• Non ci sono risultati.

PRESSBURGER E CEROLI: LA VISUALIZZAZIONE DI UN RICORDO TRA CRITICHE E CONSENS

SANCTA SUSANNA

PRESSBURGER E CEROLI: LA VISUALIZZAZIONE DI UN RICORDO TRA CRITICHE E CONSENS

Per una migliore analisi e comprensione dell’allestimento scenico creato da Ceroli è bene partire dalle dichiarazioni rilasciate da Pressburger nella conferenza-concerto precedente la messinscena di

Sancta Susanna, durante la quale vengono messi in luce i punti-chiave dell’idea registica: «Il racconto

di Klementia viene visualizzato sulla scena in un’azione a cui partecipano decine di comparse. Non sarà una rappresentazione naturalistica; l’evocazione dell’antefatto è proposta nell’immagine decantata dalla memoria, con l’incompiutezza, l’irrealtà di un sogno. Il dramma di Stramm lascia molto spazio agli interventi della regia: più che testo, raccoglie un succedersi di didascalie, non molto esplicative, ma risalta il significato dell’opera. Il Cristo non è che l’immagine dell’uomo, della natura con i suoi richiami, il suo risveglio … Nella chiesa giunge l’onda del profumo dei fiori, il canto degli uccelli. Suor Susanna è una Santa alla rovescia, la sua è la santità della vita e della carne, della natura che essa contrappone alla santità della rinuncia. Rifiuta il pentimento e quale martire della carne chiede il martirio. Alzate il muro – dice con gioia alle compagne»623. Il succo dell’impostazione registica si può così riassumere: visualizzazione del ricordo di Klementia, affollamento della scena attraverso una notevole quantità di comparse, Cristo-Crocifisso come immagine dell’uomo e non della divinità.

Quando Sancta Susanna viene messo in scena, i circa trenta minuti della sua durata suscitano subito grande scalpore. Le polemiche riempiono le pagine dei giornali nei giorni successivi alla prima. Ma se il Vaticano, l’A.N.D.IT e la Democrazia Nazionale condannano a priori la scelta del Teatro dell’Opera di aver appoggiato la presentazione di un dramma giudicato immorale, osceno e blasfemo dal punto di

622 Mario Ceroli in Franco Quadri, Questo è il teatro di Ceroli, cit., p. 100.

150

vista contenutistico624, una buona parte dei recensori stronca le scelte della regia per l’allestimento di Sancta Susanna. Guido Turchi evidenzia le «incongruità della realizzazione scenica, benché dovuta al talento di Mario Ceroli e all’impegnata regia di Giorgio Pressburger. Il tono crepuscolare e apocalittico insieme del testo drammatico-musicale […] ha trovato soluzioni sceniche che da un lato ne inficiano la radice culturale e dall’altro ne estrapolano affollate vicende coreografico-spettacolari che in definitiva oscurano e travolgono il centro focale dello psico-dramma strammiano, puntato sui due personaggi principali, Susanna e Klementia. E certe invenzioni della regia volgono a significati che ai più son rimasti alquanto reconditi»625. Del medesimo parere è anche Ennio Montanaro, che critica le «ingiustificate forzature registiche» di Pressburger perché «libertà di arte e di espressione non giustificano […] una realizzazione scenica che è andata ben oltre le intenzioni del musicista e dello scrittore […]. Non vediamo quale necessità vi fosse di rappresentare visivamente, con realismo dapprima, in modo simbolico poi e forse ancor più pesante, il sacrilegio che nel testo è soltanto narrato da Suor Klementia. E anche nel finale, la regia di Giorgio Pressburger, costantemente sovraccarica di movimenti, di comparse, di allusioni – non sempre chiarissime – e che non dimostra mai una mano leggera, accentua le tinte ed esaspera le indicazioni del dramma, introducendo dettagli che le didascalie di Stramm non prevedono».

