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L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER ADDIO FRATELLO CRUDELE

ADDIO FRATELLO CRUDELE

L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER ADDIO FRATELLO CRUDELE

«Io avevo come collaboratore il grande Mario Ceroli, scultore che lavora con il legno, e avevo parlato con lui per creare una scena rinascimentale italiana, restituendola però con materiali nuovi. Infatti, se andate a vedere il film vi accorgerete che è tutto rifatto in un’altra maniera»424. Patroni Griffi mira ad attualizzare la tragedia richiedendo l’intervento di un artista contemporaneo, ma nello stesso tempo cerca di rimanere fedele al testo. Fedeltà, per Patroni Griffi, «significa restituire attraverso mezzi, idee o forme quello che era lo spirito con cui è stata scritta quella commedia o quella scena»425. L’art

director Mario Ceroli, come viene definito nei titoli di testa del film, cura l’allestimento scenico di sei

ambientazioni, di cui solamente una in esterno. Il suo lavoro è documentato da una serie di disegni,

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Mario Ceroli, in G. B., Mario Ceroli, in Francesco Galluzzi (a cura di), Il cinema dei pittori, le arti e il cinema italiano 1940-1980, Skira, Milano 2007, p.134.

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Giuseppe Patroni Griffi, in Bentoglio Alberto, (a cura di), Giuseppe Patroni Griffi e il suo teatro, Bulzoni, Roma 1998, p. 373.

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alcuni dei quali recano la firma e l’anno di realizzazione, il 1970, significativi per il confronto fra idea progettuale e realizzazione scenica.

Il primo allestimento firmato da Ceroli compare a circa nove minuti dall’inizio del film (figg. 1, 2, 3). Giovanni, dopo aver confidato a Frate Bonaventura il forte sentimento che prova per Annabella, si rinchiude nella sua stanza, pronto a mettere in atto il consiglio dell’amico di dimenticare questo amore impossibile, per il bene suo e di tutta la sua famiglia. Giovanni si stende sul letto e, tormentato dalle angosce, si guarda intorno: di fronte a lui un enorme camino in pietra a forma di muso leonino, dalle cui fauci spalancate arde un fuoco vivo; alla sinistra del focolare un tavolo, alla sua destra un mappamondo su un alto piedistallo. Con l’eccezione del camino e del soffitto a volta a schifo lunettata, tutta la stanza è ricoperta dalla morbide e tenui tonalità del legno: gli infissi, gli armadi e le mensole sono in legno, così come lo sono le pareti, ricoperte su tutti i quattro lati da assi lunghe, strette e spesse, affastellate una a ridosso dell’altra, che danno un forte senso di chiusura, di demarcazione dello spazio. Il tavolo ligneo cui sopra si fa menzione è in realtà un’opera di Ceroli: si tratta della rielaborazione e dell’unione di Modulo ondulatorio (fig. 4) e Mappatondo (fig. 5), rispettivamente del 1967 e del 1966. Sul tavolo è appoggiato un piccolo portaoggetti, che altro non è che Mappacubo del 1967 (fig. 6): se nella sua prima inquadratura esso è vuoto, in una successiva scena del film diverrà fondamentale poiché da questo portaoggetti – uno dei pochi elementi di arredo della stanza – Giovanni prenderà il pugnale con cui più tardi strapperà il cuore ad Annabella. Sull’altro lato della stanza, invece, il succitato mappamondo è una rielaborazione in scala maggiore dell’opera O sole mio (fig. 7) del 1968.

