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L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER CONFESSIONE SCANDALOSA

CONFESSIONE SCANDALOSA

L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER CONFESSIONE SCANDALOSA

Ceroli è chiamato a concepire la scenografia per uno spettacolo mai andato in scena prima in Italia. Ruth Wolff ambienta la vicenda in Vaticano, in una anticamera del Papa518, dove l’ex regina di Svezia è in attesa di essere ricevuta per fare il suo ingresso ufficiale nella religione cattolica. L’autrice

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Per un approfondimento si rimanda ai capp. 5.6 e 5.8.

515 Ente Teatrale Italiano, Confessione scandalosa, comunicato stampa, conservato presso l’Archivio Storico della Biblioteca Spadoni del

Teatro della Pergola di Firenze.

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Cfr. cap. 4.3.

517 Ente Teatrale Italiano, Confessione scandalosa, comunicato stampa, cit. 518

Place: an antechamber in the Vatican. Cfr.

http://books.google.it/books?id=pMFcK1E2qi0C&pg=PA5&lpg=PA5&dq=the+abdication+wolff&source=bl&ots=RATQ1AgZDc&sig=B_8fKWs Gkjry7SSn56i8tV1FuBY&hl=it#v=onepage&q=the%20abdication%20wolff&f=false, data ultima consultazione 24 aprile 2012.

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fornisce inoltre significative linee guida concernenti l’allestimento: un palcoscenico in pendenza, inclinato, circondato da pannelli verticali che possono essere alzati, abbassati o girati in modo tale da creare uno spazio in cui le scene facilmente possano passare dall’azione presente ad altri luoghi e tempi. Propone un allestimento astratto, che si rifaccia non tanto alla realtà fisica quanto allo stato d’animo e psicologico dei personaggi519. All’inizio dell’atto I, poi, nella didascalia scenica Wolff riporta: the antechamber is desert except for an empty ceremonial chair which dominates the space.

Music. The lights come up slowly on the empty chair. After a moment, Birgito, a dwarf, enters warily from outside, R. He explores the room, then approaches the chair, moving around it, running his fingers over it, then he hops up onto it. Dominic, a young priest, enters busily from the interior of the Vatican, L, carrying documents. Birgito sees him, hops down and attempts to hide behind the chair520.

Sul palcoscenico fiorentino, «nell’anticamera vaticana – tutta lignea, naturalmente, poiché la scenografia è di Mario Ceroli – », scrive Carlo Maria Pensa sulle pagine di Epoca, «l’unico segno del sovrannaturale sono le porte, che s’aprono e si chiudono da sole, automatiche come nelle aerostazioni, a sinistra sugli appartamenti cardinalizi, a destra sulle stanze di papa Alessandro VII, al centro sul passato, sui ricordi, sui tormenti, sugli abissi dell’anima di Cristina di Svezia»521. In questo impianto scenico, «sormontato da un soffitto a cassettoni»522, «essenziali geometrie lignee, lettere in libertà e giochi di silhouette creano un clima di astrazione e risolvono con eleganza il problema dei

flash-back, facendoli emergere da una sottilissima griglia di lamelle di legno filtro della memoria»523, quest’ultima definita altrove «una candida foresta nordica»524, «una campagna svedese»525, «un bosco di alberi spogli, bianchi in una luce di remota estate nordica»526.

Dalle dichiarazioni sopra riportate e dall’analisi delle foto di scena che inquadrano frontalmente il palcoscenico (figg. 2 e 3), si può vedere come Ceroli abbia costruito l’anticamera papale come una sala dalle imponenti dimensioni ma completamente vuota, spoglia, disadorna. L’unica eccezione è costituita da una lignea sedia cerimoniale dagli imponenti braccioli posta sulla sinistra del palcoscenico, sulla quale alternativamente prendono posto gli attori per visualizzare gradualmente le confessioni emergenti dal rito sacramentale che diventa, nello sviluppo scenico, una lunga seduta psicanalitica (fig. 4). Ceroli traspone sullo spazio vuoto del palcoscenico la sedia del suo omaggio dechirichiano del 1965 Mobili nella valle, così come aveva già fatto in una scena del Riccardo III di Ronconi527.

