• Non ci sono risultati.

L’ALLESTIMENTO SCENICO E I COSTUMI DI CEROLI PER SANCTA SUSANNA

SANCTA SUSANNA

L’ALLESTIMENTO SCENICO E I COSTUMI DI CEROLI PER SANCTA SUSANNA

Hindemith ambienta Sancta Susanna nella chiesa di un convento dove la giovane suora Susanna, durante una chiara notte di luna, sta pregando in prostrazione davanti all’altare della Vergine, osservata dalla consorella Klementia, preoccupata per la sua tendenza al misticismo. L’aprirsi di una finestra sbattuta dal vento porta all’interno, insieme al profumo intenso del lillà in fiore, anche la

602

Cfr. cap. 5.10.

603

Replicato poi il 2, 4, 7, 10 e 18 marzo 1978.

604 E.V., Opere del nostro tempo a Roma da lunedì, «Unità», 25 febbraio 1978. 605

Enrico Cavallotti, La “Sancta Susanna” al Teatro dell’Opera, «Il Tempo», 25 febbraio 1978.

606

L’Oedipus Rex di Igor Stravinskij, con scenografie di Giacomo Manzù e regia di Luigi Squarzina, era già andato in scena al Teatro dell'Opera di Roma il 19 febbraio 1964. Cfr. http://www.operaroma.it/stagione/archivio_storico, data ultima consultazione 30 aprile 2012.

607

Marcello Panni, in Enrico Cavallotti, La “Sancta Susanna” al Teatro dell’Opera, cit.

608 Cfr. Cesare Bolla, La censura sepolta dagli applausi, «Il mattino», 2 marzo 1978. 609 Enrico Cavallotti, La “Sancta Susanna” al Teatro dell’Opera, «Il Tempo», 25 febbraio 1978.

147

voce di una ragazza, che mugola di piacere nel campo confinante. Susanna, intimamente turbata dalla loro naturale sensualità, fa condurre a sé i due giovani amanti; usciti i fidanzati, sempre più scossa, invoca Satana di fronte all’altare, tra lo sconcerto della consorella. Klementia, ancora spaventata dal ricordo, le racconta che molti anni prima, in una notte come quella, suor Beata, vinta dalla passione fisica, si spogliò e baciò a lungo la testa del crocefisso: per questo venne murata viva per penitenza. Un grosso ragno attraversa la croce, mentre Susanna, ormai incapace di arginare i propri impulsi, si scopre il capo: l’insetto cade sui capelli della suora, che batte la fronte sull’altare. La notte sta per terminare, e già le monache entrano nella cappella per le preghiere del mattino; di fronte alla priora e alle altre sorelle, Susanna non accetta di pentirsi e si dichiara pronta a essere a sua volta murata, come già suor Beata.

Le didascalie sceniche del libretto sono molto precise nella descrizione della chiesa del monastero, dove si trovano in fondo all’altare maggiore la luce perpetua, nella nicchia del muro davanti a

sinistra, di fronte alla immagine più grande del naturale del Crocifisso, un grosso cero ardente. Susanna giace davanti all’altare, ornato di fiori, della regina celeste, che si trova nella nicchia ad angolo retto accanto all’altare del crocifisso, in preghiera, con la fronte posata sul gradino inferiore, le braccia allargate sui gradini superiori 610.

Ceroli crea l’interno di una chiesa, inconfondibilmente e instancabilmente ligneo, portando sul palcoscenico le sue opere precedenti. Sul programma di sala stampato dal Teatro dell’Opera in occasione della messa in scena dello spettacolo sono pubblicati due bozzetti dello scultore per

Sancta Susanna (figg. 2 e 3). Ciò che li caratterizza, anche ad una prima rapida occhiata, è