Patroni Griffi affida quindi a Ceroli il compito di ricostruire una stanza di un palazzo cinquecentesco. L’artista sceglie di usare una serie di opere che si palesano per la loro struttura geometrica e che richiamano in parte l’architettura dell’epoca, caratterizzata da semplici forme e da proporzioni armoniche; tuttavia, ai marmi rinascimentali e alla pietra sostituisce il legno. Questa scelta non è tuttavia dettata semplicemente da un aggancio stilistico: analizzando l’operato scultoreo dell’artista, Calvesi evidenzia che per Ceroli «la sagoma geometrica gioca un ruolo di controfigura rispetto al profilo di figura umana, nel repertorio di una ricostruzione scenica di immagini emblematiche della realtà. In certo modo, di questa, la sagoma geometrica e il profilo di figura umana rappresentano i due estremi: razionalità e progettualità, l’uno; duttilità e casualità, l’altro. Se nella figura, nella folla, in una discorsività materica manuale delle sagome, in modi di un’alternativa appropriazione scenicamente ricostruttiva, Ceroli teatralizza un’eventualità di controcanto del vissuto, invece nel trattamento manifatturiero di strutture geometriche o stereometriche, di matrice euclidea, sembra celebrare una materializzazione di distanze di entità concettuali»426. Giovanni si dispera e si interroga sull’amore che prova per Annabella tra le pareti della sua stanza: il suo soggiacervi materializza perciò la metafora dei due mondi opposti con cui il protagonista deve fare i conti, quello irragionevole e passionale del sentimento amoroso e quello razionale, freddo e rigido della società e delle sue convenzioni.

Un medesimo spirito di progettazione guida Ceroli nell’allestimento di un’altra stanza, quella di Annabella (figg. 8 e 9), che nell’architettura del palazzo è significativamente collocata sul lato opposto del corridoio sul quale si affaccia quella dell’amato fratello. L’allestimento delle due camere è simile: copertura a volta del soffitto, identico caminetto, il letto come complemento d’arredo centrale. Anzi, qui il letto è talmente importante tanto da essere rialzato su una doppia base. Significativamente, il drappo di stoffa del baldacchino è sostituito dal legno, utilizzato sia per

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copertura a volta a botte sia per le sagome che, a gruppi, circondano su tre lati il letto di Annabella. Anche in questo caso Ceroli rielabora e porta sulla scena cinematografica una sua opera preesistente,

Goldfinger del 1965 (fig. 10): se nella scultura originale le sagome parzialmente sovrapposte che

liberano spazialmente i profili sono sette, per Addio fratello crudele esse sono raccolte in gruppi di due o tre elementi e poi disposte ai lati del letto. In quest’opera Ceroli, con un procedimento applicato a molte altre sculture dello stesso periodo427, cita esplicitamente figure del mondo dell’arte: impossibile non riconoscere in queste sagome la Venere protagonista del capolavoro La

nascita di Venere di Botticelli, artista a cui Ceroli guarda anche per realizzare le sagome delle figure

femminili poste sulla testata del letto, che altro non sono che le Tre Grazie della Primavera del 1482. Ceroli, attraverso l’ironica moltiplicazione seriale dell’immagine, si appropria della citazione, familiarizza con essa e restituisce così una naturalezza di rapporti, di sensi. È in questa stanza, in questo letto, tra queste sagome che Annabella e Giovanni consumano il loro amore, tanto vero quanto impossibile: significativo, certo non casuale, è il rapporto che si instaura tra i due amanti e la simbologia intrinseca delle figure lignee che diventano depositarie del loro amore segreto.

Una porta della camera di Annabella conduce ad una stanza adiacente (figg. 11, 12), che all’inizio del film viene usata dagli attori semplicemente come zona di passaggio: si tratta di una sala colonnata, tipica dell’architettura rinascimentale, o più propriamente di una sala ipostila con più file di imponenti colonne lignee, realizzate da Ceroli accostando tra loro assi strette ed alte. Lo scultore allestisce questa stanza rielaborando in chiave ambientale e architettonica la sua Sala ipostila del 1967 (fig. 13), un’installazione costituita da 11 colonne alte 121 cm. e da altre 12 alte 61 cm., tutte poggianti su una base di mattoni. Tra queste colonne Giovanni si dispera mentre Annabella si sta sposando con Soranzo, tra queste colonne cerca rifugio e protezione quando quest’ultimo lo invita a brindare al lieto evento.

