie sceniche del libretto, idealmente conducono alla sala da ballo sulla sinistra e ad un’altra stanza della «Polka» sulla destra. Tutto il palcoscenico è poi riempito con «un paio di tavoli e un bancone da bar»672.

Completamente assente sulla scena è la scaletta nella parete laterale di destra che porta ad un

pianerottolo che sporge sulla stanza come un ballatoio dal quale pendono pelli di cervo e ruvidi drappi di vivi colori. Ceroli crea quindi un ambiente che, se non fosse per la tenda rossa che copre

l’apertura della parete destra, per gli spezzoni di ramo carbonizzati e per «la sigla rovesciata sull’architrave»673 del saloon, sarebbe tutto giocato sulla chiara monocromia lignea.

Civinini e Zangarini ambientano il secondo atto nell’abitazione di Minnie, che viene descritta minuziosamente in ogni suo particolare: si legge infatti che è composta di una sola stanza, alla quale

sovrasta un solaio, ove sono accatastati, con un certo ordine, bauli, casse vuote ed altri oggetti. La stanza è tappezzata nel gusto dell’epoca. Nel centro, in fondo, una porta che si apre sopra un breve vestibolo. A destra e a sinistra della porta, due finestre con tendine. Al solaio si sale per una scala a piuoli agganciata ad un trave. Appoggiato sulla parete di sinistra il letto, con la testa spinta sotto la tettoia formata dal solaio, coperto da un baldacchino di cretonne a fiorellini. Ai piedi del letto, un piccolo tavolo, con sopra una catinella e la brocca dell’acqua, ed un canterano sul quale stanno diversi oggetti di toilette femminile. Su una corda stanno stese calze bianche. Da un lato, in fondo, un armadio di legno di pino, sullo sportello del quale è appeso un attaccapanni con una vestaglia ed uno scialletto. Accanto all’armadio un focolare basso, sulla cui cappa stanno una vecchia pendola, un lume a petrolio senza campana, una bottiglia di whisky ed un bicchiere. Un’altra mensola a tre ripiani, accanto al focolare, con piatti, vasetti, oggetti di cucina, della crema, dei biscotti, una zuccheriera. Dinanzi al focolare una pelle d’orso. Quasi dinanzi alla porta, un poco più verso il focolare, una tavola con tre sedie. Un lume pende dal soffitto sopra la tavola. Fra la tavola e il focolare, una sedia a dondolo, fatta con un vecchio barile tagliato a metà e posto sopra due mezze lune di legno. Altre sedie di cuoio, disposte qua e là. Alle pareti sono appese vecchie oleografie e molti altri bizzarri oggetti674.

Anche per il secondo atto (figg. 6 e 7) Ceroli porta in scena una sua creazione già esistente: si tratta di

Nascita di Venere (fig. 8), opera del 1979 in cui mazzetti e fili di paglia sono fissati su un supporto

ligneo quadrato fino a formare un disegno astratto di linee e curve, la cui genesi Ceroli associa al remoto ricordo di un’impressione erotica infantile, ossia l’impronta del corpo di un’avvenente giovane contadina su un giaciglio di paglia. Per La Fanciulla del West essa assume dimensioni ambientali, e viene usata per definire le alte pareti che delimitano la casetta di Minnie, caratterizzata perciò dal colore giallo-oro della paglia. Come fatto già nel primo atto, anche qui Ceroli semplifica la didascalia: costruisce la porta sulla parete di fondo, ma non il vestibolo; elimina il baldacchino per il

671 Erasmo Valente, Nel West di legno c’è una fanciulla, «Unità», 30 dicembre 1980. 672

Ennio Melchiorre, Aperto contrasto tra scena e musica, cit.

673 Erasmo Valente, Nel West di legno c’è una fanciulla, cit.

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letto, focolare, la pelle d’orso, mantenendo solo pochi oggetti e soprammobili che arredano la casa; soprattutto elimina il solaio, particolare sul quale si accanisce la critica. Da notare è la modalità realizzativa sia della tendina che copre l’apertura sulla parete destra sia del paravento che sta al posto dell’armadio di legno di pino del libretto: Ceroli usa degli stracci annodati tra loro fino a formare delle lunghe corde, similmente a quanto fatto con Io (stracci) (fig. 9), opera del 1968 in cui la sfera di fuoco dell’omonima performance realizzata a Spoleto è sostituita da una versione in veri e propri stracci, ritorti ed annodati gli uni agli altri fino a formare una lunga corda arrotolata su sé stessa in modo da ottenere una grossa palla.

Anche per il secondo atto Ceroli riprende quindi alcune sue opere precedenti per creare un interno architettonico monocromatico, dominato dal calore dorato della paglia e dalle tenui tonalità degli stracci.