l’antropomorfismo e l’antropocentrismo del grande crocifisso ligneo, o meglio del gigantesco uomo a braccia spalancate che, traslato sul palco, ne domina incontrastato la scena (fig. 4)611. Il pezzo scultoreo evoca nell’artista il ricordo di quanto compiuto per questa «esperienza pazzesca» nell’intervista rilasciata nel 1983 a Franco Quadri: «Ho messo un uomo a mo’ di Cristo a testa in giù e che in un minuto, all’inizio dell’opera, si doveva alzare piano piano e rimanere inclinato, proteso verso il pubblico»612 a quarantacinque gradi613(fig. 5). Ceroli si avvale della scultura Curve di livello del 1972, già portata sul palcoscenico con Beatitudines614, ma qui ingrandita a dimensioni gigantesche: dieci metri di altezza rapportati ai dodici metri del piano americano. Il crocifisso rimane fisso per tutto l’atto al centro del palcoscenico, dominandolo. Dietro il braccio sinistro del crocifisso pende un’altra grande scultura già comparsa qualche mese prima nell’Aida veneziana615, Girasole del 1975 (fig. 6), che in questo spettacolo rimane come elemento scenico fisso ad indicare, come prescritto nelle didascalie del libretto, quei raggi di luna vibranti che invadono l’interno della chiesa. Dall’esterno del luogo sacro entra anche il profumo inebriante dei fiori di glicine che si trovano nel giardino: Il gran cespo di glicine, senti i fiori? Inspira … il profumo arriva fin qui! Fiorisce in corimbi

bianchi e rossi… oh… quei corimbi…! Lo farò estirpare… domani… se ti disturba! E Susanna a

Klementia risponde che non disturba… fiorisce!616. Ceroli porta sul palcoscenico, a sinistra in primo

610 Teatro dell’Opera di Roma, Sancta Susanna, programma di sala, stagione lirica 1977/1978, Roma 1977, p. 185. 611

Questa foto di scena ci permette di analizzare nel suo insieme l’allestimento scenico. Sulla sinistra della foto si nota un gruppo di figure in costume davanti a un leggio. Sull’International Daily News si legge che «The choral singing comes from a male chorus while the veiled and masked female chorus on stage remains mute. And the production made skilful use of hydraulic lifts for entrances and exits»611. Cfr.

Brendan Fitzgerald, New sights and sounds at Rome opera, «International Daily News», 2 marzo 1978.

612

Mario Ceroli in Franco Quadri (a cura di), Questo è il teatro di Ceroli, in Maurizio Calvesi, Ceroli, catalogo della mostra, Firenze, Forte del Belvedere, 14 luglio-16 ottobre 1983, La Casa Usher, Firenze 1983, p. 100.

613

Per curiosità, si ricorda che nel 1987 Ceroli è chiamato ad arredare il presbiterio della chiesa di Santa Maria del Redentore di Tor Bella Monaca, a Roma, dell’architetto Luigi Spadolini, dove riutilizza Curve di livello dell’uomo in funzione di Crocifisso ponendolo dietro l’altare maggiore.

614

Cfr. cap. 5.10.

615 Cfr. cap. 5.12.

148

piano, la pianta che con le sue dolci esalazioni contribuisce a scatenare in Susanna l’estasi: essa è chiaramente parente piuttosto prossima sia della scultura Albero della vita del 1972 e sia della coeva quercia della Norma di Bellini del Teatro alla Scala di Milano (cfr. figg. 12 e 13 di cap. 5.7), dalle quali si differenzia perché le sue ramificazioni sono ricoperte da un fitto sboccio di corimbi lignei, a loro volta parenti più articolati e plastici dei Fiori del 1965 (fig. 7) e delle ninfee dell’omonima installazione del 1967 (fig.8).

Un’altra opera di Ceroli che non compare nel bozzetto ma sempre presente nelle foto di scena è

Accordo dei quattro elementi del 1976 (fig. 9), il cui quartetto di campane viene sospeso sul

palcoscenico a mezz’aria a simboleggiare il campanile che rintocca una volta, la campana delle

funzioni che suona stridula, i rintocchi della dodicesima ora617.

Ceroli colloca le sue sculture su uno sfondo neutro e scuro. Crea così un ambiente pieno di fascino e mistero, una commistione tra interno ed esterno, un ambiente astratto, diverso da quello della chiesa descritta nel libretto perché sprovvisto della copertura a volta e della tripartizione in navate scandite da colonne.