Della scenografia di Mario Ceroli, Montanaro dice che è «evidentemente aderente alla concezione della regia»626, sottolineando così un aspetto importante riscontrabile in questo come in tutti gli allestimenti teatrali dell’artista: le sue fedeltà e vicinanza alle scelte registiche. In linea con il disegno di Cristo-uomo di Pressburger, lo scultore porta al Teatro dell’Opera Curve di livello dell’uomo, su cui i recensori si soffermano. Alcuni approvano e apprezzano la scultura ceroliana, altri la stroncano, ma tutti ne sottolineano la spettacolarità. Sulle pagine de Il Giorno si legge che Ceroli «ci presenta un enorme crocifisso steso a terra. Ci fa assistere, come una volta per gli obelischi dei papi, alla sua erezione»627: «si tratta di una specie di colosso di Rodi, alto come il boccascena, che però è più l’uomo di Leonardo che il Cristo delle chiese»628. Lamberti con sarcasmo lo descrive come «non un crocifisso sull’altare, ma un Cristo (o meglio, una statua d’uomo a braccia aperte) che giganteggia per tutta l’altezza della scena, nudo in ogni suo particolare (il più significativo di questi è in atto di tensione erotica, ma, non si sa se come simbolo o per tardiva prudenza, lievemente amputato)»629. Sarno parla di «un crocifisso (o meglio un uomo con le braccia in croce) pienamente e dettagliatamente nudo che campeggia per tutta l’altezza della scena, accanto al quale ardono ceri e furori erotici di monache in calore»630; Celli dice che «il Cristo, di cui la monaca lubrica s’innamora, non assomiglia affatto al Cristo; quanto piuttosto […] a quella divinità che due matrone, come narra una satira di Orazio, vanno nottetempo a riverire sul Palatino; voglio dire a Priapo»631. Perfino due riviste straniere recensiscono, in maniera estremamente positiva, la Sancta Susanna dell’Opera: sul

624

Silvana Caradonna, segretaria generale dell’A.N.D.IT, in un telegramma inviato al cardinale Ugo Poletti prima della messinscena dello spettacolo all’Opera, definisce Sancta Susanna «vergognoso per la raffigurazione visiva di estasi erotiche di monache invasate invocanti Satana come in una messa nera e per le conclusioni materialistiche insultanti la vocazione spirituale delle monache ridotte a strumento di passioni carnali per Cristo»: cfr. Ermanno Gargani, Anatema su Sancta Susanna, «Il Giorno», 28 febbraio 1978. Allo stesso modo il consigliere provinciale della DN Romolo Baldoni, nel telegramma al sindaco di Roma Argan, ritiene ineducativo lo spettacolo perché «narrante trasporti erotici di una monaca con la effige di Cristo, e concludentesi col trionfo dello istinto carnale sui valori spirituali del cattolicesimo»: cfr. Polemiche per il dramma di Hindemith, «Il Tempo», 28 febbraio 1978.

In seguito a queste polemiche la direzione del Teatro dell’Opera decide di vietare la visione dello spettacolo ai minori di diciotto anni: cfr. Hindemith vietato ai minori, «Repubblica», 7 marzo 1978.

625 Guido Turchi, Tre momenti del ‘900 musicale, «Corriere della Sera», 2 marzo 1978. 626

Ennio Montanaro, Trittico del Novecento discutibile scelta, 1978.

627

Autore anonimo, La storia scabrosa di una murata viva, «Il Giorno», 2 marzo 1978.

628 M. P., L’empia Susanna, «Corriere d’Informazione», 4 aprile 1978. 629

A. T. Lamberti, “Sancta Susanna” & Co., «Il Borghese», 12 marzo 1978.

630 Giovanni Sarno, Erotismo e monache nude al Teatro dell’Opera a Roma, «Roma», 2 marzo 1978. 631 Teodoro Celli, Due monache nude tra Clementi e Strawinsky, «Messaggero», 2 marzo 1978.

151

Daily American si dice che «visually the single set, dominated by a forty-foot crucifix, was almost as

impressive as the music»632, mentre sull’International Daily News ancor più significativamente si legge: «Rome’s Teatro dell’Opera stages Sancta Susanna impressively, employing the monumental wooden topography of Mario Ceroli more pointedly than La Scala used this same designer’s work in their last production of Norma. The stage is dominated by Ceroli’s hallucinatingly huge cut-out Christ; against this spare but richly suggestive décor Giorgio Pressburger’s direction seems trivial»633. In linea con quest’ultima riflessione si pone il recensore de La voce repubblicana, sostenendo che «la regia di Giorgio Pressburger [è] già tutta implicitamente svolta nello stupendo impianto scenografico e nei costumi di Mario Ceroli»634. Quest’ultimo viene lodato da Melchiorre per aver «inventato una scena efficacissima con un Cristo enorme e dominatore su un gruppo di suore che si aggirano come invasate e traumatizzate dal richiamo degli istinti del proprio corpo»635, ai cui «polpacci componibili si aggrappa la monaca nuda»636. In effetti il Cristo ligneo di Ceroli ingloba in sé l’interpretazione e il significato dell’evento messo in scena: inclinato sul palcoscenico in uno scorcio vertiginoso, fa sentire la protagonista del dramma, e gli spettatori con lei, oppressa da un terribile peso. Il crocifisso di Ceroli non è mero elemento di sfondo dell’azione, ma si fa portavoce, visualizzandola sulla scena, della crisi di Susanna.