Il terzo atto della Fanciulla del West è ambientato nella grande Selva Californiana. Ramerrez è stato preso e i minatori sono tutti radunati nella foresta per eseguire la sua condanna a morte. Ancora una volta le didascalie sceniche del libretto di Civinini e Zangarini indugiano nella minuziosa descrizione dell’ambientazione: lembo estremo della selva sul degradare lento di un contrafforte della Sierra. Uno

spiazzo circondato da tronchi enormi, dritti e nudi delle conifere secolari, che formano intorno come un colonnato gigantesco. Nel fondo, dove la selva s’infoltisce sempre più, s’apre un sentiero che s’interna tra i tronchi: qual e là appaiono picchi nevosi altissimi di montagne. Per lo spiazzo, che è come un bivacco dei minatori, sono stesi dei grandi tronchi abbattuti, che servono da sedile; accanto ad uno di questi arde un fuoco alimentato da grossi rami. nella luce incerta della prim’alba la grandiosa fuga dei tronchi rossigni muore in un velo folto di nebbia. Da un lato, nell’ampio tronco di un albero colossale, è scavato un ripostiglio di arnesi da minatore – da un altro lato, tra felci ed arbusti, legato ad un ramo, un cavallo insellato – a lui vicino Ashby addormentato – altri due cavalli, più nel fondo, vicino a due uomini addormentati – sul davanti, vicino ad Ashby, altri tre uomini dormono sdraiati a terra – Billy dorme, a destra, la testa appoggiata a un tronco d’albero – accanto a lui una corda già pronta per il laccio675.

Per l’ambientazione del terzo atto (fig. 10), Ceroli lascia a sinistra l’alta parete di paglia presente nell’atto precedente, mentre a destra ripropone la medesima parete del primo atto, privata però dell’apertura centrale e caratterizzata invece dall’aggiunta di un grosso ramo che è funzionale allo svolgimento narrativo del dramma, dal momento che da lì pende il cappio che cade dritto sul patibolo, quest’ultimo rappresentato da una pedana circolare lignea appoggiata sul palco davanti alla parete. Sullo sfondo, al di sopra dei gradini, Ceroli propone la sua Battaglia (fig. 11). Realizzata nel 1978 e proposta per la prima volta l’anno successivo alla Galleria de’ Foscherari di Bologna in occasione della personale Mario Ceroli, a Paolo Uccello che, senza equivoci, dichiara l’assunto immaginativo dal quale l’artista ha tratto ispirazione, quest’opera, con il suo fronte di una decina di metri per un’altezza di tre e mezzo e una profondità di quattro, «costituisce una delle maggiori imprese di articolazione spaziale scenica di Ceroli […]. Dinamismo scenico insieme epico e ludico, nel concitato avanzare decisamente affermativo; senso di folla, di tumulto, nell’intrico di sagome di armati, di cavalli, di picche e aste, di bandiere ravvolte; il tutto sospinto in avanti da una trama di assi diagonali che fanno da sfondo»676. In primo piano si stagliano le sagome che costruiscono le figure degli armati e quelle dei cavalli, articolate in un sapientissimo gioco di sovrapposizioni e connessioni. La bandiera rossa, posta quasi al centro della composizione, è l’unica che può sventolare. Essa è l’esplicito richiamo ad un verso della lirica pasoliniana, specificatamente Le ceneri di Gramsci,

675 Enrico Maria Ferrando (a cura di), Tutti i libretti di Puccini, cit., p. 357.

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riportato da Ceroli nel catalogo della suddetta mostra: “Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa, sta per non conoscerti più, neanche con i sensi: tu che vanti tante glorie borghesi e operaie, ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli”677. Ceroli trasla Battaglia, «uno dei più concitati e affascinanti modi da questi operato di irruzione scenica nella dimensione spaziale del quotidiano»678 sul palcoscenico del Teatro dell’Opera privandola delle aste e dei cavalieri, e sostituendo questi ultimi con altri cavalli lignei, che arrivano ad imporsi come ulteriori personaggi sulla scena. Il riferimento alla selva californiana del libretto rimane esclusivamente in quel ramo d’albero in posizione laterale da cui penzola il cappio. La scenografia di Ceroli viene immersa in una luce chiara ed avvolgente che ben poco ha a che fare con il velo folto di nebbia descritto nelle didascalie sceniche del libretto. Per La Fanciulla del West, quindi, Ceroli fa vivere sul palcoscenico i frutti del suo operato artistico, di più o meno recente produzione. Al di là di Battaglia e di Labirinto, le pareti con inserti di frammenti di rami e i fondali di paglia sono frutto della rielaborazione di opere facenti parte di un ciclo esposto a Roma nel 1980 alla Galleria Mario Diacono nella personale intitolata La foresta analoga. Si tratta di lavori679 in cui Ceroli inserisce su fondi di tavole consuete piccoli tronchi naturali, rami, paglia e spighe di grano. Così, mentre da un lato tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli Ottanta inizia a usare una gamma sempre più ampia di materiali, dall’altro stabilisce un rapporto più diretto con la natura vegetale del legno, un rapporto che fino a quel momento era pur sempre avvenuto attraverso la mediazione della riduzione del tronco in tavola, da cui deriva la sagoma. É plausibile quindi provare ad avanzare l’ipotesi che proprio sulla base di questo nuovo rapporto attinto in maniera diretta con la natura, al di là del profilo, Ceroli abbia scelto Nascita di Venere e Prove d’orchestra per rappresentare il mondo dei minatori della California di metà Ottocento.

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