Al centro della parete di fondo, ma leggermente avanzata rispetto ad essa, si impone l’astratta struttura architettonica ceroliana che diventa il legante tra presente e passato. La facciata, tripartita da un gioco di colonne e terminante in un cornicione, è scandita plasticamente da un’alternanza di chiaroscuri: le due grandi aperture finestrate laterali, in cui sono inserite due gruppi lignei di sagome umane e sormontate da un fregio riportante un’inscrizione senza significato, si contrappongono alla più imponente zona centrale, caratterizzata da una fascia bassa modellata a bugnato, da una parete slanciata verticalmente dalla fitta giustapposizione di lunghe assi lignee, e da una forte strombatura finale. Proprio quest’ultimo elemento architettonico mette in evidenza come la fascia centrale in

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a raked platform surrounded by vertical panels which can rise, fall or pivot to create a space in which scenes flow easily from present action to other places, other times. The setting should be abstract, less concerned with physical reality than with evocation of character, mood and state of mind. Cfr. Ibidem.

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Cfr. http://www.tower.com/books/preview/isbn/1583421556, data ultima consultazione 24 aprile 2012.

521 Carlo Maria Pensa, Confessione scandalosa, «Epoca», n°1411, 19 ottobre 1977. 522

Sergio Colomba, Cristina regina e donna, «Il Resto del Carlino», 11 novembre 1977.

523

Renzo Tian, Romantica confessione tra regina e cardinale, «Il Messaggero», 18 novembre 1977.

524 R. P., La regina va dal cardinal Freud, «Corriere della Sera», 12 gennaio 1978. 525

G. C., Cristina di Svezia femminista nella civiltà dell’antimaschio, «La Stampa», 2 novembre 1977.

526 Roberto De Monticelli, Psicanalisi in Vaticano, «Corriere della Sera», 10 ottobre 1977. 527 Si rimanda al capitolo 5.1.

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realtà sia non una parete bensì un portale, i cui battenti si aprono verso il fondo di ben 90°. Da questa porta, una volta apertasi, entrano in scena, sottoforma di flash-back rivissuti durante la confessione con Decio Azzolino, i ricordi di Cristina: i personaggi di corte, Cristina bambina e Cristina adolescente si materializzano sul palco proprio grazie alla struttura scenica concepita da Ceroli, funzionale quindi alla prosecuzione dell’azione teatrale e sorta di ponte di collegamento tra presente e passato (figg. 5 e 6).

Da un punto di vista materico, Ceroli ancora una volta opta esclusivamente per il legno. Ma anche dal punto di vista iconografico la sua firma è inconfondibile, dato che l’allestimento è frutto di un assemblaggio o della rielaborazione per il teatro di alcune sue opere precedenti: il bugnato non è altro che una ripresa di Primavera del 1968, le colonne una rielaborazione della Sala ipostila del 1967, entrambe già prese in considerazione nel capitolo dedicato all’allestimento per Addio fratello

crudele; le sagome umane, come già visto nelle pagine precedenti, rimandano a tutta la sua

produzione scultorea della metà degli anni ’60. Il fregio iscritto, infine, si rifà alle proposizioni di scultura-scrittura che sono particolarmente ricorrenti nel suo lavoro verso la metà degli anni Settanta528: basti pensare, a titolo esemplificativo, all’insieme Oggi-Domani, Il Giorno-La Notte (fig. 7), allestito nel 1973 assieme ad altre tavole interamente pure di scritte nella personale Le idee