L’attenzione dei critici è rivolta anche al Cristo che appare alla fine del dramma, quando «la catastrofe di Susanna vede precipitare tutti i sacri arredi, compreso un contro cristo che cala a testa in giù davanti all’immane Cristo del fondo»637. E con questo «altro Cristo, specchio del primo, come nei quadri raffiguranti la caduta dell’angelo ribelle […], cade, geniale trovata, una gran pioggia di mutande di monache. Fine dell’opera»638. Così l’attenzione viene catalizzata tutta sul lavoro di Ceroli: niente ragno, che nel libretto ha così tanta importanza; nessuna esecuzione materica di Susanna, che soccombe metaforicamente come ed insieme a quel secondo Cristo, a quel Cristo alla rovescia su cui anche lo stesso artista si sofferma nell’intervista a Franco Quadri. Infatti mentre quest’ultimo evidenzia che con i suoi allestimenti lo scultore aggiunge personaggi alla scena, Ceroli risponde che con essi aggiunge «anche spettacolarità. Dicevo infatti di questo Cristo, proteso a quarantacinque gradi verso il pubblico, quasi sul punto di cadere; quando cadeva dall’alto il secondo Cristo, apriva il palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma, lo sfondava, finiva in una fossa. Quando ti chiedi perché gli scultori, gli artisti siano tanto affascinati dal teatro, dovresti pensare quando può accadere una cosa del genere che ti ho raccontato a un artista. Tu puoi fare qualunque opera, spettacolosa, bella, stupenda, ma è un’altra cosa. Questo Cristo […] veniva facilitato in questa maniera mai, mai riscontrabile nella vita, rispetto alla visione del pubblico. Pensa a una cosa che cade da dodici metri, cioè dal piano americano dove sono le lampade, fino a sfondare il palcoscenico, perché si apriva la parte di sotto e cadeva a scomparire»639.

Le caratteristiche salienti dell’allestimento ceroliano sono dunque la spettacolarità e il dinamismo. Ciò non vale solo per il crocifisso e per il Cristo che piomba a fine scena, ma anche ad esempio per

632

Robert Sommer, Art sets dominate operatic triple bill, «Daily American», 2 marzo 1978.

633 Brendan Fitzgerald, New sights and sounds at Rome opera, cit. 634

G. P. Fr., Trittico di musica e arte visiva, «La voce repubblicana», 2 marzo 1978.

635

Ennio Melchiorre, Suora nuda sulla scena dell’Opera nel “Sancta Susanna” di Hindemith, marzo 1978.

636 Michelangelo Zurletti, Gli oscuri oggetti del potere e del desiderio, «Repubblica», 2 marzo 1978. 637

Ibidem.

638

Ennio Melchiorre, Suora nuda sulla scena dell’Opera nel “Sancta Susanna” di Hindemith, cit. Sul Cristo che precipita alla fine della messinscena punta l’attenzione anche Sarno, che analogamente scrive: «[Susanna] si spoglia nuda invocando Satana mentre dall’alto, così come precipitò l’angelo ribelle, piomba un altro crocifisso a testa in giù insieme a una nevicata di mutande di monache»; cfr. Giovanni Sarno, Erotismo e monache nude al Teatro dell’Opera a Roma, cit.

