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MARIO CEROLI E IL CINEMA

3.4 «1968 O DEL TEATRO»

3.6 MARIO CEROLI E IL CINEMA

Da un punto di vista cronologico, Ceroli realizza i suoi allestimenti per il cinema parallelamente all’esperienza underground che porta molti suoi colleghi a realizzare film d’artista231. Ceroli afferma non solo di non essere mai stato interessato a fare cinema in prima persona, ma anche di non essere un grande estimatore del cinema underground, del quale addirittura dice che «se ne poteva fare a meno»232. Eppure Ceroli opera nel mondo del cinema, e lo fa dando dei contributi notevoli e significativi, anche se in maniera diversa rispetto a quanto fatto dalla maggior parte degli esponenti della Scuola di Piazza del Popolo.

In un’interessante intervista rilasciata a Lara Nicoli, Ceroli racconta della sua esperienza al cinema e con il mondo del cinema. La sua prima prova in questo senso risale al 1956, quando negli stabilimenti di Cinecittà collabora a Cleopatra con Liz Taylor e Richard Burton facendo «le scene, venti metri quadrati al giorno di bassorilievi con personaggi egizi. […] È stata una bella esperienza, curiosa per me, un’attività completamente diversa, interessante, la prendevo come un allenamento. In giro si vedevano i giovani Bertolucci, Antonioni, Pasolini»233. Ceroli ha la fortuna di incontrare registi e esponenti del mondo del cinema non solo negli ambienti degli addetti ai lavori, ma anche in quella culla felice che è Piazza del Popolo, negli anni Sessanta frequentata sia dal nascente mondo dell’arte sia del cinema: Fellini, Mastroianni, Gian Maria Volontè, sono solo alcuni dei cineasti che vi sostano, e con i quali Ceroli stringe un rapporto di affetto e di rispetto reciproci. Se la stima di Fellini si palesa nel vezzeggiativo “Marietto” con cui il regista è solito chiamare lo scultore, quella di Rossellini si manifesta più apertamente nella proposta fatta a Ceroli di interpretare un ruolo da attore in un suo progetto televisivo, che il nostro tuttavia declina poiché quella attoriale non è affatto la sua strada. Subito dopo Ceroli firma le scenografie di Addio Fratello crudele dell’amico Giuseppe Patroni Griffi. Ricordando con affetto quella collaborazione, per la quale ha anche ricevuto un premio, lo scultore afferma di essersi divertito e di essere «intervenuto pesantemente, come si dice in inglese facevo

229

Enrico Crispolti (a cura di), Ceroli, analisi di un linguaggio e di un percorso, cit., p. 79.

230

Maurizio Calvesi, in Mario Ceroli, dvd, cit.

231 Cfr. cap. 2.2.3. 232

Lara Nicoli (a cura di), Conversazione con Mario Ceroli, in Francesco Galluzzi (a cura di), Il cinema dei pittori, le arti e il cinema italiano 1940-1980, Skira, Milano 2007, p. 223.

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l’art director, non è che ho fatto lo scenografo, ho costruito le fondamenta del film»234, grazie anche alla feconda collaborazione con Vittorio Storaro, che ha illuminato Addio fratello crudele «in modo memorabile»235. Se la firma di Ceroli come art director compare di nuovo nel 1974 nella scenografia di Identikit, sempre di Patroni Griffi, bisogna ricordare altre due significative esperienze vissute da Ceroli con il mondo del cinema. Una riguarda una lunga sequenza di Cadaveri eccellenti, film di Francesco Rosi del 1976, in cui compare una sua scultura, Palla: Ceroli non la realizza o rielabora specificamente per il regista, semplicemente gliela presta così come l’aveva precedentemente scolpita, ma in ogni caso rimane un interessante esperimento di collaborazione tra il mondo dell’arte e quello del cinema. L’altra riguarda invece Gli ordini sono ordini, film del 1972 di Franco Giraldi, nel quale allo stesso modo compaiono opere di Ceroli: infatti il protagonista maschile, interpretato da Gigi Proietti, è un artista, e le sue opere sono quelle di Mario Ceroli, visibili in varie scene del film (figg. 21, 22). Ma per questo film Ceroli realizza anche un happening, come viene messo in evidenza nei titoli di coda. L’artista racconta: «Nel film di Giraldi a Vicenza feci mettere un mucchio di sedie alto dieci metri e poi tutta la piazza invasa di colonne realizzate con potature di piante, di canne. Un

happening. E gli spettatori dovevano prenderne una a una smontando la pila che si era formata. Lui

[Proietti] invece cosa fa? Da fuoco alle sedie e distrugge lo spettacolo, che non si è fatto, era un pazzo»236.

