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L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER IDENTIKIT

ADDIO FRATELLO CRUDELE

L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER IDENTIKIT

Identikit è composto da sequenze girate prevalentemente all’esterno, prima a Monaco di Baviera e

poi a Roma. Per questo film, in cui compare anche un cameo di Andy Warhol479, l’art director480 Mario Ceroli cura la scena centrale con il salone della Casina delle Rose di Villa Borghese interamente occupato da una piramide di sedie accatastate (fig. 1).

A circa mezz’ora dalla fine del film, dopo varie peregrinazioni giornaliere a Roma alla ricerca della persona che deve realizzare il suo destino, Lise è in macchina con l’uomo incontrato sull’aereo che le aveva fatto e che tutt’ora continua a farle pesanti avances sessuali. I due vagano nel parco di Villa Borghese, luogo che Lise aveva contrassegnato su una cartina come meta finale del suo viaggio non appena arrivata nella città eterna. Ad un certo punto la donna chiede all’uomo di svoltare a destra e di fermarsi, perché vuole vedere quello che chiama «il padiglione», da cui è attratta anche se non sa esattamente dove e che cosa sia. Dopo essere scesa dalla macchina, raggiunge a piedi il luogo dove sorge la Casina delle Rose. All’esterno della stessa, su una larga pedana circondata da più file ordinate di tavolini del dismesso bar adiacente e da un piccolo palco dove sono stati abbandonati dei leggii per musicisti, sorge la scenografia-installazione di Ceroli (figg. 2 e 3). L’artista crea una vera e propria piramide di sedie accatastate le une sulle altre, che si impone non solo per la sua grandezza, ma anche per i suoi colori: il blu, il rosso, il rosa, il verde, si abbinano tutti all’appariscente abito indossato da Lise. La donna gira intorno a questa montagna di sedie, la guarda, si guarda intorno, ed

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Cfr. cap. 5.6.

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L’artista pop interpreta il ruolo del milord inglese vestito di bianco che Lise incontra a Roma: una prima volta in aeroporto, dove lui raccoglie e restituisce il libro che le era caduto a terra; una seconda volta presso l’hotel in cui lo stesso alloggia, dove Lise si reca volontariamente, erroneamente convinta che sia lui l’uomo che deve realizzare il suo destino.

480 Nei titoli di testa di Identikit, come in quelli di Addio fratello crudele, Ceroli viene significativamente identificato come l’art director del

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immediatamente capisce che è quello il luogo dove si compierà il suo destino. L’uomo che è lì con lei tenta di avere un rapporto sessuale, a cui però Lise si oppone, dicendo che non è lui l’uomo che deve incontrare lì. Intanto cala la sera.

La piramide di sedie di Ceroli compare ancora nelle scene successive e conclusive del film. Lise, dopo essere sfuggita al molestatore, torna in albergo. In reception incontra l’altro uomo che era seduto al suo fianco sull’aereo, quello che, preso da paura nei suoi confronti, aveva cambiato posto, e che si rivela essere il nipote dell’anziana signora che aveva conosciuto poche ore prima. L’uomo e la donna si guardano. Capiscono di essere ineluttabilmente parti di uno stesso destino. Lise gli rivela di starlo aspettando da tutta la giornata e lo invita a seguirlo. Lo conduce al parco di Villa Borghese, avvolto dal buio e dalle nebbie della notte. Lo porta per mano fino alla Cascina delle Rose, e lo fa sedere su un tavolino davanti alla piramide di sedie che nell’oscurità della notte si staglia con un bellissimo profilo frastagliato (figg. 4 e 5). Davanti a questa montagna di sedie, uniche testimoni della vicenda, Lise spiega all’uomo come ucciderla. Poi lo conduce in uno spiazzo d’erba compreso tra pochi alberi, a pochi metri di distanza dall’installazione ambientale di Ceroli: lì si fa trafiggere da alcune coltellate mortali. L’ultima scena del film è ambientata la mattina del giorno successivo l’omicidio: con un’unica panoramica la macchina da presa si sposta gradualmente dall’opera dello scultore fino all’impronta lasciata sull’erba dal corpo senza vita di Lise.

Come si può ben capire, l’allestimento di Ceroli, pur comparendo solo nella parte finale del film, ne occupa tuttavia tutte le scene principali, quelle in cui si raggiunge il climax: dapprima quella dell’individuazione del luogo del delitto, poi quella in cui Lise conduce il suo assassino sul sito, quindi quelle dell’assassinio stesso e della sua scoperta. Lise pone fine alla sua vita all’ombra della piramide di sedie, che diventa l’unica testimone di tutte le fasi che conducono alla sua morte.

La forma piramidale che Ceroli allestisce per Identikit è frutto della rielaborazione di una sua installazione del 1967, Progetto per la conservazione del corpo umano (fig. 6), proposta dapprima nella galleria Sperone di Torino e più tardi in quella del Naviglio di Milano. Con la solita ironia, avveniristica in questo caso, tra ibernazione e clonazione, lo scultore dà vita a tre cospicue piramidi rispettivamente in legno, lamiera zincata e mattoni aventi lo scopo, a mo’ dell’uso egizio, di conservare i corpi umani. Questa installazione è sintomatica della persistente affezione di Ceroli per la geometria, tematica che, come già rilevato per Addio fratello crudele, è una costante di tutta la sua produzione, e in particolar modo di quella degli anni 1965-1968. In Identikit Ceroli mantiene la stessa forma piramidale, ma ne sostituisce i profili lisci e regolari con un gioco vivo di linee spezzate o curve, frutto dell’accatastamento e della sovrapposizione delle sedie le une sulle altre. Caratterizzata da una forma piramidale è anche l’installazione Io, piramide di ghiaccio (figg. 3, 4, 5 di cap. 3) realizzata sotto forma di performance a Spoleto nel 1969 nell’ambito del Festival dei Due Mondi: «sotto la cupola di Buckminster Fuller», ricorda l’artista, «feci una piramide di ghiaccio, alta cinque metri, con sopra una palla di fuoco a mo’ di pendolo»481. Ceroli implica il dinamismo comportamentale della scena entro le possibilità della sua scultura di rapporto ambientale. Con questa installazione l’artista in un certo modo capovolge il processo rispetto all’ingresso della sua scultura sulla scena teatrale, con la sua chiarezza d’impianto strutturale, la sua evidenza plastica ambientale: sollecitando infatti all’estremo una possibile teatralità della scultura stessa, vi introduce il dinamismo e l’effimero.

481 Franco Quadri (a cura di), Questo è il teatro di Ceroli, in Maurizio Calvesi (a cura di), Ceroli, catalogo della mostra, Firenze, Forte del

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