152

quell’«armadione chiodato»640 o «poderosa cassa lignea con tanto di spunzoni interni» dove la nuda Suor Beata viene «imballata e spedita»641 come punizione eterna per la sua estasi mistico-erotica. La scenografia di Ceroli, quindi, esce vincitrice dall’analisi delle recensioni. Certo, c’è chi la denigra o la descrive con sarcasmo, ma questo atteggiamento è sempre una conseguenza dell’attacco alle scelte registiche di Pressburger, a cui lo scultore, come già evidenziato, si attiene scrupolosamente. E così, mentre qualcuno si limita a definire quello per Sancta Susanna un «allestimento scandaloso»642, altri calcano maggiormente la mano sulle incongruità tra libretto e realizzazione scenica. Per il recensore dell’Espresso «l’ambiente che Pressburger propone non soltanto è vasto come uno stadio e luminosissimo, ma per tutta l’opera popolato di monache (quelle monache che nell’originale appaiono appena un minuto prima della fine, a salmodiare non più di otto battute); le quali dunque divengono le vere protagoniste: ballonzolando, strofinandosi, sbaciucchiandosi, in una permanente carnevalata omosessualoide. […] Il guaio è che questo ammazza la musica. Una fedeltà al testo sarebbe stata indispensabile; ma questo appunto l’incosciente regia ha aggirato»643. Sul Borghese si criticano «le litanie, con circa cento ceri accesi sulla scena in barba ad ogni misura di sicurezza, […] punteggiate da passaggi di spogliarelliste, sempre beninteso nude, alte sulle braccia di baldi giovani come nel trionfo dell’Aida»644. La stroncatura totale arriva da Musicaviva, dove si legge che «la cosa buffa e triste è che […] non si è data affatto Sancta Susanna: si è giocato all’estetismo e al fare il verso agli spettacoli alla moda; così è stato chiamato il prezioso Ceroli che innalzasse le sue famose sagome lignee, che ha trasformato il crocifisso in un gigantesco uomo di Leonardo, e il regista Pressburger ha fatto spogliare le due suore, compresa quella del racconto resa presente ed appetibile, ed ha reso le altre suore del convento inspiegabilmente orgiastiche e vogliose»645.

Accanto ai detrattori vi è tuttavia un folto gruppo di ammiratori dell’allestimento proposto all’Opera, a partire da Gargani che, all’indomani della prima afferma che «Pressburger ha saputo rappresentare l’allegoria di Sancta Susanna con il rigore che richiede uno spettacolo sull’opera di uno dei più rappresentativi musicisti di questo secolo»646. Zurletti definisce «magnifica l’esecuzione scenica su impianto di Mario Ceroli e con regia di Giorgio Pressburger»647, una scena che per Celli « viveva tutta nella dimensione di un “realismo magico” creata dalla regia di Giorgio Pressburger e di codesta dimensione, freddamente fantastica, facevano parte le splendide strutture lignee di Mario Ceroli»648. Lodato è il contributo innovativo della regia «accentuata e sovraccarica» di Pressburger, che «ha impresso un tono veristico alla scena […] [e] ha messo in forte evidenza diversi aspetti del singolare dramma»649: «se a suo tempo il dramma ebbe intenti provocatori, la regia di Pressburger sembra non accentuarli, si polarizza su altri motivi. Una scena affondata fra le ombre di una visione notturna percorsa come fremiti, da fuggenti figure bianche, a cui fanno riscontro i lenti movimenti processuali di suore, le immagini di religiose che sembrano tratte da un sepolcro. E veramente bisogna lodare questa regia e le stesse interpreti Felicia Weathers e Giuseppina Dalle Molle che con alto stile drammatico vestono i panni dei loro personaggi» ed anche la «scenografia di Ceroli (il cui contributo è rilevante)»650. Anche il recensore dell’International Daily News sottolinea questo aspetto della

640

Autore anonimo, La storia scabrosa di una murata viva, cit.

641 Guido Turchi, Tre momenti del ‘900 musicale, cit. 642

Enrico Cavallotti, Opera: quando si perde il senso della misura, «Il Tempo», 2 marzo 1978.

643

Autore anonimo, Sancta Susanna, «Espresso», 19 marzo 1978.

644 A. T. Lamberti, “Sancta Susanna” & Co., cit. 645

Autore anonimo, Sancta Susanna, «Musicaviva», 20 marzo 1978.

646

Ermanno Gargani, Anatema su Sancta Susanna, «Paese Sera», 28 febbraio 1978.

647 Michelangelo Zurletti, Gli oscuri oggetti del potere e del desiderio, cit. 648

Teodoro Celli, Due monache nude tra Clementi e Strawinsky, cit.

649 Ennio Melchiorre, Suora nuda sulla scena dell’Opera nel “Sancta Susanna” di Hindemith, cit. 650 Ermanno Gargani, Irrompe nel chiostro la voce della natura, «Paese Sera», 2 marzo 1978.

153

regia di Pressburger, affermando che «the blasphemy that motivates Sancta Susanna is more evident in the program notes than on the stage. Original libretto directions refer to the “resplendent body of Christ” which Sister Susanna lustfully divests of its loin-cloth but we are spared the contemplation of this act in Rome»651.