direttrici nella Galleria de’ Foscherari a Bologna529, oppure all’azione Progetto per il Mulino Stucky (fig. 8) realizzata nel 1975 a Venezia in risposta a un’iniziativa progettuale ideale della Biennale relativamente a tale edificio, anch’essa tutta giocata sulla scrittura. I pezzi scultorei sopra descritti sono assemblati in una determinazione d’insieme articolata nello spazio che si avvicina, sia da un punto di vista iconografico sia da uno architettonico, a La casa di Dante (fig. 9) e ad altri interni di metà anni Sessanta, come ad esempio Burri, La Scala e Cassa Sistina (cfr. figg. 6, 7, 12-15 di cap. 3). Sulle pareti destra e sinistra del palcoscenico sono replicate due strutture simili a quella descritta sopra, con porte che permettono agli attori di entrare ed uscire di scena lateralmente, laddove la finzione teatrale prevede ci siano gli appartamenti cardinalizi e le stanze papali. Come si può vedere, esse replicano in scala e in contenuti minori le fattezze della struttura centrale. Ancora una volta, quindi, Ceroli riprende il tema delle porte, centrale ad esempio nella messinscena del Candelaio530. Il portale della parete destra, poi, si apre su una terrazza (fig. 10) che altro non è che un’ulteriore sua scultura, riadattata da un punto di vista dimensionale in modo tale da renderla funzionale da un punto di vista scenico e narrativo: si tratta di Balcone, opera del 1965 (fig. 11) di cui le due sagome lignee maschile e femminile vengono eliminate e sostituite con gli attori che al loro posto si affacciano e si appoggiano alla terrazza.

La struttura architettonica frontale è delimitata lateralmente, per tutta la lunghezza del palcoscenico, da una fila geometrica e astratta di lunghe aste di legno, disposte a distanza regolare e ravvicinata le une dalle altre, dietro la quale, a ridosso della nuda parete di fondo, si staglia la natura svedese, ricreata attraverso la disposizione ad intervalli più ampi ma irregolari di una fila di veri e propri rami alti tanto quanto il boccascena. L’ambiente naturale creato si avvicina otticamente agli attori e agli spettatori ogni qualvolta il portale di Ceroli viene aperto (figg. 5 e 6), poiché la foresta non viene più celata dalla griglia di lamelle antistante. Quest’ultima, poi, dal canto suo richiama alla mente le pareti della camera da letto di Giovanni per Addio fratello crudele, caratterizzate dalla medesima disposizione lignea531.

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Le proposizioni di scultura-scrittura erano già state rielaborate e portate in teatro nell’allestimento scenico di Norma al Teatro alla Scala di Milano nel 1972 e torneranno similmente anche in quello dell’Aida alla Fenice di Venezia nel 1978. Cfr. i capp. 5.7 e 5.12.

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Cfr. Mario Ceroli, Le idee direttrici, Galleria de’ Foscherari, Bologna, dicembre 1973.

530 Cfr. cap. 5.2. 531 Cfr. cap. 5.6.

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La scenografia concepita da Ceroli, che rimane identica nei due atti del dramma, fornisce un vero e proprio supporto all’azione drammatica. Confessione scandalosa non prevede mutazioni sceniche rilevanti, determinate solamente dai movimenti delle due porte laterali e del portone frontale che, aprendosi e chiudendosi, permettono di far entrare e uscire di scena i personaggi del presente e del passato.

L’allestimento di Ceroli anche questa volta non funge da mero sfondo ma da supporto funzionale allo svolgimento del racconto. Non solo il portale, ma anche le quattro sagome lignee inserite nella struttura architettonica rappresentano un collegamento tra presente e passato: queste presenze umane, definite molto semplicemente ma altrettanto enigmaticamente solo nel profilo, si affacciano sull’anticamera papale come testimoni della confessione scandalosa dell’ex regina di Svezia, ma strutturalmente appartengono a un’architettura che si apre sul passato della stessa. Il binomio presente-passato si palesa non solo attraverso la scenografia ma anche tramite un sapiente gioco cromatico-luministico ben descritto da De Monticelli sul Corriere della Sera: «la scena in legno di Ceroli, quella specie di gabbia sanguigna oltre le cui pareti-griglie si intravede un bosco di alberi spogli, bianchi in una luce di remota estate nordica, offre [a Patroni Griffi] una possibilità di aperture oniriche molto belle per i flash back»532.

Le fotografie di scena dello spettacolo sono tutte in bianco e nero ma, sebbene non sia fattibile osservare le effettive cromie del legno per cui Ceroli ha optato, è possibile riscontrare che la parte del palcoscenico retrostante alla struttura architettonica ed alla fila di aste lignee è illuminata da una luce più chiara e più forte rispetto a quella nell’anticamera vaticana.

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