Alla domanda con cui gli si chiede se abbia mai pensato di girare un proprio film, come fatto da altri artisti italiani ruotanti intorno all’ambiente dell’underground romano, Ceroli risponde negativamente ed inoltre rivendica il primato dell’arte sul cinema: «In generale ritengo che le arti figurative hanno dato una spinta impressionante al cinema, come se il cinema fosse l’esaltazione dell’arte, arte in movimento. […] Michelangelo realizzò le sue sculture circa cinquecento anni fa e ancora sono lì, del cinema mi chiedo cosa resterà […]. In questo senso rivendico il primato dell’arte sul cinema. Anche Fellini per esempio disegnava prima di girare. Le arti figurative sono l’habitat della nostra vita, non si limitano a raccontarla»237. Poi aggiunge: «Ho sempre usato il set cinematografico e il palcoscenico come un altro modo per esporre, per fare le mie mostre»238.

Interessante risulta anche la dichiarazione di Ceroli trasmessa dalla Rai nel dicembre 1987, intervistato nell’ambito di una puntata di Cineteca dedicata all’analisi del rapporto tra scenografia e cinema e tra avanguardie e film d’arte. L’artista, che con la scenografia concepita per Addio fratello

crudele «ha dato – secondo Maurizio Calvesi – un contributo affascinante al decoro di film»239, rivela subito di non amare le parole scenografia e scenografo perché «la scenografia, quello che si fa oggi, credo che siano dei signori che mettono insieme quattro carabattole per fare l’arredamento»240. Dichiara inoltre: «Io credo che nell’occasione di Addio fratello crudele abbia collaborato con Patroni Griffi in una maniera forse al di fuori di quelli che sono i canoni, oggi, di come si fa cinematografo»241; anzi, critica fortemente l’atteggiamento di esclusione che a priori i cineasti hanno nei confronti degli artisti e delle arti figurative, con i quali invece si potrebbero avere importanti opere di collaborazione, come d’altra parte si era verificato durante gli anni ’20 e ’30 con l’esperienza del cinema futurista ed espressionista. «Mai come adesso […] le arti figurative possono collaborare con

234

Mario Ceroli, in Ibidem, p. 222.

235

Mario Ceroli, in Ibidem, p. 223.

236 Mario Ceroli, in Ibidem, p. 222. 237

Mario Ceroli, in Ibidem, p. 221.

238

Mario Ceroli, in Ibidem, p. 222.

239 Maurizio Calvesi, in Le avanguardie e il film d’arte, puntata del 22/12/1987 della serie televisiva Cineteca: scenografia nello spettacolo

cinematografico, visione presso le Teche Rai della sede regionale di Venezia.

240 Mario Ceroli, in Le avanguardie e il film d’arte, cit. 241 Ibidem.

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lo spettacolo e con il cinema in una maniera molto più vasta, con una sensibilità maggiore, anche perché negli ultimi venti anni la ricerca artistica è stata proprio l’environment, cioè gli artisti sono usciti fuori da quella che è la dimensione del quadro, la dimensione della scultura, dell’oggetto. Vedere un mio oggetto dentro una casa è una cosa che mi dà abbastanza fastidio perché è come tornare all’Ottocento […]. Voglio dire: quale migliore occasione per un artista che si occupa di arti figurative collaborare in maniera massiccia a quello che è il cinema o il teatro?»242.

La collaborazione, temporalmente breve ma intensa e feconda, di Ceroli con il cinema italiano è stata celebrata durante la mostra dedicata a Mark Rothko, Stanley Kubrick e Mario Ceroli tenutasi dal 6 ottobre al 2 dicembre 2007 presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma in occasione della sua riapertura. In questa mostra, curata per la parte concernente lo scultore da Maurizio Calvesi e Claudia Terenzi243, oltre alla presentazione di alcune opere dell’artista, sono stati videoproiettati tutti i lavori che Ceroli ha fatto al cinema, oltre a molti di quelli teatrali.

242 Ibidem. 243

Maurizio Calvesi, Claudia Terenzi (a cura di), Mario Ceroli, cit. Della suddetta mostra, non esiste un unico catalogo, ma tre distinti: oltre a quello su Ceroli, cfr. Stanley Kubrick, Giunti, Firenze 2007; Mark Rothko, catalogo della mostra, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 6 ottobre 2007 - 6 gennaio 2008, Roma 2007.

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