La Sancta Susanna presentata al Teatro dell’Opera è accolta con «caloroso successo e da un numero di spettatori particolarmente folto»652: «la bellezza musicale e visiva dello spettacolo ha affascinato e catalizzato il pubblico che è riuscito a imporre l’applauso su modesti dissensi provenienti dall’ultima galleria del teatro. […] Il successo di “Sancta Susanna” è stato soprattutto dovuto alla ricostruzione registica di Giorgio Pressburger e alla naturalistica scena ideata da Mario Ceroli, oltre che dalla perfetta direzione della partitura musicalmente di grande efficacia condotta da Marcello Panni»653. Ceroli ed il suo allestimento scenico, quindi, escono trionfatori: per il pubblico che va ad assistere allo spettacolo; per i recensori, perché le critiche alle scelte scenografiche sono solo una diretta conseguenza della critica a quelle registiche, alle quali il lavoro di Ceroli è legato strettamente; ma anche per la direzione dello stesso Teatro dell’Opera, che non ha ceduto di fronte alle continue polemiche scatenate dagli oppositori alla messinscena di un’opera immorale proprio nella Città Santa per eccellenza. In relazione a quest’ultimo punto, è bene ricordare l’importante contributo dato da Gioacchino Lanza Tomasi, che in tutta la sua brillante carriera quale direttore di teatro ha promosso la ripresa di opere uscite dal repertorio, la conoscenza di nuove tendenze del teatro musicale contemporaneo e l'affidamento degli allestimenti a pittori e scultori piuttosto che a scenografi. Èd è durante la carica di Lanza Tomasi all’Opera romana654 che Ceroli cura le scene non solo per Sancta

Susanna ma anche per La Fanciulla del West655.

Se vogliamo quindi, vero protagonista del quinto appuntamento della stagione teatrale dell’Opere di Roma è proprio Ceroli, insieme a Perilli e a Manzù, dato che si tratta di un trittico musicale. Alla domanda su quali legami possano giustificare la rappresentazione unitaria dei tre lavori, Panni risponde che dal punto di vista estetico-musicale non ve ne sono, perché sono completamente diversi l’uno dagli altri, ma afferma che «l’unione dei tre compositori è una occasione per chiamare a raccolta e confrontare forze diverse che operano nel teatro (lirico) contemporaneo: registi, scenografi, scultori, interpreti»656. Anche Ermanno Gargani, recensore di Paese Sera, concorda affermando che «si tratta di un ciclo di opere in cui tre artisti: Manzù […], lo scultore Mario Ceroli con le sue famose sagome lignee; il pittore Achille Perilli hanno gran parte»657. Erasmo Valente individua il fil rouge che accomuna questi tre pezzi apparentemente eterogenei nel fatto che sono tutti «variazioni sul tema dell’uomo alle prese con le sue angosce, con un destino che gli sfugge di mano quando riteneva di averlo in pugno. […] Al centro dello spettacolo campeggia un’enorme sagoma umana di legno: l’uomo di Leonardo l’ha ispirata a Mario Ceroli, l’uomo a braccia spalancate, crocifisso nello spazio, nell’atteggiamento più inerme, indifeso. È questa figura che, alla fine dello spettacolo, riverbera una sua presenza fortemente drammatica sia tra i frastuoni elettronici di Aldo Clementi e i colori di Perilli, sia tra la pietrificata tragicità della situazione di Edipo […]. L’oggetto del desiderio si configura nella enorme scultura di legno (l’Uomo di Leonardo) verso la quale la ragazza che si denuda corre come a una impossibile meta. Le figure in carne e ossa diventano piccolissime, addirittura innocenti e infantili, ma sono rapportate, e giustamente, alla dimensione umana della

651 Brendan Fitzgerald, New sights and sounds at Rome opera, cit. 652

Autore anonimo, Al Teatro dell’Opera gli applausi coprono le voci di dissenso, «Paese sera (edizione della sera)», 1 marzo 1978.

653

Cesare Bolla, La censura sepolta dagli applausi, «Il Mattino», 2 marzo 1978.

654 Gioacchino Lanza Tomasi riveste la carica di Direttore artistico del Teatro dell’Opera di Roma dal 1976 al 1984. 655

Cfr. cap. 5.14.

656 Enrico Cavallotti, La “Sancta Susanna” al Teatro dell’Opera, «Il Tempo», 25 febbraio 1978. 657 Ermanno Gargani, Anatema su Sancta Susanna, «Il Giorno», 28 febbraio 1978.

154

musica. […] La regia di Pressburger, pur nella dilatazione della scena, ha anch’essa tenuto conto della dimensione umana della musica»658.

155

Outline

Documenti correlati