Gli elementi scenici sopra elencati, dal crocifisso fiancheggiato da «due boschi di ceri accesi»618 fino alle campane, sono fissi e rimangono presenti sul palcoscenico per tutto lo spettacolo. Tuttavia, il lavoro di Ceroli non si limita a ciò, ma si completa con due dispositivi che comportano alcune mutazioni sceniche, come lo stesso artista ricorda: «Poi dal palcoscenico appariva da sotto un gruppo di figure, le suore che accompagnavano le suore indemoniate e sul lato destro guardando il palco saliva un’altra cassa, la sala di torture dove veniva presa e infilata la suora colpevole»619. I due elementi a cui Ceroli fa riferimento sono frutto di un particolare studio da parte dello scultore, come attestano i bozzetti ad essi dedicati (figg. 10 e 11) e che compaiono in scena nel momento in cui durante lo spettacolo suor Klementia ricorda la tragica fine di suor Beata, murata viva perché sorpresa mentre era avvinghiata al crocifisso. In questa messinscena, Pressburger decide di far rivivere sul palco questo episodio del passato, diversamente da quanto solitamente si verificava, dal momento che esso veniva semplicemente rievocato dalle parole della religiosa. Per visualizzare questo ricordo, appaiono in scena, per poi scomparire in seguito, proprio i due dispositivi lignei ceroliani (figg. 12 e 13). Il primo è costituito da una base rettangolare sulla quale si articola una folla di vivaci sagome umane, che si rifanno sia al Piper, alla Cina (figg. 10 e 17 di cap. 3) e a tutte quelle opere del biennio 1965-1966 in cui è la folla a essere il principale topos dell’immaginazione plastica ambientale scenica di Ceroli, sia alla più recente produzione per l’interno della Chiesa di

Portorotondo (1971-1975), sulla costa Smeralda, che l’artista immagina complessivamente come la

carena capovolta di una nave, entro la cui trama strutturale inserisce una moltitudine animata di sagome umane (fig. 14). In Sancta Susanna questa folla lignea si fa presenza viva, animata, drammaticamente forte, poiché va ad arricchire il già cospicuo numero di attrici-suore che invade il palcoscenico. Per Pressburger, quindi, il momento della rievocazione del ricordo diventa centrale, e viene amplificato grazie ai personaggi lignei che si fanno testimoni della crisi mistico-erotica di suor Beata, la quale in questa messinscena viene infine rinchiusa all’interno della suddetta sala di torture. Quest’ultima richiama alla mente gli allestimenti già concepiti da Ceroli per Confessione

scandalosa620 e per l’anticamera della sala da pranzo di Addio Fratello crudele621: come in quelle occasioni, anche qui lo scultore riprende l’opera Primavera, ma nel suo singolo modulo di base, che

617

Ibidem, pp. 185-189.

618 Gerardo Guerrieri, La storia scabrosa di una murata viva, «Il Giorno», 2 marzo 1978. 619

Mario Ceroli in Franco Quadri, Questo è il teatro di Ceroli, cit., p. 100.

620 Cfr. cap. 5.11. 621 Cfr. cap. 5.6.

149

viene poi replicato meno fittamente e ad intervalli irregolari su tutte le superfici interne, anche sulle ante battenti, della cassa lignea che, una volta richiusa con dentro la suora, viene spinta fuori scena. Ceroli interviene anche a chiusura dello spettacolo, come lui stesso ricorda: quando alla fine della vicenda suor Susanna invoca Satana, insieme ad una cascata di mutande precipita «dal cielo un altro Cristo a testa in giù, […] di cinque metri per cinque. Si trattava di creare una prospettiva, che cadeva in lontananza […]. Quando cadeva dall’alto il secondo Cristo, apriva il palcoscenico del teatro dell’Opera di Roma, lo sfondava, finiva in una fossa» e sul palcoscenico ne «rimanevano solo i piedi»622 (figg. 15 e 16).

In questa maniera così spettacolare termina il lavoro di allestimento di Ceroli, qui chiamato anche, per la prima volta, a creare i costumi di scena. I bozzetti, due dei quali pubblicati sul libretto di sala dello spettacolo (figg. 17 e 18), mostrano figure umane bendate in un aggrovigliato e imponente gioco di stoffe tale da farle assomigliare a mummie. In effetti l’idea progettuale trova un riscontro concreto nelle vesti delle monache, in particolare in quello di suor Susanna (fig. 19), il cui corpo appare avvolto in una consistente, ruvida, materica veste bianca di pelo e corde. Oltre ai costumi delle monache, sono da notare anche quelli indossati dagli uomini che, durante la rievocazione del ricordo di Klementia, portano suor Beata, sollevandola sulle spalle, verso il luogo della sua condanna (fig. 20). Essi sono costituiti da una calzamaglia bianca che segna tutto il corpo e da una corazza lignea sul petto che riprende nella forma il busto dell’imponente Crocifisso che si staglia alle loro spalle. Tutti i costumi si caratterizzano per il loro colore chiaro che, come accade per la scenografia, contrasta e quindi emerge dal fondo nero della scena.

Outline

Documenti correlati