Altra scenografia concepita da Ceroli è quella costruita con la sua installazione Centouccelli (fig. 9 di cap. 3). Quest’opera era già stata portata sul palcoscenico del Riccardo III del 1968428, ma in Addio

fratello crudele compare in tutta la sua consistenza (figg. 14, 15): infatti non solo c’è la rete metallica

che invece per il dramma shakespeariano era stata tolta, ma addirittura la triplice gabbia viene realmente riempita da una miriade di volatili, tanto da divenire a tutti gli effetti un’uccelliera. La gabbia è collocata al centro di una stanza spoglia dalle pareti bianche: Giovanni e Annabella si rincorrono felici, per gioco, tra le reti di questa gabbia, allusione forse alla infelice condizione del loro amore. I due, dopo averne attraversato tutte le porte, vi giungono al centro: Annabella si sfila dal dito l’anello di uno spasimante segreto che le era stato consegnato pochi minuti prima dal padre, lo getta in una ciotola piena d’acqua che serve per l’abbeveraggio degli uccellini, e poi si getta felice fra le braccia del fratello. L’installazione di Ceroli in questo caso, oltre ad una funzione metaforica, ne ha così anche una pratica, perché aiuta a sviluppare concretamente gli eventi della trama.

Ceroli firma pure l’allestimento scenico in aperta campagna. Nella finzione filmica, Giovanni ed Annabella escono insieme per una lunga cavalcata, al termine della quale giungono sulle rive di un fiume. Lì, nella sabbia, in un ampio spazio sgombro, Ceroli installa le bandiere del suo Progetto per la

pace e per la guerra (fig. 16). Realizzato nel 1969 e proposto allora nella mostra parigina Quatre artistes italiens plus que nature al Musée des Arts Décoratifs, Progetto per la pace e per la guerra è

un’installazione variamente estendibile di bandiere bianche di stoffa liberamente sventolanti su aste lignee fissate in un’area di sabbia di sette metri per cinque. Essa «sottintende un effetto folla che è

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Cfr. ad esempio Uomo di Leonardo (1964); lo stesso procedimento di citazione è applicato anche a figure della pubblicità: cfr. Il Mister (1964); Arco di trionfo (1965).

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uno dei “luoghi” riccorrenti nell’immaginario di Ceroli e che sembra alludere anche a quella misura di ambiguità del possibile con la quale la contrapposizione immaginativa messa in atto da Ceroli si costituisce, sottolineando una sorta di reversibilità di senso di tali immagini, pacifiste oppure guerresche, nei medesimi modi del loro manifestarsi. Ennesimo esempio, altrimenti, di come miri a costruire situazioni di articolazione spaziale dotate di una propria capacità di estensione ambientale, piuttosto che a porre in atto condizioni di dialettica spaziale ambientale»429. La forte suggestione di questa installazione viene riproposta a scala panoramica in quella che è una delle sequenze migliori e più studiate di Addio fratello crudele (fig. 17). Giovanni e Annabella giungono sulla riva di un fiume: sullo sfondo si innalza una foresta di alberi, più vicino a loro una foresta di bandiere bianche mosse da un leggero venticello. Annabella non esita ad attraversarla a cavallo, seguita subito da Giovanni. L’opera ceroliana rimane sempre al centro delle inquadrature di tutta la sequenza filmica, anche quando in primo piano vengono riprese due lignee “macchine da guerra”430 firmate sempre da Ceroli: una sorta di torre di vedetta provvista di una punta di sfondamento e una catapulta (figg. 18, 19). Su quest’ultima i due si siedono e riflettono sui propri sentimenti e sulle vicende che li riguardano, tanto che Annabella afferma: «Così gli uomini muoiono in guerra, non d’amore», seguita a ruota da una riflessione di Giovanni: «Eppure dovrei sposarti un giorno». Guerra e pace, odio e amore: queste le due tematiche affrontate nel loro dialogo dai protagonisti, questi i due estremi entro cui si muove la loro vicenda sentimentale, queste le due passioni che governano il mondo. Ceroli riesce a visualizzare, attraverso la sua installazione, le due realtà: da una parte le macchine da guerra; dall’altra le bandiere bianche, simbolo di pace per il loro candore ma contemporaneamente anche del male della terra in quanto tracce di una battaglia sanguinosa che ha lasciato innumerevoli caduti sulla vasta pianura, dove Giovanni e Annabella cavalcano spensierati ed innamorati, ancora protetti entro le mura della loro atavica e sontuosa dimora.

L’ultima scenografia concepita da Ceroli riguarda le ultime sequenze del film (figg. 20, 21, 22). Giovanni, ormai in preda alla pazzia, ha già ucciso Annabella. Le strappa il cuore dal petto e lo porta a Soranzo per fargli vedere quale nome sia scritto su di esso. Giovanni è cosciente di andare incontro alla morte: mosso da una foga rabbiosa, attraversa con grande impeto una lunga galleria cinquecentesca che conduce alla sala dove, per festeggiare il ritorno da Venezia dei due novelli sposi, è stato allestito un banchetto a cui prendono parte tutti i parenti di Annabella. Alla fine della galleria, prima della suddetta sala da pranzo, sorge un’anticamera che porta la firma di Ceroli e che matericamente e stilisticamente stride con i due locali che divide, entrambi decorati con raffinati giochi marmorei. Il piccolo vestibolo infatti è ricoperto totalmente dal legno, e a renderlo più soffocante e angusto contribuiscono le punte acuminate delle infinite borchie che lo rivestono. Se in un primo momento, facendo il suo ingresso trionfante in sala da pranzo, Giovanni attraversa noncurante l’anticamera, è proprio qui che successivamente trova la morte: dopo aver duellato contro di lui, Soranzo riesce a metterlo alle strette addossandolo ad una delle pareti. Giovanni viene trafitto al petto da tre pugnalate mortali ed esala l’ultimo respiro. Per allestire questo vano angusto, Ceroli rielabora da un punto di vista dimensionale Primavera (fig. 23), una sua opera del 1968 tutta giocata sul modulo, ossia su una lunga trave avente una estremità appuntita, ripetuta in estensione sino a farsi installazione in una spazialità consistente. Per Addio fratello crudele lo scultore ne riprende solo le terminazioni a punta, con cui crea le pareti della stanza, quasi una stanza di tortura, dove Giovanni muore: significativo è il fatto che il suo sangue strida cromaticamente con le tenui

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Enrico Crispolti (a cura di), Ceroli, analisi di un linguaggio e di un percorso, cit., p. 87.

430 Si anticipa qui che sia Progetto per la pace e per la guerra sia le “macchine da guerra” torneranno nell’allestimento scenico del Trovatore

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tonalità del legno ceroliano. L’artista a questo proposito afferma: «La camera si presenta con le punte acuminate di legno, adatta alla tortura, pronta a colpire l'occhio più che il corpo. La fitta architettura poggia su un ritmo strutturalmente classico, come un bugnato affilato e minaccioso, adatto ad accogliere atmosfere ritualmente sediane, che avvolgono e svolgono, più che azioni di violenza, una concettualizzazione della violenza, come uno spazio mentale mosso solo da un'idea. Qui la camera ha l'ossessione formale di uno spazio assoluto, in cui la crudeltà della fantasia si è costituita come progetto»431.

Oltre che nelle scenografie sopra descritte, Ceroli offre il proprio contributo anche con la creazione ex-novo delle tre sculture poste sulla tomba della madre dei protagonisti, presso la quale Giovanni ed Annabella si recano per giurarsi amore eterno (fig. 24). Qui lo scultore utilizza il suo tipico linguaggio costruttivo, la sagoma profilata, ma un materiale all’epoca a lui pressoché estraneo, il marmo bianco, per delineare ciascuna delle tre figure oranti sulla tomba: sia quella adulta maschile, sia le due di bambini sono realizzate incastrando a coda di rondine tre sagome lungo un’asse centrale. Il risultato ha un sapore tipicamente ceroliano, riscontrabile in molte sue opere coeve, come ad esempio in

Piper (cfr. fig. 10 di cap. 3).

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